La  N. 1 Special Force, la sezione italiana del SOE, organizzò l’invio di una missione, comandata dal capitano Robert C. Bentley

Vallecrosia (IM): una vista delle spiagge sino al confine con Bordighera

Nel settembre del 1944 le missioni del SOE sul campo erano complessivamente 17, di cui 9 britanniche: Flap […] ed 8 italiane Flare, Decolage, Beinstone, Pluma, Winchester, Ant [?], Canopy, e Beacon. Si tratta comunque di una partizione artificiosa perché derivava dalla nazionalità del comandante. Gli inglesi optarono per questa presenza mista perché la presenza di soli italiani era considerata potenzialmente destabilizzante. L’americano Office of Strategic Service invece utilizzava molti ufficiali italiani, che agivano in maniera scoordinata rispetto alle missioni britanniche, duplicando i contatti ed inasprendo la latente rivalità con il SOE. Si caricava di difficoltà notevoli in virtù della loro scarsa professionalità, eccessiva apprensione in merito alle difficoltà, o a causa della loro politicizzazione.
Mireno Berrettini, Le Missioni dello Special Operations Executive e la Resistenza Italiana, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Pistoia, QF, 2007, n° 3  

Il rapporto del Ten. Col. Robert Peter McMullen, redatto il 23 maggio 1945, comandante della missione “Clover” (M.11) per la Liguria e la parte occidentale dell’Emilia, ci informa di come una missione dedicata alla Liguria di Ponente fosse stata pianificata nel settembre 1944, subito dopo l’operazione “Dragoon” […] A tal fine, la  N. 1 Special Force, la sezione italiana del SOE, organizzò l’invio di una missione, comandata dal capitano Robert C. Bentley, denominata “Saki”, che dal confine francese si sarebbe portata nella provincia di Imperia. Bentley avrebbe studiato la possibilità di approvvigionamenti alle forze partigiane via mare, e avrebbe cercato di collegarsi con la missione “Flap” che era già operativa nel Piemonte meridionale e al confine con la  provincia di Savona. Dopo una ulteriore missione, denominata “Clarion”, comandata dal maggiore Duncan Lorne Campbell, sarebbe stata paracadutata per svolgere compiti di collegamento nella zona montagnosa a sud delle Langhe, egli avrebbe preso il comando del personale britannico nelle province di Imperia e Savona. […] Questo è quanto scrive McMullen, ma andando a ritroso, leggendo le istruzioni operative (Operation Instruction) redatte il 24 settembre 1944 dal commander RNVR Gerald Alfred Holdsworth, comandante della N. 1 Special Force per la missione del maggiore Campbell, denominata “Clarion”, troviamo che le cose andarono in modo diverso. Inizialmente la missione doveva essere paracadutata nella zona di Cuneo dove sarebbe stata contattata dal maggiore Temple della missione “Flap”, e successivamente avrebbe preso contatto con la 2° Divisione Ligure a nord di Imperia. La missione Flap era in contatto con le formazioni autonome del Maggiore Enrico Martini “Mauri” dell’Esercito di Liberazione  Nazionale. Ma siccome nelle intenzioni dei garibaldini imperiesi, dopo la ritirata delle forze nemiche, c’era l’occupazione delle città della Liguria occidentale da Albenga al confine francese, i compiti della missione erano militari (misure antistorch, cioè la protezione degli impianti, del  personale, delle infrastrutture dalle possibili distruzioni dei tedeschi) e politiche, cioè l’organizzazione successiva delle autorità amministrative, dei partigiani, il mantenimento dell’ordine pubblico in attesa dell’arrivo delle truppe alleate e dell’AMG. Le istruzioni operative descrivono dettagliatamente gli scopi, i metodi, la consistenza delle forze nemiche e dei partigiani, la presenza di altre missioni alleate, la politica da adottare con i partigiani, i mezzi finanziari di cui la missione avrebbe disposto, i collegamenti con la base. Il vice comandante sarebbe stato il capitano Bentley, ma la missione Clarion non iniziò come previsto. Nelle istruzioni operative della missione “Saki” del capitano Bentley, redatte un mese dopo, il 30 ottobre 1944, troviamo che la sua missione sarebbe arrivata via mare, avrebbe raggiunto le formazioni garibaldine della Divisione “Cascione” sulle montagne imperiesi e solo dopo il suo insediamento sarebbe stata paracadutata la missione Clarion del maggiore Campbell. Al suo arrivo Bentley avrebbe lasciato il comando della missione a Campbell. Ma anche la missione Saki  non ebbe luogo secondo quanto pianificato  per le cattive condizioni climatiche. La missione Clarion venne paracadutata l’8 dicembre 1944: era composta dal maggiore Campbell, dal capitano Irving Bell, dal tenente Clark e da due operatori radio. Questa informazione ci è fornita dal rapporto del capitano Cosa, comandante della 3^ Divisione Alpina (autonomi), redatto il 7 aprile 1945. Il lancio aveva avuto luogo dopo che i tedeschi avevano già occupato Villanova Mondovì e già si sapeva che si stavano preparando per operazioni di rastrellamento su larga scala. “Io avevo già avvertito il Ten. Clark di questo fatto e avevo energicamente insistito sul fatto che il lancio non doveva essere effettuato. Al più presto cercai un luogo sicuro con la sua missione in pianura, dove l’avrei accompagnato con una  buona scorta, al fine di evitare l’incerto destino di venire rastrellati. Invece egli desiderava ritirarsi più in alto sulle montagne, per non correre il rischio di attraversare le linee nemiche (eravamo ormai circondati). Dopo alcuni giorni molto duri in montagna la missione è scesa per riposarsi a Frabosa, ma è stata sorpresa dai tedeschi, quasi tutti sono stati catturati. Solo il capitano Irving Bell fu salvato.[…]” […] La missione via mare di Bentley riuscì ad infiltrarsi nella notte del 6-7 gennaio 1945, dopo otto tentativi di sbarco, sulla spiaggia nei pressi di Bordighera [n.d.r.: in effetti la squadra di Bentley sbarcò più a ponente, tra Camporosso e Vallecrosia] […]  Antonio Martino, La missione alleata “Indelible” nella II^ Zona Operativa savonese, pubblicato su Storia e Memoria, rivista dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Genova, 2011-1

[…] l’arrivo del maggiore Temple rappresentava qualcosa di più: era arrivato tra noi un ambasciatore e un addetto militare del governo inglese e degli Alleati, era il riconoscimento ufficiale e tangibile della legittimità della nostra lotta; con lui diventavamo cobelligeranti. L.B. Testori, La missione Temple nelle Langhe, in AA.VV., N. 1 Special Force nella Resistenza italiana, Volume I, Bologna, 1990, p. 159 – Nell’agosto ’44 erano attive ben 4 missioni italiane, con 13 agenti italiani; 9 missioni britanniche con 16 agenti britannici; 13 italiani in missioni britanniche. In Piemonte, le comandava il maggiore “Temple”, missione “Flap”. Cfr. M. BERRETTINI, op. cit., p. 38. “Temple” (Neville Darewsky), classe 1914, ufficiale dell’esercito inglese, morì il 15 novembre 1944 in un incidente a Marsaglia (CN). Era stato paracadutato tra le formazioni di Mauri il 6-7 agosto 1944. Ebbe importanti incontri con il Cmrp; a lui si deve l’idea della costruzione dell’aeroporto di Vesime (AT); qui giunsero Stevens e Ballard, gli ufficiali dello Soe che lo sostituirono.
Marilena Vittone, “Neve” e gli altri. Missioni inglesi e Organizzazione Franchi a Crescentino, in “l’impegno”, n. 2, dicembre 2016, Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia

Il 20 ottobre 1944 “Curto”, Nino Siccardi, con la scorta di 5 partigiani tornò momentaneamente ad Upega per procedere alla messa in salvo anche dei patrioti feriti che là erano rimasti.
La missione ebbe esito positivo.
[…] Le forze sbandate della I^ e della V^ Brigata, circa 150 uomini, furono incorporate nell’VIII° Distaccamento di Domenico Simi (Gori), che si costituì in Battaglione.
Venne tentato a più riprese un contatto con il comando divisionale, conseguito, infine, il 22 ottobre.
Nei primi giorni di permanenza a Fontane avvenne l’incontro tra il comandante [della II^ Divisione Garibaldi “Felice Cascione” della I^ Zona Operativa Liguria] Nino Siccardi (Curto) ed il maggiore inglese Temple (Wareski): “Curto” chiese un consistente aiuto militare per le sue formazioni: la riunione si concluse, tuttavia, con un nulla di fatto.
Più concreto fu il contributo in denaro giunto da più parti e con il quale “Curto” rimborsò la popolazione di Fontane per i viveri ed il vestiario forniti ai suoi uomini.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio-30 Aprile 1945) – Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

[…] Il 27 settembre 1944 lasciarono il quartier generale della FLAP vicino a PREA le seguenti persone:
Capitano LEES In comando
MORTON Corrispondente di Guerra
Capitano LONG Artista di Guerra
Tre aviatori dell’U.S.A. Air Force. Quattro ex prigionieri di guerra (britannici), e due delegati italiani. E le guide italiane accompagnate da NINO, uno dei luogotenenti del Capitano COSA.
La squadra seguì il percorso segnato sulla mappa allegata.
Dopo dieci ore di marcia da PREA a MONGIOIE (2.630 metri), la squadra giunse al quartier generale della divisione Garibaldi (LIGURIA) a PIAGGIA (N.B. La prima neve stava cadendo sulle montagne durante la nostra traversata ed i Partigiani ci fecero notare che da quel momento in poi la traversata di questo passo sarebbe stata estremamente difficile in inverno). La squadra dormì al quartier generale della divisione e proseguì la mattina seguente attraverso Monte COLLARDENTE fino a COLLA LANGAN, una marcia di sette ore. Qui è situato il quartier generale della 5^ Brigata Garibaldi: da qui la squadra viaggiò su di un autocarro fino a PIGNA.
A PIGNA il Capitano LEES decise di dividere la squadra e ripartì la mattina seguente coi due delegati italiani ed un ex prigioniero di guerra, Fred DOBSON. Il Capitano LEES mi tenne informato con annotazioni sui suoi movimenti nei tre giorni successivi e raccomandò che a causa della sua assenza fino al momento in cui avrebbe scritto di trovare un percorso attraverso le linee via FANGHETTO ed OLIVETTA, avrei dovuto prendere la guida italiana del Capitano COSA, NINO, e provare un percorso più settentrionale, conosciuto da questa guida e che avrebbe comportato la traversata delle ALPI MARITTIME nelle vicinanze di TENDA.
Durante il periodo di attesa a PIGNA il comandante dei Partigiani della zona noto come LEO [Stefano Carabalona] ci parlò della possibilità di passare in FRANCIA in barca da VENTIMIGLIA e suggerì di inviare uno dei suoi uomini sulla costa per fare delle indagini. Io informai gli altri dei due percorsi (via Tenda con NINO, la possibilità del percorso in BARCA). Alcuni prigionieri di guerra preferirono il percorso via TENDA che sembrava il più definito e fu perciò deciso di dividere ancora la squadra. La mattina seguente quattro prigionieri di guerra partirono con NINO sulla strada per TENDA.
I seguenti uomini rimasero a PIGNA per attendere notizie della barca: il Corrispondente di Guerra Paul MORTON, il Sergente, Artigliere dell’aria, Bob LAROUCHE dell’U.S. Air Force, l’ex prigioniero di guerra William Mc Clelland, delle Guardie Scozzesi, ed io. Dopo ulteriori due giorni di attesa la guida ritornò con la notizia che una barca stava aspettando a VENTIMIGLIA […]
capitano G. K. Long, Relazione su Piemonte e Liguria, documento britannico in Archivio “Kew” di Londra, ricerca di Giuseppe Mac Fiorucci, autore di Gruppo Sbarchi Vallecrosia, IsrecIm, 2007

Fu inviato il capitano Robert Bentley. Doveva arrivare già alla fine del ’44, ma le precoci nevicate sui passi alpini ne ritardarono l’arrivo.
Il Gruppo Sbarchi al completo si incaricò di accompagnare l’ufficiale inglese e il suo telegrafista ai Negi e consegnarlo ai garibaldini di Curto e di Gino Napolitano. Il tragitto fino ai Negi non fu agevole; la radiotrasmittente era nascosta in un carretto con ceste di fiori condotto da Eraldo Fullone, Aldo Lotti e Achille (“Andrea” Lamberti), che precedevano Elio Bregliano che accompagnava i due inglesi. Vennero fermati da un tedesco. Achille passò senza problemi, e Aldo Lotti usò tutta la sua loquacità per distogliere le guardie e consentire a Bentley e Mac Dougall di passare. Superato l’ostacolo del tedesco, il capitano con il più smagliante dei sorrisi fece notare a Elio che, se fossero stati catturati, loro, sotto il pastrano borghese fornitogli dai partigiani, indossavano la regolare divisa inglese e quindi avrebbero potuto invocare il rispetto della Convenzione di Ginevra e essere considerati prigionieri di guerra, mentre lui sarebbe stato fucilato sul posto. Fuori paese, lungo il sentiero della collina che portava a Negi, uno dei due inglesi accese una sigaretta, inglese naturalmente. Elio sconsolato si fermò apostrofando gli inglesi in modo brusco ricordando che al momento dello sbarco per poco annegavano, che non contenti giravano con la divisa inglese, e da ultimo tanto per complicarsi ancor più la vita, fumavano tabacco Virginia, il cui profumo si sentiva da Perinaldo a Seborga. Se qualche tedesco fosse stato nei paraggi non avrebbe faticato ad individuarli. L’inglese spense la sigaretta e chiese scusa. Tutto andò nel migliore dei modi. Con lo sbarco del capitano Bentley si strinsero ancor più i rapporti tra il Gruppo Sbarchi di Vallecrosia e il gruppo di “Leo” Carabalona, del quale faceva parte Giulio “Caronte” Pedretti, che per primi avevano preso contatto con le forze alleate.
Gli sbarchi si susseguirono con invio di anni e anche di agenti radiotelegrafisti per azioni di spionaggio.
Renato Plancia Dorgia in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, < Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM) >, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2007

Al pari di tutte le altre attività del SOE, anche per l’invio di missioni di collegamento era necessaria una notevole preparazione organizzativa, che risentiva della scarsa disponibilità di mezzi della Special Force, trovando ostacoli per la pianificazione e l’esecuzione, e che costringeva a scegliere le priorità.
Mireno Berrettini, Op. cit.

Il gruppetto, che aveva scelto l’espatrio “via mare”, si attivò affidandosi ai due robusti rematori citati

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Alture che sovrastano Ventimiglia (IM) e che furono attraversate dal “quartetto” – cit. infra – di Morton

Il rientro tra le linee alleate di una parte della Missione britannica Flap avvenne, come è noto, facendo una tappa decisiva a Pigna (IM), tra i partigiani della V^ Brigata “Nuvoloni” impegnati nella difesa dell’appena costituita Libera Repubblica. Alla Missione si era aggregati partigiani della provincia di Cuneo, che speravano di riuscire a raggiungere – come in effetti avvenne – Roma per conferire con esponenti del governo Bonomi, piloti ed avieri alleati che erano riusciti a sottrarsi alle ricerche dei nazifascisti, guide ed accompagnatori. L’articolo che segue riassume gli eventi citati da un punto di vista particolare.
Adriano Maini

Da almeno un mesetto la nostra squadra, vale a dire quella di Nino Micheletti, prestava servizio al posto di blocco avanzato operante sulla strada provinciale a valle di Frabosa Sottana.
Verso il 24/25 settembre 1944, Micheletti venne convocato dai Dirigenti Divisionali (Cosa e Giocosa), per urgenti, indifferibili motivi.
Quando fu di ritorno nel Distaccamento, mi descrisse, un po’ eccitato, l’accaduto. […] Da questa indifferibile esigenza, nasce l’iniziativa di rivolgersi al neonato governo del Sud, di concerto con il Comitato Regionale di Liberazione Piemontese, e l’appoggio del grande amico, Maggiore Temple, per segnalare le principali carenze che mettevano in grave pericolo non solamente i soggetti combattenti ma, altresì, tutti i civili della zona.
Per fronteggiare tale seria contingenza, si rendeva pertanto necessario contattare tempestivamente e senza indugi, il nuovo governo centrale, presieduto da Ivanoe Bonomi, da poco insediato a Brindisi [in verità a Roma].
Il Comando divisionale, forse rassicurato dalla notizia che la squadra di Micheletti si era procurato tutto l’armamento rastrellando periodicamente l’area monregalese e quella tendasca, non esitò ad affidare a Micheletti e compagni il gravoso incarico di scortare i due messaggeri, Bessone e Astengo, oltralpe, per consentir loro di accedere all’aeroporto di Nizza, da pochi giorni liberata dagli alleati anglo-americani, e di lì raggiungere la meta prefissata. In realtà, i quattro partigiani della scorta, Micheletti, Mondino, A. Clerico e Maccalli, ignoravano totalmente le caratteristiche di quella zona alpina che avrebbero dovuto affrontare.
Ed eravamo pure all’oscuro del recente potenziamento delle guarnigioni “repubblichine” disseminate sull’intera riviera di ponente, rientrate dalla Germania dopo un teutonico rigoroso addestramento. […] Nel frattempo, prima della partenza, dietro insistenza degli stessi interessati, al nostro gruppetto vennero aggiunti una decina di militari alleati desiderosi di rientrare nei rispettivi organismi e due civili, un giornalista canadese (Morton) e l’italiano radiotelegrafista (Biagio), che se non sbaglio, potrebbe chiamarsi Secondo Balestri, emiliano di origine.
Elenco, non tutti, i nomi che ancora ricordo: Capitano Lees, rigido Ufficiale effettivo inglese che coordinava il comportamenti dei suoi sottoposti, Capitano di complemento sud africano Long, disegnatore, esperto nel campo della fotografia, Caporale scozzese Mac Clelland, soggetto estroverso e coraggioso, Larousse Sergente americano di etnia francese, Jan Smith di asserita dubbiosa origine rhodesiana, Pat, forse inglese, ed altri tre o quattro militari, dei quali ricordo la fisionomia, ma non il cognome e la provenienza.
Partimmo da Rastello, piccolo borgo della Valle Ellero, il giorno 27 settembre 1944. A motivo delle precarie condizioni di salute del prof. Bessone, fummo accompagnati dal giovane medico monregalese Serafino Travaglio sino alla Frazione Piaggia di Briga Marittima, ove pernottammo. […] dopo un secondo faticoso giorno di marcia, arrivammo, sfiniti, a Pigna, ubertoso Comune medioevale dell’alta Valle Nervia. […] Ci mise in contatto con due Comandanti garibaldini che non finivano di ringraziarci per la generosa accoglienza e l’aiuto prestato alle formazioni garibaldine, in rotta a seguito dei consueti impietosi rastrellamenti.
Ci assicurarono che nel giro di una mezza giornata ci avrebbero fatto conoscere le fidate persone idonee a risolvere i problemi che ci angustiavano.
Siamo rimasti increduli sino all’arrivo dei protagonisti..
Convenimmo di dividere in piccolo gruppetti gli uomini da espatriare. Così si sarebbe reso meno visibile e pericoloso il movimento di uomini nella vicinanza della frontiera. Un gruppetto si sarebbe avventurato sui sentieri montani ben conosciuti dai partigiani locali. L’altro, invece, via mare, su di un barcone condotto da due muscolosi rematori figli di partigiani.
Alcuni “alleati” ai quali avevamo riferito la situazione in atto, si dimostrarono un po’ esitanti, forse paurosi e scelsero di ritornare con noi tre partigiani del monregalese, confidando nella imminente fine della Guerra.
Non furono profeti…. Due di essi caddero nel corso del tristissimo rastrellamento di fine 1944.
Tenendo presente l’urgenza degli adempimenti affidati ai due emissari, decidemmo, sempre d’intesa con i nostri inaspettati generosi amici, di includere nel primo gruppo il prof. Bessone,  l’Avv. Astengo, il Capitano inglese Lees ed il radiotelegrafista Biagio.
Costoro, il 2 ottobre [1944] si avviarono verso i sentieri montani, accompagnati da due esperti locali e, come si seppe poi, raggiunsero dopo molte fortunose peripezie il luogo stabilito.
La spedizione del secondo “quartetto” (cap. Long, giornalista Morton, militare scozzese Mac Clelland, sergente Larouche) si rivelò molto più complicata e rischiosa, nonostante i costanti, generosi aiuti dei garibaldini locali.
Infatti, i tedeschi da diversi giorni insediati nel fondo Valle, probabilmente avvertiti da qualche spia, iniziarono un intenso, fitto bombardamento sulla zona di Pigna, seguiti da un ampio rastrellamento che compromise il “piano” concordato , già pronto per essere attuato, via mare.
Ci furono due-tre giorni di combattimenti, ai quali partecipammo anche noi della Val Corsaglia. Gli assalitori, come già una quindicina di giorni prima, vennero respinti.
Trascorse poche ore e ritornata un po’ di quiete, il gruppetto che aveva scelto l’espatrio “via mare”, si attivò affidandosi ai due robusti rematori citati. Dopo dannosi imprevisti salirono su uno sgangherato barcone e riuscirono a raggiungere Montecarlo. Non ricordo più il giorno della loro partenza (forse il 6-7-8- ottobre) ed ignoro i gravi rischi sofferti ed i contrattempi superati in quella delicata circostanza. Su di un volume redatto qualche decennio dopo dal giornalista Morton, ho trovato alcune verità e molta fantasia, descritta secondo schemi romanzeschi.
Dopo l’attenuarsi degli attacchi nazisti, ma ancora prima di conoscerne con assoluta certezza la fine, i Comandanti locali, Curto [Nino Siccardi, comandante della II^ Divisione “Cascione”, in seguito responsabile del Comando della I^ Zona Operativa Liguria] e Vittò [Giuseppe Vittorio Guglielmo, comandante della V^ Brigata “Nuvoloni”, ma destinato a subentrare al Curto nel comando della Divisione], ci consigliarono fraternamente, per non mettere in gioco la nostra esistenza, di abbandonare la Valle e ritornare nella nostra Divisione monregalese.
Nel ringraziarci per la collaborazione prestata, espressero gratitudine e riconoscenza al Capitano Piero Cosa ed alla Valle Corsaglia per il grande aiuto concesso alle loro Formazioni in un momento tragico e disperato.
Decidemmo di rientrare. Insieme a noi c’erano 4/5 superstiti alleati che avevano rifiutato di tentare il passaggio della frontiera italo-francese.
Luigi Mondino, L’avventura della squadra Micheletti. Scelti 4 della Val Corsaglia per la missione “Inside”, supplemento al numero 1 dell’aprile 2010 de “L’ELMETTO”, Cuneo

