La base alleata in Francia era a Saint-Jean-Cap-Ferrat

[ Con gli Alleati, ormai insediati a ridosso del confine italo-francese dai primi di settembre, le relazioni dei partigiani della I^ Zona Operativa Liguria si intensificarono a partire dal dicembre 1944. In effetti, i servizi di informazione alleati (OSS americano, N°1 Special Forces e Intelligence Service inglesi e DGSS francesi) avevano cominciato ad operare con l’invio di agenti oltre le linee, specialmente nel cuneese, ma anche in provincia di Imperia. Per il mancato coordinamento, queste operazioni crearono qualche problema alla Resistenza italiana. Nel dicembre 1944 il comando partigiano ed il CLN decisero di inviare clandestinamente una missione presso gli alleati, preceduta il 10 dicembre dallo sbarco in Costa Azzurra di Stefano Leo Carabalona, comandante della Missione Militare Partigiana presso gli Alleati, che a tale scopo si avvaleva della Missione Corsaro e del Gruppo Sbarchi Vallecrosia. Il 14 dicembre 1944, dopo alcuni giorni di attesa, sia per le cattive condizioni atmosferiche, sia per l’intensificata sorveglianza lungo la costa, nottetempo, da Vallecrosia (IM) salpò con una barca a remi la missione Kahnemann. ]

Rosina (Luciano Mannini) racconta: Il servizio di informazioni militari, esplicato dalla missione «Leo» in Italia con i comandi alleati, ebbe inizio alla fine del settembre 1944, con l’arrivo nella zona della V^ Brigata [d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni“] di ufficiali americani ed inglesi giunti attraverso i passi montani dal Piemonte, ove erano stati paracadutati. Il capitano Leo [Stefano Carabalona], attestato allora a Pigna, comandante del distaccamento che li ospitava e che provvide in seguito a farli condurre – parte attraverso i valichi alpini e parte via mare – in Francia, stabilì col capo della missione alleata [Missione Flap] i primi accordi che dovevano condurre alla formazione di un gruppo specializzato che collegasse, per mezzo di una rete segreta, la nostra zona a quella occupata dagli alleati e fungesse da centro di raccoglimento e di smistamento di notizie militari e politiche interessanti la lotta. La missione Leo alla quale appartenevano Rosina, Lolli [Giuseppe Longo], Giulio Pedretti, ed alcuni altri giovani che si erano temprati nelle lotte di montagna, si portò a Nizza nel [il 10] dicembre 1944, dopo due mesi di utile lavoro preparatorio, per mezzo della leggendaria imbarcazione guidata dall’infaticabile «Caronte» [anche Corsaro] Giulio Pedretti e da Pascalin [Pasquale Pirata Corradi, di Ventimiglia (IM), come Pedretti]. A Nizza, Leo si incontra con i responsabili dei servizi speciali alleati e prepara il piano definitivo di lavoro, che comportava, fra l’altro, l’uso di apparecchi radio trasmittenti, per i quali la missione aveva già predisposto gli operatori. Nel gennaio 1945 la missione rientra in Italia, dove il terreno era già stato preparato in anticipo. Si organizza e comincia a funzionare in pieno… in Mario Mascia, L’Epopea dell’Esercito Scalzo, Ed. A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975. 

[ A taluni di questi aspetti, in particolare alle attività del Gruppo di Vallecrosia, fa riferimento la testimonianza che segue ]

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[…] Erano i primi di luglio del 1944 e un giorno, per volontà del partigiano “Piè veloce[Francesco Boeri] che ci comandava, scendemmo a Soldano, non ricordo per quale motivo. Certamente niente di importante. […]

FrancescoGarini fu catturato nell’autunno, ma, grazie all’appoggio del segretario comunale Scrascia ottenuto dalla sua famiglia, riuscì ad evitare guai peggiori.

La guerra partigiana intanto manifestava alcuni pesanti difetti organizzativi; c’erano contatti con gli alleati che erano sbarcati a St. Raphael in Provenza e, a settembre 1944, erano arrivati a Mentone, ma erano scarsamente coordinati. […] Lanci di paracadute con armi finiti in dirupi inaccessibili o addirittura in mano ai tedeschi.
Inoltre l’inverno giunse in anticipo sulle montagne e i collegamenti con gli alleati, che avvenivano attraverso i sentieri alpini, erano resi impossibili.
Si ipotizzò anche di tentare con i sommergibili, ma non ci fu nessun serio risultato. Si poteva tentare soltanto via mare.
Il 20 dicembre 1944 doveva sbarcare il capitano Robert Bentley
[inglese, ufficiale di collegamento alleato con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria], ma fu tutto rinviato per il mare in tempesta. Dapprima arrivarono due collaboratori del capitano e finalmente la notte fra il 6 e il 7 gennaio 1945 sbarcò Bentley con il radiotelegrafista John Mac Dougall.

