Partecipai all’attacco al campo insieme ai sappisti di Vallecrosia

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La zona a mare di Camporosso (IM) e, dietro, Vallecrosia: una vista dalla zona Nervia di Ventimiglia

[…] uno scritto che dietro mia richiesta è stato gentilmente preparato dal dottor Ilo Martini, ex ufficiale dell’esercito, nominato Comandante della Divisione SAP “G.M. Serrati”. Lo scritto ciclostilato è intitolato Appunti, memorie e ricordi del Comandante Ilo Martini (Rolando) e porta la data dell’ottobre 1969: “[…] In primavera [del 1944] mi recai verso Arma di Taggia ove, tramite il CLN provinciale e quello locale, era stato fissato un incontro con il comandante ed il commissario di quel gruppo di azione partigiana […] Era importante prendere accordi sul piano operativo, coordinando le azioni con il CLN locale, il CLN provinciale, il Comando di zona delle formazioni partigiane e il nostro Comando Divisione “G.M. Serrati” […] Insistetti sulla necessità dei collegamenti zonali e settoriali, oltreché centrali, e diedi le istruzioni per prendere contatto con le formazioni di Sanremo, Bordighera, Ventimiglia, Riva e San Lorenzo, sino ad Imperia. Diedi incarico di organizzare un incontro con il Comando delle formazioni SAP di Sanremo e con quello di Bordighera e di Ventimiglia-confine. Fu anche ipotizzato un incontro con le forze operanti sulla costa francese di Mentone e Villafranca sino a Nizza […]”
Carlo Rubaudo, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria) – Vol. II. Da giugno ad agosto 1944, edito a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Imperia, Dominici Editore, 1992

Dalla primavera del 1944 mio fratello [Alberto “Nino” Guglielmi] iniziò a fare qualche furtiva visita nottetempo. Confabulava con mio padre, poi spariva di nuovo. Spesse volte con mio padre ritornavamo alla casa al mare [in Camporosso (IM)] e a volte papà partiva per raggiungere la Francia con la barca. La cantina a volte era piena di merci le più varie, una volta persino dei datteri. Credo a settembre del 1944, Nino una notte portò a casa, a Vallecrosia Alta, una radio e la nascose nell’armadio a muro nell’ultima stanza. Qualche tempo dopo arrivò all’imbrunire, furtivamente come suo solito, si recò nella stanza della radio e mi chiese di andare dalla vicina di casa, Marinetta, chiudendomi dietro tutte le porte […] Il giorno dopo papà nascose in un altro nascondiglio la radio. Venne la polizia rovistarono dappertutto ma fu facile dire che non sapevamo niente della radio e che non sapevamo dove Nino fosse fuggito forse con la radio stessa.
Aumentarono le nostre visite alla casa sulla costa.
[…] Diverse volte tra i garofani mio padre nascondeva casse che nottetempo erano sbarcate sulla costa. Compresi che quando era in previsione uno sbarco pernottavamo al mare a dispetto dei cannoneggiamenti da Monte Agel, e al mattino ritornavamo ripetendo la manfrina delle ceste dei garofani invenduti al mercato. Da quei giorni nella cantina della casa al mare furono custodite anche strane casse.
Sono certa che sbarcarono o si imbarcarono anche altri soldati alleati.
In particolare ricordo che prima di Natale del 1944 una notte riapparve Nino accompagnato da un uomo alto, biondo come uno svedese e due baffoni. Erano appena sbarcati dalla barca, perché i pantaloni erano bagnati, e avevano anche diverse casse che nascosero in cantina e che vennero recuperate nei giorni successivi dagli amici di Nino: Achille [Achille “Andrea” Lamberti], Lotti e altri. Ancora a notte partirono per Negi. La notte della Epifania riapparve mio fratello Nino con Mimmo (Domenico Dònesi) e un ufficiale inglese [il capitano Robert Bentley del SOE britannico, incaricato della missione alleata presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] bagnato fradicio. Era evidentemente appena sbarcato. Sistemarono delle casse in cantina poi si incamminarono di nuovo […]
Emilia Guglielmi, sorella di Alberto “Nino” Guglielmi, in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM), 2007

Caramia Francesco (Franco) che dal primo C.L.N. Sanremese e per esso più precisamente da Salvatore Marchesi [Salvamar, Turi Salibra, delegato del CLN di Sanremo a seguire la zona di Bordighera] e da Adolfo Siffredi ebbe incarico di arruolarsi nella milizia per esperire opera di informatore e di disgregatore e che lascerà tale incarico dopo circa tre mesi per entrare direttamente alle dipendenze del CLN circondariale, per il quale dall’ottobre 1944 in poi presterà servizio di staffetta per il collegamento con Bordighera
Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) – Vol. I: La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976

[…] il distaccamento SAP di Vallecrosia nato negli ultimi giorni di luglio ’44.
nota 63 a pagina 136 di Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945), Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia, Anno Accademico 1998/1999

Nella mia Resistenza passata a Perinaldo partecipai all’attacco [3 settembre 1944] al campo di Vallecrosia insieme ai sappisti di Vallecrosia.
Angelo “Athos” Mariani in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Durante il periodo di attesa a PIGNA il comandante dei Partigiani della zona noto come LEO [Stefano Carabalona] ci parlò della possibilità di passare in FRANCIA in barca da VENTIMIGLIA e suggerì di inviare uno dei suoi uomini sulla costa per fare delle indagini […] I pescatori ci portarono vogando, senza ulteriori incidenti, in 3 ore e mezza a Monte Carlo dove sbarcammo [quindi, approssimativamente alle ore 4 del 9 ottobre 1944, data in ogni caso indicata da Brooks Richards, Secret Flotillas, Vol. II, Paperback, 2013] e ci arrendemmo alla guarnigione F.F.I. La mattina seguente ci recammo a Nizza e facemmo rapporto al Maggiore H. GUNN delle Forze Speciali […] A Nizza informammo il Colonnello BLYTHE del quartier generale della task force della settima armata americana.
capitano G. K. Long, artista di guerra, documento britannico Mission Flap, copia di Giuseppe Mac Fiorucci

Un giorno mi fu ordinato di sorvegliare la strada per Pigna perché dovevano scendere dei partigiani, forse perché accompagnavano ufficiali alleati. Mi lasciarono sul ponte del Nervia al bivio per Rocchetta [Nervina (IM)] con due pecore e due capre per fingermi pastore al pascolo. Tutto andò bene, solo che alla sera le bestie non volevano saperne di ritornare al paese.
Dopo quella avventura, Girò [Pietro Gerolamo Gireu Marcenaro] mi disse che occorreva mandare partigiani dagli alleati nella Francia liberata per stabilire rapporti e trasportare armi per i garibaldini. Come? Di notte, con un gozzo, remando da Vallecrosia a Monaco.
Ampelio “Elio” Bregliano in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Novembre 1944 mio passaggio in Francia perché in qualità di cap. pilota avrei potuto prospettare lanci nella zona. Per equivoco al mio arrivo fui arrestato e sottoposto a duri interrogatori da parte della polizia francese delle Nouvelle Prisons di Nizza. Chiarito l’equivoco, mi offro volontario per essere sbarcato da solo nella Val Nervia per preparare la ricezione della missione alleata capeggiata dal cap. Bentley. Sbarcato alle 2 di notte da un motoscafo inglese, mi trovai sulla spiaggia di Val Nervia solo per 6 giorni. Presi poi i contatti con Gino [Luigi Napolitano di Sanremo (IM), in quel periodo commissario del I° Battaglione “Mario Bini” della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] e Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria]. Segnalai per varie notti consecutive a mezzo di lampadina elettrica la possibilità di sbarco della missione. Il 6 gennaio 45 la missione sbarcava…
Antonio “Tonino” Capacchioni, manoscritto, documento IsrecIm, pubblicato in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

… si intende fare un ulteriore accenno ai rapporti intercorrenti tra i garibaldini dell’imperiese, I^ Zona Operativa Liguria, e la presenza anglo-americana in Costa Azzurra.
Le relazioni si intensificarono con il dicembre 1944, quando il giorno 10, come riportato in Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), vol. III, Da agosto a dicembre 1944, pp. 514-515, 1994, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 1977, “il garibaldino Leo [nome di battaglia di Stefano Carabalona, già eroico comandante di Distaccamento della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione” nelle battaglie partigiane per Rocchetta Nervina (IM) e per Pigna (IM), responsabile della Missione Militare presso il Comando Alleato, con vice comandante Lolli (Giuseppe Longo)], Boia [Tullio Anfosso, comandante di Distaccamento della V^ Brigata], Corsaro [o Caronte, Giulio Pedretti, della V^ Brigata], i compagni Giulio Colombo Licasale [della V^ Brigata], Luigi Sirena Gastaudo [capo di una squadra della V^ Brigata], Katiuscia [Giovanni Leuzzi, anche Catuscia, commissario di un Distaccamento della V^ Brigata], Luciano Mannini (Rosina) [della V^ Brigata] ed altri per mezzo di una barca salparono clandestinamente da una località costiera di Vallecrosia (IM) e raggiunsero Villafranca [Villefranche-sur-Mer, dipartimento delle Alpes-Maritimes, regione francese Provence-Alpes-Côte d’Azur] all’alba incolumi e si insediarono nella base di Ville Petit Rocher“.
Rocco Fava, Op. cit., Tomo I

Renzo Rossi (Renzo, Stienca, Zero)… dopo aver riorganizzato il CLN di Bordighera e dopo un periodo di permanenza in montagna lavorerà per il CLN circondariale adoperandosi tra l’altro in viaggi via mare… per stabilire rapporti tra le forze resistenziali italiane e ufficiali americani, inglesi, francesi… Renzo Biancheri (Gianni), di Bordighera, che aiutò Renzo Rossi nella sua attività.
[…] A dicembre 1944 alla S.A.P. di Vallecrosia si aggregarono alcuni partigiani scesi dalla montagna…
Giovanni Strato, Op. cit.

L’attività della Squadra di azione patriottica di Vallecrosia-Bordighera fu indubbiamente una delle più ardite più pericolose…
I collegamenti con la montagna venivano mantenuti dai sapisti stessi; e quelli con Sanremo da Renzo [Stienca Rossi] e negli ultimi tempi dal giovanissimo studente Enrico Cauvin [di Vallecrosia].
All’inizio l’attività della SAP aveva carattere informativo, costituendo essa il SIM della zona e funzionando spesso di collegamento con le formazioni di montagna, stanziate nell’immediato retroterra.
Dopo la costituzione della missione Leo [Stefano Carabalona] e l’arrivo in Italia del Cap. Bentley, ufficiale di collegamento alleato, la squadra collaborò con la missione Leo stessa e col cap. Gino [Luigi Punzi] allo scopo di preparare una zona di sbarco a Vallecrosia, dopo i tentativi effettuati ad Arma di Taggia allo stesso scopo, tutti falliti, e l’assassinio del Gino.
Preparare una zona di sbarco a pochi chilometri dal fronte, su una costa strettamente sorvegliata dal nemico, era impresa difficilissima, quasi disperata…
Mario Mascia, L’Epopea dell’Esercito Scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

Trascorso il plenilunio, la notte del 14 [dicembre 1944] partiva da Vallecrosia con un’altra barca anche il partigiano dott. Kahnemann (Nuccia) con la pianta di tutte le postazioni tedesche del primo schieramento costiero e le coordinate delle principali fortificazioni, ricevute a Coldirodi [Frazione di Sanremo (IM)] da un incaricato della Divisione Felice Cascione. Su interessamento del comando della I^ Brigata Silvano Belgrano [della Divisione Silvio Bonfante], rientravano dal Piemonte nella prima decade di novembre e, con l’aiuto di Corsaro [Giulio Pedretti], dopo qualche giorno seguivano Nuccia verso la Francia anche due soldati R.T. americani, fuggiti ai tedeschi in Alta Italia, con il compito di sollecitare presso il Comando alleato l’invio di apparecchi radio ricetrasmittenti. Il tenente Antonio Capacchioni del gruppo Kanhemann veniva incaricato di preparare, in collaborazione con la S.A.P. di Vallecrosia, l’arrivo presso la Divisione Felice Cascione del capo della Missione alleata, il capitano inglese Robert Bentley.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2005

