Il gruppetto, che aveva scelto l’espatrio “via mare”, si attivò affidandosi ai due robusti rematori citati

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Alture che sovrastano Ventimiglia (IM) e che furono attraversate dal “quartetto” – cit. infra – di Morton

Il rientro tra le linee alleate di una parte della Missione britannica Flap avvenne, come è noto, facendo una tappa decisiva a Pigna (IM), tra i partigiani della V^ Brigata “Nuvoloni” impegnati nella difesa dell’appena costituita Libera Repubblica. Alla Missione si era aggregati partigiani della provincia di Cuneo, che speravano di riuscire a raggiungere – come in effetti avvenne – Roma per conferire con esponenti del governo Bonomi, piloti ed avieri alleati che erano riusciti a sottrarsi alle ricerche dei nazifascisti, guide ed accompagnatori. L’articolo che segue riassume gli eventi citati da un punto di vista particolare.
Adriano Maini

Da almeno un mesetto la nostra squadra, vale a dire quella di Nino Micheletti, prestava servizio al posto di blocco avanzato operante sulla strada provinciale a valle di Frabosa Sottana.
Verso il 24/25 settembre 1944, Micheletti venne convocato dai Dirigenti Divisionali (Cosa e Giocosa), per urgenti, indifferibili motivi.
Quando fu di ritorno nel Distaccamento, mi descrisse, un po’ eccitato, l’accaduto. […] Da questa indifferibile esigenza, nasce l’iniziativa di rivolgersi al neonato governo del Sud, di concerto con il Comitato Regionale di Liberazione Piemontese, e l’appoggio del grande amico, Maggiore Temple, per segnalare le principali carenze che mettevano in grave pericolo non solamente i soggetti combattenti ma, altresì, tutti i civili della zona.
Per fronteggiare tale seria contingenza, si rendeva pertanto necessario contattare tempestivamente e senza indugi, il nuovo governo centrale, presieduto da Ivanoe Bonomi, da poco insediato a Brindisi [in verità a Roma].
Il Comando divisionale, forse rassicurato dalla notizia che la squadra di Micheletti si era procurato tutto l’armamento rastrellando periodicamente l’area monregalese e quella tendasca, non esitò ad affidare a Micheletti e compagni il gravoso incarico di scortare i due messaggeri, Bessone e Astengo, oltralpe, per consentir loro di accedere all’aeroporto di Nizza, da pochi giorni liberata dagli alleati anglo-americani, e di lì raggiungere la meta prefissata. In realtà, i quattro partigiani della scorta, Micheletti, Mondino, A. Clerico e Maccalli, ignoravano totalmente le caratteristiche di quella zona alpina che avrebbero dovuto affrontare.
Ed eravamo pure all’oscuro del recente potenziamento delle guarnigioni “repubblichine” disseminate sull’intera riviera di ponente, rientrate dalla Germania dopo un teutonico rigoroso addestramento. […] Nel frattempo, prima della partenza, dietro insistenza degli stessi interessati, al nostro gruppetto vennero aggiunti una decina di militari alleati desiderosi di rientrare nei rispettivi organismi e due civili, un giornalista canadese (Morton) e l’italiano radiotelegrafista (Biagio), che se non sbaglio, potrebbe chiamarsi Secondo Balestri, emiliano di origine.
Elenco, non tutti, i nomi che ancora ricordo: Capitano Lees, rigido Ufficiale effettivo inglese che coordinava il comportamenti dei suoi sottoposti, Capitano di complemento sud africano Long, disegnatore, esperto nel campo della fotografia, Caporale scozzese Mac Clelland, soggetto estroverso e coraggioso, Larousse Sergente americano di etnia francese, Jan Smith di asserita dubbiosa origine rhodesiana, Pat, forse inglese, ed altri tre o quattro militari, dei quali ricordo la fisionomia, ma non il cognome e la provenienza.
Partimmo da Rastello, piccolo borgo della Valle Ellero, il giorno 27 settembre 1944. A motivo delle precarie condizioni di salute del prof. Bessone, fummo accompagnati dal giovane medico monregalese Serafino Travaglio sino alla Frazione Piaggia di Briga Marittima, ove pernottammo. […] dopo un secondo faticoso giorno di marcia, arrivammo, sfiniti, a Pigna, ubertoso Comune medioevale dell’alta Valle Nervia. […] Ci mise in contatto con due Comandanti garibaldini che non finivano di ringraziarci per la generosa accoglienza e l’aiuto prestato alle formazioni garibaldine, in rotta a seguito dei consueti impietosi rastrellamenti.
Ci assicurarono che nel giro di una mezza giornata ci avrebbero fatto conoscere le fidate persone idonee a risolvere i problemi che ci angustiavano.
Siamo rimasti increduli sino all’arrivo dei protagonisti..
Convenimmo di dividere in piccolo gruppetti gli uomini da espatriare. Così si sarebbe reso meno visibile e pericoloso il movimento di uomini nella vicinanza della frontiera. Un gruppetto si sarebbe avventurato sui sentieri montani ben conosciuti dai partigiani locali. L’altro, invece, via mare, su di un barcone condotto da due muscolosi rematori figli di partigiani.
Alcuni “alleati” ai quali avevamo riferito la situazione in atto, si dimostrarono un po’ esitanti, forse paurosi e scelsero di ritornare con noi tre partigiani del monregalese, confidando nella imminente fine della Guerra.
Non furono profeti…. Due di essi caddero nel corso del tristissimo rastrellamento di fine 1944.
Tenendo presente l’urgenza degli adempimenti affidati ai due emissari, decidemmo, sempre d’intesa con i nostri inaspettati generosi amici, di includere nel primo gruppo il prof. Bessone,  l’Avv. Astengo, il Capitano inglese Lees ed il radiotelegrafista Biagio.
Costoro, il 2 ottobre [1944] si avviarono verso i sentieri montani, accompagnati da due esperti locali e, come si seppe poi, raggiunsero dopo molte fortunose peripezie il luogo stabilito.
La spedizione del secondo “quartetto” (cap. Long, giornalista Morton, militare scozzese Mac Clelland, sergente Larouche) si rivelò molto più complicata e rischiosa, nonostante i costanti, generosi aiuti dei garibaldini locali.
Infatti, i tedeschi da diversi giorni insediati nel fondo Valle, probabilmente avvertiti da qualche spia, iniziarono un intenso, fitto bombardamento sulla zona di Pigna, seguiti da un ampio rastrellamento che compromise il “piano” concordato , già pronto per essere attuato, via mare.
Ci furono due-tre giorni di combattimenti, ai quali partecipammo anche noi della Val Corsaglia. Gli assalitori, come già una quindicina di giorni prima, vennero respinti.
Trascorse poche ore e ritornata un po’ di quiete, il gruppetto che aveva scelto l’espatrio “via mare”, si attivò affidandosi ai due robusti rematori citati. Dopo dannosi imprevisti salirono su uno sgangherato barcone e riuscirono a raggiungere Montecarlo. Non ricordo più il giorno della loro partenza (forse il 6-7-8- ottobre) ed ignoro i gravi rischi sofferti ed i contrattempi superati in quella delicata circostanza. Su di un volume redatto qualche decennio dopo dal giornalista Morton, ho trovato alcune verità e molta fantasia, descritta secondo schemi romanzeschi.
Dopo l’attenuarsi degli attacchi nazisti, ma ancora prima di conoscerne con assoluta certezza la fine, i Comandanti locali, Curto [Nino Siccardi, comandante della II^ Divisione “Cascione”, in seguito responsabile del Comando della I^ Zona Operativa Liguria] e Vittò [Giuseppe Vittorio Guglielmo, comandante della V^ Brigata “Nuvoloni”, ma destinato a subentrare al Curto nel comando della Divisione], ci consigliarono fraternamente, per non mettere in gioco la nostra esistenza, di abbandonare la Valle e ritornare nella nostra Divisione monregalese.
Nel ringraziarci per la collaborazione prestata, espressero gratitudine e riconoscenza al Capitano Piero Cosa ed alla Valle Corsaglia per il grande aiuto concesso alle loro Formazioni in un momento tragico e disperato.
Decidemmo di rientrare. Insieme a noi c’erano 4/5 superstiti alleati che avevano rifiutato di tentare il passaggio della frontiera italo-francese.
Luigi Mondino, L’avventura della squadra Micheletti. Scelti 4 della Val Corsaglia per la missione “Inside”, supplemento al numero 1 dell’aprile 2010 de “L’ELMETTO”, Cuneo

