Missioni alleate nella zona di Ventimiglia (IM)

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Ventimiglia (IM): uno scorcio delle zone di ponente
Una ventina di membri del réseaux de renseignements arrestati nelle Alpes-Maritimes (nello specifico il colonnello Bernis, responsabile della rete Alliance, il comandante Guetta, responsabile della rete Gallia, Maurice Blanchard, responsabile della rete Jove che aveva partecipato ai negoziati con l’ammiraglio Tur, Léon Sliwinski, responsabile della rete F2, il comandante Vallet, responsabile della rete Mithridate, il capitano Lévy, animatore della Resistenza Antibes e membro della rete SOE, furono internati, tra febbraio e settembre 1943, nella prigione di Imperia, mentre i mentonesi Vincent Delbecco et Louis Ghersi (rete Mithridate) furono reclusi a Chiavari senza essere stati giudicati.
I 43 responsabili dell’Armée secrète des Alpes-Maritimes, arrestati nel maggio-giugno del 1943 a Nizza, all’uscita dal centro d’interrogatorio e di tortura di Villa Lynwood, furono messi nelle prigioni di Ventimiglia, Sanremo e Imperia in stato di detenzione provvisoria, in attesa del loro processo davanti al tribunale militare di Breil.
Jean-Louis Panicacci, Le ripercussioni dell’occupazione italiana in Francia nella provincia di Imperia, Intemelion, n° 18 (2012)
 
La collaborazione antifascista tra Italiani e Francesi nelle Alpi Liguri e nelle Alpi Marittime, dopo l’8 settembre 1943 trasformatasi in collaborazione armata nella lotta contro i nazifascisti, ha origini lontane […] Infatti nel Sud-Est della Francia i resistenti incaricati raccolsero numerose informazioni valide e dal 3 gennaio 1943 furono autorizzati dai quadri superiori della Resistenza francese ad attaccare e sabotare le organizazioni civili fasciste, cercando di evitare la frattura con le truppe regolari italiane d’occupazione. Nel luglio del 1943 una buona parte del Comitato di Informazione italiano e dell’O.V.R.A. erano passati sotto il quadro dell’Intelligence Service inglese. (Da una testimonianza scritta del comandante partigiano francese Joseph Manzoni detto “Joseph le Fou”).
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell’Amministrazione Provinciale di Imperia e con patrocinio Isrecim, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977
 
La puntuale analisi, qui compiuta, dei documenti, delle mappe, degli appunti e dei disegni lasciati da Giancarlo Ratti attorno al periodo 1943-1945 offre molte conferme e inediti inattesi […] Fra gli inediti: il materiale documentale qui analizzato rivela come le missioni alleate dell’OSS si collegarono direttamente con agenti del SIM o degli Uffici I dell’Esercito o dell’Aeronautica per raccogliere informazioni, controllare i movimenti nel porto di Genova e lungo tutta la costa ligure, nei tratti fra Genova e La Spezia, fra Genova e Ventimiglia […] Dopo la prima fase di intelligence ligure, Ratti si recò per un nuovo addestramento a Grottaglie e Ostuni, a Brindisi. Divenne, infine, comandante di una seconda missione militare americana Youngstown, paracadutata nel Monferrato il 4 novembre 1944 fra le colline di Altavilla Monferrato e Vignale, con un volo aereo decollato da Brindisi. Si trattava dell’operazione Melon, sempre italo-americana, disposta dall’OSS. Ratti riuscì, in una fase successiva, ad allestire contatti giornalieri con una radio a Torino e una a Milano. Sergio Favretto, Con la Resistenza. Intelligence e missioni alleate sulla costa ligure, Seb27, Torino, 2019, pp. 12-25
 
Johnny [Gian Sandro] Menghi, capo della missione Youngstown/Melon era stato catturato dalle SS ma era riuscito, fortunatamente, a scappare e ad attraversare il confine a Ventimiglia, quasi in contemporanea con l’operazione Anvil, ovvero gli sbarchi degli Alleati nel Sud della Francia. Fuggendo, aveva nascosto delle mappe che riportavano le difese dell’Asse lungo la costa ligure. Quando raggiunse Bonfiglio, insieme tornarono indietro e, con grande rischio personale, recuperarono le mappe dal nascondiglio.
Max Corvo, La campagna d’Italia dei servizi segreti americani 1942-1945, Libreria Editrice Goriziana, 2006