In Valle Pesio i primi gruppi confluirono rapidamente nella banda comandata da Piero Cosa che, sul piano militare, si impegnò in frequenti azioni di sabotaggio, soprattutto lungo le vie di comunicazione tra Piemonte e Liguria che rendevano la valle di forte interesse strategico. Tedeschi e fascisti risposero a queste azioni con ripetuti rastrellamenti e sanguinose rappresaglie che, tra gli effetti, ebbero però anche quello di accrescere i giovani che salirono in montagna e si affiancarono alla banda. Già alla fine del febbraio 1944 agiva in tutta la provincia una efficiente rete di informazioni, denominata “servizio X”.
Tra il marzo e l’aprile 1944, però, un ampio rastrellamento tedesco che coinvolse le valli Corsaglia, Ellero e Pesio – e che culminò in quella che viene ricordata la “battaglia di Pasqua” – mise a dura prova la capacità militare della brigata. Nel luglio 1944 parte delle forze partigiane della valle guidate da Piero Cosa costituirono la 1ª Divisione Alpina che, successivamente, assunse il nome di 3ª divisione Alpi e, nel febbraio 1943, quello definitivo di Gruppo Divisioni Autonome “R”. Durante l’estate il movimento partigiano si accrebbe in tutte le valli; in Valle Pesio, oltre alla presenza di varie missioni alleate si intensificò il coordinamento tra formazioni di diverso orientamento politico. Nel dicembre 1944, però, un nuovo rastrellamento nazista accerchiò tutte le valli del monregalese occupate dalla 3ª e 4ª Divisione Alpi, disperdendo gli uomini e costringendo le formazioni ad una lenta riorganizzazione che solo nel marzo successivo consentì loro di riprendere l’attività militare. Nell’aprile 1945, tuttavia, le formazioni partigiane liberarono tutti i centri del Cuneese e vi insediarono l’autorità del Cln prima dell’arrivo degli Alleati.
Redazione, I sentieri della memoria, Chiusa Pesio Museo della Resistenza

Partecipai all’attacco al campo insieme ai sappisti di Vallecrosia

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La zona a mare di Camporosso (IM) e, dietro, Vallecrosia: una vista dalla zona Nervia di Ventimiglia

[…] uno scritto che dietro mia richiesta è stato gentilmente preparato dal dottor Ilo Martini, ex ufficiale dell’esercito, nominato Comandante della Divisione SAP “G.M. Serrati”. Lo scritto ciclostilato è intitolato Appunti, memorie e ricordi del Comandante Ilo Martini (Rolando) e porta la data dell’ottobre 1969: “[…] In primavera [del 1944] mi recai verso Arma di Taggia ove, tramite il CLN provinciale e quello locale, era stato fissato un incontro con il comandante ed il commissario di quel gruppo di azione partigiana […] Era importante prendere accordi sul piano operativo, coordinando le azioni con il CLN locale, il CLN provinciale, il Comando di zona delle formazioni partigiane e il nostro Comando Divisione “G.M. Serrati” […] Insistetti sulla necessità dei collegamenti zonali e settoriali, oltreché centrali, e diedi le istruzioni per prendere contatto con le formazioni di Sanremo, Bordighera, Ventimiglia, Riva e San Lorenzo, sino ad Imperia. Diedi incarico di organizzare un incontro con il Comando delle formazioni SAP di Sanremo e con quello di Bordighera e di Ventimiglia-confine. Fu anche ipotizzato un incontro con le forze operanti sulla costa francese di Mentone e Villafranca sino a Nizza […]”
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) – Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992

Dalla primavera del 1944 mio fratello [Alberto “Nino” Guglielmi] iniziò a fare qualche furtiva visita nottetempo. Confabulava con mio padre, poi spariva di nuovo. Spesse volte con mio padre ritornavamo alla casa al mare [in Camporosso (IM)] e a volte papà partiva per raggiungere la Francia con la barca. La cantina a volte era piena di merci le più varie, una volta persino dei datteri. Credo a settembre del 1944, Nino una notte portò a casa, a Vallecrosia Alta, una radio e la nascose nell’armadio a muro nell’ultima stanza. Qualche tempo dopo arrivò all’imbrunire, furtivamente come suo solito, si recò nella stanza della radio e mi chiese di andare dalla vicina di casa, Marinetta, chiudendomi dietro tutte le porte […] Il giorno dopo papà nascose in un altro nascondiglio la radio. Venne la polizia rovistarono dappertutto ma fu facile dire che non sapevamo niente della radio e che non sapevamo dove Nino fosse fuggito forse con la radio stessa.
Aumentarono le nostre visite alla casa sulla costa.
[…] Diverse volte tra i garofani mio padre nascondeva casse che nottetempo erano sbarcate sulla costa. Compresi che quando era in previsione uno sbarco pernottavamo al mare a dispetto dei cannoneggiamenti da Monte Agel, e al mattino ritornavamo ripetendo la manfrina delle ceste dei garofani invenduti al mercato. Da quei giorni nella cantina della casa al mare furono custodite anche strane casse.
Sono certa che sbarcarono o si imbarcarono anche altri soldati alleati.
In particolare ricordo che prima di Natale del 1944 una notte riapparve Nino accompagnato da un uomo alto, biondo come uno svedese e due baffoni. Erano appena sbarcati dalla barca, perché i pantaloni erano bagnati, e avevano anche diverse casse che nascosero in cantina e che vennero recuperate nei giorni successivi dagli amici di Nino: Achille [Achille “Andrea” Lamberti], Lotti e altri. Ancora a notte partirono per Negi. La notte della Epifania riapparve mio fratello Nino con Mimmo (Domenico Dònesi) e un ufficiale inglese [il capitano Robert Bentley del SOE britannico, incaricato della missione alleata presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] bagnato fradicio. Era evidentemente appena sbarcato. Sistemarono delle casse in cantina poi si incamminarono di nuovo […]
Emilia Guglielmi, sorella di Alberto “Nino” Guglielmi, in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM), 2007

Caramia Francesco (Franco) che dal primo C.L.N. Sanremese e per esso più precisamente da Salvatore Marchesi [Salvamar, Turi Salibra, delegato del CLN di Sanremo a seguire la zona di Bordighera] e da Adolfo Siffredi ebbe incarico di arruolarsi nella milizia per esperire opera di informatore e di disgregatore e che lascerà tale incarico dopo circa tre mesi per entrare direttamente alle dipendenze del CLN circondariale, per il quale dall’ottobre 1944 in poi presterà servizio di staffetta per il collegamento con Bordighera
Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) – Vol. I: La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976

[…] il distaccamento SAP di Vallecrosia nato negli ultimi giorni di luglio ’44.
nota 63 a pagina 136 di Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945), Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia, Anno Accademico 1998/1999

Nella mia Resistenza passata a Perinaldo partecipai all’attacco [3 settembre 1944] al campo di Vallecrosia insieme ai sappisti di Vallecrosia.
Angelo “Athos” Mariani in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Durante il periodo di attesa a PIGNA il comandante dei Partigiani della zona noto come LEO [Stefano Carabalona] ci parlò della possibilità di passare in FRANCIA in barca da VENTIMIGLIA e suggerì di inviare uno dei suoi uomini sulla costa per fare delle indagini […] I pescatori ci portarono vogando, senza ulteriori incidenti, in 3 ore e mezza a Monte Carlo dove sbarcammo [quindi, approssimativamente alle ore 4 del 9 ottobre 1944, data in ogni caso indicata da Brooks Richards, Secret Flotillas, Vol. II, Paperback, 2013] e ci arrendemmo alla guarnigione F.F.I. La mattina seguente ci recammo a Nizza e facemmo rapporto al Maggiore H. GUNN delle Forze Speciali […] A Nizza informammo il Colonnello BLYTHE del quartier generale della task force della settima armata americana.
capitano G. K. Long, artista di guerra, documento britannico Mission Flap, copia di Giuseppe Mac Fiorucci

Un giorno mi fu ordinato di sorvegliare la strada per Pigna perché dovevano scendere dei partigiani, forse perché accompagnavano ufficiali alleati. Mi lasciarono sul ponte del Nervia al bivio per Rocchetta [Nervina (IM)] con due pecore e due capre per fingermi pastore al pascolo. Tutto andò bene, solo che alla sera le bestie non volevano saperne di ritornare al paese.
Dopo quella avventura, Girò [Pietro Gerolamo Gireu Marcenaro] mi disse che occorreva mandare partigiani dagli alleati nella Francia liberata per stabilire rapporti e trasportare armi per i garibaldini. Come? Di notte, con un gozzo, remando da Vallecrosia a Monaco.
Ampelio “Elio” Bregliano in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Novembre 1944 mio passaggio in Francia perché in qualità di cap. pilota avrei potuto prospettare lanci nella zona. Per equivoco al mio arrivo fui arrestato e sottoposto a duri interrogatori da parte della polizia francese delle Nouvelle Prisons di Nizza. Chiarito l’equivoco, mi offro volontario per essere sbarcato da solo nella Val Nervia per preparare la ricezione della missione alleata capeggiata dal cap. Bentley. Sbarcato alle 2 di notte da un motoscafo inglese, mi trovai sulla spiaggia di Val Nervia solo per 6 giorni. Presi poi i contatti con Gino [Luigi Napolitano di Sanremo (IM), in quel periodo commissario del I° Battaglione “Mario Bini” della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] e Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria]. Segnalai per varie notti consecutive a mezzo di lampadina elettrica la possibilità di sbarco della missione. Il 6 gennaio 45 la missione sbarcava…
Antonio “Tonino” Capacchioni, manoscritto, documento IsrecIm, pubblicato in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

… si intende fare un ulteriore accenno ai rapporti intercorrenti tra i garibaldini dell’imperiese, I^ Zona Operativa Liguria, e la presenza anglo-americana in Costa Azzurra.
Le relazioni si intensificarono con il dicembre 1944, quando il giorno 10, come riportato in Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), vol. III, Da agosto a dicembre 1944, pp. 514-515, 1994, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 1977, “il garibaldino Leo [nome di battaglia di Stefano Carabalona, già eroico comandante di Distaccamento della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione” nelle battaglie partigiane per Rocchetta Nervina (IM) e per Pigna (IM), responsabile della Missione Militare presso il Comando Alleato, con vice comandante Lolli (Giuseppe Longo)], Boia [Tullio Anfosso, comandante di Distaccamento della V^ Brigata], Corsaro [o Caronte, Giulio Pedretti, della V^ Brigata], i compagni Giulio Colombo Licasale [della V^ Brigata], Luigi Sirena Gastaudo [capo di una squadra della V^ Brigata], Katiuscia [Giovanni Leuzzi, anche Catuscia, commissario di un Distaccamento della V^ Brigata], Luciano Mannini (Rosina) [della V^ Brigata] ed altri per mezzo di una barca salparono clandestinamente da una località costiera di Vallecrosia (IM) e raggiunsero Villafranca [Villefranche-sur-Mer, dipartimento delle Alpes-Maritimes, regione francese Provence-Alpes-Côte d’Azur] all’alba incolumi e si insediarono nella base di Ville Petit Rocher“.
Rocco Fava, Op. cit., Tomo I

Renzo Rossi (Renzo, Stienca, Zero)… dopo aver riorganizzato il CLN di Bordighera e dopo un periodo di permanenza in montagna lavorerà per il CLN circondariale adoperandosi tra l’altro in viaggi via mare… per stabilire rapporti tra le forze resistenziali italiane e ufficiali americani, inglesi, francesi… Renzo Biancheri (Gianni), di Bordighera, che aiutò Renzo Rossi nella sua attività.
[…] A dicembre 1944 alla S.A.P. di Vallecrosia si aggregarono alcuni partigiani scesi dalla montagna…
Giovanni Strato, Op. cit.

L’attività della Squadra di azione patriottica di Vallecrosia-Bordighera fu indubbiamente una delle più ardite più pericolose…
I collegamenti con la montagna venivano mantenuti dai sapisti stessi; e quelli con Sanremo da Renzo [Stienca Rossi] e negli ultimi tempi dal giovanissimo studente Enrico Cauvin [di Vallecrosia].
All’inizio l’attività della SAP aveva carattere informativo, costituendo essa il SIM della zona e funzionando spesso di collegamento con le formazioni di montagna, stanziate nell’immediato retroterra.
Dopo la costituzione della missione Leo [Stefano Carabalona] e l’arrivo in Italia del Cap. Bentley, ufficiale di collegamento alleato, la squadra collaborò con la missione Leo stessa e col cap. Gino [Luigi Punzi] allo scopo di preparare una zona di sbarco a Vallecrosia, dopo i tentativi effettuati ad Arma di Taggia allo stesso scopo, tutti falliti, e l’assassinio del Gino.
Preparare una zona di sbarco a pochi chilometri dal fronte, su una costa strettamente sorvegliata dal nemico, era impresa difficilissima, quasi disperata…
Mario Mascia, L’Epopea dell’Esercito Scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

Trascorso il plenilunio, la notte del 14 [dicembre 1944] partiva da Vallecrosia con un’altra barca anche il partigiano dott. Kahnemann (Nuccia) con la pianta di tutte le postazioni tedesche del primo schieramento costiero e le coordinate delle principali fortificazioni, ricevute a Coldirodi [Frazione di Sanremo (IM)] da un incaricato della Divisione Felice Cascione. Su interessamento del comando della I^ Brigata Silvano Belgrano [della Divisione Silvio Bonfante], rientravano dal Piemonte nella prima decade di novembre e, con l’aiuto di Corsaro [Giulio Pedretti], dopo qualche giorno seguivano Nuccia verso la Francia anche due soldati R.T. americani, fuggiti ai tedeschi in Alta Italia, con il compito di sollecitare presso il Comando alleato l’invio di apparecchi radio ricetrasmittenti. Il tenente Antonio Capacchioni del gruppo Kanhemann veniva incaricato di preparare, in collaborazione con la S.A.P. di Vallecrosia, l’arrivo presso la Divisione Felice Cascione del capo della Missione alleata, il capitano inglese Robert Bentley.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2005

Fra i componenti [missione Kahnemann] furono assunti fra gli altri (non li ricordo tutti) Alberto Guglielmi “Nino” e Luciano Mannini “Rosina”. Io, perché ufficiale dell’esercito, a conoscenza delle lingue francese e inglese, studiate a scuola e poi coltivate privatamente. Nino e Luciano perché conoscevano la zona a menadito, soprattutto i camminamenti tra le mine sulla spiaggia. Fu incluso nella missione anche certo Jean Gérard, francese… Non l’avessimo mai fatto, come dirò dopo!!! […] La gendarmeria di Monaco, informata dello scopo della nostra missione, si mise subito in contatto con quella di Nizza […] nelle prime ore del mattino successivo stavamo già nella sede della gendarmeria di Nizza […] Quasi subito fu prelevato Kanhemann, capo della nostra missione e portatore di tutti i documenti referenziali attestanti la nostra identità politica
Domenico “Mimmo” Donesi in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Raggiunti gli alleati, Mimmo [Domenico Dònesi] e Nino [Alberto Guglielmi] furono ingaggiati dai servizi inglesi, sottoposti ad un breve addestramento e preparati alla missione di invio dell’ufficiale di collegamento presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria, il capitano Robert Bentley, del SOE britannico. Dopo Natale [1944] Nino fu inviato a preparare lo sbarco di Bentley.
appunti inediti di Giuseppe Mac Fiorucci

Poi finalmente Girò [Pietro Gerolamo Gireu Marcenaro] e gli amici prepararono la barca e partimmo. Era dicembre [1944] e tra i compagni di viaggio ricordo sicuramente Luciano “Rosina” Mannini.
Ampelio “Elio” Bregliano in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Rosina (Luciano Mannini) racconta: “Il servizio di informazioni militari, esplicato dalla missione «Leo» in Italia con i comandi alleati, ebbe inizio alla fine del settembre 1944, con l’arrivo nella zona della V^ Brigata [d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni”] di ufficiali americani ed inglesi giunti attraverso i passi montani dal Piemonte, ove erano stati paracadutati. Il capitano Leo [Stefano Carabalona], attestato allora a Pigna, comandante del distaccamento che li ospitava e che provvide in seguito a farli condurre – parte attraverso i valichi alpini e parte via mare – in Francia, stabilì col capo della missione alleata [Missione Flap] i primi accordi che dovevano condurre alla formazione di un gruppo specializzato che collegasse, per mezzo di una rete segreta, la nostra zona a quella occupata dagli alleati e fungesse da centro di raccoglimento e di smistamento di notizie militari e politiche interessanti la lotta”.
[…] La missione Leo alla quale appartenevano Rosina, Lolli [Giuseppe Longo], Giulio [Corsaro/Caronte] Pedretti, ed alcuni altri giovani che si erano temprati nelle lotte di montagna, si portò a Nizza nel [il 10] dicembre 1944, dopo due mesi di utile lavoro preparatorio, per mezzo della leggendaria imbarcazione guidata dall’infaticabile «Caronte» Giulio Pedretti e da Pascalin [Pasquale Pirata Corradi, di Ventimiglia (IM), come Pedretti]. A Nizza, Leo si incontra con i responsabili dei servizi speciali alleati e prepara il piano definitivo di lavoro, che comportava, fra l’altro, l’uso di apparecchi radio trasmittenti, per i quali la missione aveva già predisposto gli operatori. Nel gennaio 1945 la missione rientra in Italia, dove il terreno era già stato preparato in anticipo. Si organizza e comincia a funzionare in pieno…
Mario Mascia, Op. cit.