Fra i componenti [missione Kahnemann] furono assunti fra gli altri (non li ricordo tutti) Alberto Guglielmi “Nino” e Luciano Mannini “Rosina”. Io, perché ufficiale dell’esercito, a conoscenza delle lingue francese e inglese, studiate a scuola e poi coltivate privatamente. Nino e Luciano perché conoscevano la zona a menadito, soprattutto i camminamenti tra le mine sulla spiaggia. Fu incluso nella missione anche certo Jean Gérard, francese… Non l’avessimo mai fatto, come dirò dopo!!! […] La gendarmeria di Monaco, informata dello scopo della nostra missione, si mise subito in contatto con quella di Nizza […] nelle prime ore del mattino successivo stavamo già nella sede della gendarmeria di Nizza […] Quasi subito fu prelevato Kanhemann, capo della nostra missione e portatore di tutti i documenti referenziali attestanti la nostra identità politica
Domenico “Mimmo” Donesi in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Raggiunti gli alleati, Mimmo [Domenico Dònesi] e Nino [Alberto Guglielmi] furono ingaggiati dai servizi inglesi, sottoposti ad un breve addestramento e preparati alla missione di invio dell’ufficiale di collegamento presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria, il capitano Robert Bentley, del SOE britannico. Dopo Natale [1944] Nino fu inviato a preparare lo sbarco di Bentley.
appunti inediti di Giuseppe Mac Fiorucci

Poi finalmente Girò [Pietro Gerolamo Gireu Marcenaro] e gli amici prepararono la barca e partimmo. Era dicembre [1944] e tra i compagni di viaggio ricordo sicuramente Luciano “Rosina” Mannini.
Ampelio “Elio” Bregliano in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Rosina (Luciano Mannini) racconta: “Il servizio di informazioni militari, esplicato dalla missione «Leo» in Italia con i comandi alleati, ebbe inizio alla fine del settembre 1944, con l’arrivo nella zona della V^ Brigata [d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni”] di ufficiali americani ed inglesi giunti attraverso i passi montani dal Piemonte, ove erano stati paracadutati. Il capitano Leo [Stefano Carabalona], attestato allora a Pigna, comandante del distaccamento che li ospitava e che provvide in seguito a farli condurre – parte attraverso i valichi alpini e parte via mare – in Francia, stabilì col capo della missione alleata [Missione Flap] i primi accordi che dovevano condurre alla formazione di un gruppo specializzato che collegasse, per mezzo di una rete segreta, la nostra zona a quella occupata dagli alleati e fungesse da centro di raccoglimento e di smistamento di notizie militari e politiche interessanti la lotta”.
[…] La missione Leo alla quale appartenevano Rosina, Lolli [Giuseppe Longo], Giulio [Corsaro/Caronte] Pedretti, ed alcuni altri giovani che si erano temprati nelle lotte di montagna, si portò a Nizza nel [il 10] dicembre 1944, dopo due mesi di utile lavoro preparatorio, per mezzo della leggendaria imbarcazione guidata dall’infaticabile «Caronte» Giulio Pedretti e da Pascalin [Pasquale Pirata Corradi, di Ventimiglia (IM), come Pedretti]. A Nizza, Leo si incontra con i responsabili dei servizi speciali alleati e prepara il piano definitivo di lavoro, che comportava, fra l’altro, l’uso di apparecchi radio trasmittenti, per i quali la missione aveva già predisposto gli operatori. Nel gennaio 1945 la missione rientra in Italia, dove il terreno era già stato preparato in anticipo. Si organizza e comincia a funzionare in pieno…
Mario Mascia, Op. cit.

Intanto a Sanremo e a Bordighera viene costituita la Missione “Kahnemann”, di cui fa parte il tenente Capacchioni [Antonio Tonino Capacchioni], il quale viene incaricato di preparare in collaborazione con le SAP di Vallecrosia l’arrivo di una Missione Alleata (inglese) [quella del capitano Robert Bentley] con lo scopo di fornire armi alla Resistenza. Il Comando tedesco, avvertito dell’operazione che stava per svolgersi, aumenta la sua sorveglianza predisponendo nuove postazioni lungo la spiaggia, organizzate tra un campo di mine e l’altro, in modo da tenere tutta la costa sotto la più stretta sorveglianza diurna e notturna. Inoltre il nemico emana disposizioni per il ritiro e la distruzione di tutte le barche. Pertanto l’operazione da intraprendere diventa molto più rischiosa, per cui si deve stabilire come base centrale di operazione un tratto di costa maggiormente battuto dalle artiglierie franco-americane e quindi meno sorvegliato.
Dopo le prime esperienze portate positivamente a termine, nel comando della “Felice Cascione” maturò l’idea di costituire una Commissione che doveva portarsi in Francia presso i Comandi alleati, per sollecitare l’invio di attrezzatura bellica e per combinare azioni militari congiunte contro i nazifascisti. Trascorso il plenilunio, la notte del 14 [dicembre 1944] partiva con un’altra barca anche il partigiano Eugenio Kahneman (Nuccia) con la pianta di tutte le postazioni tedesche del primo schieramento costiero e le coordinate delle principali fortificazioni, ricevute a Coldirodi [Frazione di Sanremo (IM)] da un incaricato della Divisione Felice Cascione. Su interessamento del comando della I^ Brigata Silvano Belgrano, rientravano dal Piemonte nella prima decade di novembre e, con l’aiuto di Corsaro [Giulio Pedretti], dopo qualche giorno seguivano Nuccia verso la Francia anche due soldati R.T. [radiotelegrafisti] americani, fuggiti ai tedeschi in Alta Italia, con il compito di sollecitare presso il Comando alleato l’invio di apparecchi radio ricetrasmittenti. Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Op. cit.

La missione Kahneman salpò da Vallecrosia (IM) il 14 dicembre 1944, dopo tre giorni di attesa per un via libera dato dal comandante del distaccamento, che collaborava clandestinamente con i partigiani del mare, di bersaglieri di guardia sul litorale, sergente Bertelli, che avvisò per tempo che in quel giorno il suo reparto sarebbe stato impegnato a Ceriana (IM) con commilitoni tedeschi.  Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

La guerra partigiana intanto manifestava alcuni pesanti difetti organizzativi; c’erano contatti con gli alleati che erano sbarcati a St. Raphael in Provenza e, a settembre 1944, erano arrivati a Mentone, ma erano scarsamente coordinati. […] Lanci di paracadute con armi finiti in dirupi inaccessibili o addirittura in mano ai tedeschi.
Inoltre l’inverno giunse in anticipo sulle montagne e i collegamenti con gli alleati, che avvenivano attraverso i sentieri alpini, erano resi impossibili.
Si ipotizzò anche di tentare con i sommergibili, ma non ci fu nessun serio risultato. Si poteva tentare soltanto via mare.
Il 20 dicembre 1944 doveva sbarcare il capitano Robert Bentley, ma fu tutto rinviato per il mare in tempesta. Dapprima arrivarono due collaboratori del capitano e finalmente la notte fra il 6 e il 7 gennaio 1945 sbarcò Bentley con il radiotelegrafista John Mac Dougall.
[…] Con lo sbarco [notte tra il 6 ed il 7 gennaio 1945] del capitano Bentley si strinsero ancor più i rapporti tra il Gruppo Sbarchi di Vallecrosia e il gruppo di “Leo” Carabalona, del quale faceva parte Giulio Corsaro Pedretti, che per primi avevano preso contatto con le forze alleate. Gli sbarchi si susseguirono con invio di armi e anche di agenti radiotelegrafisti per azioni di spionaggio.
[…] Gli sbarchi si susseguirono con invio di armi e anche di agenti radiotelegrafisti per azioni di spionaggio. Tra queste operazioni vi fu la tragica Operazione Leo“, a seguito della “Operazione Gino” [capitano Luigi Punzi], di cui non conosco i particolari, ma che mise a repentaglio tutta la nostra organizzazione.
Renato “Plancia” Dorgia in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

La missione via mare di Bentley riuscì ad infiltrarsi nella notte del 6-7 gennaio 1945, dopo otto tentativi di sbarco, sulla spiaggia nei pressi di Bordighera […]
Antonio Martino, La missione alleata “Indelible” nella II^ Zona Operativa savonese in Storia e Memoria, rivista dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea, 2011-1

La missione Saki, guidata dal capitano Robert Bentley, giunse in Liguria non via aria, come siamo abituati, ma via mare. Il capitano aveva già tentato di entrare in Italia diverse volte passando dalla frontiera con la Francia, all’altezza di Nizza, in maniera simile a quanto fatto da O’Regan e la Donum. Tuttavia, questi tentativi erano tutti andati a monte per il maltempo e, alla fine, si era deciso di sbarcare la Saki sulla costa ligure usando una piccola barca a motore. Tuttavia, anche questo metodo si rivelò non facile da attuare. La costa ligure, infatti, era pesantemente sorvegliata dal nemico, che temeva un possibile sbarco alleato come quello che era avvenuto in Provenza e che avrebbe potuto tagliare le sue retrovie sul fronte italiano.
Redazione, Episodio 39 – Saki, Racconti dal nascondiglio, 1 maggio 2021

Nel febbraio del 1945 un agente telegrafista di una radio rice-trasmittente clandestina che operava nella nostra zona venne scoperto e catturato. La scoperta del telegrafista bloccò il flusso di informazioni militari tra i partigiani e gli alleati. Viste le mie qualifiche militari di “operatore radio”, il CLN dispose il mio trasferimento nella vicina Francia liberata […]
Angelo “Athos” Mariani in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Renzo [Renzo Stienca/Gianni Rossi] si accreditò presso l’OSS a Nizza. In seguito fece 4 viaggi [recando armi, documenti, uomini di collegamento, materiale vario] via mare dalla Francia [alla costa di Vallecrosia]… Renzo propose una nuova procedura con la quale si potevano avvisare i partigiani in attesa sulla costa italiana. Procedura che consisteva nello sparare due razzi da Cap Martin di modo che fossero visibili dall’area di Bordighera. Un compito che fu affidato al comando francese di Mentone. Il 17 marzo un battello, che portava due pacchi di armi e di munizioni per i partigiani, partiva da Villefranche con a bordo Renzo ed altri 2 uomini. Ma nessun razzo venne sparato, non ci fu nessuno ad accogliere in Italia quella piccola spedizione ed il battello tornò indietro. L’operazione venne ritentata con successo due notti più tardi, quella del 19 marzo… Renzo tornò definitivamente in Italia la notte del 27 aprile 1945, sbarcando a Sanremo…
Sir Brooks Richards, Secret Flotillas, Vol. II, Paperback, 2013

Renzo Rossi entra in contatto con le Special Forces e continua l’opera di Leo, trasportando in Italia armi automatiche e munizioni… le armi venivano avviate in montagna a Negi dove Cekof le riceveva per inoltrarle alle formazioni; distribuite agli uomini di Bordighera o per mezzo di Piero (Angelo Amato), René (Renato Magni) e i Laura delle Sap di Ospedaletti.
Mario Mascia, Op. cit.

Il Gruppo Sbarchi era stato creato dal nostro CLN, che mi incaricò ufficialmente, con tanto di credenziali dell’Alto Comando, di rappresentare la Resistenza Italiana presso il comando alleato e di coordinare le loro azioni alle nostre esigenze.
[…] Iniziò ufficialmente una più stretta collaborazione tra la Resistenza italiana e le forze alleate.
Al Belgrano, antico palazzo-maniero di Nizza ove risiedeva il comando interalleato, presentai le mie credenziali e fummo accolti e considerati a tutti gli effetti come “collaboratori”, anche se non ancora “alleati”.
Facemmo presente anche che il nostro impegno alla lotta della liberazione dell’Italia era dettato da motivi ideali e non da convenienze personali.
Chiarimmo anche con gli altri agenti italiani che già operavano con i servizi alleati, in gran parte contrabbandieri ed avventurieri, che non era nostra intenzione rischiare la pelle per fare le spie prezzolate, ancorché dalla parte giusta.
Tutti si dichiararono entusiasti di partecipare alla lotta per la liberazione dell’Italia dai nazifascisti.
Il contributo dei contrabbandieri alla Resistenza fu enorme ed è bene che venga reso pubblico e riconosciuto.
Quando necessario partecipavamo alle riunioni dei comandi alleati.
Compito della Resistenza era quello di raccogliere quante più informazioni possibili sul dislocamento e sui movimenti delle forze nazifasciste e sul posizionamento dei campi minati lungo la costa.
I viaggi tra la Francia e Vallecrosia si intensificarono, con l’invio di armi ed equipaggiamenti per i partigiani. L’invio di armi era sempre stato un problema. l lanci con i paracadute quasi un disastro, e, quando andavano a buon fine, le armi si rivelavano inadeguate.
Su indicazione del commissario Mascia di Sanremo rappresentai con insistenza la necessità che ci venissero fornite armi e munizioni compatibili con la preda bellica tedesca che riuscivamo a sottrarre ai nazifascisti.
Per quanto possibile cercammo di evitare i bombardamenti per abbattere i ponti e gli altri obiettivi militari, perché creavano troppi danni alla popolazione civile.
Venimmo incaricati di far saltare ponti e rendere inagibili altre strutture.
Da Vallecrosia verso la Francia furono trasportati prigionieri di guerra alleati fuggiti dai campi di prigionia dopo l’8 settembre ’43 e partigiani italiani ricercati dai fascisti.
Renzo “Stienca” Rossi in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