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La costa era presidiata in forze dalle truppe nazifasciste e sorvegliata metro per metro.

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Lo stato attuale dell’edificio situato alla foce del torrente Verbone in Vallecrosia (IM), dove erano dislocati di guardia i bersaglieri citati in questa testimonianza.
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Una vecchia fotografia, tratta dall’opuscolo qui in calce richiamato, attinente, a sinistra il presidio dei bersaglieri, al centro il vecchio mattatoio: a Vallecrosia (IM)

La sorveglianza del tratto di costa di Vallecrosia (IM) era affidata a un distaccamento di circa 25 bersaglieri accasermato [ed a fianco della sede del loro presidio c’era il vecchio mattatoio, punto di riferimento, citato in altre fonti, per gli arrivi notturni via mare di tante spedizioni] sul lungomare alla foce del torrente Verbone.
Tra i bersaglieri c’era il sergente Bertelli, di Genova, che sembrava nutrire qualche simpatia per la Resistenza. Il Bertelli frequentava la barberia di Aldo Lotti
[commissario del distaccamento S.A.P. di Vallecrosia] e nei discorsi da … barbiere fece qualche allusione antifascista.
Fu avvisato il C.L.N.
[quello di Bordighera (IM)], che incaricò i fratelli Biancheri di Bordighera,  soprannominati Lilò, di prendere i necessari contatti.
I bersaglieri volevano disertare e unirsi ai partigiani in montagna. I
Lilò li convinsero a rimanere nel presidio sul lungomare ed a collaborare con la Resistenza nel nascente Gruppo Sbarchi.
Renzo
[Stienca] Rossi di Bordighera [subentrato nel comando della missione presso gli alleati a Stefano Leo Carabalona, rimasto gravemente ferito in un agguato l’8 febbraio 1945 proprio in Vallecrosia] organizzò un idoneo servizio per effettuare sbarchi di materiale e uomini da piccoli natanti provenienti dalla vicina Francia liberata.
Venne il momento della prima operazione e bisognava concordarne i particolari con i bersaglieri.
Tra di noi serpeggiava ancora qualche timore sulla fede dei bersaglieri. E se fosse stata una trappola?
Commovente fu la posizione di Aldo Lotti
. Era cardiopatico, e in maniera seria. Disse “Vado io. Se è una trappola pazienza, tanto ne ho più per poco!”. Comunque, non era una trappola.
L’
Operazione Sbarchi ebbe inizio. Girò  [o Gireu, più alla francese, Pietro Gerolamo Marcenaro, già commissario di Distaccamento della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] mi cambiò anche il nome di battaglia da “Riccardo” a “Plancia“.[…]

Con lo sbarco del capitano Bentley si strinsero ancor più i rapporti tra il Gruppo Sbarchi di Vallecrosia e il gruppo di “Leo” Carabalona, del quale faceva parte Giulio Pedretti, che per primi avevano preso contatto con le forze alleate. Gli sbarchi si susseguirono con invio di armi e anche di agenti radiotelegrafisti per azioni di spionaggio. […]

L’operazione più importante alla quale partecipai fu la fuga di 5 ex prigionieri alleati che trasportammo in Francia. […]

L’organizzazione dell’Operazione Sbarchi non fu cosa semplice.
Bisognò innanzitutto trovare natanti idonei a raggiungere la costa francese per le necessità di trasporto dall’Italia alla Francia; in senso inverso provvedevano gli alleati con potenti motoscafi pilotati da Pedretti
[Corsaro, o Caronte, Giulio Pedretti di Ventimiglia (IM)] e Oscar.
Con l’inizio delle ostilità di guerra le autorità italiane avevano disposto la rimozione di tutti i natanti dal lungomare.
In parte vennero ricoverati sotto le volte dell’edificio che era sede dell’ufficio postale lungo la via Aurelia, nel lato sud dell’area sotto strada posta tra il torrente Verbone e la Casa Valdese, ancora oggi adibita al parcheggio degli autobus. 

