I tedeschi vogliono dimostrare che hanno batterie ovunque

Trinità, Frazione di Camporosso (IM)

Ai Brunetti [Frazione di Camporosso (IM)] mio zio Virginio si era costruito una radio con la quale ascoltavamo i comunicati e che ci forniva le ultime notizie. Fu così che il 10 giugno 1940 sentimmo il discorso del Duce e la dichiarazione di guerra alla Francia.
Io vivevo a Trinità [Frazione di Camporosso (IM)] e alcuni abitanti, che erano passati per Ventimiglia, comunicarono che era venuto l’ordine di sfollare. Così, abbandonato il villaggio, ci radunammo tutti sotto il Mercato dei Fiori a Ventimiglia, da dove incolonnati ci imbarcarono su un treno. Per fortuna l’esercito francese non sparò su Ventimiglia: lo avesse fatto in quei giorni sarebbe stato un massacro.
Una ventina di giorni dopo, firmato l’armistizio con la Francia, ritornammo tutti a casa. In paese la vita riprese più o meno normalmente anche dalla fine del ’43 quando ebbero luogo i primi bombardamenti, per noi cambiò poco, al massimo si sentivano fischiare i proiettili che dalle postazioni oltre il Grammondo passavano sulle nostre teste per colpire la vallata del Nervia o la costa [n.d.r.: ma questo avveniva dopo la stabilizzazione – ai primi di settembre 1944 – più o meno sulla vecchia frontiera delle truppe alleate, che avevano appena liberato anche il sud-est della Francia].
L’inverno è particolarmente freddo tanto che è scesa la neve, cosa abbastanza insolita dalle nostre parti. All’alba il villaggio viene svegliato: militari della SS del comando di Varase bussano a tutte le porte e radunano gli abitanti, quasi tutti anziani e donne sulla piazzetta del paese. Con ferocia e forse per creare tensione e paura uccidono tutti i gatti ed i cani che incontrano.
Usano come interprete una giovane donna di Varase: e da lei sappiamo che ci considerano collaboratori dei “banditi”, e che dobbiamo evacuare il villaggio. A tutti gli uomini chiedono la professione, poi fanno una scelta e divisi dagli altri che verranno sfollati in Piemonte, finiamo io, un certo Luciano di professione barbiere, Biancavilla, sarto, ed altre 12 persone destinate alla raccolta delle olive particolarmente abbondanti in quell’anno. A me danno l’incarico di realizzare delle scarpe utilizzando le pelli provenienti dalla caserma Gallardi e ritrovate ad Airole, dopo lo sfollamento del paese, murate nelle cantine di alcune case.
Non avendo le forme per realizzare quanto richiesto, chiedo di recarmi a Dolceacqua dove sapevo avere magazzino un vecchio calzolaio che sicuramente poteva fornirmi le forme. Per raggiungere Dolceacqua dovevo passare da Tramontina: la via del mare era troppo pericolosa con le navi che incrociavano al largo e che ogni tanto colpivano la costa con qualche bordata.
Purtroppo faccio il viaggio a vuoto: il vecchio calzolaio rifiuta di prestarmi le forme e sono costretto a dirlo all’ufficiale tedesco l’indomani. Mi convocano dal Comandante che mi ordina di ritornare a Dolceacqua perché sicuramente il calzolaio aveva cambiato idea… E fu proprio così, era bastata una telefonata.
Facevo quasi esclusivamente scarpe da donna che venivano poi spedite in Germania alle mogli degli ufficiali. La mia paga consisteva in 5 o 6 sigarette al giorno ed un po’ di pane di segala. Per mia fortuna acquistarsi scarpe nuove era impensabile a quei tempi, tutti cercavano di tenersi quelle che avevano e così, nel tempo libero, eseguivo parecchie riparazioni.
Il mio servizio durò circa 7 mesi e qualche volta mi utilizzarono anche per altri lavori, come quando mi mandarono con altri nel fiume Roia di fronte alla Centrale di Porra dove ci fecero tagliare alcuni pali del telegrafo e, riutilizzando le ruote di alcuni carri, costruimmo dei finti cannoni che coprimmo parzialmente con rami e fronde. Nel pomeriggio apparve sulle nostre teste la cicogna, il solito aereo spia che immediatamente comunicò la nostra posizione alle batterie di Mont Agel, che aprirono il fuoco e ci costrinsero alla fuga.
Più o meno nello stesso periodo una famiglia di Porra, il cui capofamiglia era soprannominato “Checheo”, chiede a mia madre se può utilizzare una nostra vecchia casetta di campagna che si trovava sulla collina proprio sopra Porra in zona Mauné. Pensavano che trasfendosi lassù, lontano dalle strade di traffico con qualche animale avrebbero potuto vivere indisturbati fino alla fine (e si sperava fosse presto) della guerra. Sulle prime sembrava una buona idea, ma pochi giorni dopo un amico mi avverte che nella zona Mauné erano esplose alcune salve di cannone che avevano colpito la mia casa. Mi reco sul posto: la casa era stata colpita in pieno, tutto intorno, liberi, conigli e galline vagavano senza meta, dei “Checheo” nessuna traccia: li trovo dopo un po’ in un buco tutti impauriti. Il fumo che usciva dalla casa era stato visto ed aveva insospettito gli alleati che, prese le misure, avevano cannoneggiato la casa. Era andata bene che in quel momento erano tutti fuori per i campi a raccogliere un po’ di verdura.
Battista Leggerini, Un calzolaio di guerra. Disavventure e spaventi in Val Roia, in Renzo Villa e Danilo Gnech (a cura di), Ventimiglia 1940-1945: ricordi di guerra (con la collaborazione di Danilo Mariani e Franco Miseria), Comune, Studio fotografico Mariani, Dopolavoro ferroviario, Ventimiglia, 1995, pp. 61,62