La mia storia nella Resistenza è legata a filo doppio con Renzo [Stienca] Rossi.
Nell’agosto del 1944 mi aggregai al gruppo partigiano di Girò [Pietro Gerolamo Marcenaro], che operava nella zona di Negi [Frazione di Perinaldo]. Dove godevamo anche dell’appoggio di Umberto [Gigetto] Sequi a Vallebona e di Giuseppe Bisso a Seborga; tutti e due membri del C.L.N. di Bordighera. Negi era il punto di contatto tra le varie formazioni partigiane che operavano nella zona, tra queste, quelle sotto il comando di Cekoff [Mario Alborno di Bordighera] e di Gino [Luigi Napolitano]
[…] La collaborazione dei bersaglieri fu determinante per tutte le operazioni del Gruppo Sbarchi. Il sergente Bertelli comandava un gruppo di bersaglieri a Collasgarba – sopra Nervia di Ventimiglia – e aveva manifestato la volontà di aderire alla Resistenza. Fu avvicinato dai fratelli Biancheri, detti Lilò, per stabilire le modalità della diserzione, quando il plotone fu distaccato alla difesa costiera giusto sulla costa di Vallecrosia in prossimità del bunker alla foce del Verbone. I Lilò convinsero allora i bersaglieri a non disertare, ma ad operare dall’interno per consentire ed agevolare le nostre operazioni.
[…] Il nostro ritorno [6 marzo 1945] fu programmato subito con il motoscafo di Giulio “Corsaro” Pedretti e di Cesar, con il quale si dovevano recuperare anche alcuni prigionieri alleati; ma il motoscafo in mare aperto andò in panne e non ne volle sapere di riavviarsi. Eravamo in balia delle onde: Renzo Rossi, Pedretti e Cesar sotto un telo, al chiarore di una lampada, rabberciarono alla meglio il motore. Quasi albeggiava e la missione fu annullata perché ormai troppo tardi. Sulla spiaggia di Vallecrosia il Gruppo Sbarchi attese invano con i 5 piloti. […] Pochi giorni dopo, senza Achille [Achille “Andrea” Lamberti], che rimase a dirigere il Gruppo a Vallecrosia, effettuai con Girò un’altra traversata, accompagnando “Plancia” [Renato Dorgia] a prendere armi e materiale. Il ritorno lo effettuammo con la scorta di una vedetta francese, che accompagnò il motoscafo di Pedretti. Vi furono momenti di apprensione perché da bordo della vedetta si udì distintamente il rombo del motore di un motoscafo tedesco; i nemici non si accorsero della nostra presenza e passarono oltre. Trasbordammo sul motoscafo e sul canotto gli uomini e il materiale delle missioni “Bartali” [Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della Divisione “Silvio Bonfante” presso gli alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione] e “Serpente”, composte da agenti addestrati al sabotaggio. Nelle operazioni di trasbordo alcuni caddero in mare e recuperarli nel buio non fu cosa facile, dovendosi osservare il silenzio assoluto. Attendemmo i segnali convenuti da riva. Anche quella volta nessun segnale. Gli ordini erano di annullare tutto, ma Girò accompagnò ugualmente a terra tutta la comitiva, mentre io tornai a bordo della vedetta, perché nel buio pesto riuscì ad individuare il tratto di spiaggia dinanzi a casa sua.
Renzo “Gianni” Biancheri, “Rensu u Longu” in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

I tedeschi aumentarono notevolmente la sorveglianza e con essa le nostre difficoltà.
Finalmente portammo i battelli al mare e i 7 passeggeri, (i 5 piloti alleati e i due passeur). Prima di partire, uno dei passeur volle “collaudare” le barche per verificare che tenessero il mare.
Imbarcati tutti, partirono in 9 guidati da Achille e un altro, che non ricordo se Girò o Renzo Rossi o altri.
Credo Renzo Rossi, che era il capo di tutta l’organizzazione sbarchi.
Arrivarono sani e salvi e questa operazione accrebbe non poco la considerazione degli alleati per la Sezione Sbarchi di Vallecrosia.
Renato “Plancia” Dorgia in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

24 gennaio 1945 – Dal C.L.N. di Sanremo, prot. N° 219/CL, al comando della V^ Brigata – Si comunicava che la zona di competenza del C.L.N. di Sanremo comprendeva la zona costiera da Ventimiglia a Santo Stefano al Mare (IM).
14 febbraio 1945 – Dal Comando Operativo [comandante “Curto” Nino Siccardi] della I^ Zona Liguria al comando della Divisione “Silvio Bonfante” – Comunicava che erano imminenti alcuni sbarchi di materiali da parte degli alleati sulle coste controllate dalla II^ Divisione “Luigi Nuvoloni” e precisava i criteri di distribuzione dei medesimi.
10 marzo 1945 – Dal CLN di Sanremo, prot. n° 410, al CLN di Bordighera – Segnalava che il Comando Operativo della I^ Zona Liguria desiderava inviare alcuni documenti in Francia tramite “Leo” [Stefano Carabalona, che, ferito, dal 5 marzo era già stato portato in salvo in Costa Azzurra] e di conseguenza chiedeva la data in cui fosse stato disponibile “Leo”.
19 aprile 1945 – Dal dottor “Turi Salibra” [dottor Salvatore Marchesi] al commissario “Orsini” [Agostino Bramè] della V^ Brigata – Riferiva che i partigiani di Vallecrosia comunicavano che il capitano “Lemme” aveva autorizzato “Renzo” [Renzo Rossi] a trattenere 12 sten per armare le SAP di Vallecrosia [Gruppo Sbarchi Vallecrosia] “che rischiano notte per notte la vita durante l’imbarco e lo sbarco dei nostri organizzati” e che al CLN di Sanremo erano stati consegnati tramite “Piero” 14 sten, 2 Breda oltre che varie munizioni e 2 pacchi di bombe a mano [arrivati con i predetti sbarchi].
da documenti Isrecim in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

Partigiani con la scorta di una vedetta francese

Una mappa d’epoca della zona di frontiera a mare tra Italia e Francia, presumibilmente in dotazione dell’agente francese Joseph Manzone, dit le Fou (1)

(1) […] Joseph Manzone, dalla cui temerarietà il gruppo C.F.L.N. da lui diretto prese il nome di Joseph le Fou, da dicembre 1944 alla fine della guerra svolse 51 missioni dietro le linee tedesche […] Il 16 ottobre 1944 i tedeschi sorpresero sul pianoro della Ceva, vicino a Fontan, Emile Grac, F.F.I. del gruppo C.F.L. Parent, che stava effettuando una ricognizione dietro le linee nemiche, e lo abbatterono […] Pierre-Emmanuel Klingbeil, Le front oublié des Alpes-Maritimes (15 août 1944 – 2 mai 1945), Ed. Serre, 2005

La mia storia nella Resistenza è legata a filo doppio con Renzo Rossi.
Nell’agosto del 1944 mi aggregai al gruppo partigiano di Girò
[o Gireu, Pietro Gerolamo Marcenaro di Vallecrosia (IM), capo di una squadra della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi della II^ Divisione “Felice Cascione”], che operava nella zona di Negi [Frazione di Perinaldo, molto più vicina a Seborga (IM) che a Perinaldo, in ogni caso subito alle spalle di Bordighera (IM)]. Dove godevamo anche dell’appoggio di Umberto Gigetto Sequi a Vallebona e di Giuseppe Bisso a Seborga; tutti e due membri del C.L.N. di Bordighera. Negi era il punto di contatto tra le varie formazioni partigiane che operavano nella zona, tra queste, quelle sotto il comando di Cekoff [Mario Alborno di Bordighera] e di Gino [Luigi Napolitano di Sanremo (IM) (1)]    

(1) [ Luigi Gino Napolitano di Sanremo (IM). Dalle formazioni autonome di “Mauri” a marzo 1944 passò definitivamente alle formazioni Garibaldi dell’estremo ponente ligure.
Per le sue doti di coraggio e spirito combattivo veniva subito nominato comandante di un Distaccamento che, per l’aumentato numero di volontari, divenne poi Battaglione.
Come risulta da un rapporto, era considerato dai nazi-fascisti “elemento assai pericoloso”.
Protagonista di un gran numero di battaglie tra le quali: Carpenosa, Giugno 1944; Badalucco, 29 giuno 1944; Ceriana, Agosto 1944; Carmo Langan, 8 ottobre 1944 e febbraio 1945; Baiardo, marzo 1945.
Ferito in combattimento a Baiardo. Commissario politico del I° Battaglione “Mario Bini” della V^ Brigata. Da fine gennaio 1945 vice comandante della V^ Brigata d’Assalto Partigiana Garibaldi “Luigi Nuvoloni”.
Insignito di Medaglia d’argento al V.M. Vittorio Detassis su Isrecim ].

Facevo da staffetta tra Negi e Vallebona. A settembre 1944 insieme a Renzo Rossi partecipai all’incontro con Vittò [Giuseppe Vittorio Guglielmo, detto anche “Ivano” o “Vitò“, in quel momento comandante della V^ Brigata, dal 19 dicembre 1944 comandante della II^ Divisione].
Ci accompagnò Confino, maresciallo dei Carabinieri che aveva aderito alla Resistenza. Vitò investì formalmente Renzo Rossi del compito di organizzare, per la nostra zona, il S.I.M.
[Servizio Informazioni Militari] e la S.A.P. : io fui nominato suo agente e collaboratore. In novembre mi aggregai al battaglione di Gino Napolitano a Vignai, ma dopo alcune operazioni di collegamento tra Vallebona e il comando di Vignai, il comando mi richiamò ad operare nel Gruppo Sbarchi di Vallecrosia.

[Il racconto del testimone Renzo Biancheri prosegue con la narrazione di altri episodi di vita partigiana, soprattutto con la sua partecipazione al trasporto clandestino via mare in Francia del comandante Stefano “Leo” Carabalona, già gravemente ferito in un agguato nemico]

Il nostro ritorno fu programmato subito con il motoscafo di Giulio “Corsaro” Pedretti e di Cesar, con il quale si dovevano recuperare anche alcuni prigionieri alleati; ma il motoscafo in mare aperto andò in panne e non ne volle sapere di riavviarsi. Eravamo in balia delle onde: Renzo Rossi, Pedretti e Cesar sotto un telo, al chiarore di una lampada, rabberciarono alla meglio il motore. Quasi albeggiava e la missione fu annullata perché ormai troppo tardi.
Sulla spiaggia di Vallecrosia il Gruppo Sbarchi attese invano con i 5  piloti.
I piloti vennero trasferiti in Francia nei giorni successivi da
Girò [Pietro Gerolamo Marcenaro] e Achille [Achille “Andrea” Lamberti].
Io, Renzo Rossi, Achille Lamberti e
Girò ritornammo in un’altra occasione dalla Francia con un carico di armi. Per sbarcare dovemmo attendere il segnale dalla riva, ma, come altre volte, non arrivò alcun segnale. Sbarcammo proprio davanti alla postazione dei bersaglieri, vicino al bunker.
Pochi giorni dopo, senza Achille, che rimase a dirigere il Gruppo a Vallecrosia, effettuai con
Girò un’altra traversata, accompagnando “Plancia[Renato Dorgia] a prendere armi e materiale. Il ritorno lo effettuammo con la scorta di una vedetta francese, che accompagnò il motoscafo di Pedretti. Vi furono momenti di apprensione perché da bordo della vedetta si udì distintamente il rombo del motore di un motoscafo tedesco; i nemici non si accorsero della nostra presenza e passarono oltre. Trasbordammo sul motoscafo e sul canotto gli uomini e il materiale delle missioni “Bartali (1) [Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della VI^ Divisione “Silvio Bonfante” presso gli alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione] e “Serpente”, composte da agenti addestrati al sabotaggio. Nelle operazioni di trasbordo alcuni caddero in mare e recuperarli nel buio non fu cosa facile, dovendosi osservare il silenzio assoluto. Attendemmo i segnali convenuti da riva. Anche quella volta nessun segnale. Gli ordini erano di annullare tutto, ma Girò accompagnò ugualmente a terra tutta la comitiva, mentre io tornai a bordo della vedetta, perché nel buio pesto riuscì ad individuare il tratto di spiaggia dinanzi a casa sua. Le difese di quel tratto di costa erano così composte: un bunker alla foce del torrente Borghetto, uno nei pressi della foce del Verbone, un altro quasi alla foce del Nervia.
Tra il bunker del Borghetto e quello del Verbone, era tutto un campo di mine, eccetto, giusto alla metà tra i due bunker, un passaggio largo meno di un metro, dalla battigia fino al rio Rattaconigli. Sbarcarono a Rattaconigli e superarono il campo minato attraverso quel sentiero. Quella sera dal bunker di Vallecrosia fino alla foce del Nervia era tutto un pullulare di tedeschi e fascisti. Ci aspettavano. La fortuna fu dalla nostra.