Joseph Manzone, detto le fou (il pazzo), era una figura di spicco della Resistenza di Nizza. In particolare collaborò attivamente con il capitano Geoffrey M.T. Jones, capo del servizio di informazione americano, nelle missioni facenti capo ai servizi segreti alleati presso il maniero Belgrano di Nizza. Portò a termine importanti missioni in territorio nemico, cioé italiano, per la raccolta di informazioni sul dislocamento delle truppe nemiche. Di rilievo la collaborazione del Manzone con i Partigiani italiani della Divisione del comandante Rocca.  Giuseppe Mac Fiorucci autore di Gruppo Sbarchi Vallecrosia, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – <Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)>, 2007

Solo due reti di informazioni che passarono pressoché indenni il periodo della Resistenza sono parzialmente conosciute. Si tratta dell’organizzazione Cousin/Parent, del C.F.L.N., e del gruppo “Joseph le Fou”, sempre del C.F.L.N., diretto da Joseph Manzone. Il 29 agosto 1944, per ordine dei servizi speciali francesi i C.F.L.N. furono aggregati alle truppe da sbarco dell’armata americana. Si conosce la composizione del servizio di informazioni appartenente al C.F.L.N. operante nella zona di Breil-sur-Roya. I suoi agenti passarono diverse volte il settore di Breil-sur-Roya per recarsi a Sospel e rendere preziose informazioni.
Pierre-Emmanuel Klingbeil, Le front oublié des Alpes-Maritimes (15 août 1944 – 2 mai 1945), Ed. Serre, 2005, p. 177

A settembre 1944 da Ventimiglia era già partita a bordo di una barca a remi, una ennesima squadra diretta in Francia e composta dai patrioti Adelmo Rossi, Emanuele Zucchetto, Domenico Grillo, Ottorino Palmero, Emilio Calcopietro, ecc., che combatterono a fianco delle truppe francesi… Il 29 settembre partiva pure Secondo Balestri (Biagio), unico salvatosi di una missione alleata denominata Charterhouse LLL 2, destinata alla Riviera Ligure di ponente ed al basso Cuneese che, partita il 15 gennaio 1944 da Brindisi, sbarcata sulla costa con mezzi navali, composta dai militari Italo Cavallino (Siro), Nino Bellegrandi (Annibale) (si salvò, invero, anche Bellegrandi, che, al pari di Balestri, ricevette dopo la guerra una di quelle ricompense al valor militare che premiavano l’impegno di chi “spinto da generoso impulso in breve tempo aveva dato vita in breve tempo ad una complessa organizzazione clandestina di grande importanza politica e militare”) dal suddetto, dopo varie peripezie venne annientata. (Biagio arrestato il 22 aprile 1944 a Pieve di Teco con un altro dalle SS tedesche per delazione di un certo Santacroce, e torturato, fu costretto a trasmettere alla sua base messaggi preparati da un ufficiale tedesco di nome Reiter. Poi il 31 luglio riuscì a fuggire e a rifugiarsi presso il comando della V^ Brigata [“Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] a Pigna, dove rimase fino al 29 di settembre)… Francesco Biga, Op. cit.

… punto di sbarco e imbarco alla foce del Polcevera, nel Cantiere ILVA di Voltri.
Qui, la notte fra il 1° e il 2 febbraio 1944, sbarcò da due PT americane, una delle quali ebbe un’avaria, la missione LLL/2 Charterhouse (Tail Lamp 2), del sottotenente Italo Cavallino, Siro, comprendente il sottotenente istruttore di sabotaggio Nino Bellegrandi, Annibale, e il radiotelegrafista di Marina Secondo Balestri, Biagio, con una radio ricetrasmittente italiana in valigia.  Cavallino e Balestri furono inviati nella zona di Mondovì, in Val di Pesio, presso la formazione del capitano degli alpini Piero Cosa; Bellegrandi rimase come istruttore a Genova…  Ammiraglio Giuliano Manzari, La partecipazione della Marina alla guerra di liberazione (1943-1945) in Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, Periodico trimestrale – Anno XXIX – 2015, Editore Ministero della Difesa

