12 sten in dotazione alla SAP di Vallecrosia

Una Vallecrosia (IM) d’anteguerra – Fonte: Fiorucci, Op. cit.

urgente necessità di cautelarsi con le forze alleate della vicina Francia per una maggior collaborazione e soprattutto coordinamentoIl Gruppo Sbarchi era stato creato dal nostro CLN, che mi incaricò ufficialmente, con tanto di credenziali dell’Alto Comando, di rappresentare la Resistenza Italiana presso il comando alleato e di coordinare le loro azioni alle nostre esigenze… Renzo Stienca Rossi in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia  <Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)>, 2007

Venne fissata la segnalazione da Radio Londra per la coordinazione dell’attacco: “la neve cade sui monti”, stabilito il luogo, Baiardo, il giorno 17 marzo [1945], e l’ora, le 7 del mattino.  […] I nostri erano discretamente armati, grazie specialmente ai rifornimenti giunti nelle ultime settimane in montagna via mare Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975

Trasbordammo sul motoscafo e sul canotto gli uomini e il materiale delle missioni “Bartali [Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della Divisione “Silvio Bonfante” presso gli Alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione] 

e “Serpente”, composte da agenti addestrati al sabotaggio. Nelle operazioni di trasbordo alcuni caddero in mare e recuperarli nel buio non fu cosa facile, dovendosi osservare il silenzio assoluto. Attendemmo i segnali convenuti da riva. Anche quella volta nessun segnale. Gli ordini erano di annullare tutto, ma Girò [Pietro Gerolamo Marcenaro] accompagnò ugualmente a terra tutta la missione, mentre io tornai a bordo della vedetta, e nel buio pesto riuscì ad individuare il tratto di spiaggia dinanzi a casa sua. Le difese di quel tratto di costa erano così composte: un bunker alla foce del torrente Borghetto, uno nei pressi della foce del Verbone, un altro quasi alla foce del Nervia. Renzo Gianni Biancheri, in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

12 marzo 1945 – Dal CLN di Sanremo, prot. n° 424, al “capitano Roberta” [Robert Bentley, capitano del SOE britannico, ufficiale di collegamento alleato con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] – Comunicava che…  quel giorno stesso il CLN di Bordighera aveva avvertito che “Leo” [Stefano Carabalona] e “Rosina” [Luciano Mannini], accompagnati da altri due partigiani [Renzo Biancheri e Renzo Rossi], erano, nella notte tra il 5 ed il 6 marzo [una notte prima, dunque, rispetto alla data indicata da altre fonti] partiti per la Francia; che “Leo” era sempre ferito; che il suo passaggio in Francia era stato affrettato…

14 marzo 1945 – Dal CLN di Sanremo, prot. n° 436, a “R.C.B.” [Robert Bentley] – Comunicava che … i garibaldini partiti tra il 5 ed il 6 marzo per la Francia non erano ancora rientrati.

4 aprile 1945 – Dal Quartiere Generale rappresentante dell’Alto Comando Alleato al commissario Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione“] – Veniva conferito incarico al commissario in indirizzo di avvisare i responsabili della ricezione degli sbarchi di iniziare le segnalazioni alle ore 23.15 del giorno 4 stesso per i 5 giorni successivi, mentre dal giorno 10 al giorno 12  dovevano iniziare alle ore 24.  L’intervallo tra una segnalazione e l’altra doveva essere di 5 minuti.  Si richiedevano chiarimenti sulla lettera del 29 marzo con la quale era stato comunicato che i tedeschi erano a conoscenza del punto di sbarco.

7 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria a Orsini – Venivano chiesti, dietro protesta del capitano Robert Bentley, chiarimenti circa la distribuzione di armi arrivate in tre differenti sbarchi, circostanze sulle quali non erano state fatte le dovute relazioni.

11 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione  – Comunicava che quella notte sarebbe sbarcato al “solito posto” di Bartali [Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della VI^ Divisione “Silvio Bonfante” presso gli Alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione], che “Capitano Roberta” [capitano Bentley] chiedeva di essere accompagnato a raggiungere il comando della VI^ Divisione e che eventuale altro materiale ricevuto via mare doveva essere tenuto a disposzione del comando zona, che ne avrebbe curato in seguito la distribuzione.

13 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria a Orsini – Si sollecitava maggiore attenzione nell’individuare per tempo e nell’avvertire di movimenti del nemico rispetto alla tematica sbarchi, in quanto il motoscafo di Renzo [Renzo Stienca Rossi], ricevuta una segnalazione sospetta dalla costa, era appena tornato indietro.