Renzo Gianni Biancheri , detto anche “Rensu u Longu“, in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia  < ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM), 2007 > 

(1) <15 gennaio 1945 – Dal Comando Militare Unificato della Liguria al comandante Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] – Si chiedevano chiarimenti circa il fermo effettuato ai danni del capitano Bartali [Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della VI^ Divisione “Silvio Bonfante” presso gli Alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione], si ricordava che vi era stata l’unificazione di tutti i comandi combattenti della Liguria, si sottolineava che “nella Liguria la parte operativa viene riassunta nelle persone di Miro [Anton Ukmar], Ferrero e Balbi [Tenente Colonnello Giulio Bertonelli ]” e veniva intimato il rilascio del capitano Bartali.<11 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione  – Veniva comunicato l’imminente sbarco di Bartali [Giovanni Bortoluzzi] e veniva ordinato di tenere a disposizione dello scrivente comando eventuale materiale arrivato nel frattempo via mare.

<14 aprile 1945  – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione – Veniva comunicato che Bartali, sbarcato il giorno 11, stava proseguendo verso la zona della VI^ Divisione “Silvio Bonfante” per incontrare R.C.B. [capitano Bentley]  e che il 20 avrebbe avuto luogo una riunione tra le formazioni garibaldine, R.C.B. [capitano Bentley]  e i CLN interessati.                                                                            

<17 aprile 1945  – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione – Venivano annunciati l’arrivo di Bartali con una radio trasmittente e di 2 istruttori di sabotaggio, dei quali 1 <l’agente Raina> doveva essere indirizzato verso la VI^ Divisione.  

<24 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione – Scriveva che “il capitanoBartali” [Giovanni Bortoluzzi] raggiungerà il comando divisionale in indirizzo e sarà l’incaricato della missione alleata presso il comando divisionale, funzionando da collegamento tra lo scrivente comando ed il comando divisionale. Bartali dipenderà dal capo missione “capitano Roberta” [capitano Bentley]. Si prega di fornire “Bartali” di tutto ciò di cui ha bisogno, nonché di alcune staffette e della puntuale segnalazione di tutte le azioni svolte dalla II^ Divisione“.

< 30 maggio 1945 – Da H.Q. Allied Liaison Mission I^ Ligurian Zone a “Ramon” [Raymond Rosso, capo di Stato Maggiore della VI^ Divisione] –  Veniva espresso il ringraziamento del Capitano “Bartali” [Giovanni Bortoluzzi], vice comandante della missione inglese nella I^ Zona, per la collaborazione accordata nei mesi passati.

da documenti Isrecim in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo II – Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia, Anno Accademico 1998 – 1999

Parallelamente agli aviolanci nel mese di aprile del 1945, ma in modo più assiduo, nella zona del ponente ligure provenienti dalla Francia avvenivano sbarchi di materiale bellico (diversi Bren, Sten e Breda) a Vallecrosia. Sulla costa, nei punti di incontro stabiliti, garibaldini della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione” o della locale SAP effettuavano a piccoli intervalli, a partire dalle ore 23 nelle notti concertate previe comunicazioni segrete, segnalazioni luminose all’indirizzo dei natanti di volta in volta in arrivo.  Rocco Fava, Op. cit., Tomo I

Nel caso di Ross e dei suoi compagni quei partigiani furono salutati come eroi

Il frontespizio del suo libro con la dedica scritta da Michael Ross per la famiglia di Achille “Andrea” Lamberti

Le prime voci di antifascismo a Vallecrosia si ebbero nel 1940/41 da parte di Achille [Lamberti “Andrea“], di Francesco Garini, di “Girò(1), di Aldo Lotti e di altri.  Un antifascismo molto riservato, anche perché le ritorsioni erano molto dure, come nel caso di Alipio Amalberti (2), zio materno di “Girò“, che per aver gridato in un bar di Vallecrosia “Viva la Francia” venne dapprima schedato e successivamente costantemente perseguitato, fino a essere fucilato per ritorsione dopo essere stato preso come ostaggio. RenatoPlanciaDorgia in Giuseppe Mac Fiorucci,  Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM), 2007

(1) Gireu/Giraud, Pietro Gerolamo Marcenaro, il quale risultava latitante già nel verbale della Questura (fascista) di Imperia del 15 giugno 1944, riferito alle indagini ed agli arresti effettuati verso la fine di maggio nella zona di Ventimiglia e di Bordighera a danno del costituendo CLN di Ventimiglia, del già esistente CLN di Bordighera, del gruppo antifascista “Giovane Italia” e di altri patrioti collegati, documento edito in don Nino Allaria Olivieri, Ventimiglia partigiana… in città, sui monti, nei lager 1943-1945, a cura del Comune di Ventimiglia, Tipolitografia Stalla, Albenga, 1999, pp. 9, 24

(2) Alipio Amalberti nato a Soldano (IM) l’11 febbraio 1901… Già nelle giornate che seguirono l’8 settembre metteva in piedi un’organizzazione per finanziare ed armare i gruppi che si stavano formando in montagna [a Baiardo, borgo in altura, alle spalle di Sanremo] insieme a Renato Brunati [di Bordighera, fucilato dalle SS il 19 maggio 1944 sul Turchino] e Lina Meiffret [proprietaria di una villa poco fuori Baiardo, punto di riferimento e talora rifugio di quella piccola banda, venne deportata pochi mesi dopo in un campo di concentramento in Germania, da cui tornò fortemente provata, ma salva]. Amalberti fu arrestato il 24 maggio 1944 a Vallecrosia e tenuto come ostaggio, in quanto segnalato più volte come sovversivo. Venne fucilato a Badalucco il 5 giugno 1944 come ritorsione ad un'azione del distaccamento di Artù <Arturo Secondo> compiuta il 31 maggio 1944. Giorgio Caudano [Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea… memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016]

La propaganda antifascista e antitedesca fu praticata nella zona di Bordighera da Renato Brunati [Renato Brunati, arrestato il 6 gennaio 1944, deportato a Genova e fucilato dalle SS il 19 maggio 1944 sul Turchino] e da me in un contempo indipendentemente, senza che nemmeno ci conoscessimo: ma nel 1940 ci incontrammo e d’impulso associammo i nostri ideali e le nostre azioni, legati come ci trovammo subito anche da interessi intellettuali ed artistici. La vera azione partigiana s’iniziò dopo il fatale 8 settembre 1943, allorchè Brunati e la sig. Maiffret [Lina Meiffret] subito dopo l’occupazione tedesca organizzarono un primo nucleo di fedeli […] Verso la metà di novembre due ufficiali inglesi, fuggiaschi del campo di ferma vennero a capitar nella zona di Bajardo, ricoverati e confortati dai nostri, sistemati poi nottetempo in un casolare di vetta. Fu poi progettata la fuga in Corsica: ma il 1° tentativo perì per la defezione del marinaio che s’era assunto l’apparecchiamento della barca: tuttavia i 2 inglesi scesero ad Arziglia in casa mia, guidati dai capi in pieno equipaggiamento partigiano a mezzogiorno per via Aurelia sotto il naso dei tedeschi: da Arziglia si trasferirono alla casa di Brunati, alla Madonna della Ruota ma una sorpresa della polizia che arrestava Brunati e la Maiffret costrinse nuovamente gli inglesi a raggiungere casa nostra ove restarono 15 giorni. I 2 capi vennero rilasciati per insufficienza di prove il 22 dicembre, raggiunsero Bajardo ove già erano tornati gli inglesi. Un nuovo tentativo di fuga in Corsica venne organizzato in casa mia coll’aiuto di patrioti bordigotti […] Un canotto di Donegani, trafugato venne adattato col fuoribordo acquistato con fondi di Giacometti equipaggiato e messo in acqua: vi salirono… i 2 inglesi ed i nominati patrioti, dopo un breve soggiorno in casa mia per gli ultimi preparativi. Ma l’imbarco avvenuto felicemente ad onta della attiva sorveglianza tedesca, non ebbe buon esito, chè la barca si empì d’acqua a 200 metri da riva ed a stento i fuggiaschi raggiunsero la costa rifugiandosi poi da me, fradici ed avendo salvato solo il moto. Da allora i 2 inglesi restarono in casa fino al 25 gennaio ’45, salvo un breve soggiorno a Bajardo nel gennaio ‘44. Gismondi fu arrestato […] Purtroppo il 14 febbraio 1944 Brunati e la Maiffret, venivano definitivamente presi dai repubblicani […]  la presenza in casa mia dei 2 ufficiali inglesi pur consentendomi i collegamenti con ufficiali del S.I.M. e di partigiani, non mi permetteva d’assumere posizioni ufficiali: avevo promesso a Brunati ed alla Maiffret di portare in salvo ad ogni costo i 2 alleati […] Nel gennaio 1945 la Signora Marchesi, moglie del capo comunista Concetto Marchesi, e la figlia sposata Mendelssohn con un ebreo americano venivano ricoverate in casa mia coll’aiuto del dott. Marchesi, fratello di Concetto; esse sottostavano alla taglia di 1 milione, già applicata a Concetto Marchesi; fuggito questo in Svizzera le sue familiari rilevarono il funesto privilegio. Esse restarono in casa mia 25 giorni mentre ivi albergavano pure i 2 ufficiali inglesi; la prudenza e infinite cautele oltre al volere degli ospiti stranieri ci obbligarono ad occultare la presenza di questi alle signore Marchesi: e ci riuscimmo. Il 24 gennaio il dott. Marchesi precipitatosi in casa mia comunicò che i tedeschi dovevan partire entro 2 giorni, prelevando tutti i designati ostaggi di cui io risultai capolista. Si impose una fuga generale; Marchesi collocò altrove cognata e nipote, noi ci rifugiammo nella villa di Kurt Hermann… nazista, naturalmente a sua insaputa: i 2 ufficiali inglesi, guidati da mio figlio pei monti, di notte, raggiunsero rifugi ignoti, mentre mio figlio scendeva la costa in attesa degli avvenimenti. La notizia dataci risultò imprecisa, chè la fuga tedesca tardò ancora 3 mesi. Ma i 2 inglesi dopo romanzesche avventure in montagna e sulla costa di Vallecrosia raggiunsero la Francia e si misero finalmente al sicuro. Oggi scrivono dall’Inghilterra […] I 2 ufficiali inglesi si chiamano: Michael Ross e George Bell. Altro aiuto avemmo nell’occultamento dei 2 inglesi dal compagno Luigi Negro, autista della villa Hermann alla Madonna della Ruota. Egli ospitò una notte i 2 alleati nella detta villa, nonostante la permanenza di scolte tedesche nelle adiacenze e la possibilità di sorprese da parte del padrone e dei suoi accoliti. Giuseppe Porcheddu, manoscritto (documento IsrecIm) edito in Francesco Mocci (con il contributo di Dario Canavese di Ventimiglia), Il capitano Gino Punzi, alpino e partigiano, Alzani Editore, Pinerolo (TO), 2019

Aveva 49 anni Giuseppe Porcheddu, per tutti Beppe, quando scompare due giorni dopo il Natale del 1947. […] Antifascista – pur firmando nel 1935 le illustrazioni del Balilla regale di Arnaldo Cipolla – ospita nella villa di Bordighera durante la guerra moglie e figlia di Concetto Marchesi, il grande latinista, partigiano comunista. E poi due ufficiali britannici nascosti in una stanza vicino alla biblioteca, dove spesso un militare della Wehrmacht si presenta per chiedere a prestito uno dei tanti libri in tedesco che Porcheddu acquista per ispirarsi nei suoi disegni. Giovanna, figlia del disegnatore, sposerà a guerra finita uno dei due inglesi [Michael Ross]. L’altra, Amalia, convolerà lo stesso giorno con un altro ufficiale del Regno Unito di stanza in Liguria […]  Leonardo Bizzaro, Porcheddu, la matita che sparì a Natale, la Repubblica, 20 ottobre 2007