Il 28 settembre [1944] giunse a Pigna un gruppo di militari alleati provenienti da Ormea, composto dai capitani Michael Lees e Geoff Long, dal corrispondente di guerra Paul Morton e da sette prigiginieri di guerra: tre aviatori dell’USAF e quattro inglesi. Erano accompagnati dalle guide Andrea Micheletti “Tarzan”, Luigi Mondino “Valter”, Aldo Clerico e Maccalli, incaricate dal capitano Cosa di scortare l’insieme, al quale si unirono l’avvocato Astengo, il professor Bessone e il radiotelegrafista Secondo Balestri “Biagio”.
Lees e Long erano membri del servizio informazioni britannico (Special Force n. 1), facevano parte della «Missione Flap» e, in precedenza, erano stati paracadutati in Piemonte per raccogliere informazioni sulle forze partigiane, sul loro orientamento politico, sulla consistenza e la dislocazione delle truppe tedesche.
Paul Morton era invece un corrispondente di guerra canadese del «Toronto Star» paracadutato anch’egli, ma con il preciso compito di scrivere reportage sull’attività partigiana.
Il gruppo sostò a Pigna quella notte e il mattino seguente si frazionò: Lees con Fred Dobson e le due guide italiane si rimisero in cammino per cercare il punto più agevole per oltrepassare le linee nemiche; gli altri si fermarono in paese, dove furono rifocillati e poterono riposare per alcuni giorni.
Lees e Dobson, insieme ai tre italiani aggregati al gruppo, avrebbero tentato di passare da Fanghetto o da Olivetta San Michele, in realtà seguirono il percorso monte Pozzo, Torri, Grammondo; in caso d’insuccesso fu raccomandato, a chi restò, di provare più a nord verso il colle di Tenda.
Il comandante “Leo” [Stefano Carabalona] informò i rimanenti che, servendosi dell’organizzazione partigiana «Gruppo sbarchi», avrebbero potuto raggiungere in barca il Principato di Monaco.
I quattro ex prigionieri, accompagnati dalla guida Nino, partirono il 30 settembre, optando per la seconda soluzione indicata da Lees. Morton, Long, il sergente Bob la Roche dell’USA Air Force e William Mc Clelland delle guardie scozzesi, rimasero a Pigna per alcuni giorni.
La guida, Pierino Loi, tornò portando la notizia che una barca li attendeva a Ventimiglia. Assieme ai quattro militari lasciò il paese all’imbrunire e, dopo quattro ore di marcia, raggiunse Rocchetta Nervina, località che lasciò a notte fonda; l’alba colse il gruppo alla periferia di Ventimiglia. Qui incontrarono il figlio del proprietario dell’imbarcazione il quale diede precise informazioni sulle posizioni tedesche e indicò il percorso cittadino da seguire.
Paolo Veziano, L’ultima tappa della Missione Flap in La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 – 8 ottobre 1944) (a cura di Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020, pp. 141,142
 
Raggiunti gli alleati, Domenico Mimmo Dònesi e Nino furono ingaggiati dai servizi inglesi, sottoposti ad un breve addestramento e preparati alla missione di invio dell’ufficiale di collegamento presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria, il capitano Robert Bentley, del SOE  britannico. Intorno a Natale Nino fu inviato a preparare lo sbarco di Bentley, che avvenne il 6 gennaio 1945, sempre sulla spiaggia di Vallecrosia. Di questa missione faceva parte anche Dònesi. Capacchioni era già in attesa in zona.
appunti inediti di Giuseppe Mac Fiorucci, per Op. cit.
 
