La guerra, che due giorni prima con l’arrivo degli Americani sembrava finita

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Appunti del 1° dicembre 1943 sull’organizzazione comunista di Imperia, stesi da Giancarlo Luca Pajetta – Fonte: Fondazione Gramsci

[  n.d.r.: negli appunti del 1° dicembre 1943 sull’organizzazione comunista di Imperia, stesi da Giancarlo Luca Pajetta, di cui all’immagine qui sopra, venne, rispetto alle prospettive, sottolineata la frase “possibilità che aprono i nuovi collegamenti nella regione di frontiera“.  ]

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Metà agosto 1944. Era iniziato lo sbarco in Provenza.
[…] Sapemmo poi che i MAS della X^ flottiglia, di stanza ad Imperia, erano partiti tutti quella notte, in una missione impossibile e suicida, contro la flotta nemica.
I MAS 549, 551 e 558 non tornarono.
Umberto Maria Bottino, I nostri giorni cremisi. 1943-1995, Attilio Negri srl, Rozzano, 1995

In  Val  Roya,  nei  primi  giorni  dopo  lo  sbarco [lo sbarco alleato in Provenza dell’agosto 1944],  giunsero  dall’Italia  tre  battaglioni  tedeschi  con  il  compito  di  «ripulire»  la  zona  dai  partigiani  italiani e francesi. La 148a divisione si attestò il 1° settembre su una linea da Roquebrune fino all’Authion.  Alberto Turinetti di Priero, Il «fronte alpino»: 1944-1945, in  Alpi in Guerra