In Valle Pesio i primi gruppi confluirono rapidamente nella banda comandata da Piero Cosa che, sul piano militare, si impegnò in frequenti azioni di sabotaggio, soprattutto lungo le vie di comunicazione tra Piemonte e Liguria che rendevano la valle di forte interesse strategico. Tedeschi e fascisti risposero a queste azioni con ripetuti rastrellamenti e sanguinose rappresaglie che, tra gli effetti, ebbero però anche quello di accrescere i giovani che salirono in montagna e si affiancarono alla banda. Già alla fine del febbraio 1944 agiva in tutta la provincia una efficiente rete di informazioni, denominata “servizio X”.
Tra il marzo e l’aprile 1944, però, un ampio rastrellamento tedesco che coinvolse le valli Corsaglia, Ellero e Pesio – e che culminò in quella che viene ricordata la “battaglia di Pasqua” – mise a dura prova la capacità militare della brigata. Nel luglio 1944 parte delle forze partigiane della valle guidate da Piero Cosa costituirono la 1ª Divisione Alpina che, successivamente, assunse il nome di 3ª divisione Alpi e, nel febbraio 1943, quello definitivo di Gruppo Divisioni Autonome “R”. Durante l’estate il movimento partigiano si accrebbe in tutte le valli; in Valle Pesio, oltre alla presenza di varie missioni alleate si intensificò il coordinamento tra formazioni di diverso orientamento politico. Nel dicembre 1944, però, un nuovo rastrellamento nazista accerchiò tutte le valli del monregalese occupate dalla 3ª e 4ª Divisione Alpi, disperdendo gli uomini e costringendo le formazioni ad una lenta riorganizzazione che solo nel marzo successivo consentì loro di riprendere l’attività militare. Nell’aprile 1945, tuttavia, le formazioni partigiane liberarono tutti i centri del Cuneese e vi insediarono l’autorità del Cln prima dell’arrivo degli Alleati.
Redazione, I sentieri della memoria, Chiusa Pesio Museo della Resistenza