
Risulta opportuno leggere su questi avvenimenti, in particolare sul come si arrivò al ferimento di Carabalona, in maniera integrata le varie testimonianze, per tanti versi discordanti tra di loro, ma tutte concordi nell’attestare che dopo la morte del capitano Gino Punzi – vedere anche infra – i tedeschi esercitarono un particolare controllo sulla zona di confine, un’attività non esente da contrasti intestini, anche se, alla fine, ai servizi segreti della marina militare subentrò il SID, guidato da Reiter.
Adriano Maini
Nell’estate 1944 i servizi segreti americani avevano inviato sulla costa una rete di informatori, capeggiati da Gino Punzi. Dovendo tornare in Francia, per attraversare le linee Gino Punzi si avvalse della collaborazione di un passeur, dal quale, poiché era passato al soldo dei tedeschi, durante il viaggio venne ucciso [n.d.r.: colpito alla testa da quel contrabbandiere nella notte tra il 4 e il 5 gennaio 1945 in una casa in zona Marina San Giuseppe a Ventimiglia, a Punzi venne dato il colpo di grazia per ordine di un sottufficiale della sede di Sanremo dei servizi segreti della marina tedesca, accorso sul posto in quanto allertato dal traditore]. Il comandante tedesco si infuriò perché avrebbe voluto catturare vivo il Gino. Sul suo cadavere furono rinvenuti dei documenti, dai quali i tedeschi vennero a conoscenza del fatto che sarebbero stati inviati altri agenti e telegrafisti alleati.
I tedeschi predisposero una trappola e quando arrivò il telegrafista “Eros” lo catturarono ferendolo. Si avvalsero di lui per trasmettere falsi messaggi al comando alleato di Nizza.
Con questi falsi messaggi fu richiesto l’invio di un’altra missione: la missione “Leo”. Renzo “Gianni” Biancheri , in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia <ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)> 2007
In parallelo agli aviolanci alleati, ma con con maggiore assiduità, avevano luogo sbarchi di materiale bellico nella zona di Vallecrosia-Bordighera. I volontari che si occuparono di tali trasporti appartenevano al gruppo di “Leo“, che fungeva da tramite tra i garibaldini e la missione alleata in Francia. Giulio Pedretti fu il partigiano che più di ogni altro si impegnò in tali operazioni, al punto che alla fine della guerra aveva effettuato 27 traversate per recapitare armi e uomini attraverso il tratto di mare prospicente la zona di confine italo-francese. Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo I – Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 – 1999
Nell’agosto del 1944 gli alleati sbarcarono a St. Raphael vicino a Marsiglia.
A sbarco consolidato, l’avanzata alleata si divise su due direttrici, la prima verso Marsiglia, composta principalmente dall’Armée d’Afrique francese; la seconda verso la Costa Azzurra e il confine italiano.
Sulla riva destra del Var, prima di entrare in Nizza, l’avanzata si arrestò non per opposizione delle forze tedesche ma per scelta del comando alleato. La resistenza francese della Costa Azzurra insorse spontaneamente, quasi costringendo gli alleati a liberare Nizza e a proseguire fino a Mentone, che venne liberata ai primi di settembre 1944 riportando i confini all’anteguerra.A Gattières, sopra Nizza, fu installata una scuola per l’addestramento di sabotatori, alla quale parteciparono diversi partigiani italiani; a Mentone vennero installate delle piccionaie di colombi viaggiatori che venivano impiegati nelle operazioni di spionaggio oltre le linee. Le “agenzie” di intelligence alleate (francesi, inglesi e americane) iniziarono a lavorare più in concorrenza fra loro che in collaborazione. Il nostro C.L.N. assisteva con timore a queste azioni in “concorrenza”, perché mettevano in pericolo tutta l’organizzazione.[…] Il maresciallo Reiter [del comando SD di Sanremo (IM), dove faceva da autista, dalla metà di marzo 1944 sino alla fine della guerra, un certo Fioravante Martinoia, nato il 24 febbraio 1915 a Vallecrosia, il cui verbale di interrogatorio, in italiano, come persona in custodia alla Corte d’Assise Straordinaria di Sanremo, confluì in un documento, con data 2 giugno 1947, dell’OSS statunitense, antenato della CIA, documento ormai desecretato e, pertanto, di pubblico dominio sul Web. Il Martinoia rese tragiche ammissioni…] fece accompagnare da due agenti in borghese la staffetta Irene (n.d.r.: in questa versione dei fatti la persona, costretta dai nazisti a fare da esca per attirare in trappola i due partigiani) verso la casa di Vallecrosia [(IM)], dove “Leo” e “Rosina” [Luciano Mannini], ignari, aspettavano il ritorno di chi li aveva traditi [n.d.r.: in altre versioni della narrazione di questo tragico evento emerge, invece, una casuale scoperta dei collegamenti clandestini dei patrioti da parte degli apparati nazisti di controllo].