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Il Seminario di Bordighera (IM), posto proprio sul confine con Vallecrosia, visto dal mare
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Nottetempo, due compagni venivano messi di sentinella, uno all’altezza del Seminario [di Bordighera (IM)] e l’altro in piazza d’Armi [nel comune di Camporosso (IM)], e gli altri prelevavano una barca e la portavano nel parco della villa dell’avvocato Biancheri. Per i lavori di preparazione dei natanti usavamo la casa a fianco della villa detta dei “Bagnai”, soprannome della famiglia allora sfollata che l’abitava.
Quelle barche erano fuori dall’acqua da anni: dovemmo calafatarle e renderle idonee a tenere il mare. Una alla volta “
sequestrammo” 7 o 8 barche. Credo che i proprietari ne fossero poi indennizzati con 22.000 lire.
Quando lo scafo era pronto, sempre di notte, lo portavamo al mare lungo la via che dall’albergo Impero porta al mare (allora Via IX Maggio, adesso: Via I Maggio), in 6, 3 per lato, camminando il più velocemente possibile!
Quei 300/400 metri li percorrevamo quasi in apnea.
Ancora oggi, quando ci penso, trattengo il respiro. Solo verso la fine riuscimmo a trovare un carretto e rendere così l’apnea un po’ più breve …
Le barche furono tutte usate e rimasero in Francia.
Gli imbarchi, come pure gli sbarchi, avvenivano nei punti concordati con i bersaglieri.
Per gli sbarchi, chi conduceva
[spesso era Pedretti] il motoscafo alleato arrivava fino a 500/600 metri dalla riva ed attendeva il nostro segnale convenuto di lampi brevi e lunghi, fatto con una torcia a pile. Dal motoscafo si rispondeva in codice. Quindi si provvedeva a trasbordare il carico su un canotto,  qualche volta su piccole bettoline portate a traino. Poi si raggiungeva la riva…
I canotti a volte rimanevano a noi ed allora furono usati per consentirci di raggiungere la costa francese quando non erano disponibili altre barche.

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Da sinistra, in una foto d’epoca, i garibaldini del Gruppo Sbarchi Vallecrosia Francesco Garini ed Ampelio Elio Bregliano a Negi

Le merci sbarcate venivano nascoste e successivamente trasportate a Negi [Frazione di Perinaldo (IM)] e consegnate ai garibaldini di “Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Liguria].  Sovente ero incaricato del trasporto a Negi.
Tra gli altri carichi ricordo una macchina da scrivere.
Era pesante, pesava quanto un mortaio; ricordo che, nella fatica, dovetti sforzarmi non poco per convincermi che per vincere la guerra fosse necessaria anche una macchina da scrivere e superare la tentazione di buttarla in una scarpata.
Chi dirigeva tutte le operazioni era Renzo Rossi detto “Rensu u Curtu” per distinguerlo da Renzo Biancheri “U Longu” […]

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Una vista di Saint-Jean-Cap-Ferrat – Fonte: Wikipedia
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Da sinistra Villa Iberia e Villa Le Petit Rocher

La base alleata [per la partenza per l’Italia, ed il ritorno, dei motoscafi alleati] in Francia era a Saint-Jean-Cap-Ferrat, baia di Villafranca, nella Villa Le Petit Rocher.

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Ampelio Elio Bregliano, terzo da sinistra, nella baia di Villafranca


Da Vallecrosia si partiva, naturalmente di notte, e si raggiungeva il porto di Montecarlo
[Principato di Monaco], facilmente individuabile perché era l’unico illuminato.
All’ingresso del porto una vedetta intimava l’alt e accompagnava il natante all’approdo sotto stretta sorveglianza.
Qui il nostro equipaggio forniva alle sentinelle alleate dello scalo del Principato di Monaco solo un numero di telefono o di codice e il nome dell’ufficiale di collegamento dell’Intelligence Service.
In meno di un’ora i partigiani erano presi in consegna dai servizi segreti alleati.
Anch’io fui condotto a Montecarlo, con Renzo
Stienca Rossi, Girò e Renzo [Gianni] Rensu u Longu Biancheri, quest’ultimo già allora sordo come una campana.
Per me era la prima volta, mentre per gli altri si trattava dell’ennesima traversata. […]

Renato Plancia Dorgia, in Gruppo Sbarchi Vallecrosia di Giuseppe Mac Fiorucci  < ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM) >, 2007

