Un colonna di soldati tedeschi si spiegava a ventaglio sul terreno impervio, salendo con precauzione verso Pigna

Pigna (IM)

“Fragola-Doria” (Armando Izzo) racconta:
Verso la fine d’agosto [1944], in concomitanza con l’avanzata degli eserciti alleati sbarcati in Provenza, la V Brigata Garibaldina, forte ormai di oltre 950 uomini, pronti a tutto osare pur di vibrare al nemico un colpo decisivo, iniziò un’azione convergente sulla fortezza di Pigna, tenuta da un centinaio di militi repubblicani e centro delle difese nazifasciste nella nostra zona di montagna.
La brigata era posta sotto il comando di Ivano (Vittò – Vittorio Guglielmo) magnifico conduttore di uomini che all’ammirevole potenza di concezione militare, accoppiava un ardore infaticabile nell’azione e, spesso, una temerità che dava i brividi. E Vittò sapeva di poter contare sui suoi uomini fino all’ultimo, chè i garibaldini, spronati dal suo mirabile esempio e dall’esempio degli altri capi, primi fra i primi in ogni azione rischiosa, anelavano ad una sola cosa: il combattimento.
Il piano d’attacco, genialmente concepito ed attuato, si svolse durante tutta l’ultima settimana del mese con un susseguirsi ininterrotto di azioni audaci compiute da piccoli nuclei di arditi, da squadre, da distaccamenti o da più distaccamenti insieme. Era una nobile, ardimentosa gara che infiammava gli animi dei nostri e non dava un attimo di tregua al nemico. Ed il nemico, impotente a resisterci, presentendo la sua disfatta, sfogava la sua ira bestiale ed impotente contro le inermi popolazioni: Rocchetta Nervina, Castelvittorio, Gerbonte, Triora, Molini di Triora, Badalucco, piccole pacifiche frazioni, casolari e baite furono così devastati o completamente distrutti. Ma i nostri non piegavano: si stringevano i denti e si andava avanti. In quei giorni eroici primeggiarono fra tutti i distaccamenti di Gino (Gino Napolitano), Leo (Stefano Carabalona) da Rocchetta Nervina e Moscone [n.d.r.: Basilio Mosconi, comandante di un Distaccamento, in seguito comandante del II° Battaglione “Marco Dino Rossi” della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni”].
Alla fine il nemico rinunciò a difendere le sue posizioni di Pigna: evacuò il paese e si ritirò su posizioni più arretrate (Isolabona – Dolceacqua), abbandonando nella sua fuga precipitosa armi e munizioni che furono recuperate dai nostri e che andarono ad arricchire l’esiguo armamento di cui la brigata era provvista.
Occupammo Pigna, vi stabilimmo il nostro comando, nominammo un’amministrazione provvisoria e si provvide a munire la difesa della zona sia per poter riprendere i nostri attacchi verso la costa ed in direzione del fronte francese che si andava spostando verso est, sia per far fronte ad eventuali contrattacchi nemici.
Infatti il I distaccamento prese posizione su Passo Muratone alla destra dello schieramento per impedire puntate provenienti da Saorge (Francia) – Margherìa dei Boschi; il V distaccamento, al comando di Leo, occupò la stessa Pigna, posta al centro dello schieramento, distaccando una squadra di venti uomini a Gola di Gouta a guardia della strada da Monte Olivastro-Altomaro; infine il IX distaccamento, insieme alla banda locale di Castelvittorio, si dispose a difesa sulla linea Monte Vetta – Monte Moro – Rio Bunda. Il cardine di tutto lo schieramento era quindi costituito da Pigna, tenuta da Leo che aveva il comando della Val Nervia.