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28/8/44 – Ripartiamo diretti alla Mezzaluna, durante la giornata raggiungiamo i freddi casoni della banda di “Giulio” [Libero Remo Briganti]; rivedo i miei compagni ancora in attesa dei lanci, mi soffermo alcuni minuti con loro […]25/8/44 – […] Siamo di fronte uno all’altro, ci guardiamo meravigliati, poi scoppiamo dal ridere; mi racconta che è reduce da un imponente rastrellamento subìto sulle pendici del monte Grammondo. Ora cerca [Netu/Nettu/Nettù, Ernesto Corradi, in quel momento ancora comandante di un distaccamento, “Grammondo”, della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione“] il Comando di divisione per fare il suo rapporto. Mi propone di seguirlo, dicendomi che sarebbe sceso a Torrazza [Frazione di Imperia] e ritornato, poi, in Francia. Il desiderio di rivedere i miei genitori era immenso e l’idea di avvicinarmi agli alleati mi allettava molto. Illuso di poter entrare a Porto Maurizio sopra un carro armato americano, accetto la proposta e decido di seguirlo. Convinto dall’entusiasmo del mio compagno, abbandonavo la vita partigiana nelle montagne imperiesi, mentre una nuova spericolata avventura mi avrebbe condotto oltre confine, dove pensavo di arruolarmi in un esercito regolare per combattere, con maggiori probabilità di riuscita, quel nemico da cui non volevo più fuggire e che volevo vincere. Saluto i compagni, dispiaciuti per la mia decisione, che rimangono là in attesa di quelle armi che non arriveranno mai, e mi avvio con “Nettu” verso il Comando di divisione. Terminato il suo rapporto sulla sconfitta subìta sul monte Grammondo, “Nettu” ottiene da “Giulio”, commissario di divisione [Libero Remo Briganti], il permesso di partire per la Francia, ed io con lui.29/8/44 – Con una lunga camminata, prima di sera raggiungiamo Triora […]30/8/44 – Prima di partire per la Francia, “Nettu” mi fa capire che vuole attuare un colpo di mano nei pressi di San Lorenzo al Mare […]2/9/1944 – […] Fermi e decisi, aggrappandoci ai cespugli, scivoliamo giù in mezzo alla roccia e raggiungiamo il piede del viadotto sulla sponda sinistra del fiume. […] Superato il grande ostacolo del Roia, ci dirigiamo verso il paese di Collabassa [Frazione di Airole (IM)]; sul sentiero, fra alberi di pino, incontriamo un giovane di Olivetta San Michele e lo convinciamo a seguirci; il suo nome di battaglia sarà “Pineta”, proprio a ricordo del luogo in cui l’abbiamo incontrato. Oltrepassato l’abitato di Collabassa proseguiamo verso il torrente Bevera […]Sono le ore sedici meno venti del giorno 4 settembre 1944, inginocchiati, il busto eretto, le mani strette sul fucile, guardiamo delusi il forte di Monte Agel, bombardato dalle artiglierie degli Americani, i quali credevamo fossero già giunti al confine da molti giorni. Stentavamo a credere che gli alleati fossero ancora oltre quella montagna, ma purtroppo dovevamo rassegnarci ad attenderli su un territorio ancora occupato dal nostro nemico. Completamente isolati dai nostri Comandi, con gli zaini vuoti, ci preparavamo ad affrontare giorni  difficili. 8/9/1944 – Scendiamo per la seconda volta in città [Mentone]; “Nettu” è fermato dalle autorità francesi e trattenuto per alcuni giorni […]9/9/19 – È tornata l’alba, un fuoco infernale di artiglieria si abbatte sulla zona più violento che mai. Sibili e ululati di proiettili si confondon nello spazio sopra di noi, seguiti da assordanti fragori. La guerra, che due giorni prima con l’arrivo degli Americani sembrava finita, era ripresa con tutta la sua spaventosa violenza. Ritorniamo a Mentone dopo una notte trascorsa sotto i tiri in crociati delle due artiglierie; camminiamo rasentando i muri delle case, con l’impressione di essere più riparati dalle schegge. Nella città, tornata quasi deserta, si vedono circolare solo jeep e automezzi militari, mentre i cittadini abbandonano in fretta le proprie abitazioni per rifugiarsi in aperta campagna. Vaghiamo per le strade nell’attesa che “Alberto” torni dal Comando alleato e, incuriositi, osserviamo i pezzi di artiglieria che spa. rano senza sosta verso l’Italia.  […]15/9/44 – Avevamo l’incarico di perlustrare le pendici del Monte Grammondo, dove alcune pattuglie tedesche appostate potevano ancora dirigere il tiro delle loro artiglierie sulle truppe alleate in movimento.
Per evitare le strade minate affrontiamo una parete rocciosa […]19/9/1944 – Per motivi di sicurezza ci trasferiamo dalla pensione Mimosa a Villa Lucca, sotto Roquebrune, di fronte a Montecarlo. Davanti allo splendido mare della Costa Azzurra […] Ogni settimana, al comando degli Americani, eravamo destinati ad eseguire missioni sempre più pericolose. Divisi in due gruppi, uno agiva in montagna per individuare le posizioni tedesche, l’altro, via mare, stabiliva collegamenti con i partigiani di Ventimiglia.     Giorgio Lavagna (Tigre) <1>, Dall’Arroscia alla Provenza – Fazzoletti Garibaldini nella ResistenzaIsrecIm, ed. Cav. A. Dominici, Oneglia Imperia, 1982 <1> [ n.d.r.: a settembre 1944 Lavagna ed il suo gruppo erano stati arruolati nella FSSF, First Special Service Force (chiamata anche The Devil’s Brigade, The Black Devils, The Black Devils’ Brigade, Freddie’s Freighters), reparto d’elite statunitense-canadese di commando, impiegato anche nella Operazione Dragoon nel sud della Francia, tuttavia sciolto nel dicembre 1944; a questa data, per non farsi internare, questi partigiani italiani furono costretti ad immatricolarsi nel 21/XV Bataillon Volontaires Etrangérs francese, nel quale prestarono servizio sino alla fine della guerra ]

11 settembre 1944 – lunedì
Truppe tedesche e materiale bellico provenente da Genova si dirige verso la frontiera, ma non si può capire dove possano andare, poiché ormai la terra francese è tutta nelle mani dei gollisti e dei partigiani; forse proseguono per la strada del Roya e scendono in Piemonte per la battaglia contro i patrioti.
11 settembre 1944 – martedì
Notte e giorno incessantemente c’è un passaggio di camion e truppe. Tutto questo non ci lascia tranquilli.
[n.d.r.: dal diario di una ragazza rimasta (o lasciata) ignota, figlia di albergatori di Sanremo]
Renato Tavanti, Sanremo. “Nido di vipere”. Piccola cronaca di guerra. Volume terzo, Atene Edizioni, 2006