2 aprile 1945 – Dalla V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione“, Sez. S.I.M. (Servizio Informazioni Militari), prot. n° 370, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della II^ Divisione – Venivano comunicate notizie riferite da un non meglio specificato interprete di Bordighera. Truppe tedesche e fasciste in allarme di 2° grado... Dalla punta di Sant’Ampelio di Bordighera a Ventimiglia vi era un bunker ogni 800 metri, ognuno dei quali  presidiato da 11 fascisti, di cui un sergente, ed un tedesco…

9 aprile 1945 – Dal comando della V^ Brigata al Comando della I^ Zona Operativa Liguria – Nella relazione si riferivano diverse notizie tra le quali anche che “erano giunti dalla Francia 2 garibaldini che hanno colà eseguito un periodo d’istruzione e che hanno preannunciato un prossimo arrivo di materiale bellico”.

13 aprile 1945 – Dal  C.L.N. di Sanremo, prot. n° 581, al S.I.M. della V^ Brigata – Si rendeva informazione anche sul fatto che le armi sono ancora a Bordighera da dove si provvederà alla distribuzione.

18 aprile 1945 – Dal comando della II^ Divisione al comando della V^ Brigata – Informava che due garibaldini che avevano frequentato la scuola alleata dei sabotatori in Francia stavano per rientrare presso il comando di quella Brigata per istruire altri partigiani.

23 aprile 1945 – Dal comando della VI^ Divisione “Silvio Bonfante“, prot. n° 330, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria – Segnalava che in pari data era giunto presso lo scrivente comando il capitano Bartali [Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della VI^ Divisione “Silvio Bonfante” presso gli Alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione] della Missione Alleata.

24 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione “Felice Cascione” – Scriveva che “il capitano Bartali” [Giovanni Bortoluzzi] raggiungerà il comando divisionale in indirizzo e sarà l’incaricato della missione alleata presso il comando divisionale, funzionando da collegamento tra lo scrivente comando ed il comando divisionale. Bartali dipenderà dal capo missione “capitano Roberta” [capitano Bentley]. Si prega di fornire “Bartali” di tutto ciò di cui ha bisogno, nonché di alcune staffette e della puntuale segnalazione di tutte le azioni svolte dalla II^ Divisione“. 

da documenti Isrecim in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo II – Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia – Anno Accademico 1998 – 1999

Il ferimento del comandante partigiano Leo

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Vallecrosia (IM) vista dalla collina di Collasgarba di Ventimiglia; sullo sfondo, Bordighera

 
Rosina (Luciano Mannini) racconta: “Il servizio di informazioni militari, esplicato dalla missione «Leo» in Italia con i comandi alleati, ebbe inizio alla fine del settembre 1944, con l’arrivo nella zona della V^ Brigata [d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] di ufficiali americani ed inglesi giunti attraverso i passi montani dal Piemonte, ove erano stati paracadutati. Il capitano Leo [Stefano Carabalona], attestato allora a Pigna, comandante del distaccamento che li ospitava e che provvide in seguito a farli condurre – parte attraverso i valichi alpini e parte via mare – in Francia, stabilì col capo della missione alleata [Missione Flap] i primi accordi che dovevano condurre alla formazione di un gruppo specializzato che collegasse, per mezzo di una rete segreta, la nostra zona a quella occupata dagli alleati e fungesse da centro di raccoglimento e di smistamento di notizie militari e politiche interessanti la lotta”. La missione Leo alla quale appartenevano Rosina, Lolli [Giuseppe Longo], Giulio [Corsaro/Caronte] Pedretti, ed alcuni altri giovani che si erano temprati nelle lotte di montagna, si portò a Nizza nel [il 10] dicembre 1944, dopo due mesi di utile lavoro preparatorio, per mezzo della leggendaria imbarcazione guidata dall’infaticabile «Caronte» Giulio Pedretti e da Pascalin [Pasquale Pirata Corradi, di Ventimiglia (IM), come Pedretti]. A Nizza, Leo si incontra con i responsabili dei servizi speciali alleati e prepara il piano definitivo di lavoro, che comportava, fra l’altro, l’uso di apparecchi radio trasmittenti, per i quali la missione aveva già predisposto gli operatori. Nel gennaio 1945 la missione rientra in Italia, dove il terreno era già stato preparato in anticipo. Si organizza e comincia a funzionare in pieno… Mario Mascia, L’Epopea dell’Esercito Scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell’IsrecIm