“Leo” restò gravemente ferito [8 febbraio 1945]. Ma anche i due agenti nemici versarono in fin di vita.“Leo” e “Rosina” fuggirono per vie diverse eludendo anche il successivo rastrellamento tedesco. “Leo” trovò rifugio nella clinica Moro [n.d.r.: che da Ventimiglia (IM) era stata trasferita dal 2 gennaio 1944 a Villa Poggio Ponente di Vallecrosia] sulla via Romana, dove venne medicato ma non ricoverato. Il partigiano Lotti [Mario Aldo Levis Lotti, commissario del distaccamento S.A.P. di Vallecrosia], probabilmente allertato da “Rosina”, o non so come, avvisò il nostro C.L.N. di Bordighera che “un agente americano” era stato ferito e si trovava alla clinica Moro. Insieme a Renzo [Gianni] Biancheri “U Longu”, prelevammo “Leo” dalla Clinica Moro e lo portammo all’ospedale di Bordighera. Riuscimmo a ricoverarlo con un tragico stratagemma. Per i ricoveri con ferita i medici dovevano dichiarare se la ferita era stata causata da scheggia di bomba o da colpo d’arma da fuoco. All’ospedale “Leo” venne curato da due medici che conoscevo bene, il dr. Giribaldi e il dr. Gabetti, e assistito dalla caposala, infermiera Eva Pasini. Il dr. Gabetti mi disse che difficilmente “Leo” sarebbe sopravvissuto e che quindi conveniva ricoverarlo come “ferito da colpo d’arma da fuoco” e non rischiare la vita quando la polizia fascista avesse preso conoscenza del referto. Così fu fatto: “Leo” fu ricoverato e gli vennero prestate le prime cure. […] Renzo “Stienca“ Rossi (1) in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

I tedeschi rastrellarono tutta la zona cercando “Leo”; “visitarono” anche la mia casa: sulla porta rimasero le impronte dei chiodi degli scarponi di quando sfondarono l’ingresso a calci.
Ma non cercarono in cantina, si limitarono ad arraffare del cibo dalla cucina. Con Renzo Rossi nascondemmo tutti i documenti del S.I.M. e del C.N.L. [di Bordighera (IM)] nel mio giardino, preparandoci al trasferimento di “Leo” in Francia.
Renzo “Gianni” Biancheri , in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.
(1) Renzo Rossi (Renzo, Stienca, Zero)… dopo aver riorganizzato il CLN di Bordighera e dopo un periodo di permanenza in montagna lavorerà per il CLN circondariale adoperandosi tra l’altro in viaggi via mare… per stabilire rapporti tra le forze resistenziali italiane e ufficiali americani, inglesi, francesi… Renzo Biancheri (Gianni), di Bordighera, che aiutò Renzo Rossi nella sua attività… Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) – Vol. I: La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976

