I partigiani rubano nelle case!

Massabò, Località di Perinaldo (IM)

[…] Era il 9 luglio 1944. Malgrado avessimo fatto saltare i ponti della strada che porta a Perinaldo, dal campanile della chiesa che usavamo come posto di osservazione, percepimmo la pressione dei nazifascisti. Scorgemmo bruciare Langan [località di Castelvittorio (IM)] e i tedeschi avventurarsi ogni giorno di più sulla strada di Massabò [località di Perinaldo (IM)].

Ci ritirammo dal paese e qui devo ricordare un episodio che mi provocò non pochi dubbi. Ho già detto che eravamo arrivati a più di 40 partigiani, ma quando decidemmo di ritornare nei boschi e abbandonare il “lusso” dell’albergo” … ritornammo a essere 6 o 7. Ci ritirammo dapprima ai Negi [località di Perinaldo (IM)] e poi, spostandoci in continuazione, ritornammo a Vallecrosia (IM) dando vita alla resistenza cittadina.

Un giorno, comuni cittadini ci accusarono di compiere rapine e saccheggi in casa della gente di Vallecrosia Alta e San Biagio della Cima (IM). “I partigiani rubano nelle case!”.

Ci informammo e venimmo a sapere che in realtà un gruppo di uomini di Vallecrosia Alta comandati da un sanremese, certo Tullio, saccheggiava e rapinava, specialmente cibarie. Per evitare di essere mal considerati dalla popolazione per fatti ai quali eravamo completamente estranei, prendemmo contatto con questo Tullio che ci propose una “azione congiunta”. La vittima era il grossista di salumi di Vallecrosia che aveva qualche magazzino lungo la via provinciale. In casa di Tullio, sfollato a Vallecrosia Alta, consumammo una lauta cena, per quei tempi assolutamente inusuale, in compagnia del suo vice, un tale del paese che portava sempre una picozza nella cinta dei pantaloni. Tullio chiese a Francesco Garini di poter comandare l’operazione. acconsentì. Al termine ci recammo a Soldano e trattammo con mulattieri locali una ventina di muli predisposti con i “garosci” [bigonce]. Evitando la strada provinciale, raggiungemmo il pianoro sulla riva sinistra del torrente Verbone, di fronte al cimitero di Vallecrosia. Parcheggiata la carovana dei muli, con una mossa improvvisa Garini disarmò Tullio della rivoltella con un laconico “Se permetti adesso comando di nuovo io!”, mentre io sfilai la picozza dalla cinta dell’altro. Intimammo il “mani in alto!” a tutta la squadra. I nostri disarmarono la banda, che venne rispedita a casa con la minaccia che, se avessero ripetuto simili “azioni”, li avremmo passati per le armi; trattenemmo Tullio e il suo vice e ne disponemmo il trasferimento al comando di Langan per essere giudicati. Senza dubbio sarebbero stati passati per le anni, però i nazifascisti attaccarono la postazione e i garibaldini preferirono liberarsi a calci nel sedere di questi due manigoldi, per non essere intralciati nella difesa delle posizioni.

Renato Dorgia, “Plancia”, in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia < Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM) >, 2007

Racconta Sergio Marcenaro, all’epoca giovane (classe 1931) staffetta partigiana della SAP di Vallecrosia e fratello di Pietro Girò Gerolamo, che in zona imperversava nel periodo indicato da Dorgia anche un bandito, forse subito non riconosciuto come tale dai comandi partigiani; e che in un’occasione suo fratello si liberò delle pessime intenzioni di quel figuro, nel quale si era imbattuto quando era solo e disarmato, con l’abile stratagemma di simulare con una mano la presenza di una pistola in una tasca dei pantaloni. Adriano Maini