Risulta opportuno leggere su questi avvenimenti, in particolare sul come si arrivò al ferimento di Carabalona, in maniera integrata le varie testimonianze, per tanti versi discordanti tra di loro, ma tutte concordi nell’attestare che dopo la morte del capitano Gino Punzi – vedere anche infra – i tedeschi esercitarono un particolare controllo sulla zona di confine, un’attività non esente da contrasti intestini, anche se, alla fine, ai servizi segreti della marina militare subentrò il SID, guidato da Reiter.
Adriano Maini

Nell’estate 1944 i servizi segreti americani avevano inviato sulla costa una rete di informatori, capeggiati da Gino Punzi. Dovendo tornare in Francia, per attraversare le linee Gino Punzi si avvalse della collaborazione di un passeur, dal quale, poiché era passato al soldo dei tedeschi, durante il viaggio venne ucciso [n.d.r.: colpito alla testa da quel contrabbandiere nella notte tra il 4 e il 5 gennaio 1945 in una casa in zona Marina San Giuseppe a Ventimiglia, a Punzi venne dato il colpo di grazia per ordine di un sottufficiale della sede di Sanremo dei servizi segreti della marina tedesca, accorso sul posto in quanto allertato dal traditore]. Il comandante tedesco si infuriò perché avrebbe voluto catturare vivo il Gino. Sul suo cadavere furono rinvenuti dei documenti, dai quali i tedeschi vennero a conoscenza del fatto che sarebbero stati inviati altri agenti e telegrafisti alleati.
I tedeschi predisposero una trappola e quando arrivò il telegrafista “Eros” lo catturarono ferendolo. Si avvalsero di lui per trasmettere falsi messaggi al comando alleato di Nizza.
Con questi falsi messaggi fu richiesto l’invio di un’altra missione: la missione “Leo”. Renzo “Gianni” Biancheri , in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia < Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)>, 2007

In parallelo agli aviolanci alleati, ma con con maggiore assiduità, avevano luogo sbarchi di materiale bellico nella zona di Vallecrosia-Bordighera. I volontari che si occuparono di tali trasporti appartenevano al gruppo di “Leo“, che fungeva da tramite tra i garibaldini e la missione alleata in Francia. Giulio Pedretti fu il partigiano che più di ogni altro si impegnò in tali operazioni, al punto che alla fine della guerra aveva effettuato 27 traversate per recapitare armi e uomini attraverso il tratto di mare prospicente la zona di confine italo-francese.     Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Nell’agosto del 1944 gli alleati sbarcarono a St. Raphael vicino a Marsiglia.
A sbarco consolidato, l’avanzata alleata si divise su due direttrici, la prima verso Marsiglia, composta principalmente dall’Armée d’Afrique francese; la seconda verso la Costa Azzurra e il confine italiano.
Sulla riva destra del Var, prima di entrare in Nizza, l’avanzata si arrestò non per opposizione delle forze tedesche ma per scelta del comando alleato. La resistenza francese della Costa Azzurra insorse spontaneamente, quasi costringendo gli alleati a liberare Nizza e a proseguire fino a Mentone, che venne liberata ai primi di settembre 1944 riportando i confini all’anteguerra.A Gattières, sopra Nizza, fu installata una scuola per l’addestramento di sabotatori, alla quale parteciparono diversi partigiani italiani; a Mentone vennero installate delle piccionaie di colombi viaggiatori che venivano impiegati nelle operazioni di spionaggio oltre le linee. Le “agenzie” di intelligence alleate (francesi, inglesi e americane) iniziarono a lavorare più in concorrenza fra loro che in collaborazione. Il nostro C.L.N. assisteva con timore a queste azioni in “concorrenza”, perché mettevano in pericolo tutta l’organizzazione.[…] Il maresciallo Reiter [del comando SD di Sanremo (IM), dove faceva da autista, dalla metà di marzo 1944 sino alla fine della guerra, un certo Fioravante Martinoia, nato il 24 febbraio 1915 a Vallecrosia, il cui verbale di interrogatorio, in italiano, come persona in custodia alla Corte d’Assise Straordinaria di Sanremo, confluì in un documento, con data 2 giugno 1947, dell’OSS statunitense, antenato della CIA, documento ormai desecretato e, pertanto, di pubblico dominio sul Web. Il Martinoia rese tragiche ammissioni…] fece accompagnare da due agenti in borghese la staffetta Irene (n.d.r.: in questa versione dei fatti la persona, costretta dai nazisti a fare da esca per attirare in trappola i due partigiani) verso la casa di Vallecrosia [(IM)], dove “Leo” e “Rosina” [Luciano Mannini], ignari, aspettavano il ritorno di chi li aveva traditi [n.d.r.: in altre versioni della narrazione di questo tragico evento emerge, invece, una casuale scoperta dei collegamenti clandestini dei patrioti da parte degli apparati nazisti di controllo].