Intanto a Sanremo e a Bordighera viene costituita la Missione “Kahnemann”, di cui fa parte il tenente Capacchioni [Antonio Tonino Capacchioni], il quale viene incaricato di preparare in collaborazione con le SAP di Vallecrosia l’arrivo di una Missione Alleata (inglese) [quella del capitano Robert Bentley] con lo scopo di fornire armi alla Resistenza. Il Comando tedesco, avvertito dell’operazione che stava per svolgersi, aumenta la sua sorveglianza predisponendo nuove postazioni lungo la spiaggia, organizzate tra un campo di mine e l’altro, in modo da tenere tutta la costa sotto la più stretta sorveglianza diurna e notturna. Inoltre il nemico emana disposizioni per il ritiro e la distruzione di tutte le barche. Pertanto l’operazione da intraprendere diventa molto più rischiosa, per cui si deve stabilire come base centrale di operazione un tratto di costa maggiormente battuto dalle artiglierie franco-americane e quindi meno sorvegliato.
Dopo le prime esperienze portate positivamente a termine, nel comando della “Felice Cascione” maturò l’idea di costituire una Commissione che doveva portarsi in Francia presso i Comandi alleati, per sollecitare l’invio di attrezzatura bellica e per combinare azioni militari congiunte contro i nazifascisti. Trascorso il plenilunio, la notte del 14 [dicembre 1944] partiva con un’altra barca anche il partigiano Eugenio Kahneman (Nuccia) con la pianta di tutte le postazioni tedesche del primo schieramento costiero e le coordinate delle principali fortificazioni, ricevute a Coldirodi [Frazione di Sanremo (IM)] da un incaricato della Divisione Felice Cascione. Su interessamento del comando della I^ Brigata Silvano Belgrano, rientravano dal Piemonte nella prima decade di novembre e, con l’aiuto di Corsaro [Giulio Pedretti], dopo qualche giorno seguivano Nuccia verso la Francia anche due soldati R.T. [radiotelegrafisti] americani, fuggiti ai tedeschi in Alta Italia, con il compito di sollecitare presso il Comando alleato l’invio di apparecchi radio ricetrasmittenti. Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Op. cit.

La missione Kahneman salpò da Vallecrosia (IM) il 14 dicembre 1944, dopo tre giorni di attesa per un via libera dato dal comandante del distaccamento, che collaborava clandestinamente con i partigiani del mare, di bersaglieri di guardia sul litorale, sergente Bertelli, che avvisò per tempo che in quel giorno il suo reparto sarebbe stato impegnato a Ceriana (IM) con commilitoni tedeschi.  Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

La guerra partigiana intanto manifestava alcuni pesanti difetti organizzativi; c’erano contatti con gli alleati che erano sbarcati a St. Raphael in Provenza e, a settembre 1944, erano arrivati a Mentone, ma erano scarsamente coordinati. […] Lanci di paracadute con armi finiti in dirupi inaccessibili o addirittura in mano ai tedeschi.
Inoltre l’inverno giunse in anticipo sulle montagne e i collegamenti con gli alleati, che avvenivano attraverso i sentieri alpini, erano resi impossibili.
Si ipotizzò anche di tentare con i sommergibili, ma non ci fu nessun serio risultato. Si poteva tentare soltanto via mare.
Il 20 dicembre 1944 doveva sbarcare il capitano Robert Bentley, ma fu tutto rinviato per il mare in tempesta. Dapprima arrivarono due collaboratori del capitano e finalmente la notte fra il 6 e il 7 gennaio 1945 sbarcò Bentley con il radiotelegrafista John Mac Dougall.
[…] Con lo sbarco [notte tra il 6 ed il 7 gennaio 1945] del capitano Bentley si strinsero ancor più i rapporti tra il Gruppo Sbarchi di Vallecrosia e il gruppo di “Leo” Carabalona, del quale faceva parte Giulio Corsaro Pedretti, che per primi avevano preso contatto con le forze alleate. Gli sbarchi si susseguirono con invio di armi e anche di agenti radiotelegrafisti per azioni di spionaggio.
[…] Gli sbarchi si susseguirono con invio di armi e anche di agenti radiotelegrafisti per azioni di spionaggio. Tra queste operazioni vi fu la tragica Operazione Leo“, a seguito della “Operazione Gino” [capitano Luigi Punzi], di cui non conosco i particolari, ma che mise a repentaglio tutta la nostra organizzazione.
Renato “Plancia” Dorgia in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

La missione via mare di Bentley riuscì ad infiltrarsi nella notte del 6-7 gennaio 1945, dopo otto tentativi di sbarco, sulla spiaggia nei pressi di Bordighera […]
Antonio Martino, La missione alleata “Indelible” nella II^ Zona Operativa savonese in Storia e Memoria, rivista dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea, 2011-1

La missione Saki, guidata dal capitano Robert Bentley, giunse in Liguria non via aria, come siamo abituati, ma via mare. Il capitano aveva già tentato di entrare in Italia diverse volte passando dalla frontiera con la Francia, all’altezza di Nizza, in maniera simile a quanto fatto da O’Regan e la Donum. Tuttavia, questi tentativi erano tutti andati a monte per il maltempo e, alla fine, si era deciso di sbarcare la Saki sulla costa ligure usando una piccola barca a motore. Tuttavia, anche questo metodo si rivelò non facile da attuare. La costa ligure, infatti, era pesantemente sorvegliata dal nemico, che temeva un possibile sbarco alleato come quello che era avvenuto in Provenza e che avrebbe potuto tagliare le sue retrovie sul fronte italiano.
Redazione, Episodio 39 – Saki, Racconti dal nascondiglio, 1 maggio 2021

Nel febbraio del 1945 un agente telegrafista di una radio rice-trasmittente clandestina che operava nella nostra zona venne scoperto e catturato. La scoperta del telegrafista bloccò il flusso di informazioni militari tra i partigiani e gli alleati. Viste le mie qualifiche militari di “operatore radio”, il CLN dispose il mio trasferimento nella vicina Francia liberata […]
Angelo “Athos” Mariani in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Renzo [Renzo Stienca/Gianni Rossi] si accreditò presso l’OSS a Nizza. In seguito fece 4 viaggi [recando armi, documenti, uomini di collegamento, materiale vario] via mare dalla Francia [alla costa di Vallecrosia]… Renzo propose una nuova procedura con la quale si potevano avvisare i partigiani in attesa sulla costa italiana. Procedura che consisteva nello sparare due razzi da Cap Martin di modo che fossero visibili dall’area di Bordighera. Un compito che fu affidato al comando francese di Mentone. Il 17 marzo un battello, che portava due pacchi di armi e di munizioni per i partigiani, partiva da Villefranche con a bordo Renzo ed altri 2 uomini. Ma nessun razzo venne sparato, non ci fu nessuno ad accogliere in Italia quella piccola spedizione ed il battello tornò indietro. L’operazione venne ritentata con successo due notti più tardi, quella del 19 marzo… Renzo tornò definitivamente in Italia la notte del 27 aprile 1945, sbarcando a Sanremo…
Sir Brooks Richards, Secret Flotillas, Vol. II, Paperback, 2013

Renzo Rossi entra in contatto con le Special Forces e continua l’opera di Leo, trasportando in Italia armi automatiche e munizioni… le armi venivano avviate in montagna a Negi dove Cekof le riceveva per inoltrarle alle formazioni; distribuite agli uomini di Bordighera o per mezzo di Piero (Angelo Amato), René (Renato Magni) e i Laura delle Sap di Ospedaletti.
Mario Mascia, Op. cit.

Il Gruppo Sbarchi era stato creato dal nostro CLN, che mi incaricò ufficialmente, con tanto di credenziali dell’Alto Comando, di rappresentare la Resistenza Italiana presso il comando alleato e di coordinare le loro azioni alle nostre esigenze.
[…] Iniziò ufficialmente una più stretta collaborazione tra la Resistenza italiana e le forze alleate.
Al Belgrano, antico palazzo-maniero di Nizza ove risiedeva il comando interalleato, presentai le mie credenziali e fummo accolti e considerati a tutti gli effetti come “collaboratori”, anche se non ancora “alleati”.
Facemmo presente anche che il nostro impegno alla lotta della liberazione dell’Italia era dettato da motivi ideali e non da convenienze personali.
Chiarimmo anche con gli altri agenti italiani che già operavano con i servizi alleati, in gran parte contrabbandieri ed avventurieri, che non era nostra intenzione rischiare la pelle per fare le spie prezzolate, ancorché dalla parte giusta.
Tutti si dichiararono entusiasti di partecipare alla lotta per la liberazione dell’Italia dai nazifascisti.
Il contributo dei contrabbandieri alla Resistenza fu enorme ed è bene che venga reso pubblico e riconosciuto.
Quando necessario partecipavamo alle riunioni dei comandi alleati.
Compito della Resistenza era quello di raccogliere quante più informazioni possibili sul dislocamento e sui movimenti delle forze nazifasciste e sul posizionamento dei campi minati lungo la costa.
I viaggi tra la Francia e Vallecrosia si intensificarono, con l’invio di armi ed equipaggiamenti per i partigiani. L’invio di armi era sempre stato un problema. l lanci con i paracadute quasi un disastro, e, quando andavano a buon fine, le armi si rivelavano inadeguate.
Su indicazione del commissario Mascia di Sanremo rappresentai con insistenza la necessità che ci venissero fornite armi e munizioni compatibili con la preda bellica tedesca che riuscivamo a sottrarre ai nazifascisti.
Per quanto possibile cercammo di evitare i bombardamenti per abbattere i ponti e gli altri obiettivi militari, perché creavano troppi danni alla popolazione civile.
Venimmo incaricati di far saltare ponti e rendere inagibili altre strutture.
Da Vallecrosia verso la Francia furono trasportati prigionieri di guerra alleati fuggiti dai campi di prigionia dopo l’8 settembre ’43 e partigiani italiani ricercati dai fascisti.
Renzo “Stienca” Rossi in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

La mia storia nella Resistenza è legata a filo doppio con Renzo [Stienca] Rossi.
Nell’agosto del 1944 mi aggregai al gruppo partigiano di Girò [Pietro Gerolamo Marcenaro], che operava nella zona di Negi [Frazione di Perinaldo]. Dove godevamo anche dell’appoggio di Umberto [Gigetto] Sequi a Vallebona e di Giuseppe Bisso a Seborga; tutti e due membri del C.L.N. di Bordighera. Negi era il punto di contatto tra le varie formazioni partigiane che operavano nella zona, tra queste, quelle sotto il comando di Cekoff [Mario Alborno di Bordighera] e di Gino [Luigi Napolitano]
[…] La collaborazione dei bersaglieri fu determinante per tutte le operazioni del Gruppo Sbarchi. Il sergente Bertelli comandava un gruppo di bersaglieri a Collasgarba – sopra Nervia di Ventimiglia – e aveva manifestato la volontà di aderire alla Resistenza. Fu avvicinato dai fratelli Biancheri, detti Lilò, per stabilire le modalità della diserzione, quando il plotone fu distaccato alla difesa costiera giusto sulla costa di Vallecrosia in prossimità del bunker alla foce del Verbone. I Lilò convinsero allora i bersaglieri a non disertare, ma ad operare dall’interno per consentire ed agevolare le nostre operazioni.
[…] Il nostro ritorno [6 marzo 1945] fu programmato subito con il motoscafo di Giulio “Corsaro” Pedretti e di Cesar, con il quale si dovevano recuperare anche alcuni prigionieri alleati; ma il motoscafo in mare aperto andò in panne e non ne volle sapere di riavviarsi. Eravamo in balia delle onde: Renzo Rossi, Pedretti e Cesar sotto un telo, al chiarore di una lampada, rabberciarono alla meglio il motore. Quasi albeggiava e la missione fu annullata perché ormai troppo tardi. Sulla spiaggia di Vallecrosia il Gruppo Sbarchi attese invano con i 5 piloti. […] Pochi giorni dopo, senza Achille [Achille “Andrea” Lamberti], che rimase a dirigere il Gruppo a Vallecrosia, effettuai con Girò un’altra traversata, accompagnando “Plancia” [Renato Dorgia] a prendere armi e materiale. Il ritorno lo effettuammo con la scorta di una vedetta francese, che accompagnò il motoscafo di Pedretti. Vi furono momenti di apprensione perché da bordo della vedetta si udì distintamente il rombo del motore di un motoscafo tedesco; i nemici non si accorsero della nostra presenza e passarono oltre. Trasbordammo sul motoscafo e sul canotto gli uomini e il materiale delle missioni “Bartali” [Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della Divisione “Silvio Bonfante” presso gli alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione] e “Serpente”, composte da agenti addestrati al sabotaggio. Nelle operazioni di trasbordo alcuni caddero in mare e recuperarli nel buio non fu cosa facile, dovendosi osservare il silenzio assoluto. Attendemmo i segnali convenuti da riva. Anche quella volta nessun segnale. Gli ordini erano di annullare tutto, ma Girò accompagnò ugualmente a terra tutta la comitiva, mentre io tornai a bordo della vedetta, perché nel buio pesto riuscì ad individuare il tratto di spiaggia dinanzi a casa sua.
Renzo “Gianni” Biancheri, “Rensu u Longu” in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

I tedeschi aumentarono notevolmente la sorveglianza e con essa le nostre difficoltà.
Finalmente portammo i battelli al mare e i 7 passeggeri, (i 5 piloti alleati e i due passeur). Prima di partire, uno dei passeur volle “collaudare” le barche per verificare che tenessero il mare.
Imbarcati tutti, partirono in 9 guidati da Achille e un altro, che non ricordo se Girò o Renzo Rossi o altri.
Credo Renzo Rossi, che era il capo di tutta l’organizzazione sbarchi.
Arrivarono sani e salvi e questa operazione accrebbe non poco la considerazione degli alleati per la Sezione Sbarchi di Vallecrosia.
Renato “Plancia” Dorgia in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

24 gennaio 1945 – Dal C.L.N. di Sanremo, prot. N° 219/CL, al comando della V^ Brigata – Si comunicava che la zona di competenza del C.L.N. di Sanremo comprendeva la zona costiera da Ventimiglia a Santo Stefano al Mare (IM).
14 febbraio 1945 – Dal Comando Operativo [comandante “Curto” Nino Siccardi] della I^ Zona Liguria al comando della Divisione “Silvio Bonfante” – Comunicava che erano imminenti alcuni sbarchi di materiali da parte degli alleati sulle coste controllate dalla II^ Divisione “Luigi Nuvoloni” e precisava i criteri di distribuzione dei medesimi.
10 marzo 1945 – Dal CLN di Sanremo, prot. n° 410, al CLN di Bordighera – Segnalava che il Comando Operativo della I^ Zona Liguria desiderava inviare alcuni documenti in Francia tramite “Leo” [Stefano Carabalona, che, ferito, dal 5 marzo era già stato portato in salvo in Costa Azzurra] e di conseguenza chiedeva la data in cui fosse stato disponibile “Leo”.
19 aprile 1945 – Dal dottor “Turi Salibra” [dottor Salvatore Marchesi] al commissario “Orsini” [Agostino Bramè] della V^ Brigata – Riferiva che i partigiani di Vallecrosia comunicavano che il capitano “Lemme” aveva autorizzato “Renzo” [Renzo Rossi] a trattenere 12 sten per armare le SAP di Vallecrosia [Gruppo Sbarchi Vallecrosia] “che rischiano notte per notte la vita durante l’imbarco e lo sbarco dei nostri organizzati” e che al CLN di Sanremo erano stati consegnati tramite “Piero” 14 sten, 2 Breda oltre che varie munizioni e 2 pacchi di bombe a mano [arrivati con i predetti sbarchi].
da documenti Isrecim in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

Una spedizione dalla zona di Triora e Bregalla verso la Francia per guidare sei anglo-americani

Tenda – Fonte: http://www.neldeliriononeromaisola.it
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Un tratto di Alpi Marittime prossimo al confine italo-francese

La collaborazione antifascista tra Italiani e Francesi nelle Alpi Liguri e nelle Alpi Marittime, dopo l’8 settembre 1943 trasformatasi in collaborazione armata nella lotta contro i nazifascisti, ha origini lontane […] Infatti nel Sud-Est della Francia i resistenti incaricati raccolsero numerose informazioni valide e dal 3 gennaio 1943 furono autorizzati dai quadri superiori della Resistenza francese ad attaccare e sabotare le organizzazioni civili fasciste, cercando di evitare la frattura con le truppe regolari italiane d’occupazione. Nel luglio del 1943 una buona parte del Comitato di Informazione italiano e dell’O.V.R.A. erano passati sotto il quadro dell’Intelligence Service inglese. (Da una testimonianza scritta del comandante partigiano francese Joseph Manzoni detto “Joseph le Fou”). Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell’Amministrazione Provinciale di Imperia e con patrocinio IsrecIm, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977

Johnny [Gian Sandro] Menghi, capo della missione Youngstown era stato catturato dalle SS ma era riuscito, fortunatamente, a scappare e ad attraversare il confine a Ventimiglia, quasi in contemporanea con l’operazione Anvil, ovvero gli sbarchi degli Alleati nel Sud della Francia. Fuggendo, aveva nascosto delle mappe che riportavano le difese dell’Asse lungo la costa ligure. Quando raggiunse Bonfiglio, insieme tornarono indietro e, con grande rischio personale, recuperarono le mappe dal nascondiglio.
Max Corvo, La campagna d’Italia dei servizi segreti americani 1942-1945, Libreria Editrice Goriziana, 2006

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Una delle mappe a suo tempo utilizzate da Joseph Manzone. Copia di Giuseppe Mac Fiorucci

Joseph Manzone [nd.r.: come si può notare nelle fonti sussiste incertezza sull’esatta dicitura del cognome di questo importante personaggio della Resistenza francese, talvolta indicato come Manzone (versione la più ricorrente), talvolta come Manzoni], detto le fou (il pazzo), era una figura di spicco della Resistenza di Nizza. In particolare collaborò attivamente con il capitano Geoffrey M.T. Jones, capo del servizio di informazione americano, nelle missioni facenti capo ai servizi segreti alleati presso il maniero Belgrano di Nizza. Portò a termine importanti missioni in territorio nemico, cioé italiano, per la raccolta di informazioni sul dislocamento delle truppe nemiche. Di rilievo la collaborazione del Manzone con i Partigiani italiani della Divisione del comandante Rocca. Note preparatorie, non pubblicate, di Giuseppe Mac Fiorucci per Gruppo Sbarchi Vallecrosia, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia < Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)>, 2007

[…] Caso particolare fu l’attività svolta dall’italiano tenente Rivosecchi * che, inviato in missione nel Piemonte occidentale, si era preso cura di quei partigiani rifugiati in Francia che subivano maltrattamenti dalle autorità indigene, in HS 6/846del 2-6-45, ?-Officer Commanding N 1 Special Force; L. RIVOSECCHI, Missione mista Crosse…cit., p. 145 e ss., «i nostri combattenti venivano accolti duramente in Francia», al punto che «lo scopo della missione era improntato su una collaborazione efficace con le autorità militari francesi, per soccorrere i partigiani ed ottenere un trattamento migliore nei loro confronti». Mireno Berrettini, Le Missioni dello Special Operations Executive e la Resistenza Italiana, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Pistoia, 2007