13 aprile 1945 – Dal Quartiere Generale Alleato della I^ Zona Liguria [capitano Bentley] al comandante Curto [comandante della I^ Zona Operativa Liguria] – Si segnalava di avvisare il comando della II^ Divisione di mettere a disposizione di R.C.B. [capitano Bentley] i 23 Sten ed i 2 Breda sbarcati a Bordighera [quasi di sicuro, invece, a Vallecrosia, forse in zona Rattaconigli, cioé sul confine tra le due cittadine], insieme ai 2 istruttori di sabotaggio, il 4 aprile u.s. e di aggiungere i 15 Sten con relative munizioni, portati da Bartali. Si fornivano altre indicazioni e si aggiungeva che in allegato vi era una lettera da consegnare in Francia tramite la squadra di Bordighera [Gruppo Sbarchi Vallecrosia, in effetti]

14 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione – Veniva comunicato che Bartali, sbarcato il giorno 11, stava proseguendo verso la zona della VI^ Divisione “Silvio Bonfante” per incontrare R.C.B. [capitano Bentley] e che il 20 avrebbe avuto luogo una riunione tra le formazioni garibaldine, R.C.B. e i CLN interessati.

17 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione – Venivano annunciati l’arrivo di Bartali con una radio trasmittente e di 2 istruttori di sabotaggio, dei quali 1 <l’agente Raina> doveva essere indirizzato verso la VI^ Divisione.

18 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione – Veniva criticato il fatto che non era ancora pervenuto l’elenco del materiale arrivato con gli sbarchi.

19 aprile 1945 – Dal dottor “Turi Salibra* al commissario “Orsini” [Agostino Bramè] della V^ Brigata – Riferiva che i partigiani di Vallecrosia comunicavano che il capitano “Lemme” [forse, invece, il  maggiore Lamb] aveva autorizzato “Renzo” [Renzo Rossi] a trattenere 12 sten per armare le SAP di Vallecrosia [Gruppo Sbarchi Vallecrosia]che rischiano notte per notte la vita durante l’imbarco e lo sbarco dei nostri organizzati” e che al CLN di Sanremo erano stati consegnati tramite “Piero” 14 sten, 2 Breda oltre che varie munizioni e 2 pacchi di bombe a mano [arrivati con i predetti sbarchi].

22 aprile 1945  – Dal comando della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” al Comando della I^ Zona Operativa Liguria – Comunicazione attinente l’attività della SAP di Vallecrosia (IM) , nella quale si sosteneva che, riguardo ai 12 sten in dotazione alla S.A.P. di Vallecrosia (IM), risultava accertata l’autorizzazione del capitano “Lemme“, “responsabile inglese a Nizza degli imbarchi” [clandestini per e dall’Italia], di trattenere le armi per la sicurezza della cittadina; che anche una lettera di “Salibra* confermava la decisione; che seguiva l’elenco del materiale ricevuto in tre sbarchi; che l’ultimo sbarco non era potuto avvenire per l’incidente accaduto all’imbarcazione; che risultavano pervenuti in totale 35 sten, 1 bren, 2 mitragliatrici Breda ed una cassetta di munizioni [ come ricorda la staffetta partigiana Sergio Sergio Marcenaro una cassetta di munizioni pesava in media 50 Kg.  ] per sten .**

da documenti Isrecim in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo II – Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia – Anno Accademico 1998 – 1999

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* [Salvatore Marchesi, attivo anche con i nomi di battaglia “Turi” e “Salvamar”, chimico,  ispettore circondariale del CLN di Sanremo per la zona BordigheraVentimiglia, fratello del prof. Concetto Marchesi, quest’ultimo, come noto, un insigne latinista, a sua volta impegnato nella Resistenza a livello nazionale < un esempio: 7 aprile 1945 – Dal CLN di Sanremo a Turi Salibra ed al CLN di Bordighera – L’ufficiale addetto al Comando, Piero, sarebbe stato con il CLN di Bordighera al momento dello sbarco per la ripartizione delle armi provenienti dalla Francia. In base agli accordi le armi sarebbero state assegnate per un 25% alle SAP di Ventimiglia, Vallecrosia e Bordighera e per il restante alle SAP di Ospedaletti, Sanremo, Taggia e Riva-Santo Stefano [allora comune unico]… Rocco Fava, Op. cit. >]