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La casa in Vallecrosia (IM) nella quale Stefano Carabalona venne ferito – Fonte: G. Fiorucci, Op. cit.

“Leo” restò gravemente ferito [8 febbraio 1945]. Ma anche i due agenti nemici versarono in fin di vita.“Leo” e “Rosina” fuggirono per vie diverse eludendo anche il successivo rastrellamento tedesco. “Leo” trovò rifugio nella clinica Moro [n.d.r.: che da Ventimiglia (IM) era stata trasferita dal 2 gennaio 1944 a Villa Poggio Ponente di Vallecrosia] sulla via Romana, dove venne medicato ma non ricoverato. Il partigiano Lotti [Mario Aldo Levis Lotti, commissario del distaccamento S.A.P. di Vallecrosia], probabilmente allertato da “Rosina”, o non so come, avvisò il nostro C.L.N. di Bordighera che “un agente americano” era stato ferito e si trovava alla clinica Moro. Insieme a Renzo [Gianni] Biancheri “U Longu”, prelevammo “Leo” dalla Clinica Moro e lo portammo all’ospedale di Bordighera. Riuscimmo a ricoverarlo con un tragico stratagemma. Per i ricoveri con ferita i medici dovevano dichiarare se la ferita era stata causata da scheggia di bomba o da colpo d’arma da fuoco. All’ospedale “Leo” venne curato da due medici che conoscevo bene, il dr. Giribaldi e il dr. Gabetti, e assistito dalla caposala, infermiera Eva Pasini. Il dr. Gabetti mi disse che difficilmente “Leo” sarebbe sopravvissuto e che quindi conveniva ricoverarlo come “ferito da colpo d’arma da fuoco” e non rischiare la vita quando la polizia fascista avesse preso conoscenza del referto. Così fu fatto: “Leo” fu ricoverato e gli vennero prestate le prime cure. […]  RenzoStienca Rossi in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

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Bordighera (IM): in alto a sinistra, seminascosta, la casa di Renzo Biancheri

La missione andò a rotoli con il ferimento di “Leo”, che venne nascosto nella cantina di casa mia [a Bordighera].
I tedeschi rastrellarono tutta la zona cercando “Leo”; “visitarono” anche la mia casa: sulla porta rimasero le impronte dei chiodi degli scarponi di quando sfondarono l’ingresso a calci.
Ma non cercarono in cantina, si limitarono ad arraffare del cibo dalla cucina. Con Renzo Rossi nascondemmo tutti i documenti del S.I.M. e del C.N.L. [di Bordighera (IM)] nel mio giardino, preparandoci al trasferimento di “Leo” in Francia.

Renzo “Gianni” Biancheri , in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Renzo Rossi (Renzo, Stienca, Zero)dopo aver riorganizzato il CLN di Bordighera e dopo un periodo di permanenza in montagna lavorerà per il CLN circondariale adoperandosi tra l’altro in viaggi via mare… per stabilire rapporti tra le forze resistenziali italiane e ufficiali americani, inglesi, francesi… Renzo Biancheri (Gianni), di Bordighera, che aiutò Renzo Rossi nella sua attività… Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) – Vol. I: La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976

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Renzo Biancheri e Renzo Rossi in Bordighera (IM) a febbraio 1944 – Fonte: G. Fiorucci, Op. cit.