A fine settembre [1944] l’afflusso dei volontari italiani si fece consistente, iniziarono ad arrivare gli scaglioni arruolati dal C.I.L. e dalle M.O.I., fra questi alcuni gruppi di partigiani provenienti dall’Italia. […] diviene il 21/XV Bataillon Volontaires Etrangers, cioè il 21° Battaglione della XV° Regione Militare, Volontari Stranieri. Con questi battaglioni vengono formate due unità, il “Groupe de Bataillons n°1 (21/XV B.V.E. e 22/XV) più il Groupe Etranger d’Artillerie che viene schierato a Mentone, mentre il Groupe de Bataillons n° 2 (20/XV e 24/XV) in Valle Tinea. Il 21/XV viene collocato di riserva a Gorbio, con l’incarico di intervenire su allarme degli avamposti americani. Ciò si traduce in estenuanti pattuglie e rastrellamenti nell’impervie pendici del Grammondo. La situazione del fronte si era stabilizzata. Americani e tedeschi non si impegnavano in azioni d’attacco ma si limitavano al pattugliamento della terra di nessuno. Il fronte era attivo solamente per i tiri dell’artiglieria che battevano regolarmente le posizioni avversarie. Occasionalmente si scatenavano dei violenti duelli d’artiglieria con la partecipazione navale della Flank Force e, da parte tedesca, anche di un treno armato di base a Diano Marina. Nel gennaio 1945 il 21/XV B.V.E. viene assegnato alla difesa del fronte mare, da Garavan a Cap Martin. L’azione consisteva nella sorveglianza della costa, impedire sbarchi ed infiltrazioni e pattugliare i “carrugi” della città vecchia di Mentone. Nel tratto di mare prospiciente il fronte avvenivano dei collegamenti tra la Resistenza italiana e gli Alleati. Nella notte tra il 14 e 15 febbraio 1945 i tedeschi, fingendo uno di questi collegamenti, tentarono di sbarcare informatori e prendere prigionieri. Alla testa del molo del porto di Mentone era stata ricavata una postazione e da questa, verso le 3 del mattino, una sentinella avvertì dei movimenti e diede l’allarme. Vennero fatte le intimazioni regolamentari alle quali veniva correttamente replicato in buon francese. Il battello, seguendo gli ordini ricevuti, accostò al lato interno del molo. Il maresciallo Michele Zerbini, comandante della postazione, si sporse per agguantare la cima ma venne strattonato e gettato in mare e, nonostante l’equipaggiamento, le sue ottime doti di nuotatore (era genovese) gli permisero di riemergere e a sua volta di trascinare in mare un tedesco. Contemporaneamente ordinava di aprire il fuoco nonostante si trovasse sulla linea di tiro. Dalla postazione il tiratore del F.M., basandosi sulle sue urla, individuava nel buio gli aggressori e con una sola raffica li neutralizzava. Nella mattinata recuperarono l’imbarcazione tedesca con tre morti a bordo e della pattuglia tedesca sopravvisse solamente l’ufficiale di marina trascinato in acqua da Zerbini. L’operazione venne citata nel bollettino di guerra e il maresciallo Zerbini venne decorato con la “Croix De Guerre”. Giuseppe CalòIl 21/XV Bataillon Volontaires Etrangérs, in Storia Militare n. 141, giugno 2005

[…] Il 16 settembre 1944 furono uccisi nel corso di un tentativo di sabotaggio a Ponte San  Luigi [Ventimiglia (IM), al confine costiero con Mentone] Jojo Arnaldi e [Jean] Bolietto *. Pierre-Emmanuel Klingbeil, Le front oublié des Alpes-Maritimes (15 août 1944- 2 mai 1945), Ed. Serre, 2005

*Il 16 settembre 1944, sul far della sera, sei giovani partigiani, che sono in contatto con il comandante Max dei Groupes Francs de la Résistance, lasciano il forte di Mont-Agel, sopra Montecarlo, e si dirigono verso il territorio italiano. Vogliono effettuare una ricognizione perché hanno in mente il progetto di far saltare uno dei ponti ferroviari situati a ridosso della frontiera: temono che i tedeschi, che sono appena stati cacciati da Mentone, possano ritornare. Sono Jean Bolietto, un artigiano del Cannet (Alpi Marittime) di origini astigiane che ha 29 anni e che una testimone descrive come un «bel ragazzo dall’aria seria e disincantata», Marcel Fousse detto “Marc Murat”, sua moglie Elia, Toto e Raymond. Con loro c’è Joseph Arnaldi, detto Jojo, uno studente nizzardo di soli 18 anni che sono andati a recuperare a Mont-Agel, perché si intende di esplosivi. La ragazza viene lasciata al posto di comando delle Forces françaises de l’intérieur di Mentone, mentre i giovani penetrano nel territorio italiano controllato dai tedeschi.