**[Composizione, secondo quanto riportato in Mario Mascia, “L’epopea dell’esercito scalzo“, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975, del [IX°] Distaccamento S.A.P. di Vallecrosia (IM): Achille Andrea Lamberti, comandante, Aldo Levis Lotti, commissario, Nino Toro Alampi, Ezio Amalberti, Renzo Biancheri, Antonio Tom Demonte, Renato Plancia Dorgia, Saverio Ficara, Eraldo Mura Fullone, Francesco Garini, Mario Grossi, Secondino Maccario, Biagio Maiolino, Agostino Marcenaro, Domenico Marenco, Maria Martini, Gino Moro, Giobatta Ravera, Pietro Raimondo, Enrico Rondelli, Renzo Stienca Rossi, Ennio Sasso, Giacomo Sasso, Giuseppe Spagarino. Si trattava di un Distaccamento dipendente dalla V^ Brigata S.A.P. “Giacomo Matteotti” [comandante Fortunato Carretta, vice comandante Eugenio Carugati, commissario Vincenzo Riveta], con sede a Sanremo (IM), della Divisione S.A.P. “Giacinto Menotti Serrati”].

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Aldo Lotti, Achille Lamberti, Pietro Gerolamo Marcenaro e Renzo Biancheri in Bordighera (IM), 30 aprile 1945 – Fonte: G. Fiorucci, Op. cit.
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Alberto Nino Guglielmi

[    Per le azioni del Gruppo Sbarchi Vallecrosia (si veda a questo link) che si intrecciarono con quelle della richiamata S.A.P. erano attivi, tra gli altri, Pietro Gerolamo Girò Marcenaro, suo fratello Sergio Marcenaro, quattordicenne staffetta, Luciano Mannini (Rosina), Alberto Nino Guglielmi, i fratelli Bartolomeo (Lilò – Volpe) ed Ettore (Lilò – Lupo) Biancheri, Enzo Giribaldi, FrancescoBussi, Renato Plancia Dorgia, Angelo Athos Mariani, Eraldo Mura Fullone. Azioni che si coordinarono al meglio, come ben sottolineato in una sua testimonianza da Paolo Pollastro Loi, con i componenti della Missione Corsaro. Due squadre dirette da Stefano Leo Carabalona [già comandante di un  Distaccamento della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni”: in tale veste si era particolarmente distinto nelle battaglie di Rocchetta Nervina (IM) e di Pigna (IM); comandante poi, per l’appunto, della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato] sino all’agguato nemico in cui rimase gravemente ferito in Vallecrosia, l’8 febbraio 1945: gli subentrò Renzo Stienca Rossi.  Molti dei patrioti presenti nei due raggruppamenti erano già stati combattenti in montagna    ]

My God! Potevamo esplodere tutti!

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[   A metà dicembre del 1944 vennero ufficializzati con la Missione Kanheman i rapporti tra i partigiani del ponente ligure e gli alleati, ormai attestati sul vecchio confine italo francese. La responsabilità delle conseguenti operazioni, quale incaricato del comando della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato, fu di Stefano Leo Carabalona, che il 10 dicembre 1944 aveva preceduto in Francia la mentovata Missione. Dei due gruppi italiani che operavano clandestinamente via mare, l’estensore delle seguente testimonianza (vedere infra), Bregliano, faceva parte di quello di Vallecrosia (IM). Gruppo Sbarchi Vallecrosia, per l’appunto, emanazione della S.A.P. appena costituita di quella cittadina, un’organizzazione il cui nerbo era dato da partigiani già sperimentati in montagna, come Pietro Gerolamo Gireu/Girò/Giraud Marcenaro, una struttura che teneva contatti giornalieri con il C.L.N. circondariale di Sanremo (IM) e con il comando della II^ Divisione d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione” ]
Rosina (Luciano Mannini) racconta: “Il servizio di informazioni militari, esplicato dalla missione «Leo» in Italia con i comandi alleati, ebbe inizio alla fine del settembre 1944, con l’arrivo nella zona della V^ Brigata [d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] di ufficiali americani ed inglesi giunti attraverso i passi montani dal Piemonte, ove erano stati paracadutati. Il capitano Leo [Stefano Carabalona], attestato allora a Pigna, comandante del distaccamento che li ospitava e che provvide in seguito a farli condurre – parte attraverso i valichi alpini e parte via mare – in Francia, stabilì col capo della missione alleata [Missione Flap] i primi accordi che dovevano condurre alla formazione di un gruppo specializzato che collegasse, per mezzo di una rete segreta, la nostra zona a quella occupata dagli alleati e fungesse da centro di raccoglimento e di smistamento di notizie militari e politiche interessanti la lotta”. La missione Leo alla quale appartenevano Rosina, Lolli [Giuseppe Longo], Giulio [Corsaro/Caronte] Pedretti, ed alcuni altri giovani che si erano temprati nelle lotte di montagna, si portò a Nizza nel [il 10] dicembre 1944, dopo due mesi di utile lavoro preparatorio, per mezzo della leggendaria imbarcazione guidata dall’infaticabile «Caronte» Giulio Pedretti e da Pascalin [Pasquale Pirata Corradi, di Ventimiglia (IM), come Pedretti]. A Nizza, Leo si incontra con i responsabili dei servizi speciali alleati e prepara il piano definitivo di lavoro, che comportava, fra l’altro, l’uso di apparecchi radio trasmittenti, per i quali la missione aveva già predisposto gli operatori. Nel gennaio 1945 la missione rientra in Italia, dove il terreno era già stato preparato in anticipo. Si organizza e comincia a funzionare in pieno… in Mario Mascia, L’Epopea dell’Esercito Scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