Si sottolinea che il Decreto legislativo del Duce 14 giugno 1944-XXII, n. 393, prevedeva: “Art. 3. Chi concede ospitalità o presta comunque aiuto a prigionieri di guerra evasi dai campi di concentramento o dai luoghi di pena, ovvero ad appartenenti alle forze armate nemiche, allo scopo di facilitarne la fuga o di occultarne la presenza, è punito con la morte. Art. 4. Chi concede ospitalità alle persone indicate nell’articolo 2 o in qualsiasi altro modo le aiuta ad eludere le investigazioni delle autorità e sottrarsi alle ricerche di questa è punito con l’ergastolo. Art. 5. Chiunque, fuori dei casi previsti dai due articoli precedenti, avendo notizia della presenza di prigionieri di guerra o di internati civili evasi, ovvero di internati civili sottrattisi all’esecuzione dell’ordine di internamento o di appartenenti alle forze armate nemiche, non ne fa immediatamente denuncia alla più vicina autorità è punito con la reclusione fino a venti anni.”
Adriano Maini

Nell’imperiese la resistenza era organizzata da gente comune, come Renato Dorgia e Marcenaro [“Girò/Gireu/Giraud“] Pietro, che ho incontrato per farmi raccontare come hanno vissuto il periodo di guerra. Innanzitutto, ho chiesto loro il motivo che li aveva spinti a rifugiarsi in montagna a condurre una vita da partigiani contro l’occupazione nazifascista. Renato Dorgia, il cui soprannome in guerra era “Plancia“, era uno studente, chiamato a radunata dalla Repubblica di Salò […] si rifugiò in montagna dove venne contattato da un gruppo di partigiani di cui faceva parte anche mio nonno [Achille “Andrea” Lamberti] […] molti diventarono partigiani per le loro idee, come nel caso di Marcenaro Pietro, detto “Gerumin“, che come mio nonno era stato animato dalle nuove idee comuniste e che di propria volontà si era unito ai partigiani in montagna. […] disturbare il nemico tramite azioni diversive che vedevano “Girumin” e “Plancia” rubare armi al nemico per poi usarle contro. Al contrario di altri gruppi partigiani, quelli dell’Imperiese non ricevettero alcun aiuto dagli alleati, se non negli ultimi mesi di guerra. […] contattare più ragazzi che fosse possibile per convincerli ad unirsi ai partigiani […] Gli alleati diffidavano dei partigiani dell’estremo ponente ligure, da loro considerati “rossi”. Nonostante ciò, verso gli ultimi mesi di guerra si avviarono contatti tra partigiani ed alleati. Alcuni militari inglesi, tra i quali Michael Ross, furono salvati [con viaggi via mare verso gli alleati in Costa Azzurra] da mio nonno e da altri partigiani. Nel caso di Ross e dei suoi compagni, fallito il primo tentativo, quando la comitiva giunse finalmente oltre confine, quei partigiani furono salutati come eroi […] Michael Ross fu elevato di grado e divenne un uomo importante nella vita militare inglese. Ancora oggi ogni anno porta a Pasqua una colomba per ringraziare di tutto ciò che i partigiani avevano fatto per lui. Ha anche scritto un libro [From Liguria with love. Capture, imprisonment and escape in wartime Italy, Minerva Press, London, 1997, una fatica letteraria, che riferisce delle rocambolesche vicende di guerra dello scrittore, compresa la fuga da un campo di prigionia a quelle, non ultime per importanza, vissute nella zona ligure di frontiera. Ross sposò, del resto, una delle figlie delle persona che lo tenne nascosto a lungo a Bordighera, Giuseppe Porcheddu]. Thomas Lamberti, ricerca scolastica di fine anni ’90

Ci condusse attraverso il bosco ad una grande villa appena fuori Baiardo. La ragione della sua iniziale apprensione divenne subito chiara. Brunati si era rivelato essere la guida di una banda di sette o otto antifascisti, di età tra i venti ed i trent’anni, che avevano trovato rifugio in quella villa. La proprietaria era Lina Meiffret, la sola donna del gruppo… Brunati… era un generoso, cordiale uomo. Un intellettuale pieno di amore per la letteratura e la poesia… Lina era calma e flemmatica, gentile di natura ma con un forte nucleo di determinazione… Luigi ci portò a Llo di Mare… [Villa in Località Arziglia di Bordighera, in affitto a Giuseppe Porcheddu] Michael Ross, From Liguria with love. Capture, imprisonment and escape in wartime Italy, Minerva Press, London, 1997

Ai primi di novembre [1943] i fuggitivi [Michael Ross e George Bell] giungono in Bagnasco […] Erano giunti in terra ligure senza nemmeno saperlo. Puntarono la mattina più a valle, in vista di un casolare. Ma un incontro del tutto fortuito cambierà i loro progetti, studiati per giorni e giorni. L’uomo incontrato era Renato Brunati e il luogo il paese di Baiardo. […] i Porcheddu liberamente andarono incontro per salvare la vita dei due sconosciuti inglesi. Il ringraziamento, Ross, lo estende a Vincenzo Manuel Gismondi, a Federico Assandria e ad Elio Moraglia. “Beppe aveva ordinato di portarci in una casetta nel paesino di Negi ove vivevano sua moglie e i figli dopo l’arresto di Lina e Brunati” [Ross]. Dopo l’impresa fallita [tentativo di andare in barca a motore da Bordighera per la Corsica, causa affondamento per avaria del natante prescelto!] i due fuggiaschi inglesi riuscirono a trovare riposo e calore umano ma dovettero lasciare le terre di Arziglia […] Don Nino Allaria Olivieri in Ventimiglia … sentieri della speranza <ANPI, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Nante Edizioni, Imperia>, 2006, ripubblicato in Quando fischiava il vento – Episodi di vita civile e partigiana nella Zona Intemelia, Alzani Editore <La Voce Intemelia – A.N.P.I. Sezione di Ventimiglia (IM)>, 2015

La comunicazione alle autorità della RSI in data 15 giugno 1944 della Questura di Imperia – questore Ermanno Durante -, concernente indagini ed arresti di patrioti della zona di Ventimiglia e di Bordighera, edito da Don Nino Allaria Olivieri, Ventimiglia … sentieri della speranza , op. cit., pp. 9-24, riporta: “Biancheri Emilio di Lorenzo, nato a Bordighera, anno 1911, sarto [con attività in Vallecrosia], è altro capo dell’organizzazione. Costui tra l’altro rilevò in Neggi  [Negi], frazione del Comune di Perinaldo, due ufficiali inglesi [Ross e  Bell] che tentò, a mezzo di un fuoribordo, di portarli in Corsica, senza riuscirvi [nel libro di Michael Ross e nel memoriale di Giuseppe Porcheddu ad andare a Genova a comprare – la relativa spesa venne sostenuta da Piero Giacometti – il motore per quella barca fu Vincenzo Manuel Gismondi]. Con l’aiuto di un certo Renato Brunati, ora in campo di concentramento in Germania [arrestato, invece, una prima volta il 6 gennaio 1944,  e catturato in modo definitivo, insieme a Lina Meiffret, a febbraio, subito imprigionato e torturato – al pari della sua compagna di vita e di lotta – nelle carceri di Oneglia, deportato indi a Genova, Marassi, e fucilato dalle SS il 19 maggio 1944 nella strage del Turchino], riuscì a farli andare in Francia. Se si trattava, come di tutta evidenza risulterebbe, di Ross e di Bell, questi due ufficiali britannici solo a marzo 1945, come qui già visto, raggiunsero le file alleate; del resto, l’ing. Elio Riello, già vittima di quella repressione del 23 maggio 1944 e tornato vivo dall’inferno dei campi nazisti, sottolineava a Don Nino Allaria Olivieri, sempre nel lavoro più volte qui citato, circa altri precedenti rapporti repubblichini, che “i verbalizzanti possono aver ad arte dato delle notizie diverse dalla realtà allo scopo di sviare le indagini“, un’impronta fuorviante che potrebbe essere rimasta nelle conclusioni della Questura di Imperia. Adriano Maini

[…] L’operazione più importante alla quale partecipai fu la fuga dei 5 prigionieri alleati che trasportammo in Francia. I 5 soldati erano 2 americani, 2 inglesi e un francese. Gli inglesi erano: Michael Ross, capitano del Welch Regiment; Bell Cecil “George”, tenente della Highland Light Infantry. Il francese era Fernand Guyot, pilota. Gli americani erano i piloti Erickson e Klemme: non ne so né il nome, né il reparto, né altri dettagli, solo che erano piloti. Dopo l’8 settembre 1943 erano fuggiti dai campi di prigionia e avevano vagato per l’Italia settentrionale alla ricerca di un passaggio per la Svizzera o per la Francia liberata. La Resistenza li nascose a Taggia (IM) per qualche tempo, sperando nell’arrivo di un sottomarino per metterli in salvo. Nel febbraio del 1945 il Comando decise di tentare da Vallecrosia. Fui incaricato di prelevare i 5 al solito posto vicino a Negi […] Il tenente inglese Bell continuava a chiedermi quanto tempo mancasse all’arrivo, e io rispondevo sempre “5 minuti. Seppi poi nel dopoguerra che, nelle sue memorie che annotava nel diario che custodiva gelosamente, mi aveva soprannominato proprio “5 minuti”. Arrivammo a Vallecrosia (IM) dopo mezzanotte [diverse fonti indicano che era il 10 marzo 1945; il tragitto da Negi al mare si era svolto nella notte tra il 9 ed il 10]. Doveva giungere dalla Francia o un sommergibile o il motoscafo di “Caronte” [Giulio “CorsaroPedretti] per prelevare gli ex prigionieri. Aspettammo fin quasi all’alba. Non arrivò nessuno. Questo fu un grave imprevisto: un conto è nascondere cinque soldati alleati in montagna, altro è nasconderli in un centro abitato bombardato dagli alleati e sottoposto a continui rastrellamenti. Li nascondemmo a sua insaputa nella casa di Fortunato Lazzati, vicina all’abitazione di Achille […] Fortunato era sfollato a Vallecrosia Alta e aveva sbarrato la porta della sua casa … ma non gli scuri della finestra. Caso volle che Fortunato proprio l’indomani scendesse da Vallecrosia Alta per prendere qualcosa in casa. Sollevato lo sportellino della finestra vide i cinque sconosciuti dormire sul pavimento. Chiuse e scappò non ritornando che a guerra conclusa. Prelevammo un’altra barca dal solito deposito, la predisponemmo alla meglio e la portammo al mare attraverso Via Impero […] Imbarcati i cinque, Enzo Giribaldi e Achille [“Andrea” Lamberti] presero il largo […] … e la barca letteralmente si sfasciò. Udimmo qualche grido di aiuto e ci buttammo a mare per cercare di soccorrerli. Accorsero in acqua anche i bersaglieri, con i quali formammo una catena tenendoci per mano. Non dimenticherò mai quella scena: freddo, mare grosso e in acqua quella catena di bersaglieri con le mantelline che galleggiavano. Sembravano funghi. Soccorremmo i primi, tra i quali uno degli americani che aveva bevuto molto e stava veramente male; Enzo Giribaldi perse anche uno degli stivali che indossava. Mancavano Achille e i due inglesi. Era strano perché Achille era un nuotatore eccezionale. Dopo qualche minuto, apparve con i 2 inglesi che spingeva a turno verso la riva e trascinando il cappotto di uno dei prigionieri. “Tùti in tu belin a mi!“: disse allora Achille. Apprendemmo che l’ufficiale inglese, Bell, non voleva liberarsi del cappotto, malgrado che, quello inzuppandosi, lo trascinasse a fondo, e rendendo ad Achille ancor più faticosa l’opera di salvataggio. Achille glielo tolse quasi con la forza e scagliando tanti accidenti. […] La corrente spinse il relitto della barca fino a Latte [Frazione di Ventimiglia (IM), vicina alla Francia] e la cosa successivamente ci creò non pochi problemi […] I cinque prigionieri furono riportati di nuovo a casa di Fortunato. Si doveva rifocillarli e provvedere loro di vestiti asciutti.  Mentre Achille procurava del pane dal forno del partigiano Francesco Bussi, sua madre pensava bene di stendere a asciugare le divise dei soldati alleati sul terrazzo … in bella vista dalla strada! Fortuna volle che, prima di qualche milite fascista, passassi io, che avvisai subito Achille del pericolo […] Giorni dopo recuperammo altre due barche dal solito deposito […] finalmente portammo i battelli al mare e i 7 passeggeri (i 5 alleati e i 2 “passeur”). Prima di partire uno dei “passeur” volle collaudare le barche per verificare che tenesso il mare. Imbarcati tutti, partirono in 9 guidati da Achille e un altro, non ricordo se “Gireu” o Renzo Rossi o altri. Credo Renzo Rossi, che era il capo di tutta l’organizzazione sbarchi. Arrivarono sani e salvi e questa operazione accrebbe non poco la considerazione degli alleati per la Sezione Sbarchi di Vallecrosia. RenatoPlanciaDorgia in Giuseppe Mac Fiorucci,  Op. cit.