La missione Flap era in contatto con le formazioni autonome del Maggiore Enrico Martini “Mauri” dell’Esercito di Liberazione  Nazionale. Ma siccome nelle intenzioni dei garibaldini imperiesi, dopo la ritirata delle forze nemiche, c’era l’occupazione delle città della Liguria occidentale da Albenga al confine francese, i compiti della missione erano militari (misure antistorch, cioè la protezione degli impianti, del  personale, delle infrastrutture dalle possibili distruzioni dei tedeschi) e politiche, cioè l’organizzazione successiva delle autorità amministrative, dei partigiani, il mantenimento dell’ordine pubblico in attesa dell’arrivo delle truppe alleate e dell’AMG. Le istruzioni operative descrivono dettagliatamente gli scopi, i metodi, la consistenza delle forze nemiche e dei partigiani, la presenza di altre missioni alleate, la politica da adottare con i partigiani, i mezzi finanziari di cui la missione avrebbe disposto, i collegamenti con la base. Il vice comandante sarebbe stato il capitano Bentley, ma la missione Clarion  non iniziò come previsto. Nelle istruzioni operative della missione “Saki” del capitano Bentley, redatte un mese dopo, il 30 ottobre 1944, troviamo che la sua missione sarebbe arrivata via mare, avrebbe raggiunto le formazioni garibaldine della Div. “Cascione” sulle montagne imperiesi e solo dopo il suo insediamento sarebbe stata paracadutata la missione Clarion del maggiore Campbell.  Al suo arrivo Bentley avrebbe lasciato il comando della missione a Campbell. Ma anche la missione Saki  non ebbe luogo secondo quanto pianificato  per le cattive condizioni climatiche. Antonio Martino, La missione alleata “Indelible” nella II^ Zona Operativa savonese, in Storia e Memoria, rivista dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea, 2011-1 
 
Io fui nell’ottobre ’43 interessato dal dott. Ronga di S. Remo a formare in Bordighera il Comitato di liberazione e più tardi, per incarico del noto cap. Gino, [Luigi Punzi] iniziai i collegamenti col defunto gen. Pognisi, con il rev. Don Pellorese ed il dott. Marchesi, ma per la morte del 1° e la non continua permanenza del 2° l’organizzazione restò imperfetta […]
Il cap. Gino ufficiale di collegamento cogli alleati e più volte sbarcato ad Arziglia [zona di levante di Bordighera] aveva prescelto la mia casa per l’installazione di una radio trasmittente onde riferire oltre frontiera; 2 giorni prima del suo ritorno con gli apparecchi veniva ucciso da un colpo di scure vibratogli a tradimento da un marinaio rinnegato.
Giuseppe Porcheddu, manoscritto (documento IsrecIm) edito in Francesco Mocci, (con il contributo di Dario Canavese di Ventimiglia), Il capitano Gino Punzi, alpino e partigiano, Alzani Editore, Pinerolo (TO), 2019, di recente pubblicazione
 
1 gennaio 1945 –  Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria, prot. n° 44, al comando della II ^ Divisione “Felice Cascione” – Si richiedevano informazioni sul “Capitano Gino” [Luigi Punzi], che aveva affermato di fare parte della Missione Alleata.
11 gennaio 1945 –  Dal C.L.N.  di Sanremo (IM), prot. N° 200/CL, al comando della II^ Divisione – In risposta ad un quesito del 28 dicembre 1944 inerente il “Capitano Gino” si precisava che non risultava avesse mai operato nel circondario di Sanremo.
21 marzo 1945 – Dal CLN di Alassio (SV), prot. n° 34, al comando della Divisione “Silvio Bonfante” [comandante “Giorgio” Giorgio Olivero] – Comunicava che un agente alleato, un italiano di Parma, che era sbarcato nella zona di Ventimiglia per raggiungere i partigiani in montagna, era in quel momento degente presso il nosocomio militare tedesco di Alassio sotto sorveglianza in attesa di giudizio e che i tedeschi, in sostituzione di quell’agente, erano già riusciti ad infiltrare tra i garibaldini un loro uomo munito di radio-trasmittente [ n.d.r.: si trattava di Eros (Eros Ghirardosi)].
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), “La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945)– Tomo II,  Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
Eros (Eros Ghirardosi) era uno dei due radiotelegrafisti che, condotti da Amilcare Bric e Brac Allegretti, dovevano raggiungere Luigi Punzi a Marina San Giuseppe di Ventimiglia (IM) proprio nell’appartamento di Allegretti, ma che, una volta incappato nella mortale aggressione il loro referente capitano Gino, caddero, subendo ciascuno diversa sorte, nella trappola tesa loro dagli uomini dei servizi informativi (SRA) della Marina Militare (Kriegsmarine) tedesca di stanza a Sanremo. Eros per almeno quindici giorni fu costretto a trasmettere falsi messaggi agli americani del Servizio OSS, che non lo preventivamente avevano fornito di un codice d’allarme in caso di caduta in mano nemica. Secondo alcune fonti nel novero dei diversi danni procurati agli alleati ed alla resistenza dai falsi messaggi di Eros, fatti trasmettere dagli specialisti all’OSS antenna di Nizza grazie al citato arresto, spicca sia l’induzione all’aviolancio su Cima Marta del 23 febbraio 1945, che si risolse in un disastro per i partigiani, con perdita del materiale, recuperato dai tedeschi, e la morte di almeno quattro garibaldini sia lo sviluppo delle circostanze che avevano già portato l’8 febbraio al grave ferimento del comandante partigiano Stefano Carabalona (Leo).
Adriano Maini
 