* [n.d.r.: la lapide dedicata alla memoria del tenente Livio Rivosecchi, già insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare —con D.L. 31 gennaio 1947, sulla caserma della Guardia di Finanza in Contrada Sant’Andrea di Fermo nelle Marche, indica che Rivosecchi fu operativo nella Special Force Service britannica, una volta paracadutato in Piemonte, dall’agosto 1944 all’aprile 1945] 

… Oldoino Maurizio (Mauro) < anche Leo >, che salì in montagna subito dopo l’8 settembre 1943, entrò poi nella banda garibaldina di Tito < Rinaldo Risso, o Tito R., in seguito vice comandante della II^ Divisione d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione” > dove rimase dal febbraio al marzo 1944, entrerà quindi – ritornato in Sanremo – nelle formazioni GAP (2 agosto), ed infine da queste inviato in Francia per tentare di mettersi in contatto con gli Alleati, resterà tagliato fuori dai tedeschi, ed entrerà nel Maquis (nome di battaglia “Batté Leo”), dove sarà promosso sergente di un battaglione di volontari stranieri, con i quali per oltre sette mesi combatterà contro i tedeschi sul confine italiano… Giovanni Strato, Storia della Resistenza imperiese (I^ zona Liguria) – Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976

19/9/1944 – Per motivi di sicurezza ci trasferiamo dalla pensione Mimosa a Villa Lucca, sotto Roquebrune, di fronte a Montecarlo. Davanti allo splendido mare della Costa Azzurra […] Ogni settimana, al comando degli Americani, eravamo destinati ad eseguire missioni sempre più pericolose. Divisi in due gruppi, uno agiva in montagna per individuare le posizioni tedesche, l’altro, via mare, stabiliva collegamenti con i partigiani di Ventimiglia. Giorgio Lavagna (Tigre) <1>, Dall’Arroscia alla Provenza – Fazzoletti Garibaldini nella ResistenzaIsrecim, ed. Cav. A. Dominici, Oneglia Imperia, 1982 

A settembre 1944 Lavagna ed il suo gruppo furono arruolati nella FSSF, First Special Service Force (chiamata anche The Devil’s Brigade, The Black Devils, The Black Devils’ Brigade, Freddie’s Freighters), reparto d’elite statunitense-canadese di commando, impiegato anche nella Operazione Dragoon nel sud della Francia, tuttavia sciolto nel dicembre 1944; a questa data per non farsi internare dalle autorità francesi, questi garibaldini si trovarono costretti ad immatricolarsi nel 21/XV Bataillon Volontaires Etrangérs francese. Adriano Maini

[…] Fosse caduto un po’ più a nord, Harris avrebbe potuto sperare di raggiungere la Svizzera: nel Vercellese erano attive da tempo organizzazioni legate alla Resistenza, sorte, in origine, per aiutare gli ex prigionieri fuggiti dopo l’8 settembre, che mantenevano i contatti con i partigiani dell’Ossola [5]. Trovandosi però in prossimità della Zona Libera dell’Alto Monferrato, Harris fu avviato in questa direzione. Mediante marce notturne raggiunse il borgo di Canelli, <<dove una banda di partigiani comandata da un certo Capitano Tino aveva il suo quartier generale>>: si trattava della Brigata Asti, una delle cosiddette <<formazioni autonome>> dipendenti da Enrico Martini Mauri. Martini, ex ufficiale del Regio Esercito, operava in sintonia con la missione britannica del maggiore Temple, paracadutata nella zona sin dall’estate precedente. Tino era il nome di battaglia di Augusto Bobbio, anch’egli un ex ufficiale, comandante della brigata.
[…] Klemme, caduto al confine con il Piemonte, fu dunque indirizzato verso il Monferrato e si ritrovò con Walker Harris. Entrambi, purtroppo, persero il volo del 19 novembre [1944]. Il giorno successivo, i tedeschi attaccarono il campo d’aviazione di Vesime, se ne impadronirono e dissestarono il terreno di volo arandolo ripetutamente. I partigiani sarebbero nuovamente riusciti a rimetterlo in funzione, ma non prima della primavera successiva. Sfumata questa possibilità, Augusto Bobbio decise di trasferire Harris e Klemme a Prea, nella zona di Cuneo.
I due aviatori, marciando sempre di notte, giunsero a Prea tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre del 1944. Furono presi in consegna dai partigiani di un’altra formazione autonoma, la Divisione Alpi di Pietro Cosa, che operava in collegamento con una Missione militare [Flap] anch’essa britannica […]
[5] Massimiliano Tenconi, Prigionia, sopravvivenza e Resistenza. Storie di australiani e neozelandesi in provincia di Vercelli (1943-1945), “L’Impegno”, giugno 2008.
Alberto Magnani, I sentieri della salvezza. Aviatori americani e resistenza italiana tra Piemonte e Liguria, in Gruppo Ricercatori Aerei Caduti Piacenza (Grac)

Michael Ross, nel suo From Liguria with love. Capture, imprisonment and escape in wartime Italy, Minerva Press, London, 1997 (aggiornato di recente dal figlio, Michael Ross, in The British Partisan, Pen & Sword, London, 2019), raccontò in modo dettagliato anche la permanenza sua e di Bell tra i partigiani imperiesi. Dei patrioti non fece mai nomi veri o di battaglia, ad eccezione del sopra citato Giuseppe Porcheddu e della sua famiglia, presso i quali i due ufficiali britannici trovarono ospitalità clandestina per circa un anno, di Renato Brunati, martire della Resistenza, e Lina Meiffret, (poi fortunosamente tornata salva dalla deportazione in Germania, ma tormentata, a dir poco, nello spirito), i quali per primi sul finire del 1943 diedero loro rifugio ai due ufficiali in Baiardo, di Vito – Vitò, Ivano, Giuseppe Vittorio Guglielmo, comandante della II^ Divisione d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione”,  di Achille – identificabile in Achille “AndreaLamberti del Gruppo Sbarchi Vallecrosia, tra gli organizzatori della loro esfiltrazione definitiva verso gli alleati con arrivo in barca a remi (a marzo 1945) a Montecarlo e di Giuseppe Porcheddu, colui che li tenne nascosti per circa un anno e che tentò di aiutarli in varie maniere. Di questo libro qui si vogliono citare solo alcuni fatti immediatamente antecedenti la fuga finale. Che per tre volte,  a seguito delle comunicazioni via radio fatte dal telegrafista dell’ufficiale di collegamento alleato, il capitano del SOE britannico Robert Bentley, un sommergibile inglese si avvicinò alla costa vicino a Taggia – forse alla Curva del Don di Riva Ligure, già altre volte pensata per simili missioni; che che per due volte la scorta dei partigiani ed il gruppetto degli alleati – tra i quali i sopra menzionati Erickson e Klemme – che dovevano imbarcarsi dovettero fuggire perché trovarono i tedeschi che li mitragliarono con l’ausilio di bengala; che all’ultimo appuntamento con il natante i nazisti attesero invano, perché nel frattempo i garibaldini avevano individuato la spia che aveva messo in allarme il nemico, una giovane donna, di probabile origine iugoslava, prontamente giustiziata. Che risultarono dispersi, poco prima della loro partenza, due partigiani e due americani, indicati come Ricky e Reg. E che alla fine si compose la squadra che, formata da Ross, Bell e due piloti alleati sfuggiti alla cattura da parte nazifascista, marciò attraverso l’entroterra di Sanremo, Negi di Perinaldo, Vallebona verso Vallecrosia, punto clandestino di partenza per la Francia. Adriano Maini

22 febbraio 1945 – Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione – Segnalava che: “… occorre che il comandante ‘Ivano’ [anche Vitò, Vittò, Giuseppe Vittorio Guglielmo] organizzi una spedizione dalla zona di Triora e Bregalla verso la Francia per guidare sei anglo-americani. È previsto un premio per le guide di lire 4.000 per ogni persona condotta oltre frontiera verso le forze alleate…”     30 marzo 1945 – Dal comando della I^ Divisione “Gin Bevilacqua [della II^ Zona Operativa Liguria] alla Sezione SIM (Servizio Informazioni Militari) della II^ Divisione “Felice Cascione”  [della I^  Zona Operativa Liguria] – Richiesta urgente per avere informazioni sui movimenti nemici alla frontiera italo-francese, dovendo inviare segnalazioni del proprio SIM alla missione alleata in Piemonte.    22 aprile 1945Da Kimi [Ivar Oddone, commissario politico della II^ Divisione] al comando della II^ Divisione – Segnalava che una fonte attendibile riferiva che la radio francese aveva annunciato la notizia dell’occupazione di Briga Marittima [La Brigue, Val Roia francese, dipartimento delle Alpi Marittime] da parte delle truppe degaulliste e la penetrazione delle stesse in territorio italiano.    22 aprile 1945Dal comando della II^ Divisione al comando della I^ Zona Operativa Liguria – Si chiedevano con urgenza precise disposizioni nei confronti delle truppe liberatrici, che con ogni probabilità saranno Degolliste; le competenze nei confronti del CLN e delle SAP secondo gli accordi intervenuti tra voi e dette organizzazioni… se bisogna portare gradi, in caso positivo quali.    23 aprile 1945 – Dal comando della VI^ Divisione “Silvio Bonfante”, prot. n° 330, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria – Comunicava che in pari data era giunto presso quel comando il capitano Bartali [Giovanni Bortoluzzi] della Missione Alleata.    30 maggio 1945 – Da H.Q. Allied Liaison Mission I^ Ligurian Zone a “Ramon” [Raymond Rosso], capo di Stato Maggiore della VI^ Divisione –  Veniva espresso il ringraziamento del Capitano “Bartali[Giovanni Bortoluzzi], vice comandante della missione inglese nella I^ Zona, per la collaborazione accordata nei mesi passati.  da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo II – Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 – 1999

Il 6 febbraio 1945 il servizio di controspionaggio tedesco arrestò diversi agenti alleati. L’agente francese Jean Soletti alla Cima del Diavolo [dipartimento francese delle Alpi Marittime] mentre cercava di attraversare la linea del fronte. L’agente Charles Canevas a Tenda [Val Roia francese, dipartimento delle Alpi Marittime]. Il 12 febbraio tre agenti inglesi a Tenda: furono gravemente torturati. Due agenti francesi furono feriti dalle mine durante l’attraversamento del Col de Raus [dipartimento francese delle Alpi Marittime] l’11 febbraio 1945. Il 24 marzo l’agente francese François Raibaut fu ucciso mentre tentava il passaggio delle linee nella Valle del Boréon [dipartimento francese delle Alpi Marittime]: doveva recarsi in Italia con l’agente Barel, che nell’occasione rimase solo leggermente ferito. Anche italiani subirono perdite durante le missioni. Il 4 gennaio 1945 a Ventimiglia [(IM)] fu ucciso Gino Punzi, mentre cercava di effettuare una missione per i servizi di informazione alleati. Il 1 gennaio 1945 mentre stavano per sbarcare nel porto di Mentone un agente fu ucciso ed un altro ferito dai militari di guardia, che, per pessimo coordinamento dei servizi, li avevano scambiati per agenti tedeschi.  Pierre-Emmanuel KlingbeilLe front oublié des Alpes-Maritimes (15 août 1944- 2 mai 1945), Ed. Serre, 2005

 

Salvatore Marchesi e Beppe Porcheddu nella Resistenza

La zona Arziglia di Bordighera (IM) dove sorge la Villa Llo di Mare (nell’immagine, nascosta dagli alberi), abitata a suo tempo da Giuseppe Porcheddu

[…]
Il fratello e la famiglia di Concetto Marchesi nella Resistenza fra Bordighera e Apricale
Durante l’espatrio in Svizzera, come ricorda Luciano Canfora, Concetto Marchesi scrisse «sarebbe provvidenziale l’invio di missioni con apparecchi radiotrasmittenti. Se il Comando inglese vorrà preannunziare il campo o i campi del Piemonte e della Liguria sui quali intende paracadutare tali missioni, sarà mia cura darne immediato avviso al Comando delle Brigate Garibaldi» 1. Per la Liguria, il collegamento di Concetto era proprio il fratello Salvatore, impegnato nella Resistenza del Ponente ligure.
Salvatore era nato a Catania il 15 ottobre 1876, da Gaetano Marchesi e Strano Concetta. Morì a Roma il 28 gennaio 1965 (Il fratello più giovane, Concetto, era nato sempre a Catania il 1° febbraio 1878, morì il 12 febbraio 1957 a Roma).
Capitano di complemento nella guerra ’15-’18, svolse per decenni l’attività di commercio e di rappresentanza di prodotti chimici e medicinali. Stabilitosi in Liguria, Salvatore Marchesi, sempre in contatto in modo molto riservato e prudente, tramite la rete informativa della Resistenza, con il fratello Concetto eclissatosi in Svizzera, si propose anche di aiutare la moglie Ada e la figlia Lidia. Un dettaglio: Salvatore Marchesi Salvamar utilizzava per i messaggi e le relazioni, per gli atti e le comunicazioni, sempre una macchina da scrivere che gli venne data da Renato Dorgia Plancia nella località di Negi, in piena area delle operazioni della V brigata L. Nuvoloni fino al 25 aprile 2.
Salvatore riuscì, a gennaio ’45, a far ospitare, in incognito, Ada e Lidia dall’amico Beppe Porcheddu, nella villa Llo di via Arziglia di Bordighera.
[…] Porcheddu, con Renato Brunati, Renzo Rossi e Lina Meiffret, si era legato al gruppo torinese di Guido Hess Seborga, Ada Gobetti, Piero Bargis, Giorgio Diena, Vincenzo Ciaffi, Domenico Zuccaro, Raffaele Vallone, Luigi Spazzapan, Umberto Mastroianni, Carlo Musso.
Beppe Porcheddu sparì da Bordighera e non diede più tracce dal 27 dicembre 1947. A Roma si stava realizzando una sua mostra retrospettiva di dipinti e disegni, curata dall’amico Piero Giacometti. Lasciò una lettera indirizzata alla sorella Ambrogia, con una frase enigmatica: «la vita è un continuo tradimento. I più bei sogni…restano sogno. Chissà quando ci rivedremo» 5.
Sulla scomparsa misteriosa di Porcheddu, da alcuni attribuita ad una delusione d’amore e da altri attribuita ad una scelta religiosa e mistica, è intervenuto anche Italo Calvino in una lettera inviata ad Antonio Faeti, scrittore e saggista, accademico di letteratura per l’infanzia:
Parigi, 8 gennaio 1973.
Caro Faeti, Anche avrei da dirti di Beppe Porcheddu che conobbi perché stava a Bordighera e soprattutto conosco molti che l’hanno conosciuto bene e ancora continuano a parlare della sua misteriosa sparizione. Era un uomo molto fine signorile ed elegante e colto, professava un misticismo cristiano e comunista e frequentava ambienti antifascisti prima durante e dopo la Resistenza, fino a quando scomparve senza che i suoi familiari riuscissero a sapere più niente e l’unica spiegazione che si può dare è una crisi religiosa di tipo buddistico che sia arrivata fino ad una totale perdita di sé.
Abbi tutti i miei auguri per il 1973.
tuo Italo Calvino
6.
Il soggiorno di Ada e Lidia Marchesi presso la villa di Porcheddu durò fino al 24 gennaio 1945. Alcune segnalazioni e allarmi giunti dalla rete informativa consigliarono di mutare nascondiglio. La presenza contemporanea e clandestina, nella villa di Porcheddu a Bordighera nel gennaio 1945, dei due ufficiali inglesi Michael Ross e George Bell e della moglie Ada e la figlia Lidia di Concetto Marchesi è pienamente riscontrata anche nel recente libro di Michael Ross, The British Partisan, pubblicato da Pen & Sword, London 2019. Il nuovo libro è la riedizione aggiornata della prima pubblicazione del volume Michael Ross, From Liguria with love. Capture, imprisonment and escape in wartime Italy, Minerva Press, London 1997. Nel volume del 2019, David Ross, nipote di Michael, apporta alcune integrazioni, grafici e foto.
Ancora, David Ross sta curando un saggio biografico su Beppe Porcheddu che verrà editato a breve. Si propongono alcuni passi del volume del 2019 (pagine 172 e 173) nella versione inglese e, a seguire, in una libera traduzione in italiano:
[…] This was wonderful news and a tremendous boost to morale. A landing in the English Channel area had been expected but, perhaps optimistically, we had argued that a beachhead established at the same time on the Riviera would assist any front in western Europe as well as helping to revive the stalemate on the southern Italian front. So we could not help feeling some disappointment that no- thing seemed to be happening in the Mediterranean area. Anyway, things were now on the move, and we all took heart.
Come se i Porcheddu non avessero già abbastanza problemi, altri gravami stavano per abbattersi sulla famiglia. Una mattina, come dal nulla, due donne apparvero sulla soglia di casa alla ricerca di un breve periodo di rifugio. Erano la moglie e la figlia di Concetto Marchesi, Rettore dell’Università di Padova e vecchio amico di famiglia. Per lungo tempo era stato apertamente critico nei confronti del fascismo, e adesso le autorità lo stavano perseguendo. Lui era sparito; sua moglie e la figlia pensavano fosse saggio fare altrettanto. Beppe e Rita le accolsero senza esitazioni. Adesso avevamo un problema serio. Se qualcuno estraneo, non importa chi, lo avesse saputo, la nostra sicurezza sarebbe stata compromessa e saremmo dovuti scappare. D’altro canto, cercare di evitare ogni contatto con i nuovi venuti, che avrebbero vissuto sotto lo stesso tetto e, come noi, non si sarebbero mai avventurati fuori, sarebbe stato molto difficile. Ma Beppe insistette che la situazione era gestibile. Quindi niente fu detto alle due donne circa la nostra presenza, e loro si accomodarono nel salotto al piano di sotto, che fu disposto a loro uso esclusivo anche per dormire.
[…]
Michael Ross (mancato nel 2012 a Bath in Inghilterra) era capitano del Welch Regiment, mentre Cecil George Bell era tenente della Highland Light Infantry. Ross sposerà poi a ottobre 1946 la figlia Giovanna (deceduta nel 2019) di Porcheddu, mentre l’altra figlia gemella Amalia Ninilla (oggi vivente) sposerà, nello stesso giorno, un ufficiale inglese impegnato dopo la Liberazione in Liguria, il cap. Philippe Garigue.
Fu proprio Garigue, di antica e risalente origine francese, a guidare una missione alleata delicatissima, con incarico di comporre il contrasto vivace fra alcune componenti resistenziali propense all’annessione alla Francia e altre invece risolutamente avverse all’operazione. Salvatore Marchesi e molti ex partigiani attorno al rinato CLN di Ventimiglia contrastarono ogni ipotesi di annessione alla Francia o di creazione di una zona franca. Salvatore Marchesi e molti ex resistenti si impegnarono affinché la costa ligure di Ponente, nel tratto prossimo al confine, restasse italiana 7.
Garigue, nato a Manchester nel 1917 e laureato in scienze politiche, sbarcò in Sicilia e partecipò alla Campagna d’Italia come ufficiale; garantì consistenti aiuti alle popolazioni locali, in poche settimane intervenne sulle infrastrutture ed abitazioni distrutte dai bombardamenti, si meritò la stima degli abitanti. L’annessione venne scongiurata. Garigue mancò poi nel 2008.
[…]
Il manoscritto di Beppe Porcheddu, pittore, artista e antifascista
Merita particolare attenzione biografica e storica il manoscritto di Beppe Porcheddu, giacente presso l’ISRECIM di Imperia, costituito da cinque pagine scritte in modo molto fitto, con correzioni ed aggiunte, sottolineature e cancellazioni. Il testo costituisce un’importante ricostruzione di fatti, di ruoli, di avvenimenti vissuti direttamente da Porcheddu. Viene ricostruita l’attività antifascista, menzionati i rischi corsi nell’ospitare partigiani, gli inglesi Ross e Bell, la moglie e la figlia di Concetto Marchesi. La narrazione cita località e date; vi sono alcune inesattezze, ma emerge una capacità di sintesi ed essenzialità senza alcuna retorica. La versione a noi giunta è certamente una bozza di una ipotetica versione più definitiva, non pervenuta. Non si può cogliere quando e dove Porcheddu scrisse il testo. Il manoscritto non è stato mai preso in considerazione prima d’ora da storici e studiosi sul periodo resistenziale ligure. Solo nel 2019 è stato incluso, in parte, nel saggio di Francesco Mocci (con il contributo di Dario Canavese), Il capitano Gino Punzi, alpino e partigiano, Alzani Editore, Pinerolo 2019. Il manoscritto,
confrontato con altri brevi scritti e firme di Porcheddu in possesso del nipote David Ross (figlio di Giovanna Porcheddu), è stato considerato da David come autentico e attribuibile senza alcun dubbio a Beppe Porcheddu 8. Pur non essendovi la sottoscrizione di pugno di Porcheddu, il contenuto e i riferimenti di luoghi e tempo, i dettagli delle vicende sono tutti elementi congruenti rispetto alla sua attribuzione.
Ecco il contenuto del manoscritto, dopo una non agevole interpretazione della scrittura:
La propaganda antifascista e antitedesca fu praticata nella zona di Bordighera da Renato Brunati e da me, in un contempo indipendentemente, senza che nemmeno ci conoscessimo: ma nel 1940 ci incontrammo e d’impulso associammo i nostri ideali e le nostre azioni, legati come ci trovammo subito anche da interessi intellettuali ed artistici.
[…] I 2 ufficiali inglesi si chiamano: Michael Ross e George Bell.
Altro aiuto avemmo nell’occultamento dei 2 inglesi dal compagno Luigi Negro 18, autista della villa Hermann alla Madonna della Ruota. Egli ospitò una notte i 2 alleati nella detta villa, nonostante la permanenza di scolte tedesche nelle adiacenze e la possibilità di sorprese da parte del padrone e dei suoi accoliti.
Il rapporto di Concetto Marchesi con il fratello e la famiglia in Liguria
Concetto Marchesi ebbe sempre un rapporto intenso, preoccupato per la moglie Ada e la figlia Lidia, specie nella fase più impegnata dell’espatrio in Svizzera e poi nella Resistenza. Non solo. Pure con il fratello Salvatore, mantenne sempre una condivisione di pensiero e di sentimenti
[…]
Salvatore Marchesi scrive al comandante Nino Siccardi Curto
Significativa questa lettera custodita nell’archivio dell’ISRECIM di Imperia.
È una lettera scritta da Salvatore Marchesi Salvamar al suo comandante Nino Siccardi Curto, il 10 aprile 1948. Salvatore morirà poi il 28 gennaio 1965 a Roma. È una lettera semplice, essenziale, di vera amicizia, ricca di tensione etica ed ideale. Salvatore ricorda la stagione della Resistenza in montagna, con l’amico e comandante Curto.
[…]
Salvatore Marchesi Salvamar nella Resistenza ligure
Come recita la scheda biografica e di smobilizzazione, giacente presso l’Archivio del Comando della II Divisione d’Assalto Garibaldi Liguria “F. Cascione”, Salvatore iniziò l’attività partigiana dal 15 giugno 1944 e la sviluppò fino alla Liberazione 24.
Salvatore Marchesi prese parte attiva alla creazione del CLN a Sanremo e a Bordighera; partecipò e sostenne da subito l’originale creazione del Gruppo Sbarchi, sorto nell’ambito della SAP di Vallecrosia.
Furono proprio gli antifascisti di Vallecrosia che, dopo aver consolidato, senza qualche difficoltà iniziale, il rapporto con le missioni angloamericane sbarcate in Francia, ritennero essenziale avviare una fattiva sinergia di attacco alle truppe nazifasciste.
Tutti ricordavano bene, ad esempio, l’insuccesso che avvenne il 22 febbraio 1944, fra Riva Santo Stefano ed Arma di Taggia, quando la missione italiana Zucca (missione d’intelligence e di collegamento fra Resistenza ed Alleati), mentre tentava un raccordo con un sottomarino alleato per ricevere e inviare armi e vario materiale
[…] A Vallecrosia, nei pressi di Ventimiglia, nei mesi da settembre 1944 a gennaio 1945, la SAP locale avviò contatti diretti e sostenne la missione del dott. Kanhemann Nuccia, quella del capitano Robert Bentley (Bob)[…] 27.
[…] la missione Flap, un gruppo composto dal capitano Geoffrey Long (sudafricano di Pretoria), dal capitano Paul Morton (canadese di Toronto e corrispondente di guerra), dall’ufficiale scozzese W. Mac Lelland di Lanark e dall’ufficiale americano Maurice R. Larouche di Detroit. Il gruppo di agenti inglesi ed americani proveniva dalla missione Flap, paracadutata ed insediata nel Basso Piemonte, indirizzata dai comandi alleati per infiltrazione in provincia di Imperia.
[…] La SAP di Vallecrosia era operativa ed efficace, dotata di militanti convinti e ramificati fra la popolazione, in gran parte antifascista storica. Qui nacque l’idea di creare una sezione specializzata negli imbarchi e sbarchi via mare. Il gruppo era comandato dal garibaldino Renzo Rossi Stienca di Bordighera e dal commissario Gerolamo Marcenaro Girò di Vallecrosia.
1 L. CANFORA, Il sovversivo. Concetto Marchesi e il comunismo italiano, Laterza, Bari-Roma 2019, p. 678.
2 Si veda FRANCESCO BIGA, nel IV Storia della Resistenza Imperiese (I zona Liguria). La Resistenza in provincia di Imperia dal primo gennaio 1945 alla Liberazione, ISRECIM, Grafiche Amedeo, Imperia 2005, p. 374.
5 Per la scomparsa di Porcheddu, non ancora pienamente ricostruita, si veda l’articolo di LEONARDO BIZZARO, apparso su «Repubblica» del 20 ottobre 2007 con il titolo Porcheddu, la matita che sparì a Natale. Si veda pure il servizio del TG3 Liguria, trasmesso in RAI il 27 febbraio 2013, proprio sulla figura di Beppe Porcheddu, con intervista alle figlie Giovanna e Amalia, al prof. Pompeo Vagliani presidente del MUSLI di Torino, nel servizio di Michaela Bellenzier.
6 Si veda https://antoniofaeti.wordpress.com, curato da Accademia Drosselmeier/Scuola per librai e giocattolai / Centro studi letteratura per ragazzi, Bologna.
7 BIGA, IV Storia della Resistenza Imperiese (I zona Liguria) cit., pp. 374-375.
8 L’attribuzione del manoscritto a Beppe Porcheddu è stata confermata all’autore dal nipote David Ross nel novembre 2020.
18 Si tratta di antifascista di Bordighera
24 Si veda la scheda da Archivio ISRECIM, Sezione II, cartella T234, fascicolo: Marchesi Salvatore. Il partigiano Salvatore Marchesi aveva tre nomi di battaglia: Salvamar, dott. Turi Sabba e dott. Turi Salibra. Si veda inoltre la scheda n. 9603 di Salvatore Marchesi, giacente presso l’Archivio Centrale dello Stato, nel fondo Ricompart, Roma.
27 Sulla figura del capitano inglese paracadutista Robert Bentley e del suo rapporto diretto con Curto e i partigiani liguri si veda D. STAFFORD, La Resistenza segreta. Le missioni del SOE in Italia 1943-1945, Mursia, Milano 2013, pp. 369- 370; M. MASCIA, L’epopea dell’esercito scalzo, Alis, Sanremo 1946, p. 213.