Il partigiano Nino e la missione Bentley

Vallecrosia Alta
Vallecrosia Alta

[…] A tal fine, la  N. 1 Special Force, la sezione italiana del SOE, organizzò l’invio di una missione, comandata dal capitano Robert C. Bentley, denominata “Saki”, che dal confine francese si sarebbe portata nella provincia di Imperia. Bentley avrebbe studiato la possibilità di approvvigionamenti alle forze partigiane via mare, e avrebbe cercato di collegarsi con la missione “Flap che era già operativa nel Piemonte meridionale e al confine con la  provincia di Savona. Dopo una ulteriore missione, denominata “Clarion”, comandata dal maggiore Duncan Lorne Campbell, sarebbe stata paracadutata per svolgere compiti di collegamento nella zona montagnosa a sud delle Langhe, egli avrebbe preso il comando del personale britannico nelle province di Imperia e Savona. […] Inizialmente la missione doveva essere paracadutata nella zona di Cuneo dove sarebbe stata contattata dal maggiore Temple della missione “Flap”, e successivamente avrebbe preso contatto con la 2° Divisione Ligure a nord di Imperia. La missione Flap era in contatto con le formazioni autonome del Maggiore Enrico Martini “Mauri” dell’Esercito di Liberazione  Nazionale. […] Il vice comandante sarebbe stato il capitano Bentley, ma la missione Clarion  non iniziò come previsto. Nelle istruzioni operative  della missione “Saki” del capitano Bentley, redatte un mese dopo, il 30 ottobre 1944, troviamo che la sua missione sarebbe arrivata via mare, avrebbe raggiunto le formazioni garibaldine della Div. “Cascione” sulle montagne imperiesi e solo dopo il suo insediamento sarebbe stata paracadutata la missione Clarion del maggiore Campbell. Al suo arrivo Bentley avrebbe lasciato il comando della missione a Campbell. Ma anche la missione Saki  non ebbe luogo secondo quanto pianificato  per le cattive condizioni climatiche. La missione Clarion venne paracadutata l’8 dicembre 1944: era composta dal maggiore Campbell, dal capitano Irving-Bell, dal tenente Clark e da due operatori radio.          Antonio Martino, La missione alleata “Indelible” nella II^ Zona Operativa savonese, pubblicato su Storia e Memoria, rivista dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Genova, 2011-1

n.d.r.: la testimonianza che qui segue concerne lo sbarco clandestino di Robert Bentley, capitano del SOE britannico, incaricato della missione alleata di collegamento con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria, sbarco avvenuto la sera del 6 gennaio 1945 su una spiaggia dell’estremo ponente ligure. Un’azione perfezionata da parte del comando partigiano e degli alleati anche con la Missione Kahneman, salpata da Vallecrosia (IM) il 14 dicembre 1944. Della Missione Kahneman facevano parte anche Alberto Nino Guglielmi e Domenico Mimmo Dònesi. Raggiunti gli alleati, Mimmo e Nino furono ingaggiati dai servizi inglesi, sottoposti ad un breve addestramento e preparati alla missione di invio di Bentley. Dopo Natale 1944 Nino, preceduto per l’assolvimento di altre incombenze logistiche da Antonio Tonino Capacchioni, fu inviato a preparare lo sbarco di Bentley   ]

… Il giorno dopo papà nascose in un altro nascondiglio la radio. Venne la polizia, che rovistò dappertutto, ma fu facile dire che non sapevamo niente della radio e che non sapevamo dove Nino [il fratello Alberto Guglielmi] fosse fuggito (forse con la radio stessa).
Aumentarono le nostre visite alla casa sulla costa [nella zona a mare di Camporosso (IM)]. Accompagnavo mio padre con in braccio mio fratellino Bruno per rendere più facile il passaggio al posto di blocco all’altezza della caserma Bevilacqua di Vallecrosia (IM). Sorpassavamo di lato la sbarra e i tedeschi e i fascisti di guardia ci salutavano dalla guardiola. A volte trascinavamo il carretto con sopra le ceste dei fiori. A Vallecrosia Alta coltivavamo un piccola piantagione di garofani. Spesse volte tra i garofani mio padre nascondeva casse che nottetempo erano sbarcate sulla costa.
Compresi che quando era in previsione uno sbarco pernottavamo al mare a dispetto dei cannoneggiamenti da Monte Agel, e al mattino ritornavamo ripetendo la manfrina delle ceste dei garofani invenduti al mercato. Da quei giorni nella cantina della casa al mare furono custodite anche strane casse.
Sono certa che sbarcarono o si imbarcarono anche altri soldati alleati. In particolare ricordo che prima di Natale del 1944 una notte riapparve Nino accompagnato da un uomo alto, biondo come uno svedese e due baffoni. Erano appena sbarcati dalla barca, perché i pantaloni erano bagnati, e avevano anche diverse casse che nascosero in cantina e che vennero recuperate nei giorni successivi dagli amici di Nino: Achille [“Andrea” Lamberti,  comandante del distaccamento S.A.P. di Vallecrosia (IM)], Lotti [Aldo Levis Lotti, commissario del distaccamento S.A.P.] e altri. Ancora a notte partirono per Negi.

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La zona vicino al mare in cui abitava la famiglia Guglielmi

[La missione via mare di Bentley riuscì ad infiltrarsi nella notte del 6-7 gennaio 1945, dopo otto tentativi di sbarco, sulla spiaggia nei pressi di Bordighera …
Antonio Martino, La missione alleata “Indelible” nella II^ Zona Operativa savonese, pubblicato su Storia e Memoria, rivista dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Genova, 2011-1 ]

La notte della Epifania [del 1945] riapparve mio fratello Nino con “Mimmo” [Domenico Dònesi] e un ufficiale inglese [il capitano Robert Bentley, inglese, che doveva assumere per l’appunto l’incarico del collegamento degli Alleati con la I^ Zona Partigiana Liguria], bagnato fradicio, che era evidentemente appena sbarcato. Sistemarono delle casse in cantina, poi si incamminarono di nuovo… L’indomani di buona ora con mio padre e mio fratellino Bruno ci incamminammo per Vallecrosia Alta. Era una strana carovana che procedeva dalla costa verso la collina di Santa Croce fino all’attuale via Orazio Raimondo. Io, mio padre con mio fratellino sulle spalle e un carretto con delle ceste di fiori all’interno delle quali forse era nascosta una radio ricetrasmittente o altre casse, procedemmo  lungo la via provinciale per passare il posto di blocco. Ampeglio “Elio” Bregliano, Mimmo, Nino, il capitano Bentley e Mac, il marconista, lungo il versante della collina, nascosti tra i pini e sotto i pergolati delle coltivazioni di verde ornamentale proprio dietro la caserma Bevilacqua lungo il sentiero del Nespolo. Davanti e dietro altri partigiani. All’altezza del cimitero di Vallecrosia incontrammo Achille Lamberti [nome di battaglia Andrea, comandante del distaccamento S.A.P. di Vallecrosia], e Lotti [Aldo Levis Lotti, comandante del distaccamento S.A.P. di Vallecrosia], che avevano fatto da staffetta e portato un po’ di pane. Arrivò anche Eraldo [nome di battaglia Mura] Fullone con un carro e una mula per caricare le ceste di fiori. Con mio padre e Bruno mi fermai a casa a Vallecrosia Alta. Nino, Mimmo, Elio e gli inglesi procedettero fino a Soldano (IM) con Lotti, Achille e Eraldo che li precedevano di vedetta contro eventuali incontri di tedeschi […] Il 10 gennaio 1945 nella chiesa parrocchiale venne officiata la Santa Messa dell’anniversario della morte di mia madre. A cerimonia appena iniziata apparve Nino, il quale si sedette qualche banco davanti a me. Dal mio posto ad un tratto vidi una donna, che era dietro di lui e che non riconobbi, toccare lievemente Nino sulla schiena. Come fosse un segnale convenuto, senza voltarsi, mio fratello si alzò e si allontanò confondendosi tra la gente: fu l’ultima volta che vidi mio fratello. La mattina del 25 gennaio 1945 mio padre arrivò trafelato a casa, ordinandomi di vestire di corsa Bruno e di prendere un po’ di vestiario. Ci imbacuccammo con ogni possibile indumento e di fretta uscimmo dal paese verso la collina. Camminammo fino ai Negi, dove sostammo a casa di una conoscente. Ci aspettavano Elio e Mimmo.  A sera ci incamminammo per raggiungere la spiaggia di Vallecrosia. Traversammo una piantagione di limoni: mio padre, Elio e Mimmo si riempirono le tasche di limoni. Faceva freddo, molto freddo. Al mare ci aspettava una barca. Il mare era mosso e ci vollero tutta l’esperienza e l’abilità di mio padre per governare la barca. Il vento ogni tanto ci spruzzava sul volto la spuma delle onde. Mentre stringevo Bruno dicendogli di non aver paura, Mimmo e Elio divorarono tutti i limoni nel vano tentativo di sottrarsi al mal di mare. Giungemmo a Monaco e gli alleati ci soccorsero. Dapprima fummo ospitati a Nizza da parenti, poi preferimmo stabilirci a Beausoleil.
Mimmo venne sovente a trovarci portandoci qualche genere di conforto.
Il 26 aprile 1945 mio padre decise di ritornare a Vallecrosia.
Giunti a Ponte San Luigi, non ci lasciarono rientrare in Italia. Non avevamo documenti!
Come facevamo ad avere documenti se eravamo fuggiti clandestini?
La guerra era appena finita e la burocrazia ottusa già manifestava tutta la sua forza.
Ritornammo a Beausoleil e mio padre affermò “Ritorniamo in Italia come ne siamo scappati”.
Un suo amico pescatore di Monaco, forse anche lui contrabbandiere, gli mise a disposizione una barca e la notte del 27 ci imbarcammo per ritornare in Italia.
Sbarcammo clandestini come clandestini eravamo partiti. Sebbene la guerra fosse finita non avevo notizie di Nino. Fu allora che alle mie pressanti richieste mio padre mi mise al corrente che Nino era morto il 20 gennaio. Fu ammazzato a Baiardo (IM), sulla strada per Vignai. [La documentazione ufficiale indica che Alberto Nino Guglielmi venne fucilato dai tedeschi a Sella Carpe di Baiardo (IM) il 18 gennaio 1945]. Riuscii ad andare a Baiardo accompagnata dalla mia amica Manon per cercare dove fosse sepolto Nino… Emilia Guglielmi in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia <ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM) >, 2007

La mattina del 18 gennaio 1945 mentre eseguivano una missione di trasporto lungo la strada che da Vignai porta a Passo Ghimbegna, all’altezza del bivio per Monte Ceppo, Nino e Mimmo vennero intercettati da militi della RSI. Nino venne ferito, fatto prigioniero e quindi trucidato.  Mimmo riuscì a fuggire e avvisò la famiglia di Nino che abitava, sfollata, a Vallecrosia Alta. Nell’attesa che i partigiani di Vallecrosia, il Gruppo Sbarchi, preparasse un’imbarcazione, Mimmo, l’anziano padre di Nino, la sorella diciottenne Emilia e il fratellino Bruno di 4 anni si nascosero a Negi, Frazione di Perinaldo, sfuggendo ai fascisti che li ricercavano. La notte del 25 gennaio del 1945 la famiglia di Nino fu portata in salvo con una barca a remi da Mimmo ed Ampelio Elio Bregliano. Raggiunsero la costa di Beausoleil e Mimmo ritornò al comando alleato a Nizza; per alcune volte incontrò ancora Emilia, poi un giorno dei primi di aprile del ’45 gli alleati decisero che aveva dato abbastanza e lo rimpatriarono nella Napoli liberata.
appunti inediti di Giuseppe Mac Fiorucci, autore Op. cit.

 

Arrivarono gli inglesi e Leo fu finalmente ricoverato al Pasteur di Nizza

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Il teatro di mare su cui operavano di notte i partigiani del mare

[A metà dicembre del 1944 vennero ufficializzati con la Missione Kanheman i rapporti tra i partigiani del ponente ligure con gli alleati, ormai attestati sul vecchio confine italo francese. Due gruppi italiani operavano clandestinamente via mare in collaborazione con gli alleati, entrambi sotto la responsabilità di Stefano Leo Carabalona. La Missione Corsaro, guidata da Giulio Pedretti, con radici in Ventimiglia (IM). Di quello di Vallecrosia, Gruppo Sbarchi, faceva parte l’estensore della presente testimonianza]

Nell’estate 1944 i servizi segreti americani avevano inviato sulla costa una rete di informatori, capeggiati da Gino Punzi .
Dovendo tornare in Francia, per attraversare le linee [non era certo la prima volta] Gino Punzi si avvalse della collaborazione di un passeur, dal quale, poiché era passato al soldo dei tedeschi, durante il viaggio venne ucciso [nella notte tra il 4 e il 5 gennaio 1945 in zona Marina San Giuseppe a Ventimiglia]. Il comandante tedesco si infuriò perché avrebbe voluto catturare vivo il Gino. Sul suo cadavere furono rinvenuti dei documenti, dai quali i tedeschi vennero a conoscenza del fatto che sarebbero stati inviati altri agenti e telegrafisti alleati.
I tedeschi predisposero una trappola e quando arrivò il telegrafista “
Eros” lo catturarono ferendolo. Si avvalsero di lui per trasmettere falsi messaggi al comando alleato di Nizza.
Con questi falsi messaggi fu richiesto l’invio di un’altra missione: la missione “Leo”.