L’autorità militare Germanica, per le necessità contingenti, ha ordinato lo sgombero delle popolazioni dalla vallata di Ventimiglia, che sono state avviate nei centri di sfollamento a cura delle Federazioni dei Fasci Repubblicani.
Nei giorni scorsi, mezzi navali cannoneggiavano Imperia, Ventimiglia, Bordighera, Vallecrosia, causando danni di una certa entità a case di abitazione private, facendo qualche vittima.
Giovanni Sergiacomi, Questore di Imperia, Al capo della Polizia, Relazione mensile sulla situazione economica e politica della Provincia di Imperia (mese di settembre 1944), Imperia, 1 ottobre 1944, Documento in Archivio Centrale di Stato

19 novembre 1944
Anche oggi, calma. Stanotte i tedeschi giravano con un cannone piazzato sopra un camion sparando da tutti i lati della città [di Ventimiglia]. Vogliono dimostrare che hanno batterie ovunque.
20 novembre 1944
[…] Per la città, stasera, prendevano uomini, donne e ragazze; i tedeschi ubriachi impaurivano tutti. Cerrcano pure le bestie e chissà se, anche questa volta, riusciremo a salvare la nostra muletta. Corre pure voce che incendino le case, si dice che a Grimaldi, Mortola e Canun l’abbiano già fatto […]
21 novembre 1944
[…] I tedeschi hanno fatto sfollare San Pancrazio, Serro, Torri e Calvo. Corre voce che ci faranno andar via pure da Ventimiglia […]
22 novembre 1944
Ieri sera Pippo e “Turetu” sono stati presi dai tedeschi, ma sono riusciti a svignarsela. Già ieri l’altro Pippo era stato acciuffato, ma per sua fortuna il tedesco che l’aveva preso era ubriaco.
Caterina Gaggero Viale, Diario di Guerra della Zona Intemelia 1943-45, Edizioni Alzani, Pinerolo, 1988

Autore: adrianomaini

Pensionato di Bordighera (IM)

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