In parallelo agli aviolanci alleati, ma con con maggiore assiduità, avevano luogo sbarchi di materiale bellico nella zona di Vallecrosia-Bordighera. I volontari che si occuparono di tali trasporti appartenevano al gruppo di “Leo“, che fungeva da tramite tra i garibaldini e la missione alleata in Francia. Giulio Pedretti fu il partigiano che più di ogni altro si impegnò in tali operazioni, al punto che alla fine della guerra aveva effettuato 27 traversate per recapitare armi e uomini attraverso il tratto di mare prospicente la zona di confine italo-francese.     Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo I – Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia – Anno Accademico 1998 – 1999

Nell’autunno del 1943 ricevetti la cartolina di arruolamento nell’esercito della RSI fascista. Proprio non mi andava di fare una guerra che si rivelava sempre più sbagliata.
Mi nascosi – io di Vallecrosia
[(IM)] in una casa di amici di famiglia a Rocchetta Nervina [(IM), in Val Nervia], dove incontrai il figlio del maestro Garibaldi, ufficiale dell’esercito con il quale andai a Carmo Langan ad arruolarmi nei partigiani.
Partecipai alla occupazione di Perinaldo
[(IM)] dove sequestrai un… toro! La fame nel paese era tanta e di cavoli e rape ne avevo fin sopra ai capelli. Un fascista di Perinaldo possedeva un toro: glielo requisii. Fu macellato e diviso con la popolazione. Finalmente un po’ di carne per tutti!

La fame è il ricordo indelebile di quel periodo.
Un giorno stavamo cuocendo qualcosa, quando si sentì urlare: “Allarme! Allarme! I tedeschi!”.
Tutti scapparono e Girò
[Pietro Girolamo Marcenaro] ordinò di salvare le armi; io salvai la pignatta che cuoceva sul fuoco!

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Un giorno mi fu ordinato di sorvegliare la strada per Pigna perché dovevano scendere dei partigiani, forse perché accompagnavano ufficiali alleati [primi di ottobre 1944]. Mi lasciarono sul ponte del Nervia al bivio per Rocchetta [Nervina (IM)] con due pecore e due  capre per fingermi pastore al pascolo. Tutto andò bene, solo che alla sera le bestie non volevano saperne di ritornare al paese.  Anche altre volte usai lo stesso stratagemma del pastore per visionare luoghi e sentieri e tracciare così percorsi alternativi per eludere i tanti posti di controllo fascisti.

Dopo quella avventura, Girò mi disse che occorreva mandare dei partigiani dagli alleati nella Francia liberata per stabilire rapporti e trasportare armi per i garibaldini. Come? Di notte, con un gozzo, remando da Vallecrosia a Monaco.

I Lilò [i Fratelli Biancheri di Bordighera (IM), Bertù Bartolomeo ed Ettore, martiri della Resistenza] avevano “agganciato” i bersaglieri [in prossimi articoli saranno pubblicati ulteriori riferimenti all’azione patriottica clandestina di questi bersaglieri] che erano passati dalla nostra parte. Fregammo una barca dal deposito sottostrada vicino alla Casa Valdese [di Vallecrosia (IM)] e la portammo al mare. Con molta circospezione e furtivamente mettemmo in acqua la barca che … affondò.
In attesa di poter fare qualcosa, la ancorammo sul fondo riempiendola di pietre per non farla portar via dalla corrente.