Al centro della fotografia Stefano Leo Carabalona nella baia di Villefranche-sur-Mer

[ Luciano “Rosina” Mannini in  Mario Mascia, Op. cit., definisce, invece, come si è letto qui sopra, “Missione Leo” la vera e propria presa di contatto di Carabalona, comandante della Missione Militare (dei partigiani della I^ Zona Operativa Liguria) presso il Comando Alleato, con gli Alleati, Missione perfezionata il 15 dicembre 1944 con l’arrivo tra gli Alleati della Missione partigiana Kanheman; nella missione Leo erano – lo si ripete, sempre  secondo Mannini – coinvolti, tra gli altri, Giulio “Caronte” o “Corsaro” Pedretti e Pasquale Pirata Corradi di Ventimiglia (IM), della Missione o Gruppo Corsaro di Ventimiglia, nonché Lolli, Giuseppe Longo, vice comandante di Carabalona, e lui stesso, Mannini (di Vallecrosia); rientrarono, dopo adeguata preparazione fornita dagli Alleati, a metà gennaio 1945, come si può leggere anche in Brooks Richards, Secret Flotillas, Vol. II, Paperback, 2013, che definisce tale rientro come una missione dell’OSS statunitense ].

La missione andò a rotoli con il ferimento [era l’8, forse il 9, febbraio 1945] di “Leo” [Stefano Carabalona], che venne nascosto nella cantina di casa mia.
I tedeschi rastrellarono tutta la zona cercando
“Leo”; “visitarono” anche la mia casa: sulla porta rimasero le impronte dei chiodi degli scarponi di quando sfondarono l’ingresso a calci.
Ma non cercarono in cantina. Si limitarono ad arraffare del cibo dalla cucina. Con Renzo Rossi nascondemmo tutti i documenti del SIM e del CNL nel mio giardino, preparandoci al trasferimento di
“Leo” in Francia.
Il Gruppo Sbarchi Vallecrosia aveva frattanto predisposto una barca. Renzo Rossi con Lotti [Aldo Levis Lotti, commissario della squadra S.A.P. di Vallecrosia] avevano preavvisato i bersaglieri della necessità di effettuare l’imbarco quanto prima possibile.


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La collaborazione dei bersaglieri fu determinante per tutte le operazioni del Gruppo Sbarchi. Il sergente Bertelli comandava un gruppo di bersaglieri a Collasgarba – sopra Nervia di Ventimiglia – e aveva manifestato la volontà di aderire alla Resistenza. Fu avvicinato dai fratelli Biancheri [martiri della Resistenza], detti Lilò, per stabilire le modalità della diserzione, quando il plotone fu distaccato alla difesa costiera giusto sulla costa di Vallecrosia in prossimità del bunker alla foce del Verbone.

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Una vecchia fotografia, tratta da Gruppo Sbarchi Vallecrosia, Op. cit. infra, attinente il presidio dei bersaglieri a Vallecrosia (IM)

I Lilò convinsero allora i bersaglieri a non disertare, ma ad operare dall’interno per consentire ed agevolare le nostre operazioni. Alla data convenuta, in pieno giorno trasferimmo “Leo” a Vallecrosia, facendolo sedere sulla canna della bicicletta di Renzo. In pieno giorno, perché approfittammo di un furioso bombardamento. Le strade erano deserte, solo granate che esplodevano da tutte le parti. Ricoverammo “Leo” in casa di Achille [Achille Lamberti di Vallecrosia, “Andrea“], aspettando la notte. Al momento opportuno ci trasferimmo sul lungomare; il soldato tedesco di guardia, come al solito, era stato addormentato da Achille con del sonnifero fornito dal dr. [Salvatore] Marchesi [nomi di battaglia “Turi“, “Salibra“, “Salvamar“, ispettore circondariale del CLN di Sanremo, fratello del prof. Concetto Marchesi, quest’ultimo, come noto, un insigne latinista e figura di spicco della Resistenza a livello nazionale], laureato in chimica.

[  7 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo a Turi Salibra ed al CLN di Bordighera - L'ufficiale addetto al Comando, Piero [Pietro De Andreis], sarebbe stato con il CLN di Bordighera al momento dello sbarco per la ripartizione delle armi provenienti dalla Francia. In base agli accordi le armi sarebbero state assegnate per il 25% alle SAP di Ventimiglia, Vallecrosia e Bordighera e per il restante alle SAP di Ospedaletti, Sanremo, Taggia e Riva-Santo Stefano [allora comune unico]...  da un documento Isrecim in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia - Anno Accademico 1998 - 1999  ]
I bersaglieri ci aiutarono a mettere in acqua la barca e a caricare “Leo” ferito. Cominciammo a remare, ma, dopo poche centinaia di metri, la barca cominciò ad imbarcare acqua. Non potevamo tornare indietro. Mentre io e “Rosina” (Luciano Mannini) remavamo, “Leo” e Renzo [Renzo Rossi] si misero di buona lena a gottare, con una sassola che, per puro caso, avevamo portato con noi.
Riuscimmo a tenere il mare e ad arrivare al porto di Monaco. Con la pila facemmo i soliti segnali, ma non ricevemmo alcuna risposta; entrammo nel porto e accostammo alla banchina. Chiamammo una ronda di passaggio, che ci portò al comando di polizia, dove chiedemmo di informare Milou, l’agente di collegamento.
Arrivarono gli inglesi e “Leo” fu finalmente ricoverato al Pasteur di Nizza. Anche io e “Rosina” ci facemmo medicare il palmo delle mani piagate dal remare.

Renzo Gianni Biancheri (2), detto anche “Rensu u Longu“, in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia  < ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM), 2007 > 

(2)  ... Anche io fui condotto a Montecarlo, con Renzo Rossi, Girò [Pietro Gerolamo Marcenaro] e Renzo Biancheri, già allora sordo come una campana. Per me era la prima volta, mentre per gli altri si trattava dell’ennesima traversata. Fummo accolti dal capitano Lamb, che ci condusse a Le Petit Rocher... Renzo Biancheri chiese di poter usare il telefono, compose il numero e ottenuta la comunicazione tra lo stupore generale iniziò a cantare Polvere di Stelle. Renzo era sordo e come tutti i duri d’orecchio cantava bene. Sussurrava la melodia d’amore di “Polvere di Stelle”, alle orecchie di una interlocutrice, evidentemente conosciuta in qualche precedente missione e con la quale di certo non scambiava lunghe conversazioni: 
Sometimes I wonder why I spend
The lonely night dreaming of a song
Renato Plancia Dorgia in Giuseppe Mac Fiorucci, Op.cit.
 
Renzo Rossi (Renzo, Stienca, Zero)… dopo aver riorganizzato il CLN di Bordighera e dopo un periodo di permanenza in montagna lavorerà per il CLN circondariale adoperandosi tra l’altro in viaggi via mare… per stabilire rapporti tra le forze resistenziali italiane e ufficiali americani, inglesi, francesi… Renzo Biancheri (Gianni), di Bordighera, che aiutò Renzo Rossi nella sua attività… Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) - Vol. I: La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976

Tra quei giovani credo ci fosse anche Italo Calvino

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Uno scorcio di case Cristai-Peverei, in Negi, Frazione di Perinaldo (IM)

Trascorso il plenilunio, la notte del 14 [dicembre 1944] partiva con un’altra barca anche il partigiano dott. Kahneman (Nuccia) con la pianta di tutte le postazioni tedesche del primo schieramento costiero e le coordinate delle principali fortificazioni, ricevute a Coldirodi [Frazione di Sanremo (IM)] da un incaricato della Divisione Felice Cascione. Su interessamento del comando della I^ Brigata Silvano Belgrano [ n.d.r.: che faceva ancora parte della II^ Divisione “Felice Cascione”, ma asarebbe passata dopo pochi giorni a far parte della neo costituita Divisione “Silvio Bonfante” ], rientravano dal Piemonte nella prima decade di novembre e, con l’aiuto di Corsaro [Giulio Pedretti], dopo qualche giorno seguivano Nuccia verso la Francia anche due soldati R.T. americani, fuggiti ai tedeschi in Alta Italia, con il compito di sollecitare presso il Comando alleato l’invio di apparecchi radio ricetrasmittenti. Il tenente Antonio Capacchioni del gruppo Kanhemann veniva incaricato di preparare, in collaborazione con la S.A.P. di Vallecrosia, l’arrivo presso la Divisione Felice Cascione del capo della Missione alleata, il capitano inglese Robert Bentley. L’insieme degli uomini addetti al raggruppamento sbarchi e imbarchi, forniti quasi tutti dalla S.A.P. di Vallecrosia, comandati dal garibaldino Renzo Rossi di Bordighera e dal commissario Gerolamo Marcenaro di Vallecrosia, tra gli altri comprendeva i garibaldini Achille Andrea Lamberti [comandante del distaccamento S.A.P. di Vallecrosia], Vittorio Lotti [in effetti Aldo Levis Lotti, commissario del distaccamento S.A.P. di Vallecrosia], Renato Plancia Dorgia, Ezio Amalberti, Vincenzo Biamonti, Irene Anselmi, Eraldo [Mura] Fullone… Salvatore Marchesi [Turi Salibra Salvamar], Angelo Mariani [Athos], Luciano Mannini (Rosina), Renzo Biancheri [dai compagni di lotta ricordato sempre nelle testimonianze da loro rese come Rensu u Longu, mentre il nome di battaglia era Gianni], fino a raggiungere una forza di una ventina di uomini che funzionavano a pieno ritmo.
Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2005

Le prime voci di antifascismo a Vallecrosia si ebbero nel 1940/41 da parte di Achille [Achille Lamberti, “Andrea”], di Francesco “Cè” Garini, di “Girò” [n.d.r.: o “Gireu”, Pietro Gerolamo Marcenaro], di Aldo Lotti e di altri.
Un antifascismo molto riservato, anche perché le ritorsioni erano molto dure, come nel caso di Alipio Amalberti, zio materno di Girò, che per aver gridato in un bar di Vallecrosia “Viva la Francia” venne dapprima schedato e successivamente costantemente perseguitato, fino a essere fucilato per ritorsione dopo essere stato preso come ostaggio.
Renato Plancia Dorgia  in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM), 2017
 
[  n.d.r.: Sergio Sergio Marcenaro, all’epoca quattordicenne staffetta partigiana, nonché fratello del già citato Girò, precisa che lo zio materno Alipio per quella frase, riportata qui sopra da Dorgia, era stato condannato a cinque anni di confino. Ne fece poco più di tre, perché avendo dato prova pratica nel luogo di isolamento di essere un valido agricoltore del ponente ligure, il graduato fascista, che gli aveva già concesso la possibilità di lavorare, aveva altresì intercesso a quel punto per una riduzione della sua pena. Ma il suo nome era rimasto segnato e, a seguito di varie traversie, schematicamente indicate qui di seguito, venne trucidato a Badalucco (IM) il 5 giugno 1944  ]
[ n.d.r.: Pietro Gerolamo Marcenaro risultava latitante già nel verbale della Questura (fascista) di Imperia del 15 giugno 1944, riferito alle indagini ed agli arresti effettuati verso la fine di maggio nella zona di Ventimiglia e di Bordighera a danno del costituendo CLN di Ventimiglia, del già esistente CLN di Bordighera, del gruppo antifascista “Giovane Italia” e di altri patrioti collegati, un documento edito in don Nino Allaria Olivieri, Ventimiglia partigiana… in città, sui monti, nei lager 1943-1945, a cura del Comune di Ventimiglia, Tipolitografia Stalla, Albenga, 1999, pp. 9, 24 ]
[ n.d.r.:  Alipio Amalberti, nato a Soldano l’11 febbraio 1901, già nelle giornate che seguirono l’8 settembre metteva in piedi un’organizzazione per finanziare ed armare i gruppi che si stavano formando in montagna a Baiardo (IM) insieme a Renato Brunati di Bordighera, fucilato dalle SS il 19 maggio 1944 sul Turchino e Lina Meiffret, proprietaria di una villa poco fuori Baiardo, punto di riferimento e talora rifugio di quella piccola banda, che, catturata insieme al fidanzato Brunati, venne deportata in un campo di concentramento in Germania, da cui tornò fortemente provata, ma salva. Arrestato il 24 maggio 1944 a Vallecrosia e tenuto come ostaggio, in quanto segnalato più volte come sovversivo, Alipio Amalberti venne fucilato a Badalucco il 5 giugno 1944 come ritorsione ad un’azione del distaccamento di “Artù”,  Arturo Secondo, compiuta il 31 maggio ]

Sono nato nel 1925 e nel 1943 ero uno studente, che frequentava con profitto il liceo classico di Sanremo, sempre promosso e anche un po’ imbevuto di fanatismo fascista, specialmente dopo la guerra di Spagna. A causa della propaganda di allora parteggiavo per i franchisti.