Continuiamo le nostre puntate durante tutto il mese di settembre, ma la sperata avanzata alleata si era ormai esaurita ed il fronte al confine italo-francese sembrava essersi stabilizzato. Sintomi di un ritorno offensivo tedesco non mancavano e il nostro SIM riceveva continuamente segnalazioni di spostamenti nemici intesi a preparare un vasto movimento contro di noi. A fine settembre i presidi tedeschi di Isolabona e di Dolceacqua furono notevolmente rafforzati. Vittò, allo scopo di prevenire il nemico che sentivamo avrebbe presto scatenato un attacco in forze contro le nostre posizioni per tentare di ricacciarci verso l’alta montagna e di disperderci, studiò un piano di operazioni che avrebbe dovuto sorprendere il tedesco nella fase preparatoria e ne avrebbe minacciato tutto lo schieramento sul fronte francese. Venne dato ordine di rafforzare la zona. Doria venne inviato a Pigna con la squadra di mortai da 81 e da 45, comandata da Leo il mortaista, in modo che il centro della nostra linea formasse un baluardo formidabile e desse la possibilità alle ali di agire senza la preoccupazione di essere tagliati in due tronconi. Rinforzata così la difesa di Pigna iniziammo le nostre azioni offensive condotte contro la media e bassa Valle del Nervia e contro la Valle del Roia; che, con la grande rotabile che l’attraversa, rappresentava l’unica via di rifornimento per le truppe edesche attestate nel versante della valle stessa. Il 26 settembre Doria, appoggiato da Leo con una squadra di fucilieri ed il mortaio da 45, sviluppò una azione di disturbo su Isolabona. Il mortaio si condusse egregiamente; non meno di 25 bombe caddero sull’edificio occupato dal nemico, che però non osò uscire ed invano fu atteso dai nostri fino a sera. Il 27 Doria con 6 garibaldini ed un mitragliatore si portò sulla strada fra Isolabona e Dolceacqua avendo gli informatori segnalato un prossimo arrivo di rinforzi nemici. Il gruppo prese posizione fra gli alberi in località Cartiera. Due garibaldini col mitragliatore furono collocati in modo da poter battere d’infilata un rettilineo lungo circa 300 metri. Altri due uomini vennero posti in vedetta e lo stesso Doria con gli ultimi due, armati di mitra, scesero a pochi metri dalla strada, quasi a metà del rettilineo, in modo che chiunque avesse tentato di passare sarebbe stato bloccato di fronte dal mitragliatore e rafficato di fianco. Alle 18 le vedette segnalavano la presenza del nemico. Si sente, in distanza, il rombo delle macchine ansimanti sulla dura salita. Poi alla svolta in fondo al rettilineo appare un autocarro tedesco. Il mitraglìatore entra immediatamente in azione spazzando la strada, ma la macchina continua la sua marcia velocissima e passa davanti al gruppo imboscato presso la Cartiera. Doria punta alla cabina del conducente ed apre il fuoco col mitra: l’avversario, continuando a procedere, risponde con armi leggere: poi la macchina, accostando a monte, s’arresta bruscamente. Doria coi suoi due uomini si lancia all’attacco facendo uso delle bombe a mano. Gli scoppi assordanti degli ordigni di morte coprono il rombo di un secondo camion che sbuca sulla strada, la imbocca come un bolide e comincia a spazzarla con raffiche furiose. I nostri si arrestano, si stendono tra i rovi e continuano il fuoco in attesa che il mitragliatore, come d’accordo, blocchi col suo tiro l’automezzo nemico. Ma l’arma tace. Un terzo camion irrompe. Intorno ai nostri cade una pioggia di ferro e di fuoco, tagliando l’erba, stroncando i rami, forando i tronchi degli alberi: ogni ulteriore possibilità di continuare l’azione diventa impossibile: essi ripiegano, si ricongiungono alle vedette ed ai serventi della mitragliatrice, inceppatasi al culmine dell’azione, e per sentieri aspri ed impervi, senza che il nemico osi inseguirli, rientrano alla base.
Questo non è che uno dei tanti episodi della guerriglia feroce ed eroica che costituivano il nostro piano d’attacco, il quale e per la particolare conformazione del terreno montagnoso e per l’esiguità dei nostri mezzi, doveva venire condotto con un complesso di azioni isolate, improvvise ed ardite, apparentemente slegate, ma tutte dirette ad un unico scopo: non dar tregua al nemico, sorprenderlo ovunque, dargli la sensazione di aver di fronte forze numerose ed agguerrite, infliggergli continue perdite, bloccarlo nei suoi rifugi e, infine, avvilupparlo da tutte le parti, premerlo e ricacciarlo.
A Pigna, nel frattempo, era giunta una missione composta di numerosi ufficiali alleati accompagnati da un corrispondente di guerra canadese. La missione dopo aver studiata la nostra zona, avrebbe dovuto proseguire per la Francia passando attraverso le maglie delle linee tedesche fra Grammondo e Sospel. In vista della difficoltà dell’operazione il comando della brigata stimò opportuno sospendere momentaneamente le azioni allo scopo di non tenere la zona in continuo allarme ed evitare in tal modo una possibile sorpresa da parte tedesca sul gruppo degli ospiti.
La forzata inazione venne sfruttata per rafforzare le nostre linee ed il comandante Ivano affidò a Doria il compito di cooperare con Leo ad un nuovo piano di attacco nel quale avrebbe concorso la nostra artiglieria.
Già da tempo avevamo in nostre mani i quattro pezzi da 75/25 del forte dell’Abegliotto da noi occupato. Poiché dal forte stesso erano stati asportati i bossoli, i cannelli e le cariche, si dispose affinché il materiale mancante fosse prelevato dal forte di Monte Lega, pure in nostro possesso. Inoltre si iniziò il lavoro per il recupero di 2 cannoni da 75-27 piazzati a Monte Lega che avrebbero dovuto essere trasportati a Carmo Langan, sede del Comando di Brigata.