14 febbraio 1945 – Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione “Silvio Bonfante” – Comunicava che erano imminenti alcuni sbarchi di materiali da parte degli alleati sulle coste controllate dalla II^ Divisione “Felice Cascione” e precisava i criteri di distribuzione dei medesimi.
26 febbraio 1945 – Dal C.L.N. di Bordighera, prot. n° 2, al comandante Curto [Nino Siccardi comandante della I^ Zona Operativa Liguria] ed al SIM del CLN di Sanremo – Oggetto: Relazione del soggiorno in Francia del Garibaldino Leo ex comandante del 4° distaccamento di Pigna della V Brigata. Codesto Comitato, come già avete avuto informazioni, ora venuto a contatto con il Garibaldino Leo, agente del Secret Service, che, inviato dal Comando Americano nel settore di Vallecrosia per dare informazioni sulla 28a linea, in seguito a delazione del proprio radio-telegrafista, fu ferito da due agenti U.P.I. nella villa in cui dimorava. Il suo collega riusciva a dileguarsi mentre egli, inseguito da bersaglieri, agenti U.P.I. e della Brigata nera, riusciva a penetrare nella clinica di Vallecrosia, da dove fu in seguito trasportato all’ospedale di Bordighera. Quivi fu interrogato da due agenti della PS, in seguito ad errore commesso dal Direttore Essendo stato considerato in fin di vita e non identificato non furono messi piantoni; in tal modo è stato trasportato in località segreta in attesa di essere trasportato in Francia. Ti trascriviamo le testuali parole che Leo ci ha pregato di farti pervenire.
“Era mia intenzione di recarmi presso di te per poterti dire qualche cosa che interessava sia te personalmente, sia il complesso di tutta la Divisione. Io sono partito per la Francia il 10 dicembre; giunto colà presi contatto con il Comando Americano di Nizza con il quale già ero in relazione da circa due mesi; presi pure contatto con il capitano inglese Bentley, il quale volle sapere da me vita e miracoli di tutti i capi: io dissi il più poco possibile e per quello che riguardava il colore politico andai coi piedi di piombo In quei giorni prese contatto con il Comando Inglese il dott. Kanheman […] I francesi parlano sovente di occupare fino a S.Remo, e siccome hanno sul fronte qualche battaglione potrebbero anche farlo; ad evitare ciò basterebbe l’occupazione fatta mezz’ora prima dai garibaldini. Noi avevamo a che fare con gli americani che comandano questo fronte. Per conto mio, sono molto migliori degli inglesi, con noi poi vanno molto d’accordo. Giorni fa è arrivato in Francia il fratello di Kanheman (il fratello maggiore è andato a Roma) […] Ti prego di dire a Vittò che mi tenga sempre presente come suo garibaldino perché tutto il lavoro che faccio, l’ho fatto e lo continuerà a fare come Garibaldino della 2a Divisione Garibaldi. Io tornerò in Francia fra una decina di giorni anche perché la mia ferita me lo impone (non sono riusciti a prendermi, però mi hanno ferito stomaco) e se sia tu o Simon [Carlo farini, ispettore della I^ Zona Operativa Liguria] o qualche altro vuol darmi qualche incarico sarò ben lieto di rendermi utile. Ti saluto caramente   tuo Leo”
Siamo ora venuti a conoscenza che n. 3 camion carichi di truppa Germanica delle S.S. si sono recati verso Pigna
Fraterni Saluti
Responsabile
Fto. GIANNI [Renzo Rossi]
23 marzo 1945 – Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata, prot. n° 355, al comando della I^ Zona Operativa Liguria, al comando della II^ Divisione “Felice Cascione” ed a “R.C.B. [capitano Robert Bentley] – Segnalava che, in base a notizie fornite da un informatore, risultava che a Sanremo era in funzione una radio trasmittente e ricevente con la quale i tedeschi, spacciandosi per partigiani, stavano comunicando con gli alleati, una radio di recente spostata, ma sempre dentro Sanremo.
1 aprile 1945 – Dal C.L.N. di Sanremo, a firma di Albatros [Mario Mascia], prot. n° 517/CL, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria, a R.C.B. [capitano Robert Bentley del SOE britannico, incaricato della missione alleata presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] ed al SIM della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione – Veniva comunicato che i nemici avevano scoperto a Bordighera [in effetti Vallecrosia e Camporosso Mare] il luogo in cui sbarcava Renzo [Renzo Stienca Rossi], ormai strettamente sorvegliato dalle SS tedesche. “… Vi comunichiamo urgentemente che i nazifascisti hanno scoperto il luogo di sbarco di Renzo a Bordighera. Le S.S. germaniche sono state appostate sul luogo stesso ed i bersaglieri sono sotto strettissima sorveglianza. Uno sbarco, quindi, al momento attuale sarebbe pericolosissimo, anzi fatale. È essenziale che radiotelegrafiate immediatamente in Francia perché la partenza di Renzo sia rimandata in attesa di nostre disposizioni in merito a meno che non si possa lanciarlo per paracadute. Vogliate provvedere senza indugio perché ne va della vita dei nostri uomini e della nostra organizzazione…
2 aprile 1945Dalla V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione  “Felice Cascione”, Sez. SIM (Servizio Informazioni Militari), prot. n° 370, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della II^ DivisioneVenivano comunicate notizie riferite da un non meglio specificato interprete di Bordighera: “Truppe tedesche e fasciste in allarme di 2° grado... Dalla punta di Sant’Ampelio di Bordighera a Ventimiglia vi era un bunker ogni 800 metri, ognuno dei quali  presidiato da 11 fascisti, di cui un sergente, ed un tedesco…”.    