Intanto stava albeggiando e non potevo ritornare né in montagna né a casa, perché era in corso un vasto rastrellamento dei fascisti. Con Renzo [Gianni] Biancheri “u Longu” ci nascondemmo nel macello a fianco della … caserma [invero, un semplice presidio] dei bersaglieri.

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Una vecchia fotografia, tratta da Fiorucci, Op. cit. infra, attinente a sinistra il presidio dei bersaglieri con al centro il vecchio macello, di Vallecrosia (IM)

Passammo due giorni appollaiati e nascosti sulle travi del tetto tra le catene, le carrucole e i ganci.

Poi finalmente Girò e gli amici prepararono la barca e partimmo. Era dicembre [1944] e tra i compagni di viaggio ricordo sicuramente Luciano “Rosina” Mannini.

Remammo a turno e sbarcammo a Monaco Principato bagnati fradici, perché durante il viaggio aveva cominciato a piovere. Tre o quattro volte alla settimana ci conducevano oltre Nizza, a Gattières, per addestrarci all’uso degli esplosivi al plastico e alla esecuzione di sabotaggi. In mezzo agli ulivi avevano anche costruito un breve tratto di ferrovia per insegnarci a far saltare i binari.
Alla fine del corso ci avvisarono che alla prossima lezione avremmo dovuto presentare una sintesi, un rapporto di quello che avevamo imparato.
Avevo imparato,  ma scrivere non è mai stato il mio forte. Con un panetto di plastico modellai un bel  portacenere che colorai di bianco con della farina. La mattina dell’esame lo posi sul tavolo in bella mostra con cenere e 4 o 5 mozziconi di sigarette.
Fumando una sigaretta dietro l’altra Lamb
[ufficiale alleato] cominciò a esaminare i lavori dei miei compagni, poi mi chiese dove era il mio lavoro. “L’ho già consegnato!”. Il maggiore [Lamb] sfogliò i fogli alla ricerca del mio scritto. Si inalberò e mi chiese duramente dove era. Indicando il portacenere ormai colmo delle sue  cicche, risposi che ce lo aveva proprio davanti.
“Ma questo è un portacenere!”
“Si! Però è fatto con esplosivo al plastico!”
Il self-control tipico degli inglesi non lo soccorse. Scattò dalla sedia balzando all’indietro:
“My God! Potevamo esplodere tutti!”
“In questo caso, signor maggiore, sarebbe stata colpa sua, perché lei ci ha insegnato che il plastico esplode solo se innescato con un detonatore e non per contatto con la semplice fiamma.”

Promosso a pieni voti!

bregliano.f3Vicino a Le Petit Rocher c’era un’altra villa disabitata, Villa Iberia. Dalle finestre vedevamo il salone spoglio di ogni mobilio con solo un grande pianoforte a coda al centro.
Quasi tutti i giorni veniva un signore: secondo me era il Principe Ranieri di Monaco e se non era lui era il suo sosia! Suonava per ore il pianoforte.
Il giardino era pieno di alberi di mandarino colmi di frutti. Un giorno gli chiesi se potevo prenderne un po’. Faceva finta di non capire. Glielo ripetei in dialetto: “Te cunvegne dameli, senunca ti i fregu! (“Ti conviene darmeli, se no te li frego!”)”. Capì e acconsentì.
Chiamai Girò e gli proposi di raccogliere qualche borsa di mandarini e andare a venderli al mercato di Nizza con la jeep che lui aveva a disposizione. Subito rifiutò in nome degli ideali, poi si convinse.

Guadagnammo dei bei soldi, che spendemmo nei bistrot di Villafranca [Villefranche-sur-Mer, Alpes-Maritimes ].

Gli ufficiali inglesi erano divertiti della cosa, però non riuscivano a capire come gli alberi fossero spogli dei mandarini e le mine disseminate nella piantagione non fossero esplose.
Insieme agli altri miei compagni disinnescavamo le mine, lasciando i contenitori senza l’esplosivo, con il quale confezionavamo qualche piccola bomba che usavamo per… pescare.

bregliano.f2Feci parecchi viaggi avanti ed indietro portando armi, radio, medicinali e altro materiale bellico.
Il motoscafo sul quale erano imbarcati due soldati inglesi si fermava a qualche centinaio di metri dalla riva, trasbordavamo il carico su canotti o piccole bettoline di legno (queste ultime erano collegate al motoscafo con una lunga fune), raggiungevamo pagaiando la riva e scaricavamo sulla costa di Vallecrosia. Dopodiché dalla barca recuperavano le bettoline con la fune.