In verità già prima di allora la nostra brigata aveva usato con successo cannoni asportati dalle fortezze di confine. Fin dal giugno dal forte dei Balconi di Marta si erano ricuperati 4 pezzi da 75/25, due dei quali erano stati messi in postazione a Carmo Langan e 2 a Triora per battere le posizioni tedesche di Monte Ceppo. Un altro cannone era stato catturato al forte di Monte Lega dal Vice Comandante Fuoco [Marco Dino Rossi] verso la metà di agosto. Il nostro piano era quello di smantellare col fuoco dei nostri pezzi le batterie nemiche dislocate nei dintorni della stazione ferroviaria di Bevera (Bassa Valle del Roia) scaricandovi tutti i 400 proiettili a nostra disposizione, attaccare il nemico con un distaccamento scelto all’imbrunire e, approfittando del caos che ne sarebbe seguito, premerlo verso il mare e, eventualmente, attestarsi a Ventimiglia attendendo l’entrata in azione delle truppe alleate schierate sul confine. Si stavano ultimando i preparativi per l’attacco finale quando, nel pomeriggio del 4 ottobre, il nemico partendo dalla sua base di Isolabona, iniziò una forte puntata su Pigna con forze poderose: le nostre armi automatiche pesanti, spiegate a difesa della cittadina, entrarono immediatamente in azione. Il nemico continuò ad insistere nell’assalto mandando all’attacco uno scaglione dopo l’altro. Si pone in posizione il nostro mortaio da 81 e, alla fine, dopo alcune ore di lotta accanita i tedeschi ripiegarono trascinandosi dietro numerosi feriti. La battaglia tanto attesa si iniziava così sotto i migliori auspici.
Il 5 ottobre, verso il crepuscolo, il rombo delle artiglierie svegliava gli echi delle vallate. Il nemico, resosi conto dell’impossibilità di ricacciare i nostri in un attacco frontale, iniziava il bombardamento delle nostre posizioni. Il martellamento di Pigna durò, quasi ininterrotto, dalle 17 del 5 alle 13 del 6 ottobre: due batterie tedesche da 105/17, piazzate ad Isolabona, vomitarono, sulla zona da noi tenuta, oltre 500 proiettili, mentre un violento temporale imperversava battendo la campagna con una pioggia torrenziale e spazzandola con terribili raffiche di vento. All’imbrunire del cinque ottobre la nuvolaglia densa fu spazzata via e la luna sorse ad illuminare i nostri monti con la sua chiara e fredda luce. Un attacco improvviso non era improbabile. Vennero ispezionate le posizioni al centro dello schieramento: gli uomini erano tutti al loro posto di combattimento, stanchi, affamati, inzuppati di pioggia, ma decisi a lottare fino all’ultimo perchè il nemico non passasse.
Verso le le 2 del 6 ottobre il fuoco nemico cessò improvvisamente. Poi, all’alba, il bombardamento riprese più violento. Alle 13 le batterie tacquero nuovamente, i nostri sentivano giungere il momento dell’azione finale: le vedette ai loro posti scrutavano le strade, i boschi, le forre. Gli uomini inchiodati alle loro armi, calmi e decisi, attendevano.
Giungevano le staffette: il nemico avanzava in forze: una sua colonna, oltrepassato il ponte di Rio Bunda, si spiegava a ventaglio sul terreno impervio, salendo con precauzione verso Pigna.
Ben presto dai posti di osservazione le pattuglia nemiche di punta apparvero.
[…] Il tedesco, sorpreso dalla subitaneità della nostra controazione, risponde con un fuoco potente, ma disordinato e poco efficace. Il duello si fa serrato, poi il nemico sotto l’implacabile mitraglia ripiega in fretta gettando il mortaio nelle turbinose acque del torrente, gonfiato dalla pioggia, ed abbandonando sul terreno 8 casse di munizioni, che furono catturate.
La battaglia era per quel giorno cessata: ma noi sapevamo che la tregua sarebbe stata di breve durata.
Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, Ed. Alis, 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, pp. 185-189

Dopo l’arrivo di ulteriori forze nemiche dalla Francia, i garibaldini si sganciarono verso Carmo Langan [località di Castelvittorio (IM)] e Cima Marta.
Fino al 18 ottobre si protrasse il rastrellamento, che costrinse gli uomini della I^ e della V^ Brigata a riparare in Piemonte.
I partigiani riuscirono, non senza subire pesanti perdite, a sganciarsi attraverso il Passo del Bocchin d’Aseo, oltrepassando il Mongioie, trasferendosi a Fontane, Frazione di Frabosa Soprana (CN), in Piemonte.
Pigna (IM) venne così persa dai partigiani. I tedeschi procedettero all’ormai consueto e tristo rito di incendiare e razziare.
I tedeschi, ritenendo fondata l’ipotesi di un imminente sfondamento anglo-americano sulla frontiera italo-francese, intrapresero anche la costruzione di una seconda linea difensiva, per realizzare la quale fu reclutata parte della popolazione, che malvolentieri assolse a questo onere, al punto che “i tedeschi decisero di inviare 300 persone a Verona con l’intento di internarli in Germania”.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999