Ero renitente alla leva, ma non c’era ancora una resistenza organizzata. Per evitare di farmi catturare, mio padre mi nascose da parenti di mia madre a Isola del Cantone, in provincia di Genova. Venni dichiarato disertore e fui condannato a morte con sentenza del tribunale di Sanremo in data 28 febbraio 1944. Per i disertori la pena comminata dalla Repubblica Sociale di Salò era, infatti, la fucilazione immediata.
La mia permanenza a Isola del Cantone era dunque pericolosa per me e per i miei parenti.
Approfittando del bando che sospendeva la fucilazione per i disertori che si fossero presentati spontaneamente all’arruolamento, mio padre mi venne a prendere e col treno ritornai con lui fino ad Arma di Taggia [Taggia (IM)], poi da Arma a Vallecrosia in bicicletta, fortunatamente senza essere mai fermati. Nel frattempo Girò, Achille Lamberti ed altri avevano organizzato un principio di Resistenza.
Attraverso mio padre, presi contatto con loro e assieme ci demmo alla macchia.
Achille Lamberti, Cè Garini, Girò Marcenaro, Aldo Lotti, Nello Moro e io partimmo per il punto di raduno a Langan.
Poco pratici, percorremmo il tragitto più lungo e impervio dove Girò dimostrò tutta la sua volontà: per una malformazione camminava con difficoltà e meno agevolmente di noi, ma non si arrese.
In località San Martino di Soldano (IM) ci unimmo ad un gruppo di studenti di Sanremo che il C.L.N. aveva indirizzato verso noi per raggiungere Langan [Località di Castelvittorio (IM)]. Tra quei giovani credo ci fosse anche Italo Calvino [ n.d.r.: di lì a breve tra i redattori del giornale “Il Garibaldino”, stampato a Realdo, Frazione di Triora (IM), di cui furono creatori ed animatori Fragola Doria ([Armando Izzo) e Silla, Ferdinando Peitavino, di Isolabona (IM), quest’ultimo in seguito, da fine gennaio 1945, vice commissario politico della II^ Divisione “Felice Cascione”]. Non ne sono sicuro, ma dalle fotografie dello scrittore viste nel dopoguerra sono certo di aver riconosciuto un compagno con i quali trascorsi a Carmo Langan [località di Castelvittorio (IM)] i miei primi giorni da partigiano.
Quando giungemmo sopra Castelvittorio (IM), ci venne incontro un partigiano, un militare unitosi alla resistenza dopo l’8 settembre 1943, tale Iezzoni “Argo” [n.d.r.: Altorino Iezzoni, nato ad Atri (TE), il 26/04/1914, già caporale del Regio Esercito, commissario di Distaccamento della neoformata (il 20 giugno) IX^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione”], che ci accompagnò fino a Langan, dove c’era il “quartier generale” e dove si concentravano tutti i neo-partigiani.
Salutandoci, il partigiano Iezzoni ci disse che l’indomani probabilmente sarebbero sbarcati gli alleati.  Sarebbe stato, invece, il giorno della da noi famosa “notte dei bengala” del 21 giugno del 1944, quando tutti credevano e speravano nello sbarco degli alleati e invece ci fu solo un grande bombardamento. Otto giorni dopo [il 27 giugno 1944] “Argo” moriva in un’operazione a Baiardo (IM).
Fu il primo schiaffo che ricevetti dalla realtà della mia guerra di partigiano.
Fummo segnati su un grosso registro e arruolati al comando di Vittò [anche Vitò e Ivano, nomi di battaglia di Vittorio Giuseppe Guglielmo, dal 7 luglio 1944 comandante della V^ Brigata d’assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni”, dal 19 dicembre 1944  comandante della II^ Divisione “Felice Cascione”].
Girò mi attribuì il “nome di battaglia” di “Riccardo”, da Riccardo Cuor di Leone. In realtà non mi sono mai sentito tale.
Restammo a Langan un paio di giorni e depositammo le armi che ci eravamo procurati a Vallecrosia, tanto avevamo possibilità di averne altre, recuperandole tra quelle nelle caserme abbandonate o gettate dai soldati dell’armata italiana in rotta dal fronte francese dopo l’8 settembre.  […] Le merci sbarcate venivano nascoste e successivamente trasportate a Negi e consegnate ai garibaldini di “Curto” e Gino Napolitano. Sovente ero incaricato del trasporto a Negi. Tra gli altri carichi ricordo una macchina da scrivere. Era pesante, pesava quanto un mortaio; ricordo che, nella fatica, dovetti sforzarmi non poco per convincermi che per vincere la guerra fosse necessaria anche una macchina da scrivere e superare la tentazione di buttarla in una scarpata.
Chi dirigeva tutte le operazioni era Renzo Rossi “Rensu u Curtu” per distinguerlo da Renzo Biancheri “U Longu”. Il comando alleato aveva deciso già nel settembre ’44 di inviare presso le formazioni partigiane ufficiali-istruttori e di collegamento. […] Con lo sbarco [6 gennaio 1945] del capitano Bentley [n.d.r.: ufficiale del SOE britannico, incaricato del Comando Alleato presso il comando partigiano della I^ Zona Liguria] si strinsero ancor più i rapporti tra il Gruppo Sbarchi di Vallecrosia e il gruppo di “Leo” Carabalona, del quale faceva parte Giulio Corsaro Pedretti, che per primi avevano preso contatto con le forze alleate. Gli sbarchi si susseguirono con invio di armi e anche di agenti radiotelegrafisti per azioni di spionaggio. […] L’organizzazione dell’Operazione Sbarchi non fu cosa semplice. Bisognò innanzitutto trovare natanti idonei a raggiungere la costa francese per le necessità di trasporto dall’Italia alla Francia; in senso inverso provvedevano gli alleati con potenti motoscafi pilotati da Pedretti […]

Renato Plancia Dorgia  in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. Cit.

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Una vista su Camporosso (Mare), Vallecrosia e Bordighera

4 aprile 1945 – Dal Quartiere Generale rappresentante dell’Alto Comando Alleato al commissario Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione”] – Veniva conferito incarico al commissario in indirizzo di avvisare i responsabili della ricezione degli sbarchi di iniziare le segnalazioni alle ore 23.15 del giorno 4 stesso per i 5 giorni successivi, mentre dal giorno 10 al giorno 12  dovevano iniziare alle ore 24.  L’intervallo tra una segnalazione e l’altra doveva essere di 5 minuti.  Si richiedevano chiarimenti sulla lettera del 29 marzo con la quale era stato comunicato che i tedeschi erano a conoscenza del punto di sbarco.

7 aprile 1945Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria a Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione“] – Venivano chiesti, dietro protesta del capitano Roberta [Robert Bentley, ufficiale alleato di collegamento], chiarimenti circa la distribuzione di armi arrivate in tre differenti sbarchi, circostanze sulle quali non erano state fatte le dovute relazioni.

9 aprile 1945 – Dal comando della V^ Brigata  al Comando della I^ Zona Operativa Liguria – Riferiva che “… sono giunti 2 garibaldini dalla Francia che hanno colà seguito un periodo di istruzione e che hanno preannunciato un prossimo arrivo di materiale bellico...”

da documenti Isrecim in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio / 30 Aprile 1945), Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Facoltà di Scienze della Formazione, Corso di Laurea in Pedagogia, Anno Accademico 1998/1999
La base alleata in Francia era a Saint Jean Cap Ferrat, nella baia di Villafranca, nella villa Le Petit Rocher.
Da Vallecrosia si partiva, naturalmente di notte, e si raggiungeva il porto di Montecarlo, facilmente individuabile perché l’unico illuminato.
All’ingresso del porto una vedetta intimava l’alt e accompagnava il natante all’approdo sotto stretta sorveglianza.
Qui l’equipaggio forniva alle sentinelle alleate del porto di Monaco solo un numero di telefono o di codice e il nome dell’ufficiale dell’Intelligence Service. […] Per me era la prima volta, mentre per gli altri si trattava dell’ennesima traversata.
Fummo accolti dal capitano Lamb, che ci condusse a Le Petit Rocher. Ci diede qualche istruzione, tra le quali ricordo che, alla mia richiesta di una qualche sorta di documento, ci disse che a eventuali controlli dovevamo solo rispondere che eravamo maltesi e di riferire il suo nome, capitano Lamb con il numero di riconoscimento.
Mettendo mano al portafoglio, Lamb cominciò a distribuire una banconota da 500 franchi. La sua intenzione era di consegnarne una per ognuno di noi, ma Renzo Rossi, intascata la prima banconota ringraziò dicendo che 500 franchi bastavano per tutti.
Il capitano, sorpreso, ci fissò negli occhi uno per uno e domandò:
“Ma voi siete proprio Italiani?”.
Scoppiò poi a ridere, ma, per un attimo, vidi nel suo sguardo il sospetto che fossimo sabotatori. […] Nei giorni successivi ci portarono nei pressi dell’aeroporto di Nizza.
In un capannone erano accatastate una quantità notevole di mitragliatrici italiane Breda nuove e imballate. Evidentemente preda di guerra dell’avanzata alleata su Nizza nell’agosto del 1944.
Ma perché non le avevano fornite a noi già l’anno prima?
Prelevammo armi, viveri, vestiario e materiale sanitario.
Al Petit Rocher predisponemmo tutto sulla banchina per stivare il carico sul motoscafo che ci avrebbe riportato a Vallecrosia.
Dovemmo imbarcare anche due agenti di Ventimiglia (Paolo Loi e un altro che non ricordo, che avevano seguito un corso di sabotatori imparando a maneggiare l’esplosivo al plastico).
Per far posto ai due sabotatori, lasciammo a terra i viveri e il vestiario imbarcando solo le armi e i medicinali, contro la volontà degli ufficiali inglesi.
Ricevemmo la direttiva di annullare lo sbarco se non avessimo avvistato da terra il segnale di riconoscimento.
Arrivati al largo di Vallecrosia, nessun segnale, ma Girò mise ugualmente in acqua i due canotti e disse che, per maggior sicurezza, saremmo approdati nel tratto di spiaggia davanti alla sua abitazione.
Era meno sorvegliato dai fascisti perché … minato.
Come “maggior sicurezza” non era male!
Ma Girò conosceva il posizionamento delle mine. Il canotto con i due sabotatori approdò sulla spiaggia più verso Bordighera, forse non si fidavano a seguirei o volevano mantenersi una probabilità di fuga in caso fossimo stati accolti dai nazifascisti.
Solo più tardi ci vennero incontro camminando sulla battigia per paura delle mine. Per un attimo tememmo si trattasse di una pattuglia nemica.
Con estrema cautela Girò ci guidò nel sentiero minato fino a casa sua.
Portammo le armi a Negi come le altre volte, rifornendo le brigate Garibaldine.

Renato Plancia Dorgia  in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

 

Un amico dei partigiani di Bordighera, non ricordo chi fosse, mise a disposizione gratuitamente due bare, una per mio fratello [Alberto Nino Guglielmi, del Gruppo Sbarchi] e l’altra per Alipio Amalberti, trucidato a Badalucco. Insieme a Ezio Amalberti, andammo [fine aprile-inizio maggio 1945] a Baiardo passando da Apricale. […] L’indomani mattina ritornò Ezio con la bara di Alipio. Ritornammo a Vallecrosia scendendo da Ceriana con quel triste carico. Al nostro passaggio la gente si segnava commossa. Il ponte danneggiato lungo la strada era stato reso parzialmente agibile con assi di fortuna. Alcuni uomini impietositi si levarono il cappello e ci aiutarono nel difficile passaggio del ponte. Arrivammo a Vallecrosia in serata ma ci aspettavano in tanti. Venne improvvisata una camera ardente nella sede del PCI. […] L’indomani i feretri furono portati in chiesa per la cerimonia religiosa (per evitare ulteriori problemi mio padre, prima di entrare, tolse le bandiere rosse che coprivano le bare) e quindi seppelliti nel cimitero di Vallecrosia alla presenza di tutti i partigiani e di tanta, tanta gente. […] testimonianza di Emilia Guglielmi in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

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