Imbarcammo anche soldati alleati scappati dai campi di prigionia che ci venivano affidati dai partigiani piemontesi. Ricordo un francese di colore che patì il mare in maniera incredibile. Pensai: “questo qui non l’ha ammazzato la guerra e muore dal mal di mare”.

Una volta che c’era da trasportare un carico di un cospicuo numero di casse, ci imbarcammo su un motoscafo più grosso, quasi un panfilo. Era più rumoroso dei soliti usati prima di allora; gli vennero adattati ai tubi di scarico due silenziatori grandi come angurie rendendolo abbastanza silenzioso. Era però più lento e non sarebbe riuscito a sfuggire se fosse stato intercettato dalla flottiglia che pattugliava la costa italiana, come invece riuscivano a fare gli altri motoscafi che solitamente erano pilotati da Giulio “Corsaro/Caronte” Pedretti.
Per fronteggiare l’eventualità di una intercettazione, fu sistemata a poppa una mitragliera pesante piazzata sul piedestallo sostenuto da due gambe di forza fissate al battello. Evidentemente il lavoro non fu collaudato, perché, appena preso il largo con i motori adeguatamente silenziati, la mitragliera cominciò a vibrare e sbattere sulla coperta del battello.
Blan-Blen!Blen-Blan! I motori erano silenziosi, ma noi sembravamo un campanile che suonava le campane a festa accompagnato da un’orchestra di tamburi!
C’era una sola cosa da fare; esaminai la mitragliera (l’addestramento a Gattières era servito a qualcosa!) e poi con fare concitato segnalai a Girò e ai due inglesi un punto della costa indicandolo con un dito.
“Laggiù! Guarda!”
Mentre loro scrutavano attentamente nel buio staccai la mitragliera dal piedistallo e la cacciai in mare.
Il concerto cessò. Uno dei soldati inglesi si arrabbiò non poco, minacciandomi di tutto.
Girò cercò di calmarlo. Di ritorno dalla missione, i soldati inglesi fecero rapporto e fui anche processato a Nizza davanti a una specie di corte marziale, composta da ufficiali inglesi e americani.
Quando descrissi loro l’accaduto scoppiarono quasi a ridere e mi assolsero.

Arrivammo salvi alla costa di Vallecrosia, dove sbarcammo tutte le casse che nelle notti successive, un po’ alla volta, portammo a Negi. Anche a me toccò il compito di fare la staffetta con Negi a portare e prendere, avanti e indietro.
Una delle ultime volte che fregammo una barca dal deposito vicino al ponte di Vallecrosia me la vidi proprio brutta. Con Achille [“Andrea” Lamberti] ed altri, che adesso non ricordo, caricammo su un carretto la barca per portarla al solito posto nella villa di via S. Vincenzo. La spingemmo su per la salitella che si innesta sulla via Aurelia e svoltammo a destra. Dopo pochi metri, scorgemmo al di là del ponte tre soldati tedeschi, all’altezza del “carruggio” di via Maonaira. Chi era con me fece in tempo a dileguarsi. Io rimasi con le stanghe del carretto in mano. Non potevo scappare e lasciare il carretto perché sarebbe scivolato all’indietro e avremmo combinato un disastro. Con il cuore in gola proseguii. Avvicinandomi mi accorsi che i tedeschi stavano mangiando, meglio: si stavano abbuffando di salame e formaggio. Erano anche un po’ bevuti, un po’ tanto. Intuii che avevano rubato tutto quel ben di Dio dal vicino magazzino del salumiere Giraudo. Quando mi intimarono l’alt! chiedendomi spiegazioni per la barca, un po’ in dialetto, un po’ in italiano e tanto con le mani, con fare severo, li accusai di aver rubato salame e formaggio, mentre per i civili non c’era niente, neanche la legna per accendere una stufa, tanto è vero che per scaldarci dovevamo usare il legname della barca. I crucchi accusarono il colpo, come bambini sorpresi con le dita nella marmellata. “Kamarade! Kamarade!” e mi lasciarono proseguire.
Belin! Avevo messo paura ai tedeschi!

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Ampelio Elio Bregliano in Giuseppe Mac Fiorucci, GRUPPO SBARCHI VALLECROSIA <ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)>, 2007

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