Sergio Favretto, Il fratello e la famiglia di Concetto Marchesi nella Resistenza, Quaderni di storia, Anno XLVII, numero 93 / gennaio-giugno 2021, Edizioni Dedalo, pp. 152-171

Sulla Repubblica Partigiana di Pigna (IM)

Pigna (IM), Alta Val Nervia: uno scorcio
Pigna (IM), Alta Val Nervia: uno scorcio

Verso la fine d’agosto 1944, in concomitanza con l’avanzata degli eserciti alleati sbarcati in Provenza, la V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” [comandata da Ivano/Vitò, Giuseppe Vittorio Guglielmo, organizzatore di uno dei primi distaccamenti partigiani in provincia di Imperia, dal 7 luglio 1944 comandante della V^ Brigata, dal 19 Dicembre 1944 comandante della II^ Divisione “Felice Cascione”], forte ormai di oltre 950 uomini, iniziò un’azione convergente su Pigna (IM), tenuta da un centinaio di militi repubblicani e centro delle difese nazi-fasciste della zona di montagna. […] Non si dava un attimo di tregua al nemico. Ed il nemico, impotente a resistere, presentendo la sua disfatta, sfogava la sua ira bestiale ed impotente contro le inermi popolazioni: Rocchetta Nervina, Castelvittorio, Gerbonte, Triora, Molini di Triora, Badalucco, piccole pacifiche frazioni, casolari e baite furono così devastati o completamente distrutti.

In quei giorni si distinsero i distaccamenti di Gino [Luigi Napolitano], di Leo [Stefano Carabalona, poche settimane dopo questi eventi comandante della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato] e di Moscone ([Basilio Mosconi, da fine gennaio 1945 comandante del II° Battaglione “Marco Dino Rossi” della V^ Brigata]. Alla fine il nemico rinunciò a difendere le sue posizioni di Pigna: evacuò il paese e si ritirò su posizioni più arretrate (Isolabona-Dolceacqua), abbandonando nella fuga precipitosa armi e munizioni che furono recuperate dai nostri e che andarono ad arricchire l’esiguo armamento di cui la brigata era provvista. Venne occupata Pigna, dove si stabilì il comando dei partigiani, si nominò un’amministrazione provvisoria […] Mario Mascia, L’Epopea dell’Esercito Scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

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[Il 18 settembre 1944, con documento redatto sul Registro delle delibere del Comune, venne ufficialmente costituita la Libera Repubblica di Pigna].

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pigna.r4Osvaldo Contestabile, La Libera Repubblica di Pigna, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 1985

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La strada provinciale di fondovalle tra Pigna e Castelvittorio

[…] in Liguria, dove il movimento partigiano era stato messo in forte difficoltà dalle operazioni tedesche della primavera finalizzate a mantenere libero il territorio in vista di eventuali sbarchi alleati, vide nascere in giugno il primo comando militare regionale. Anche qui il periodo estivo vide la liberazione di diverse porzioni del territorio, come le vallate e diversi centri dell’imperiese da parte dei partigiani della Prima Zona. Queste aree subirono poi pesanti rastrellamenti tedeschi, coadiuvati da reparti italiani della RSI addestrati in Germania, come le divisioni Monterosa e San Marco che, a partire dal 15 agosto 1944, costituiranno, insieme alle altre divisioni repubblichine Littorio e Italia e a reparti tedeschi, l’Armata Liguria al comando del maresciallo Graziani.[…] Gabriele RonchettiLe montagne dei Partigiani (150 luoghi della Resistenza in Italia), Viaggi nella Storia, Mattioli 1885, 2011

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Il territorio che viene liberato è posto sul confine occidentale delle Alpi marittime, fra Imperia e Ventimiglia, al confine francese. Comprendeva il paese di Pigna, che ne fu la capitale, e poi Badalucco, Triora, Montalto, Carpasio, Molini di Triora e altri. In totale 22 comuni per circa 30.000 abitanti. Nella zona agivano le formazioni partigiane della II Divisione Garibaldi Cascione… Nella battaglia cadono molti partigiani e la V^ Brigata garibaldina si riduce a poco più di 200 uomini. Nel giro di un mese si arruolano 600 volontari, molti dei quali sono militi del battaglione San Marco che disertano la formazione fascista e si uniscono ai garibaldini, rivelandosi “ottimi combattenti partigiani”, come afferma la relazione del 5 di ottobre dell’ispettore della zona (Sul documento non c’è traccia del nome) [ndr: si trattava di Simon, detto anche Manes, Carlo Farini, ispettore, per l’appunto, della I^ Zona Operativa Liguria] … Ma sul piano politico l’azione di formazione dei CLN e delle Giunte comunali non è facile. “Molte sono le difficoltà… per l’arretratezza politica delle popolazioni rurali, l’inesistenza dei partiti organizzati”. In molti paesi si riescono a costituire comunque i CLN, ma mancano i collegamenti con il CLN provinciale di Imperia. Il comando garibaldino cerca di supplire elaborando in data 15 settembre una circolare di istruzioni “sulla organizzazione dei CLN, delle Giunte comunali e sulla funzione di questi organismi nel momento attuale della lotta contro i nazifascisti”. Nelle Giunte, afferma sbrigativamente il commissario della Divisione Garibaldi Cascione, “la maggioranza deve essere assicurata alle classi meno abbienti, che sono la maggioranza nel paese”. Un criterio che forse non risponde rigorosamente ai principi della democrazia formale parlamentare, ma che ha il vantaggio di ridurre la questione a termini immediatamente chiari. Conclude peraltro la relazione delle formazioni garibaldine: “Il movimento del CLN e delle Giunte incontra grande favore in mezzo alle popolazioni… Tuttavia in molte località persiste ancora uno spirito di passività lamentevole”. E’ il mondo chiuso dei piccoli contadini che istintivamente diffidano di ogni sollecitazione di ordine politico; ma vi contribuisce anche la propaganda anticomunista svolta dagli autonomi di Mauri. In queste condizioni, il funzionamento delle Giunte – laddove si riesce a costituirle – è estremamente problematico, e perfino delle questioni dell’approvvigionamento dei viveri si deve occupare direttamente il comando partigiano. Una relazione afferma infatti che “non esiste un vero e proprio territorio occupato, ma esiste invece un territorio controllato”, che lascia totalmente fuori la fascia costiera. Redazione, L’Imperiese, 1944 – Le Repubbliche Partigiane

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Il 4 ottobre 1944 ingenti forze tedesche attaccarono la Repubblica di Pigna. I partigiani della V^ Brigata respinsero l’assalto dopo alcune ore di lotta accanita. Il giorno successivo Pigna subì un furioso bombardamento che durò fino al tardo pomeriggio, diretto da batterie piazzate a Isolabona (IM). La grande battaglia che seguì si protrasse fino all’8 ottobre quando i partigiani, dopo una strenua resistenza e infliggendo gravi perdite al nemico, furono costretti a ritirarsi dal paese sulla linea Carmo Langan – Cima Marta. Iniziò così la ritirata strategica del grosso delle forze garibaldine della I^ Zona Operativa Liguria verso il Piemonte, terminata il 18 ottobre 1944. Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo I – Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 – 1999

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A questo combattimento è presente la Missione Alleata [n.d.r.: Missione Flap] che resta ammirata per la forza e per le capacità tattiche delle formazioni garibaldine.
Nel giorno seguente la calma regna assoluta. Ormai è chiaro, e confermato dalle notizie degli informatori del SIM partigiano, che i Tedeschi si preparano per un nuovo e più decisivo attacco.
Nel campo garibaldino si approfitta della calma del giorno 7 per guidare i componenti della Missione anglo-canadese verso la loro destinazione in territorio francese.
Nella notte tra il 7 e l’8 di ottobre gli abitanti di Pigna vivono nell’angoscia e nel terrore. Molti si rifugiano negli scantinati, altri fuggono nelle campagne poiché si rovescia sul paese un bombardamento che, dalle sei del mattino, diventa ininterrotto.
Prima di inoltrarci nelle vicende della furiosa battaglia finale, è opportuno ricordare un’astuzia partigiana: in pieno giorno il mortaio resta piazzato e bene in vista in una «posizione civetta» in modo che, a lungo andare, i Tedeschi ne vengano informati dalle spie. Ma, nelle ore in cui la gente non circola più, l’arma viene portata in un’altra «posizione civetta», che è la vera postazione per il combattimento, cioè vicino al deposito delle granate ed al telefono da campo. Il tutto nascosto tra verdi fronde. I vantaggi dell’accorgimento dei partigiani diventeranno evidenti nel momento dell’attacco decisivo nemico, cioè il giorno 8.
Ma riprendiamo la trama. Per tutta la mattinata, fino al primo pomeriggio, Pigna è un inferno: schianto di bombe a mano e granate di mortaio, crepitio di mitragliatrici e di fucileria.
Tra le 14 e le 16 tutta la zona è investita dal nemico, proveniente dalla Val Roja, il quale riesce ad occupare Passo Muratone ed a scendere verso il paese, mentre un altro contingente s’avvicina dalla strada della caserma. Altri gruppi nemici giungono da Isolabona, monte Olivastro, monte Altomoro, rio Bonda, Saorge. La battaglia, intorno a Pigna, divampa cruenta. Anche la località San Sebastiano è occupata. Arnolfo Giulio Ravetti (Pagasempre), dal campanile della chiesa, cerca di contenere e ritardare l’avanzata nemica con il fuoco del suo mitragliatore. Ormai occorre ritirarsi verso il nord. Ciò avviene nel primo pomeriggio sulla linea Langan­-Grai-Cima Marta.
I Tedeschi riprendono Pigna; ma chissà quanti morti e feriti avranno nascosto nei loro automezzi! A parere di Vittorio Curlo (Leo) [n.d.r.: Leo il mortaista] le forze germaniche operanti si aggiravano sui due-tre battaglioni.
Giungono i distaccamenti partigiani freschi di «Vittò», provenienti da Langan, per proteggere la ritirata, che procede ordinata e rapida, dei compagni stremati dalla lotta. In fatto di tattica militare, «Vittò» è insuperabile. Si salva anche «Pagasempre», sceso dal campanile.
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) – Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992, p. 377

Luigi (Gino) Napolitano di Sanremo (IM). Dalle formazioni autonome di “Mauri” a marzo 1944 passò definitivamente alle formazioni Garibaldi dell’estremo ponente ligure. Per le sue doti di coraggio e spirito combattivo veniva subito nominato comandante del 2° Distaccamento che, per l’aumentato numero di volontari, divenne poi Battaglione. Come risulta da un rapporto, era considerato dai nazi-fascisti “elemento assai pericoloso”. Protagonista di un gran numero di battaglie tra le quali: Carpenosa, Giugno 1944; Badalucco, 29 giugno 1944; Ceriana, Agosto 1944; Carmo Langan, 8 ottobre 1944 e febbraio 1945; Baiardo, marzo 1945. Ferito in combattimento a Baiardo. Commissario politico del I° Battaglione “Mario Bini” della V^ Brigata. Vice comandante (come da circolare della II^ Divisione “Felice Cascione” del 29 gennaio 1945) della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni”. Insignito di Medaglia d’argento al V.M. Vittorio Detassis

La zona libera di Pigna (Imperia)
fine agosto- metà ottobre 1944
Il territorio
E’ situata sul confine occidentale delle Alpi marittime e precisamente tra l’Abeglio, l’Arpetta, Testa d’Alpe, il Toraggio, il Pietravecchia e il monte Ceppo, in Valle Nervia.
Operazioni militari
– settembre 1943: la Resistenza comincia a prendere piede in buona parte della provincia di Imperia.
– novembre 1943: si organizza il Cln imperiese.
– 13/14 dicembre 1943: si ha la prima battaglia fra partigiani e fascisti; lo scontro avviene nei pressi di Montegrazie dove i militi si erano recati per compiere una retata contro alcuni gruppi di ‘ribelli’ e per requisire viveri e bestiame alla popolazione.
– 1944: durante tutto l’anno si susseguono numerosi scontri fra le formazioni partigiane e le forze nazifasciste.
– 29 agosto 1944: i partigiani occupano le località di San Bernardo e Croce Barriera; in questo modo hanno il controllo sul valico del monte Vetta.
– 3 settembre 1944: i partigiani attaccano di sorpresa i nazifascisti a Selvadolce, vicino a Bordighera, catturano 20 fascisti e si impadroniscono di un ingente quantitativo di armi e di munizioni.
– 5 settembre 1944: battaglia di Pigna; la zona passa sotto il diretto controllo dei partigiani.
Azioni di Governo
Il periodo che va dal 5 al 18 settembre 1944 è il più esaltante per la Repubblica di Pigna. E’ infatti il periodo durante il quale vengono costituiti gli organismi democratici.
Fine della “zona libera”
– 5 ottobre 1944: i nazifascisti, dopo aver tentato inutilmente di riconquistare Pigna con un attacco frontale iniziano a bombardare.
– 7/8 ottobre 1944: sono i giorni più duri della battaglia; i tedeschi fanno affluire le loro colonne da tutte le direzioni.
– 8 ottobre 1944: inizia il lento ripiegamento delle Formazioni lungo la linea Carmo Langan- Monte Grai- cima Marta; la battaglia a Pigna continua mantenuta in piedi da uno sparuto gruppo di partigiani che in questo modo consente al grosso delle forze del Movimento di Liberazione di mettersi in salvo, i Tedeschi occupano monte Vetta, San Sebastiano, gola di Gouta e passo Muratone; Pigna è perduta. Inizia il grande rastrellamento che dura dieci giorni e termina il 18 ottobre con il passaggio in Piemonte del grosso delle forze garibaldine.
Redazione, La zona libera di Pigna (Imperia), Istituto Storico Modena. Registrato il: 27 Novembre 2006

My God! Potevamo esplodere tutti!