13 aprile 1945Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria a Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione“] Si sollecitava maggiore attenzione nell’individuare per tempo e nell’avvertire di movimenti del nemico rispetto alla tematica sbarchi, in quanto il motoscafo di Renzo [Renzo Stienca Rossi], ricevuta una segnalazione sospetta dalla costa, era appena tornato indietro. 13 aprile 1945Dal Quartiere Generale Alleato della I^ Zona Liguria [capitano Bentley, ufficiale inglese del SOE, agente di collegamento degli Alleati con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] al comandante Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] – Si segnalava di avvisare il comando della II^ Divisione di mettere a disposizione di R.C.B. [capitano Bentley] i 23 Sten ed i 2 Breda sbarcati a Bordighera [quasi di sicuro, invece, a Vallecrosia, forse in zona Rattaconigli, cioé sul confine tra le due cittadine], insieme ai 2 istruttori di sabotaggio, il 4 aprile u.s. e di aggiungere i 15 Sten con relative munizioni, portati da Bartali. Si fornivano altre indicazioni e si aggiungeva che in allegato vi era una lettera da consegnare in Francia tramite la squadra di Bordighera [Gruppo Sbarchi Vallecrosia, in effetti]. da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. – Tomo II

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Ventimiglia (IM): al di là del fiume Roia Marina San Giuseppe, da dove iniziò le proprie azioni il Gruppo Corsaro

Si sottolinea che l’altro Gruppo, con base a Ventimiglia, era denominato Missione Corsaro, sotto la direzione di Giulio Caronte o, per l’appunto, Corsaro, Pedretti. In proposito appare opportuno aggiungere ancora che il giovane (classe 1924) partigiano, nonché studente di veterinaria di Ventimiglia (IM), Pietro Pierino Loi, guidò per l’ultimo tratto avventuroso via terra, prima dell’imbarco clandestino (notte tra il 10 e l’11 ottobre 1944), di una componente della Missione Alleata Flap;  e che, una volta sbarcato anch’egli a Carnoles di Mentone, rimase a lungo in zona, salvi rientri saltuari in Italia attraverso alture di confine, in qualità di addetto a trasmissioni radio, contribuendo in questo modo alla forte presa di contatto tra il comando statunitense dell’O.S.S., con base a Nizza, ed il gruppo di patrioti, destinati a dare vita alla Missione Corsaro. Adriano Maini

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Al centro della fotografia Stefano Leo Carabalona nella baia di Villefranche-sur-Mer

Stefano Leo Carabalona, attivo subito dopo l’8 settembre 1943, era già stato comandante di distaccamento partigiano e protagonista di eroici episodi, come nello scontro di Rocchetta Nervina (IM), tra l’altro suo paese natale, e nell’occupazione, prima, e nella valorosa, ancorché vana difesa della Repubblica Partigiana di Pigna (IM); fu inoltre ideatore del ritorno da Ventimiglia (IM) via mare, con l’intervento finale di Giulio Corsaro/Caronte Pedretti e di Pasquale Pirata/Pascalin Corradi, di una parte della sopra ricordata missione alleata FLAP, mentre l’altra componente venne fatta esfiltrare attraverso i monti. Adriano Maini

Nella Val Nervia alcuni ufficiali cercarono rifugio e sicurezza a Rocchetta Nervina (IM), dove il tenente Stefano Carabalona [“Leo“], residente in loco, cercava di organizzare gli sbandati e di procurare il maggior numero di armi possibili. Purtroppo i soldati buttavano i loro fucili nei luoghi i più disparati e fu un lavoro faticoso cercare di recuperarli… don Ermando Micheletto (1), La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di Domino nero Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975

Don Micheletto per tutta la guerra si adoperò per i partigiani, generalmente in contatto con i gruppi di Vitò, che accompagnò spesso nei loro spostamenti. Esplicherà la sua attività specialmente nell’assistenza e per captare messaggi radio. Giovanni Strato, Op. cit.