Il 16 ottobre 1944 i tedeschi sorpresero sul pianoro della Ceva, vicino a Fontan, Emile Grac, F.F.I. del gruppo C.F.L. Parent, che stava effettuando una ricognizione dietro le linee nemiche, e lo abbatterono […] Il 5 febbraio 1945 Charles e Jacques Molinari *, della rete C.F.L. Parent, furono catturati dai tedeschi mentre cercavano di prendere contatto con i partigiani italiani di “Giustizia e Libertà” in Alta Val Roia. Condotti a Sanremo, dove furono torturati, resistendo senza rivelare nulla, riuscirono in aprile a fuggire, poco prima di essere condotti davanti al plotone d’esecuzione.
Sempre il 5 febbraio 1945 due altri agenti, della rete Gallia, Salusse e Santoni **, furono sorpresi e catturati vicino a Breil-sur-Roya [Val Roia francese, dipartimento delle Alpi Marittime] e vennero fucilati a Pieve di Teco [(IM)] il 4 aprile  […]
Pierre-Emmanuel Klingbeil, Op. cit.
Nell’aprile 1945 la condanna a morte definitiva: i tedeschi, temendo l’avanzata degli Alleati, prelevati i prigionieri in numero di venticinque, li inviano verso i campi di sterminio in Germania. Un milite ferroviere, dopo avere chiusi i lucchetti delle catene, consegna furtivamente la chiave ai Molinari. La tradotta sosta a Bornasco tra Pavia e Milano. Un rombo di bombardieri alleati crea il fuggi fuggi generale. Sette prigionieri, e fra questi i fratelli Molinari, riescono a darsi alla fuga… Per il loro comportamento riceveranno l’encomio della Divisione con “Croce di Guerra e Stella d’Argento”…
Don Nino Allaria Olivieri in “La Voce Intemelia“, Ventimiglia (IM), Aprile 2008
** Da un verbale di interrogatorio di Ernest Schifferegger, confluito in un documento del 2 giugno 1947 redatto dall’OSS statunitense, antenata della CIA, si apprende che Salusse e Santoni riuscirono a comunicare con un altro detenuto, un italiano, un certo Corrado, che era rientrato clandestinamente dalla Francia insieme ad un certo Vavassori per compiere, molto probabilmente a ciò forzato, una missione alleata di spionaggio: non solo lo pregarono di informare le loro famiglie della loro sorte e del loro luogo di sepoltura, ma gli trasmisero gran parte delle informazioni militari che erano riusciti a rilevare. Senonché al Corrado, portato in carcere a Sanremo, vennero ritrovati e sequestrati gli appunti che aveva in merito trascritto. Schifferegger aggiungeva che non poteva dire se il Corrado aveva tenuto gli appunti per avere una merce di scambio con i tedeschi o perché pensava di riuscire a portare quella documentazione oltre confine. Nè quale sorte forse poi toccata al medesimo, una volta trasferito al carcere di Oneglia. Ernest Schifferegger era un italiano altoatesino che in occasione del referendum del 1939 aveva optato, come tutti i membri della sua numerosa famiglia, per la nazionalità tedesca. Entrato nelle SS, operò – a suo dire – solo nella logistica, su diversi punti del fronte occidentale. Era, tuttavia, a Roma come interprete, quando partecipò al prelievo di un gruppo 25 prigionieri politici italiani condotti a morte nella strage delle Fosse Ardeatine. Fece in seguito l’interprete per i nazisti anche a Sanremo. Il suo grado era quello di maresciallo. La citata relazione dell’OSS riporta che alla data del 2 giugno 1947 Schifferegger era ancora in custodia alla Corte d’Assise Straordinaria di Sanremo].
Adriano Maini