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[   A metà dicembre del 1944 vennero ufficializzati con la Missione Kanheman i rapporti tra i partigiani del ponente ligure e gli alleati, ormai attestati sul vecchio confine italo francese. La responsabilità delle conseguenti operazioni, quale incaricato del comando della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato, fu di Stefano Leo Carabalona, che il 10 dicembre 1944 aveva preceduto in Francia la mentovata Missione. Dei due gruppi italiani che operavano clandestinamente via mare, l’estensore delle seguente testimonianza (vedere infra), Bregliano, faceva parte di quello di Vallecrosia (IM). Gruppo Sbarchi Vallecrosia, per l’appunto, emanazione della S.A.P. appena costituita di quella cittadina, un’organizzazione il cui nerbo era dato da partigiani già sperimentati in montagna, come Pietro Gerolamo Gireu/Girò/Giraud Marcenaro, una struttura che teneva contatti giornalieri con il C.L.N. circondariale di Sanremo (IM) e con il comando della II^ Divisione d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione” ]
Rosina (Luciano Mannini) racconta: “Il servizio di informazioni militari, esplicato dalla missione «Leo» in Italia con i comandi alleati, ebbe inizio alla fine del settembre 1944, con l’arrivo nella zona della V^ Brigata [d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] di ufficiali americani ed inglesi giunti attraverso i passi montani dal Piemonte, ove erano stati paracadutati. Il capitano Leo [Stefano Carabalona], attestato allora a Pigna, comandante del distaccamento che li ospitava e che provvide in seguito a farli condurre – parte attraverso i valichi alpini e parte via mare – in Francia, stabilì col capo della missione alleata [Missione Flap] i primi accordi che dovevano condurre alla formazione di un gruppo specializzato che collegasse, per mezzo di una rete segreta, la nostra zona a quella occupata dagli alleati e fungesse da centro di raccoglimento e di smistamento di notizie militari e politiche interessanti la lotta”. La missione Leo alla quale appartenevano Rosina, Lolli [Giuseppe Longo], Giulio [Corsaro/Caronte] Pedretti, ed alcuni altri giovani che si erano temprati nelle lotte di montagna, si portò a Nizza nel [il 10] dicembre 1944, dopo due mesi di utile lavoro preparatorio, per mezzo della leggendaria imbarcazione guidata dall’infaticabile «Caronte» Giulio Pedretti e da Pascalin [Pasquale Pirata Corradi, di Ventimiglia (IM), come Pedretti]. A Nizza, Leo si incontra con i responsabili dei servizi speciali alleati e prepara il piano definitivo di lavoro, che comportava, fra l’altro, l’uso di apparecchi radio trasmittenti, per i quali la missione aveva già predisposto gli operatori. Nel gennaio 1945 la missione rientra in Italia, dove il terreno era già stato preparato in anticipo. Si organizza e comincia a funzionare in pieno… in Mario Mascia, L’Epopea dell’Esercito Scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

In parallelo agli aviolanci alleati, ma con con maggiore assiduità, avevano luogo sbarchi di materiale bellico nella zona di Vallecrosia-Bordighera. I volontari che si occuparono di tali trasporti appartenevano al gruppo di “Leo“, che fungeva da tramite tra i garibaldini e la missione alleata in Francia. Giulio Pedretti fu il partigiano che più di ogni altro si impegnò in tali operazioni, al punto che alla fine della guerra aveva effettuato 27 traversate per recapitare armi e uomini attraverso il tratto di mare prospicente la zona di confine italo-francese.     Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo I – Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia – Anno Accademico 1998 – 1999

Nell’autunno del 1943 ricevetti la cartolina di arruolamento nell’esercito della RSI fascista. Proprio non mi andava di fare una guerra che si rivelava sempre più sbagliata.
Mi nascosi – io di Vallecrosia
[(IM)] in una casa di amici di famiglia a Rocchetta Nervina [(IM), in Val Nervia], dove incontrai il figlio del maestro Garibaldi, ufficiale dell’esercito con il quale andai a Carmo Langan ad arruolarmi nei partigiani.
Partecipai alla occupazione di Perinaldo
[(IM)] dove sequestrai un… toro! La fame nel paese era tanta e di cavoli e rape ne avevo fin sopra ai capelli. Un fascista di Perinaldo possedeva un toro: glielo requisii. Fu macellato e diviso con la popolazione. Finalmente un po’ di carne per tutti!

La fame è il ricordo indelebile di quel periodo.
Un giorno stavamo cuocendo qualcosa, quando si sentì urlare: “Allarme! Allarme! I tedeschi!”.
Tutti scapparono e Girò
[Pietro Girolamo Marcenaro] ordinò di salvare le armi; io salvai la pignatta che cuoceva sul fuoco!

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Un giorno mi fu ordinato di sorvegliare la strada per Pigna perché dovevano scendere dei partigiani, forse perché accompagnavano ufficiali alleati [primi di ottobre 1944]. Mi lasciarono sul ponte del Nervia al bivio per Rocchetta [Nervina (IM)] con due pecore e due  capre per fingermi pastore al pascolo. Tutto andò bene, solo che alla sera le bestie non volevano saperne di ritornare al paese.  Anche altre volte usai lo stesso stratagemma del pastore per visionare luoghi e sentieri e tracciare così percorsi alternativi per eludere i tanti posti di controllo fascisti.

Dopo quella avventura, Girò mi disse che occorreva mandare dei partigiani dagli alleati nella Francia liberata per stabilire rapporti e trasportare armi per i garibaldini. Come? Di notte, con un gozzo, remando da Vallecrosia a Monaco.

I Lilò [i Fratelli Biancheri di Bordighera (IM), Bertù Bartolomeo ed Ettore, martiri della Resistenza] avevano “agganciato” i bersaglieri [in prossimi articoli saranno pubblicati ulteriori riferimenti all’azione patriottica clandestina di questi bersaglieri] che erano passati dalla nostra parte. Fregammo una barca dal deposito sottostrada vicino alla Casa Valdese [di Vallecrosia (IM)] e la portammo al mare. Con molta circospezione e furtivamente mettemmo in acqua la barca che … affondò.
In attesa di poter fare qualcosa, la ancorammo sul fondo riempiendola di pietre per non farla portar via dalla corrente.

Intanto stava albeggiando e non potevo ritornare né in montagna né a casa, perché era in corso un vasto rastrellamento dei fascisti. Con Renzo [Gianni] Biancheri “u Longu” ci nascondemmo nel macello a fianco della … caserma [invero, un semplice presidio] dei bersaglieri.

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Una vecchia fotografia, tratta da Fiorucci, Op. cit. infra, attinente a sinistra il presidio dei bersaglieri con al centro il vecchio macello, di Vallecrosia (IM)

Passammo due giorni appollaiati e nascosti sulle travi del tetto tra le catene, le carrucole e i ganci.

Poi finalmente Girò e gli amici prepararono la barca e partimmo. Era dicembre [1944] e tra i compagni di viaggio ricordo sicuramente Luciano “Rosina” Mannini.

Remammo a turno e sbarcammo a Monaco Principato bagnati fradici, perché durante il viaggio aveva cominciato a piovere. Tre o quattro volte alla settimana ci conducevano oltre Nizza, a Gattières, per addestrarci all’uso degli esplosivi al plastico e alla esecuzione di sabotaggi. In mezzo agli ulivi avevano anche costruito un breve tratto di ferrovia per insegnarci a far saltare i binari.
Alla fine del corso ci avvisarono che alla prossima lezione avremmo dovuto presentare una sintesi, un rapporto di quello che avevamo imparato.
Avevo imparato,  ma scrivere non è mai stato il mio forte. Con un panetto di plastico modellai un bel  portacenere che colorai di bianco con della farina. La mattina dell’esame lo posi sul tavolo in bella mostra con cenere e 4 o 5 mozziconi di sigarette.
Fumando una sigaretta dietro l’altra Lamb
[ufficiale alleato] cominciò a esaminare i lavori dei miei compagni, poi mi chiese dove era il mio lavoro. “L’ho già consegnato!”. Il maggiore [Lamb] sfogliò i fogli alla ricerca del mio scritto. Si inalberò e mi chiese duramente dove era. Indicando il portacenere ormai colmo delle sue  cicche, risposi che ce lo aveva proprio davanti.
“Ma questo è un portacenere!”
“Si! Però è fatto con esplosivo al plastico!”
Il self-control tipico degli inglesi non lo soccorse. Scattò dalla sedia balzando all’indietro:
“My God! Potevamo esplodere tutti!”
“In questo caso, signor maggiore, sarebbe stata colpa sua, perché lei ci ha insegnato che il plastico esplode solo se innescato con un detonatore e non per contatto con la semplice fiamma.”

Promosso a pieni voti!

bregliano.f3Vicino a Le Petit Rocher c’era un’altra villa disabitata, Villa Iberia. Dalle finestre vedevamo il salone spoglio di ogni mobilio con solo un grande pianoforte a coda al centro.
Quasi tutti i giorni veniva un signore: secondo me era il Principe Ranieri di Monaco e se non era lui era il suo sosia! Suonava per ore il pianoforte.
Il giardino era pieno di alberi di mandarino colmi di frutti. Un giorno gli chiesi se potevo prenderne un po’. Faceva finta di non capire. Glielo ripetei in dialetto: “Te cunvegne dameli, senunca ti i fregu! (“Ti conviene darmeli, se no te li frego!”)”. Capì e acconsentì.
Chiamai Girò e gli proposi di raccogliere qualche borsa di mandarini e andare a venderli al mercato di Nizza con la jeep che lui aveva a disposizione. Subito rifiutò in nome degli ideali, poi si convinse.

Guadagnammo dei bei soldi, che spendemmo nei bistrot di Villafranca [Villefranche-sur-Mer, Alpes-Maritimes ].

Gli ufficiali inglesi erano divertiti della cosa, però non riuscivano a capire come gli alberi fossero spogli dei mandarini e le mine disseminate nella piantagione non fossero esplose.
Insieme agli altri miei compagni disinnescavamo le mine, lasciando i contenitori senza l’esplosivo, con il quale confezionavamo qualche piccola bomba che usavamo per… pescare.

bregliano.f2Feci parecchi viaggi avanti ed indietro portando armi, radio, medicinali e altro materiale bellico.
Il motoscafo sul quale erano imbarcati due soldati inglesi si fermava a qualche centinaio di metri dalla riva, trasbordavamo il carico su canotti o piccole bettoline di legno (queste ultime erano collegate al motoscafo con una lunga fune), raggiungevamo pagaiando la riva e scaricavamo sulla costa di Vallecrosia. Dopodiché dalla barca recuperavano le bettoline con la fune.

Imbarcammo anche soldati alleati scappati dai campi di prigionia che ci venivano affidati dai partigiani piemontesi. Ricordo un francese di colore che patì il mare in maniera incredibile. Pensai: “questo qui non l’ha ammazzato la guerra e muore dal mal di mare”.

Una volta che c’era da trasportare un carico di un cospicuo numero di casse, ci imbarcammo su un motoscafo più grosso, quasi un panfilo. Era più rumoroso dei soliti usati prima di allora; gli vennero adattati ai tubi di scarico due silenziatori grandi come angurie rendendolo abbastanza silenzioso. Era però più lento e non sarebbe riuscito a sfuggire se fosse stato intercettato dalla flottiglia che pattugliava la costa italiana, come invece riuscivano a fare gli altri motoscafi che solitamente erano pilotati da Giulio “Corsaro/Caronte” Pedretti.
Per fronteggiare l’eventualità di una intercettazione, fu sistemata a poppa una mitragliera pesante piazzata sul piedestallo sostenuto da due gambe di forza fissate al battello. Evidentemente il lavoro non fu collaudato, perché, appena preso il largo con i motori adeguatamente silenziati, la mitragliera cominciò a vibrare e sbattere sulla coperta del battello.
Blan-Blen!Blen-Blan! I motori erano silenziosi, ma noi sembravamo un campanile che suonava le campane a festa accompagnato da un’orchestra di tamburi!
C’era una sola cosa da fare; esaminai la mitragliera (l’addestramento a Gattières era servito a qualcosa!) e poi con fare concitato segnalai a Girò e ai due inglesi un punto della costa indicandolo con un dito.
“Laggiù! Guarda!”
Mentre loro scrutavano attentamente nel buio staccai la mitragliera dal piedistallo e la cacciai in mare.
Il concerto cessò. Uno dei soldati inglesi si arrabbiò non poco, minacciandomi di tutto.
Girò cercò di calmarlo. Di ritorno dalla missione, i soldati inglesi fecero rapporto e fui anche processato a Nizza davanti a una specie di corte marziale, composta da ufficiali inglesi e americani.
Quando descrissi loro l’accaduto scoppiarono quasi a ridere e mi assolsero.

Arrivammo salvi alla costa di Vallecrosia, dove sbarcammo tutte le casse che nelle notti successive, un po’ alla volta, portammo a Negi. Anche a me toccò il compito di fare la staffetta con Negi a portare e prendere, avanti e indietro.
Una delle ultime volte che fregammo una barca dal deposito vicino al ponte di Vallecrosia me la vidi proprio brutta. Con Achille [“Andrea” Lamberti] ed altri, che adesso non ricordo, caricammo su un carretto la barca per portarla al solito posto nella villa di via S. Vincenzo. La spingemmo su per la salitella che si innesta sulla via Aurelia e svoltammo a destra. Dopo pochi metri, scorgemmo al di là del ponte tre soldati tedeschi, all’altezza del “carruggio” di via Maonaira. Chi era con me fece in tempo a dileguarsi. Io rimasi con le stanghe del carretto in mano. Non potevo scappare e lasciare il carretto perché sarebbe scivolato all’indietro e avremmo combinato un disastro. Con il cuore in gola proseguii. Avvicinandomi mi accorsi che i tedeschi stavano mangiando, meglio: si stavano abbuffando di salame e formaggio. Erano anche un po’ bevuti, un po’ tanto. Intuii che avevano rubato tutto quel ben di Dio dal vicino magazzino del salumiere Giraudo. Quando mi intimarono l’alt! chiedendomi spiegazioni per la barca, un po’ in dialetto, un po’ in italiano e tanto con le mani, con fare severo, li accusai di aver rubato salame e formaggio, mentre per i civili non c’era niente, neanche la legna per accendere una stufa, tanto è vero che per scaldarci dovevamo usare il legname della barca. I crucchi accusarono il colpo, come bambini sorpresi con le dita nella marmellata. “Kamarade! Kamarade!” e mi lasciarono proseguire.
Belin! Avevo messo paura ai tedeschi!

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Ampelio Elio Bregliano in Giuseppe Mac Fiorucci, GRUPPO SBARCHI VALLECROSIA <ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)>, 2007

La missione Flap ed i partigiani del ponente ligure

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[Qui di seguito si fa largo riferimento ad un rapporto segreto inglese, redatto dal capitano Geoffrey K. Long, artista di guerra, relativo ad una parte della Missione Flap, condotta tra i Partigiani, nel Basso Piemonte, del comandante Mauri e, con culmine ai primi di ottobre 1944, tra i Partigiani della I^ Zona Operativa Liguria. Il documento in questione venne rintracciato, ma non pubblicato, a cura di Giuseppe “Mac” Fiorucci per la preparazione del suo “Gruppo Sbarchi Vallecrosia” [Partigiani del mare], ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM), 2007.]

Verso la fine di settembre del 1944, a fronte del rafforzamento della presenza tedesca in Valle Impero e della scarsità di armi e di vestiario che affliggeva le formazioni partigiane dell’imperiese, Simon Carlo Farini, ispettore della I^ Zona Operativa Liguria, si recò in Piemonte per conferire con il maggiore inglese Temple, capo della missione alleata colà già insediata. Farini chiese l’invio, tramite avio lanci, di materiale bellico per i partigiani della II^ Divisione “Felice Cascione”, come già avveniva  per i partigiani [badogliani] del Piemonte. I lanci nel ponente ligure, tuttavia, iniziarono soltanto nel marzo del 1945… Dopo il ripiegamento dei partigiani della I^ Zona Liguria su Fontane, Frazione di Frabosa Soprana (CN)… 20 ottobre 1944… Nei primi giorni di permanenza a Fontane avvenne l’incontro tra il comandante Nino Siccardi (Curto) ed il maggiore inglese Temple (Wareski): “Curto” chiese un consistente aiuto militare per le sue formazioni: la riunione si concluse, tuttavia, con un nulla di fatto… Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo I – Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia – Anno Accademico 1998 – 1999

 Rosina (Luciano Mannini) racconta: Il servizio di informazioni militari, esplicato dalla missione «Leo» in Italia con i comandi alleati, ebbe inizio alla fine del settembre 1944, con l’arrivo nella zona della V^ Brigata [d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni“] di ufficiali americani ed inglesi giunti attraverso i passi montani dal Piemonte, ove erano stati paracadutati. […] Il capitano Leo [Stefano Carabalona], attestato allora a Pigna, comandante del distaccamento che li ospitava e che provvide in seguito a farli condurre – parte attraverso i valichi alpini e parte via mare – in Francia, stabilì col capo della missione alleata [Missione Flap] i primi accordi che dovevano condurre alla formazione di un gruppo specializzato che collegasse, per mezzo di una rete segreta, la nostra zona a quella occupata dagli alleati e fungesse da centro di raccoglimento e di smistamento di notizie militari e politiche interessanti la lotta. La missione Leo alla quale appartenevano Rosina, Lolli [Giuseppe Longo], Giulio Pedretti, ed alcuni altri giovani che si erano temprati nelle lotte di montagna, si portò a Nizza nel [il 10] dicembre 1944, dopo due mesi di utile lavoro preparatorio, per mezzo della leggendaria imbarcazione guidata dall’infaticabile «Caronte» Giulio Pedretti e da Pascalin [Pasquale Pirata Corradi, di Ventimiglia (IM), come Pedretti]. A Nizza, Leo si incontra con i responsabili dei servizi speciali alleati e prepara il piano definitivo di lavoro, che comportava, fra l’altro, l’uso di apparecchi radio trasmittenti, per i quali la missione aveva già predisposto gli operatori. Nel gennaio 1945 la missione rientra in Italia, dove il terreno era già stato preparato in anticipo. Si organizza e comincia a funzionare in pieno […]  Mario Mascia, L’Epopea dell’Esercito Scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

Della Missione Flap, quantomeno dei gruppi della medesima che, unitamente ad altro personale alleato, sfuggito alla cattura nemica, e a patrioti del Piemonte, che intendevano recarsi a Roma per conferire con esponenti del governo Bonomi, per rientrare nelle loro linee, passarono da Pigna, dove ricevettero dai garibaldini imperiesi anche alcune indicazioni logistiche, scrisse inoltre il capitano Paul Morton, canadese, corrispondente di guerra, in Mission Inside, ma pubblicato solo nel 1979 a Cuneo da L’Arciere, soprattutto per le insistenze di partigiani piemontesi.