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Mentone, a ridosso della frontiera italo-francese di Ponte San Luigi: la lapide a ricordo del sacrificio di Arnaldi

Nel pendio che si trova tra l’Aurelia e la ferrovia, all’altezza del bar La Grotta, a un paio di centinaia di metri dalla frontiera, si produce il dramma: Bolietto salta su una mina e ha le due gambe sezionate all’altezza della coscia, Arnaldi viene ucciso da pallottole, provenienti dalle parti di villa Voronoff, che lo colpiscono al ventre, mentre gli altri riescono a fuggire e a raggiungere la ragazza che a lungo ha udito fischiare pallottole provenienti dal territorio italiano. […] Jojo era stato un ragazzo fuori del comune: aveva iniziato l’impegno resistenziale già nel 1942 quando, a 16 anni aveva creato un gruppo composto da alunni del liceo Massena da lui frequentato. Un gruppo che si distingue per la produzione e la diffusione di stampa clandestina, così come per la raccolta di informazioni e di armi. Durante un’azione, nel giugno 1944, quattro dei suoi membri vengono arrestati e fucilati per rappresaglia a Saint-Julien du Verdon. Jojo è prostrato, ma trova la forza di costituire un nuovo gruppo. Partecipa attivamente ai combattimenti per la liberazione di Nizza ed è a lui che il 29 agosto il comandante Ro impartisce l’ordine di attraversare il fiume Var per andare ad informare gli alleati che i nazifascisti hanno abbandonato la città. Jean Bolietto discendeva da una famiglia proveniente da Aramengo (AT). Era nato a Montgeron, nella periferia parigina, il 21 aprile 1915 ed aveva seguito i genitori quando si erano trasferiti al Cannet. Lavorava con il padre, titolare di una piccola ditta di riscaldamento. Prima dell’azione che gli costò la vita aveva probabilmente avuto parte attiva nella resistenza delle Alpi Marittime […] Enzo Barnabà, In ricordo di due giovani partigiani francesi morti in Italia. Accanto a Jojo anche la lapide per Bolietto, Patria Indipendente, 24 luglio 2011

L’8 ottobre 1944 un agente francese, nascosto in montagna, Horb “André” Wendling, membro della rete Mitridate, che aveva assunto la funzione di radio-telegrafista per la Resistenza, fu trovato in possesso di un’arma e subito assassinato da un soldato della 34^ divisione tedesca di stanza a Fontan [Val Roia francese, dipartimento delle Alpi Marittime], che ebbe a vantarsi del crimine. […] Il 6 febbraio 1945 il servizio di controspionaggio tedesco arrestò diversi agenti alleati. L’agente francese Jean Soletti alla Cima del Diavolo [dipartimento francese delle Alpi Marittime] mentre cercava di attraversare la linea del fronte. L’agente Charles Canevas a Tenda [Val Roia francese, dipartimento delle Alpi Marittime]. Il 12 febbraio tre agenti inglesi a Tenda: furono gravemente torturati. Due agenti francesi furono feriti dalle mine durante l’attraversamento del Col de Raus [dipartimento francese delle Alpi Marittime] l’11 febbraio 1945. Il 24 marzo l’agente francese François Raibaut fu ucciso mentre tentava il passaggio delle linee nella Valle del Boréon [dipartimento francese delle Alpi Marittime]: doveva recarsi in Italia con l’agente Barel, che nell’occasione rimase solo leggermente ferito. Anche italiani subirono perdite durante le missioni. Il 4 gennaio 1945 a Ventimiglia [(IM)] fu ucciso Gino Punzi **, mentre cercava di effettuare una missione per i servizi di informazione alleati. Il 1 gennaio 1945 mentre stavano per sbarcare nel porto di Mentone un agente fu ucciso ed un altro ferito dai militari di guardia, che, per pessimo coordinamento dei servizi, li avevano scambiati per agenti tedeschi.  Pierre-Emmanuel Klingbeil, Op. cit. 