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Del documento citato in premessa qui si intende sottolineare, ed integrare, solo qualche aspetto particolare, riferito alla I^ Zona Operativa Liguria.

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Il comandante “Leo“, Stefano Carabalona, che, impegnato in quei giorni come comandante di Distaccamento nella strenua, ancorché vana, ma gloriosa, difesa di Pigna (IM) e dell’appena sorta, omonima Repubblica, era già in grado di indicare ai componenti della Missione un modo per rientrare nelle linee alleate via mare. E Carabalona ben presto assunse la carica di comandante della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato in Costa Azzurra.

Il trasferimento a Ventimiglia (IM) del relatore del dossier “Flap“, capitano G. K. Long,  del capitano Paul Morton, corrispondente di guerra, di un britannico, ex prigioniero di guerra, William McClelland, delle Guardie Scozzesi, e di Bob La Roche, sergente mitragliere americano. Aiutati da una guida, Pietro Pierino Loi. Loi, capo gruppo in seno alla già citata V^ Brigata e in procinto di divenire, con altri patrioti, membro della Missione Corsaro, con sede a Ventimiglia (IM), guidata da Giulio Caronte Pedretti. Loi accompagnò per la maggior parte del percorso su colline questi alleati. Alcuni di loro, il capitano Lees, comandante della Missione, con molti documenti, due altri statunitensi delle forze dell’aviazione (tutti gli americani qui citati erano stati abbattuti, ma si erano salvati ed erano riusciti a sfuggire ai nazifascisti) ed altri tre ex-prigionieri britannici, tentarono, invece, con successo in due turni di raggiungere la Francia ormai liberata per le vie dei monti (Tenda, Olivetta San Michele)]. I due ufficiali del  gruppo accompagnato da Loi entrarono in Ventimiglia (IM), vestiti da contadini.bregliano.f2a

E vestito da contadino, un contadino che accudiva degli ovini al bivio di Dolceacqua (IM) per Rocchetta Nervina (IM) in modo da rendere sicuro il loro passaggio in loco fu anche Ampelio Elio Bregliano, dell’altro costituendo gruppo di contatti operativi con gli Alleati, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, anche questo coordinato di lì a poco da Leo.

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La spiaggia di Marina San Giuseppe di Ventimiglia (IM), da cui Pedretti e Corradi partirono per portare in Francia i militari alleati

A Ventimiglia il gruppo di Loi incontrò Giulio Caronte Pedretti, detto anche “Corsaro“, l’uomo che alla Liberazione recò sulle spalle il peso di 27 traversate in mare per trasportare ex-prigionieri alleati in fuga, altri uomini di coegamento tra i partigiani e gli alleati, armi, munizioni, ecc.

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Pedretti  portò materialmente, insieme a Pasquale, Pascalin per gli amici, Corradi, nome di battaglia Pirata, e a Loi direttamente  a Montecarlo nel Principato di Monaco, un viaggio di cui aveva già appurato la disponibilità “Leo“, in barca a remi, con arrivo, il 9 ottobre 1945, nelle prime ore del mattino, come sembra di capire da Brooks Richards, Secret Flotillas, Vol. II, Paperback, 2013, un viaggio di cui aveva, per l’appunto, già appurato la possibilità “Leo“.

In effetti, le fonti che hanno letto il libro di Morton, riferiscono un approccio alquanto pittoresco del gruppo alleato che raggiunse Monaco tramite l’aiuto dei richiamati abitanti di Ventimiglia. Ad esempio, Don Nino Allaria Olivieri * in Ventimiglia… sentieri della speranza, ANPI – Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia>, Nante Edizioni, Imperia, 2006 > riporta che gli alleati comprarono l’imbarcazione, pagandola 500 dollari, con l’intermediazione del pescatore Bric e Brac, mentre un altro pescatore, il vero venditore fece una proposta: Ho un figlio robusto e un suo amico ancor più robusto che vorrebbero passare in Francia. Se accettate di portarli con voi vi prometto che remeranno per tutto il tragitto. Sono persino tentato di ridurre un po’ il prezzo della barca.

In ogni caso, quell’approdo di italiani in Costa Azzurra, indotto dalla Missione Flap, fu foriero di successive valide, ancorché talvolta tormentate, specie con i francesi, relazioni dei partigiani della I^ Zona Operativa Liguria con gli Alleati.

Sempre secondo Brooks Richards, Op. cit., Pedretti e Corradi, una volta portati a destinazione i loro compagni di viaggio, vennero ingaggiati dall’istanza OSS americana di Nizza, una struttura in cui operavano già circa 25 italiani, un aspetto, questo, su cui si tornerà con alcune testimonianze.

Adriano Maini

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Pagina di un documento firmato in data 3 agosto 1944 dal comandante, a quella data, della I^ e della II^ Zona Operativa Liguria, poi ispettore della I^ Zona, Carlo Simon Farini, documento in cui si fa riferimento alla presenza di Biagio tra i partigiani della II^ Divisione “Felice Cascione” – Fonte: Fondazione Gramsci

Al posto di sbarco di Voltri arrivava nel febbraio del ’44 [il 1° febbraio] una prima missione capitanata da un certo Siro [Cavallino Italo, tenente del genio guastatori] con un istruttore di sabotaggio portante il nome di Annibale [Bellegrandi Nino, sottotenente di artiglieria] (che fu poi fucilato dalle S.S. [a Cravasco]) e dal R.T. Biagio [Balestri Secondo, sottocapo r.t.]. Siro e il R.T. furono avviati nella zona di Mondovì e messi a disposizione della organizzazioni partigiane del Basso Piemonte alle dipendenze dell’ufficiale di collegamento responsabile di zona Repetto; l’Annibale tenuto a disposizione ed utilizzato in vari settori (anche a Genova città) come istruttore di sabotaggio. La missione era denominata LLL2-CHARTERHOUSE, proveniva da Bastia con un MAS italiano e operò, fino all‟arresto di “Siro” avvenuto il 13 marzo 1944, comunicando alla base informazioni per i lanci di rifornimenti alle formazioni operanti in Val Pesio, Val Ellero, Val Corsaglia e Val Casotto. “Biagio” fu arrestato il 22 aprile, fu costretto con le minacce e le torture a trasmettere alla base false notizie date dai tedeschi, ma riuscì a cambiare alcuni gruppi cifrati ed a far capire, in questo modo, di essere in mano delle SS. Riuscì a fuggire il 31 luglio e a riprendere contatto con i partigiani garibaldini operanti a nord di Imperia. Verso la metà di settembre, attraversò il confine con la Francia insieme al capitano Michael Lees, comandante della missione FLAP2-BARSTON, e da Avignone, in aereo tornò a Bari il 15 settembre 1944. A Balestri è stata conferita la Medaglia d’argento al valor militare… Antonio Martino, L’attività di intelligence dell’Organizzazione OTTO nella relazione del prof. Balduzzi, pubblicato su Quaderni savonesi. Studi e ricerche sulla Resistenza e l’età contemporanea dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea della Provincia di Savona, n. 24, Savona, 2011

Dal richiamato documento Flap, invece, si estrapolano ancora le seguenti affermazioni: Alle 6 di sera del [giorno non indicato, ma dovrebbe essere il 7 ottobre 1944: si veda infra] partimmo per ROCCHETTA [Rocchetta Nervina (IM)] dove giungemmo dopo quattro ore di marcia. Ripartimmo di nuovo a mezzanotte con la guida PIERINO LOI che ci diresse attraverso la parte principale delle postazioni armate tedesche raggiungendo la periferia di VENTIMIGLIA dopo sei ore di marcia. Qui rimanemmo in un piccolo riparo dietro alla casa dei genitori della guida… Noi avevamo viaggiato da PIGNA in vestiti civili e siccome stava piovendo dalle 6 di sera quando dovemmo attraversare la città, potemmo indossare dei sacchi sulla testa nel modo in cui lo facevano i contadini, il che si aggiunse al nostro travestimento. Camminammo 2-3 chilometri lungo la strada principale che costeggia il fiume ROIA ed attraversammo il ponte nella città vecchia passando oltre le sentinelle tedesche senza sollevare il minimo sospetto ed andando alla casa del pescatore sulla spiaggia. Qui rimanemmo dalle 7 di sera fino a mezzanotte… A mezzanotte portammo la barca (lunga approssimativamente 14 piedi con quattro remi) per una strada e giù attraverso la spiaggia di ciottoli – l’unica area non minata – fino al mare. I pescatori ci portarono vogando, senza ulteriori incidenti, in 3 ore e mezza a Monte Carlo (MONACO) dove sbarcammo [quindi, approssimativamente alle ore 4 del 9 ottobre 1944, data in ogni caso indicata da Brooks Richards, Op.cit.] e ci arrendemmo alla  guarnigione F.F.I. La mattina seguente guidammo fino a Nizza e facemmo rapporto al Maggiore H. GUNN delle Forze Speciali … A Nizza informammo il Colonnello BLYTHE del quartier generale della task force della settima armata americana circa la squadra dei quattro prigionieri di guerra che ci avevano lasciato per TENDA. Fino a quel momento non era arrivata nessuna loro notizia attraverso le pattuglie americane in quell’area… A Nizza informammo il Colonnello BLYTHE del quartier generale della task force della settima armata americana circa la squadra dei quattro prigionieri di guerra che ci avevano lasciato per TENDA. Fino a quel momento non era arrivata nessuna loro notizia attraverso le pattuglie americane in quell’area… I pescatori erano in grado di fornire informazioni preziose alla Sezione di Interpretazione Fotografica del quartier generale americano sulla Forza Tedesca, posizioni delle armi, campi minati, ecc. a VENTIMIGLIA. (Mr. Paul Morton ha i nomi e i documenti di questi due uomini che darà senza dubbio alla Rappresentativa delle Forze Speciali n. 1 con P.W.B. a Roma). Questi uomini furono poi consegnati dal Maggiore GUNN al Capitano Jones, Esercito Americano a Nizza… PIERINO LOI, la guida procurata da LEO, mise su un’operazione straordinaria e non perse nemmeno una volta la pista durante le sei difficili ore di marcia da ROCCHETTA a VENTIMIGLIA… I pescatori sono sicuri che questo percorso  (Ventimiglia – Monaco o Mentone) potrebbe essere usato con successo in entrambi i sensi. Essi affermano che si potrebbero evacuare da VENTIMIGLIA fino a venti persone alla volta se fosse disponibile un’imbarcazione più grande. Ciò vedemmo ed annotammo, e si può attestare che i pescatori condussero a termine il loro piano di evacuazione senza alcuna deviazione…  Adriano Maini

… sarà ancora il Loi che potrà, tramite conoscenze in Nizza iscrivere in forza al comando americano dell’OSS il gruppo [Pedretti, Corradi ed altri] operante alla Marina di San Giuseppe  [di Ventimiglia]… fece il suo inizio la Missione Corsaro [di cui si scriverà in prossimi articoli] Don Nino Allaria Olivieri * in Ventimiglia Partigiana – ANPI – Sezione di Ventimiglia

In effetti la relazione di Long, dopo la premessa che la Missione al completo lasciò Prea, Frazione di Roccaforte Mondovì in provincia di Cuneo, sede della medesima, il 27 settembre 1944 per passare attraverso montagne innevate in Liguria, tratteggia subito le linee di fuga verso la Francia.

Ancora qualche pertinente esempio di partigiani e situazioni citati nella relazione di Long. Su altri ancora si tornerà in seguito.

Vitò, Vittorio Giuseppe Guglielmo, comandante in quel frangente della V^ Brigata Garibaldi, prima ancora organizzatore di uno dei primi distaccamenti partigiani in provincia di Imperia, da dicembre del 1944, poi, comandante della II^ Divisione “Felice Cascione”: di lui nel citato documento Flap si dice che era stato prigioniero politico del fascismo.

Nino Siccardi, “Curto“,  comandante in quel momento della II^ Divisione d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione”, da dicembre 1944, poi, comandante della “Prima Zona Operativa Liguria”, compresa tra Ventimiglia e l’Albenganese.

La miseria della popolazione dell’entroterra, la penuria di generi alimentari, gli scarsi armamenti dei partigiani, che a loro volta scontano i primi due aspetti.

L’incontro con alcuni civili che reggono la Repubblica di Pigna, costituita il 18 settembre 1944.

L’ammirazione per il comportamento in battaglia dei partigiani. Sull’eroismo dei patrioti combattenti a Pigna (IM) esiste, invero, una discreta letteratura, che discende in larga misura proprio dalle parole entusiaste (una sua frase pittoresca Vous êtes été magnifiques, una wery well bataille, viva garibaldini era già stata riportata in Mario Mascia, Op. cit.), che in merito mise nel suo libro il capitano Morton.  Adriano Maini

… relazione del 5 di ottobre <1944> dell’ispettore della zona. Sul documento non c’è traccia del nome [n.d.r.: si trattava di Simon, detto anche Manes, Carlo Farini, ispettore, per l’appunto, della I^ Zona Operativa Liguria]. La stessa relazione informa delle gravi difficoltà nei rapporti con la formazione autonoma del maggiore “Mauri” **, che ha la sua base in Piemonte, ma si estende fino alla Liguria… Il 20 settembre i  rappresentanti garibaldini vengono invitati in Piemonte per incontrare la missione inglese <la Missione Flap>, che si trova presso il comando Mauri. La relativa relazione del 5 ottobre riferisce che il maggiore inglese si è dimostrato molto interessato alla documentazione delle azioni svolte dalle formazioni Garibaldi e ha dovuto constatare che “contrariamente alle informazioni che aveva ricevuto fino allora, la nostra era una vera e propria organizzazione militare dipendente da Comandi di regione e di zona, efficiente e capace di condurre azioni di una certa importanza”. La missione inglese assiste anche al tentativo fatto dai tedeschi di rioccupare Pigna, e alla brillante azione con cui i garibaldini li rigettano. La propaganda spietatamente anticomunista del maggiore  Mauri viene così totalmente neutralizzata… da 1944 – Le Repubbliche Partigiane

[…] quando nei primi giorni di agosto 1944  Mauri fu catturato nelle Langhe, immediatamente giunse dal comando di Verona un inviato di Harster, il capitano Adolf Wiessner, anch’egli un esperto in materia, il quale non per caso in precedenza aveva operato a Kiew contro il movimento partigiano nazionalista ucraino e che probabilmente fu tra gli artefici della politica di “assorbimento” attuata dai servizi tedeschi nei loro confronti. Wiessner elaborò un piano semplicissimo il cui contenuto lo possiamo ricavare da una serie di appunti vergati a mano su di un registro del comando generale SS di Karl Wolff che recita: “Il capobanda Mauri [è stato] arrestato [e si trova presso il comando] SD di Cuneo. Wiesner [sic] attualmente a Cuneo per le trattative […] Mauri ritorna [presso le sue formazioni partigiane]. Accordo: niente attacchi contro la Wm [ovvero la Wehrmacht]; informazioni sui gruppi comunisti; rastrellamento e presidio delle aree comuniste; prima i comunisti e poi Mauri”.  Con quali intenzioni il comandante autonomo, il cui anticomunismo è ben noto, abbia effettivamente condotto queste trattative è una domanda alla quale, in mancanza dei documenti del comandante partigiano, non possiamo rispondere. E nemmeno siamo in grado di dire se egli abbia intuito la parte del piano tedesco riassunta nell’espressione “prima i comunisti e poi Mauri”. Probabilmente, da comandante abile e astuto quale egli era, lo fece. Appare tuttavia evidente che la versione ufficiale fornita da Mauri, fuga rocambolesca dalle mani naziste durante il trasferimento a Torino, sia da considerare una chiara falsificazione. Dobbiamo infine anche considerare il fatto che, al di là di come egli intendesse regolarsi al suo rientro presso le sue formazioni, la presenza di una missione inglese, giunta proprio durante la sua breve assenza,
non poté non influire sulla sua decisione di continuare la lotta nel movimento di Liberazione. Carlo Gentile in AA.VV, a cura di Paolo Ferrari e di Alessandro Massignani, Conoscere il nemico. Apparati di intelligence e modelli culturali nella storia contemporanea, Franco Angeli Edizioni, 2010

… Approfittammo della tregua per porre in salvo la missione alleata, la quale venne accompagnata fino ad un punto di ritrovo in prossimità del fronte germanico, ove le staffette già predisposte avrebbero dovuto guidarla attraverso le linee nemiche, fino alla terra di Francia. Come fummo in seguito informati dal comando alleato l’operazione venne ef­fettuata con pieno successo e senza la perdita di un sol uomo… Doria [Fragola Doria, Armando Izzo, capo di Stato Maggiore della V^ Brigata, da dicembre 1944 comandante della V^ Brigata] in Mario Mascia, Op. cit.

*  Don Antonio Allaria Olivieri “Poggio“, nato ad Andagna, Frazione di Molini di Triora (IM), il 19.11.1923. Nel 1943, ventenne, studente di teologia presso il Seminario di Bordighera. Nel mese di ottobre, rifiutato l’arruolamento nella Repubblica di Salò, in montagna. Con lo pseudonimo di “Poggio”, nella formazione di Guglielmo Vittorio “Vitò” presso Loreto di Triora. Incorporato nelle formazioni garibaldine con prevalenti compiti di staffetta e servizio informazioni. Il 25 maggio 1944 arrestato ad Andagna nel corso di un rastrellamento. Riuscito a fuggire grazie alla complicità di un soldato austriaco, tornato al Distaccamento. Il 18.6.1944 partecipe della battaglia di Carpenosa che vide la liquidazione del presidio tedesco. Il 25 Aprile 1945 a Sanremo con il I° Battaglione “Mario Bini” della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione” comandato da Vincenzo Orengo “Figaro”.  Vittorio Detassis su Isrecim

** Quando gli alleati si resero conto dell’importanza che la Resistenza italiana avrebbe potuto avere nel sostenere le operazioni militari e l’avanzata angloamericana nel complicato teatro di guerra della Campagna d’Italia, appoggiarono e sostennero le formazioni partigiane con rifornimenti e missioni dietro le linee tedesche, organizzate dagli esponenti dei Servizi segreti alleati in Italia: l’OSS (Office of Strategic Services) americano e il SOE (Special Operations Executive) britannico. Essi misero in piedi un’efficiente rete di spionaggio su tutto il territorio ancora sotto l’occupazione nazifascista, in particolare nella fase in cui il fronte si fermò per lunghi mesi sul fronte della Linea Gotica. Una rete che si avvalse anche dell’ORI (Organizzazione Resistenza Italiana), un servizio di intelligence autonoma con funzioni di collegamento fra i partigiani del CLNAI e il quartier generale delle armate alleate. Le missioni alleate compiute in appoggio alla Resistenza italiana, secondo i dati da fonte statunitense (History of Special Operations) indicano un totale di 4.280 voli compiuti, di cui 2.652 riusciti.  […] La missione più significativa, sia per numero di componenti che per quantità e qualità dei rifornimenti fu quella [n.d.r.: quella che per l’appunto si era incrociata con la già ampiamente citata Missione Flap] lanciata dal Number 1 Special Force britannico nel Cuneese, presso le formazioni autonome del maggiore Enrico Martini “Mauri”, guidata dal maggiore Neville Darewski, che si avvalse anche di un campo di aviazione nelle Langhe. […] Gabriele RonchettiLe montagne dei Partigiani (150 luoghi della Resistenza in Italia), Viaggi nella Storia, Mattioli 1885, 2011

Il ferimento del comandante partigiano Leo

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Vallecrosia (IM) vista dalla collina di Collasgarba di Ventimiglia; sullo sfondo, Bordighera

 
Rosina (Luciano Mannini) racconta: “Il servizio di informazioni militari, esplicato dalla missione «Leo» in Italia con i comandi alleati, ebbe inizio alla fine del settembre 1944, con l’arrivo nella zona della V^ Brigata [d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] di ufficiali americani ed inglesi giunti attraverso i passi montani dal Piemonte, ove erano stati paracadutati. Il capitano Leo [Stefano Carabalona], attestato allora a Pigna, comandante del distaccamento che li ospitava e che provvide in seguito a farli condurre – parte attraverso i valichi alpini e parte via mare – in Francia, stabilì col capo della missione alleata [Missione Flap] i primi accordi che dovevano condurre alla formazione di un gruppo specializzato che collegasse, per mezzo di una rete segreta, la nostra zona a quella occupata dagli alleati e fungesse da centro di raccoglimento e di smistamento di notizie militari e politiche interessanti la lotta”. La missione Leo alla quale appartenevano Rosina, Lolli [Giuseppe Longo], Giulio [Corsaro/Caronte] Pedretti, ed alcuni altri giovani che si erano temprati nelle lotte di montagna, si portò a Nizza nel [il 10] dicembre 1944, dopo due mesi di utile lavoro preparatorio, per mezzo della leggendaria imbarcazione guidata dall’infaticabile «Caronte» Giulio Pedretti e da Pascalin [Pasquale Pirata Corradi, di Ventimiglia (IM), come Pedretti]. A Nizza, Leo si incontra con i responsabili dei servizi speciali alleati e prepara il piano definitivo di lavoro, che comportava, fra l’altro, l’uso di apparecchi radio trasmittenti, per i quali la missione aveva già predisposto gli operatori. Nel gennaio 1945 la missione rientra in Italia, dove il terreno era già stato preparato in anticipo. Si organizza e comincia a funzionare in pieno… Mario Mascia, L’Epopea dell’Esercito Scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell’IsrecIm

Risulta opportuno leggere su questi avvenimenti, in particolare sul come si arrivò al ferimento di Carabalona, in maniera integrata le varie testimonianze, per tanti versi discordanti tra di loro, ma tutte concordi nell’attestare che dopo la morte del capitano Gino Punzi – vedere anche infra – i tedeschi esercitarono un particolare controllo sulla zona di confine, un’attività non esente da contrasti intestini, anche se, alla fine, ai servizi segreti della marina militare subentrò il SID, guidato da Reiter.
Adriano Maini

Nell’estate 1944 i servizi segreti americani avevano inviato sulla costa una rete di informatori, capeggiati da Gino Punzi. Dovendo tornare in Francia, per attraversare le linee Gino Punzi si avvalse della collaborazione di un passeur, dal quale, poiché era passato al soldo dei tedeschi, durante il viaggio venne ucciso [n.d.r.: colpito alla testa da quel contrabbandiere nella notte tra il 4 e il 5 gennaio 1945 in una casa in zona Marina San Giuseppe a Ventimiglia, a Punzi venne dato il colpo di grazia per ordine di un sottufficiale della sede di Sanremo dei servizi segreti della marina tedesca, accorso sul posto in quanto allertato dal traditore]. Il comandante tedesco si infuriò perché avrebbe voluto catturare vivo il Gino. Sul suo cadavere furono rinvenuti dei documenti, dai quali i tedeschi vennero a conoscenza del fatto che sarebbero stati inviati altri agenti e telegrafisti alleati.
I tedeschi predisposero una trappola e quando arrivò il telegrafista “Eros” lo catturarono ferendolo. Si avvalsero di lui per trasmettere falsi messaggi al comando alleato di Nizza.
Con questi falsi messaggi fu richiesto l’invio di un’altra missione: la missione “Leo”. Renzo “Gianni” Biancheri , in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia < Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)>, 2007

In parallelo agli aviolanci alleati, ma con con maggiore assiduità, avevano luogo sbarchi di materiale bellico nella zona di Vallecrosia-Bordighera. I volontari che si occuparono di tali trasporti appartenevano al gruppo di “Leo“, che fungeva da tramite tra i garibaldini e la missione alleata in Francia. Giulio Pedretti fu il partigiano che più di ogni altro si impegnò in tali operazioni, al punto che alla fine della guerra aveva effettuato 27 traversate per recapitare armi e uomini attraverso il tratto di mare prospicente la zona di confine italo-francese.     Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Nell’agosto del 1944 gli alleati sbarcarono a St. Raphael vicino a Marsiglia.
A sbarco consolidato, l’avanzata alleata si divise su due direttrici, la prima verso Marsiglia, composta principalmente dall’Armée d’Afrique francese; la seconda verso la Costa Azzurra e il confine italiano.
Sulla riva destra del Var, prima di entrare in Nizza, l’avanzata si arrestò non per opposizione delle forze tedesche ma per scelta del comando alleato. La resistenza francese della Costa Azzurra insorse spontaneamente, quasi costringendo gli alleati a liberare Nizza e a proseguire fino a Mentone, che venne liberata ai primi di settembre 1944 riportando i confini all’anteguerra.A Gattières, sopra Nizza, fu installata una scuola per l’addestramento di sabotatori, alla quale parteciparono diversi partigiani italiani; a Mentone vennero installate delle piccionaie di colombi viaggiatori che venivano impiegati nelle operazioni di spionaggio oltre le linee. Le “agenzie” di intelligence alleate (francesi, inglesi e americane) iniziarono a lavorare più in concorrenza fra loro che in collaborazione. Il nostro C.L.N. assisteva con timore a queste azioni in “concorrenza”, perché mettevano in pericolo tutta l’organizzazione.[…] Il maresciallo Reiter [del comando SD di Sanremo (IM), dove faceva da autista, dalla metà di marzo 1944 sino alla fine della guerra, un certo Fioravante Martinoia, nato il 24 febbraio 1915 a Vallecrosia, il cui verbale di interrogatorio, in italiano, come persona in custodia alla Corte d’Assise Straordinaria di Sanremo, confluì in un documento, con data 2 giugno 1947, dell’OSS statunitense, antenato della CIA, documento ormai desecretato e, pertanto, di pubblico dominio sul Web. Il Martinoia rese tragiche ammissioni…] fece accompagnare da due agenti in borghese la staffetta Irene (n.d.r.: in questa versione dei fatti la persona, costretta dai nazisti a fare da esca per attirare in trappola i due partigiani) verso la casa di Vallecrosia [(IM)], dove “Leo” e “Rosina” [Luciano Mannini], ignari, aspettavano il ritorno di chi li aveva traditi [n.d.r.: in altre versioni della narrazione di questo tragico evento emerge, invece, una casuale scoperta dei collegamenti clandestini dei patrioti da parte degli apparati nazisti di controllo].

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La casa in Vallecrosia (IM) nella quale Stefano Carabalona venne ferito – Fonte: G. Fiorucci, Op. cit.

“Leo” restò gravemente ferito [8 febbraio 1945]. Ma anche i due agenti nemici versarono in fin di vita.“Leo” e “Rosina” fuggirono per vie diverse eludendo anche il successivo rastrellamento tedesco. “Leo” trovò rifugio nella clinica Moro [n.d.r.: che da Ventimiglia (IM) era stata trasferita dal 2 gennaio 1944 a Villa Poggio Ponente di Vallecrosia] sulla via Romana, dove venne medicato ma non ricoverato. Il partigiano Lotti [Mario Aldo Levis Lotti, commissario del distaccamento S.A.P. di Vallecrosia], probabilmente allertato da “Rosina”, o non so come, avvisò il nostro C.L.N. di Bordighera che “un agente americano” era stato ferito e si trovava alla clinica Moro. Insieme a Renzo [Gianni] Biancheri “U Longu”, prelevammo “Leo” dalla Clinica Moro e lo portammo all’ospedale di Bordighera. Riuscimmo a ricoverarlo con un tragico stratagemma. Per i ricoveri con ferita i medici dovevano dichiarare se la ferita era stata causata da scheggia di bomba o da colpo d’arma da fuoco. All’ospedale “Leo” venne curato da due medici che conoscevo bene, il dr. Giribaldi e il dr. Gabetti, e assistito dalla caposala, infermiera Eva Pasini. Il dr. Gabetti mi disse che difficilmente “Leo” sarebbe sopravvissuto e che quindi conveniva ricoverarlo come “ferito da colpo d’arma da fuoco” e non rischiare la vita quando la polizia fascista avesse preso conoscenza del referto. Così fu fatto: “Leo” fu ricoverato e gli vennero prestate le prime cure. […]  RenzoStienca Rossi in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

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Bordighera (IM): in alto a sinistra, seminascosta, la casa di Renzo Biancheri

La missione andò a rotoli con il ferimento di “Leo”, che venne nascosto nella cantina di casa mia [a Bordighera].
I tedeschi rastrellarono tutta la zona cercando “Leo”; “visitarono” anche la mia casa: sulla porta rimasero le impronte dei chiodi degli scarponi di quando sfondarono l’ingresso a calci.
Ma non cercarono in cantina, si limitarono ad arraffare del cibo dalla cucina. Con Renzo Rossi nascondemmo tutti i documenti del S.I.M. e del C.N.L. [di Bordighera (IM)] nel mio giardino, preparandoci al trasferimento di “Leo” in Francia.

Renzo “Gianni” Biancheri , in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Renzo Rossi (Renzo, Stienca, Zero)dopo aver riorganizzato il CLN di Bordighera e dopo un periodo di permanenza in montagna lavorerà per il CLN circondariale adoperandosi tra l’altro in viaggi via mare… per stabilire rapporti tra le forze resistenziali italiane e ufficiali americani, inglesi, francesi… Renzo Biancheri (Gianni), di Bordighera, che aiutò Renzo Rossi nella sua attività… Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) – Vol. I: La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976

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Renzo Biancheri e Renzo Rossi in Bordighera (IM) a febbraio 1944 – Fonte: G. Fiorucci, Op. cit.

14 febbraio 1945 – Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione “Silvio Bonfante” – Comunicava che erano imminenti alcuni sbarchi di materiali da parte degli alleati sulle coste controllate dalla II^ Divisione “Felice Cascione” e precisava i criteri di distribuzione dei medesimi.
26 febbraio 1945 – Dal C.L.N. di Bordighera, prot. n° 2, al comandante Curto [Nino Siccardi comandante della I^ Zona Operativa Liguria] ed al SIM del CLN di Sanremo – Oggetto: Relazione del soggiorno in Francia del Garibaldino Leo ex comandante del 4° distaccamento di Pigna della V Brigata. Codesto Comitato, come già avete avuto informazioni, ora venuto a contatto con il Garibaldino Leo, agente del Secret Service, che, inviato dal Comando Americano nel settore di Vallecrosia per dare informazioni sulla 28a linea, in seguito a delazione del proprio radio-telegrafista, fu ferito da due agenti U.P.I. nella villa in cui dimorava. Il suo collega riusciva a dileguarsi mentre egli, inseguito da bersaglieri, agenti U.P.I. e della Brigata nera, riusciva a penetrare nella clinica di Vallecrosia, da dove fu in seguito trasportato all’ospedale di Bordighera. Quivi fu interrogato da due agenti della PS, in seguito ad errore commesso dal Direttore Essendo stato considerato in fin di vita e non identificato non furono messi piantoni; in tal modo è stato trasportato in località segreta in attesa di essere trasportato in Francia. Ti trascriviamo le testuali parole che Leo ci ha pregato di farti pervenire.
“Era mia intenzione di recarmi presso di te per poterti dire qualche cosa che interessava sia te personalmente, sia il complesso di tutta la Divisione. Io sono partito per la Francia il 10 dicembre; giunto colà presi contatto con il Comando Americano di Nizza con il quale già ero in relazione da circa due mesi; presi pure contatto con il capitano inglese Bentley, il quale volle sapere da me vita e miracoli di tutti i capi: io dissi il più poco possibile e per quello che riguardava il colore politico andai coi piedi di piombo In quei giorni prese contatto con il Comando Inglese il dott. Kanheman […] I francesi parlano sovente di occupare fino a S.Remo, e siccome hanno sul fronte qualche battaglione potrebbero anche farlo; ad evitare ciò basterebbe l’occupazione fatta mezz’ora prima dai garibaldini. Noi avevamo a che fare con gli americani che comandano questo fronte. Per conto mio, sono molto migliori degli inglesi, con noi poi vanno molto d’accordo. Giorni fa è arrivato in Francia il fratello di Kanheman (il fratello maggiore è andato a Roma) […] Ti prego di dire a Vittò che mi tenga sempre presente come suo garibaldino perché tutto il lavoro che faccio, l’ho fatto e lo continuerà a fare come Garibaldino della 2a Divisione Garibaldi. Io tornerò in Francia fra una decina di giorni anche perché la mia ferita me lo impone (non sono riusciti a prendermi, però mi hanno ferito stomaco) e se sia tu o Simon [Carlo farini, ispettore della I^ Zona Operativa Liguria] o qualche altro vuol darmi qualche incarico sarò ben lieto di rendermi utile. Ti saluto caramente   tuo Leo”
Siamo ora venuti a conoscenza che n. 3 camion carichi di truppa Germanica delle S.S. si sono recati verso Pigna
Fraterni Saluti
Responsabile
Fto. GIANNI [Renzo Rossi]
23 marzo 1945 – Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata, prot. n° 355, al comando della I^ Zona Operativa Liguria, al comando della II^ Divisione “Felice Cascione” ed a “R.C.B. [capitano Robert Bentley] – Segnalava che, in base a notizie fornite da un informatore, risultava che a Sanremo era in funzione una radio trasmittente e ricevente con la quale i tedeschi, spacciandosi per partigiani, stavano comunicando con gli alleati, una radio di recente spostata, ma sempre dentro Sanremo.
1 aprile 1945 – Dal C.L.N. di Sanremo, a firma di Albatros [Mario Mascia], prot. n° 517/CL, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria, a R.C.B. [capitano Robert Bentley del SOE britannico, incaricato della missione alleata presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] ed al SIM della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione – Veniva comunicato che i nemici avevano scoperto a Bordighera [in effetti Vallecrosia e Camporosso Mare] il luogo in cui sbarcava Renzo [Renzo Stienca Rossi], ormai strettamente sorvegliato dalle SS tedesche. “… Vi comunichiamo urgentemente che i nazifascisti hanno scoperto il luogo di sbarco di Renzo a Bordighera. Le S.S. germaniche sono state appostate sul luogo stesso ed i bersaglieri sono sotto strettissima sorveglianza. Uno sbarco, quindi, al momento attuale sarebbe pericolosissimo, anzi fatale. È essenziale che radiotelegrafiate immediatamente in Francia perché la partenza di Renzo sia rimandata in attesa di nostre disposizioni in merito a meno che non si possa lanciarlo per paracadute. Vogliate provvedere senza indugio perché ne va della vita dei nostri uomini e della nostra organizzazione…
2 aprile 1945Dalla V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione  “Felice Cascione”, Sez. SIM (Servizio Informazioni Militari), prot. n° 370, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della II^ DivisioneVenivano comunicate notizie riferite da un non meglio specificato interprete di Bordighera: “Truppe tedesche e fasciste in allarme di 2° grado... Dalla punta di Sant’Ampelio di Bordighera a Ventimiglia vi era un bunker ogni 800 metri, ognuno dei quali  presidiato da 11 fascisti, di cui un sergente, ed un tedesco…”.    

13 aprile 1945Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria a Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione“] Si sollecitava maggiore attenzione nell’individuare per tempo e nell’avvertire di movimenti del nemico rispetto alla tematica sbarchi, in quanto il motoscafo di Renzo [Renzo Stienca Rossi], ricevuta una segnalazione sospetta dalla costa, era appena tornato indietro. 13 aprile 1945Dal Quartiere Generale Alleato della I^ Zona Liguria [capitano Bentley, ufficiale inglese del SOE, agente di collegamento degli Alleati con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] al comandante Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] – Si segnalava di avvisare il comando della II^ Divisione di mettere a disposizione di R.C.B. [capitano Bentley] i 23 Sten ed i 2 Breda sbarcati a Bordighera [quasi di sicuro, invece, a Vallecrosia, forse in zona Rattaconigli, cioé sul confine tra le due cittadine], insieme ai 2 istruttori di sabotaggio, il 4 aprile u.s. e di aggiungere i 15 Sten con relative munizioni, portati da Bartali. Si fornivano altre indicazioni e si aggiungeva che in allegato vi era una lettera da consegnare in Francia tramite la squadra di Bordighera [Gruppo Sbarchi Vallecrosia, in effetti]. da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. – Tomo II

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Ventimiglia (IM): al di là del fiume Roia Marina San Giuseppe, da dove iniziò le proprie azioni il Gruppo Corsaro

Si sottolinea che l’altro Gruppo, con base a Ventimiglia, era denominato Missione Corsaro, sotto la direzione di Giulio Caronte o, per l’appunto, Corsaro, Pedretti. In proposito appare opportuno aggiungere ancora che il giovane (classe 1924) partigiano, nonché studente di veterinaria di Ventimiglia (IM), Pietro Pierino Loi, guidò per l’ultimo tratto avventuroso via terra, prima dell’imbarco clandestino (notte tra il 10 e l’11 ottobre 1944), di una componente della Missione Alleata Flap;  e che, una volta sbarcato anch’egli a Carnoles di Mentone, rimase a lungo in zona, salvi rientri saltuari in Italia attraverso alture di confine, in qualità di addetto a trasmissioni radio, contribuendo in questo modo alla forte presa di contatto tra il comando statunitense dell’O.S.S., con base a Nizza, ed il gruppo di patrioti, destinati a dare vita alla Missione Corsaro. Adriano Maini

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Al centro della fotografia Stefano Leo Carabalona nella baia di Villefranche-sur-Mer

Stefano Leo Carabalona, attivo subito dopo l’8 settembre 1943, era già stato comandante di distaccamento partigiano e protagonista di eroici episodi, come nello scontro di Rocchetta Nervina (IM), tra l’altro suo paese natale, e nell’occupazione, prima, e nella valorosa, ancorché vana difesa della Repubblica Partigiana di Pigna (IM); fu inoltre ideatore del ritorno da Ventimiglia (IM) via mare, con l’intervento finale di Giulio Corsaro/Caronte Pedretti e di Pasquale Pirata/Pascalin Corradi, di una parte della sopra ricordata missione alleata FLAP, mentre l’altra componente venne fatta esfiltrare attraverso i monti. Adriano Maini

Nella Val Nervia alcuni ufficiali cercarono rifugio e sicurezza a Rocchetta Nervina (IM), dove il tenente Stefano Carabalona [“Leo“], residente in loco, cercava di organizzare gli sbandati e di procurare il maggior numero di armi possibili. Purtroppo i soldati buttavano i loro fucili nei luoghi i più disparati e fu un lavoro faticoso cercare di recuperarli… don Ermando Micheletto (1), La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di Domino nero Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975

Don Micheletto per tutta la guerra si adoperò per i partigiani, generalmente in contatto con i gruppi di Vitò, che accompagnò spesso nei loro spostamenti. Esplicherà la sua attività specialmente nell’assistenza e per captare messaggi radio. Giovanni Strato, Op. cit.