** Nell’estate 1944 i servizi segreti americani avevano inviato sulla costa una rete di informatori, capeggiati da Gino Punzi. Dovendo tornare in Francia, per attraversare le linee Gino Punzi si avvalse della collaborazione di un passeur, dal quale, poiché era passato al soldo dei tedeschi, durante il viaggio venne ucciso. Il comandante tedesco si infuriò perché avrebbe voluto catturare vivo il Gino. Sul suo cadavere furono rinvenuti dei documenti, dai quali i tedeschi vennero a conoscenza del fatto che sarebbero stati inviati altri agenti e telegrafisti alleati. I tedeschi predisposero una trappolaRenzo Gianni Biancheri, detto anche “Rensu u Longu”, in Gruppo Sbarchi Vallecrosia < ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM) >, 2007, di Giuseppe Mac Fiorucci 

Alla fine del 1944 i comandanti Gl decisero di sfoltire le bande situate nelle valli: Gesso, Grana, Roia,Varaita e Vermenagna, trasferendone i reparti in pianura. Ritenevano infatti troppo rischioso affrontare un nuovo inverno di guerra in montagna, sia per le sistemazioni precarie delle bande, che per il reperimento dei viveri […] Gli uomini comandati da “Nino” Monaco (1), della Brigata valle Roia “Sandro Delmastro” partirono da Casterino [oggi nel comune di Tenda, dipartimento francese delle Alpi Marittime] il 7 gennaio, lasciando sul posto 15 uomini, abili sciatori affinché si occupassero di mantenere i collegamenti con la Francia. Il viaggio, particolarmente duro e costellato di scontri con le brigate nere, si concluse il 2 febbraio a Santo Stefano di Benevagienna. Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Cuneo (1) Monaco è un giovane laureato in lettere di Valloriate, un paesino in provincia di Cuneo; proviene da una famiglia contadina. All’alba dell’8 settembre è soldato della Quarta Armata in licenza. Da casa assiste allo sfacelo dell’esercito, alla valanga di soldati che invadono la Valle Stura: c’è chi diserta e attraversa la valle per raggiungere altri luoghi, chi invece torna a casa. Monaco sceglie subito la lotta partigiana, e ad ottobre è già con la Banda “Italia Libera” di Galimberti. Come comandante di distaccamento e della brigata “Valle Roja Sandro Delmastro” – e poi come Capo di stato maggiore della Prima Divisione Alpina Gl – è attivo nel Cuneese e partecipa in prima persona alla liberazione di Cuneo. Un merito da riconoscere al racconto di Monaco [Giovanni Monaco, Pietà l’è morta, Edizioni Avanti!, 1955] è di aver reso molto bene la dimensione della guerriglia partigiana: è sempre un fuggire, un rincorrersi, uno scambio continuo di notizie concitate, su cui domina un senso continuo di paura, d’incertezza. Ci si trova immersi in un mondo che non ha più contatti con la realtà esterna, con la vita quotidiana e gli affetti familiari. Esistono solo i compagni, i momenti di tensione e di fuga che si alternano grottescamente all’euforia giovanile: Era uno spettacolo di armi terribile e superbo, tutto quello scintillare di armi al sole, quella festa bizzarra di costumi che avrebbero fatto impallidire la più sbrigliata delle fantasie. Berretti militari, fazzoletti rossi, verdi, bianchi, avvolti intorno al capo, alla maniera degli antichi masnadieri, grottesche giubbe e giubbetti venuti da chissà dove, e cinture, cinturoni, giberne, cartucciere di tutte le fogge e in tutte le pose […] Tutto il colore di questa guerra strana, terribile, suggestiva. Sara Lorenzetti, Ricordare e raccontare. Memorialistica e Resistenza in Val d’Ossola, Tesi di Laurea, Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, Anno accademico 2008-2009

Molti dei Ventimigliesi incorporati nelle unità alleate unita­mente a numerosi partigiani  parteciparono a fine marzo 1945 con le truppe alleate alla sanguinosa battaglia dell’Aution, che terminava con la cacciata delle truppe tedesche dal Bacino del Roia…
Redazione, MARTIRIO E RESISTENZA della Città di Ventimiglia nel corso della 2^ Guerra Mondiale, Relazione per il conferimento di una Medaglia d’Oro al Valor Militare – Edita dal Comune di Ventimiglia (IM), 10  aprile 1971 – Tipografia Penone di Ventimiglia (IM) 

 

Autore: adrianomaini

Pensionato di Bordighera (IM)