“Era mia intenzione di recarmi presso di te per poterti dire qualche cosa che interessava sia te personalmente, sia il complesso di tutta la Divisione. Io sono partito per la Francia il 10 dicembre; giunto colà presi contatto con il Comando Americano di Nizza con il quale già ero in relazione da circa due mesi; presi pure contatto con il capitano inglese Bentley, il quale volle sapere da me vita e miracoli di tutti i capi: io dissi il più poco possibile e per quello che riguardava il colore politico andai coi piedi di piombo In quei giorni prese contatto con il Comando Inglese il dott. Kanheman il quale si sbottonò facendo 53 profili per iscritto di tutti i capi dell’allora Divisione F. Cascione. Appena io sentii le sue bellicose intenzioni, da buon garibaldino, lo incontrai e misi in luce a lui e a quanti erano con lui (gli altri erano bravi figlioli e furono subito d’accordo con me) quanto di poco simpatico stessero facendo. D’allora stetti più in guardia .
In ogni modo so con precisione che di parecchi capi ha dato giudizi un po’ avventati di Simon, Vittò, Orsini ed altri. Insomma ho creduto bene che tu sappia che questo signore si è presentato agli inglesi come l’anima e il cervello della Divisione, critico di tutto e di tutti, tu stesso non escluso. Io e Lolly in compenso abbiamo scritto parecchio sulla 2a Divisione Garibaldina e sul suo comandante e sono convinto che chiunque leggerà quelle modeste righe di modesti eroismi non potrà che meravigliarsi. I francesi parlano sovente di occupare fino a S.Remo, e siccome hanno sul fronte qualche battaglione potrebbero anche farlo; ad evitare ciò basterebbe l’occupazione fatta mezz’ora prima dai garibaldini. Noi avevamo a che fare con gli americani che comandano questo fronte. Per conto mio, sono molto migliori degli inglesi, con noi poi vanno molto d’accordo. Giorni fa è arrivato in Francia il fratello di Kanheman (il fratello maggiore è andato a Roma) il quale dev’essere andato in Francia per dire agli inglesi che qui il patriottismo è divenuto banditismo, ecc… Ti prego di dire a Vittò che mi tenga sempre presente come suo garibaldino perché tutto il lavoro che faccio, l’ho fatto e lo continuerà a fare come Garibaldino della 2a Divisione Garibaldi. Io tornerò in Francia fra una decina di giorni anche perché la mia ferita me lo impone (non sono riusciti a prendermi, però mi hanno ferito stomaco) e se sia tu o Simon o qualche altro vuol darmi qualche incarico sarò ben lieto di rendermi utile. Ti saluto caramente tuo Leo”
Siamo ora venuti a conoscenza che n. 3 camion carichi di truppa Germanica delle S.S. si sono recati verso Pigna
Fraterni Saluti
Responsabile
Fto. GIANNI [Renzo Rossi]
13 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria a Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione“] – Si sollecitava maggiore attenzione nell’individuare per tempo e nell’avvertire di movimenti del nemico rispetto alla tematica sbarchi, in quanto il motoscafo di Renzo [Renzo Stienca Rossi], ricevuta una segnalazione sospetta dalla costa, era appena tornato indietro. 13 aprile 1945 – Dal Quartiere Generale Alleato della I^ Zona Liguria [capitano Bentley, ufficiale inglese del SOE, agente di collegamento degli Alleati con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] al comandante Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] – Si segnalava di avvisare il comando della II^ Divisione di mettere a disposizione di R.C.B. [capitano Bentley] i 23 Sten ed i 2 Breda sbarcati a Bordighera [quasi di sicuro, invece, a Vallecrosia, forse in zona Rattaconigli, cioé sul confine tra le due cittadine], insieme ai 2 istruttori di sabotaggio, il 4 aprile u.s. e di aggiungere i 15 Sten con relative munizioni, portati da Bartali. Si fornivano altre indicazioni e si aggiungeva che in allegato vi era una lettera da consegnare in Francia tramite la squadra di Bordighera [Gruppo Sbarchi Vallecrosia, in effetti]. da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

Si sottolinea che l’altro Gruppo, con base a Ventimiglia, era denominato Missione Corsaro, sotto la direzione di Giulio Caronte o, per l’appunto, Corsaro, Pedretti. In proposito appare opportuno aggiungere ancora che il giovane (classe 1924) partigiano, nonché studente di veterinaria di Ventimiglia (IM), Pietro Pierino Loi, guidò per l’ultimo tratto avventuroso via terra, prima dell’imbarco clandestino (notte tra il 10 e l’11 ottobre 1944), di una componente della Missione Alleata Flap; e che, una volta sbarcato anch’egli a Carnoles di Mentone, rimase a lungo in zona, salvi rientri saltuari in Italia attraverso alture di confine, in qualità di addetto a trasmissioni radio, contribuendo in questo modo alla forte presa di contatto tra il comando statunitense dell’O.S.S., con base a Nizza, ed il gruppo di patrioti, destinati a dare vita alla Missione Corsaro. Adriano Maini

Stefano Leo Carabalona, attivo subito dopo l’8 settembre 1943 **, era già stato comandante di distaccamento partigiano e protagonista di eroici episodi, come nello scontro di Rocchetta Nervina (IM), tra l’altro suo paese natale, e nell’occupazione, prima, e nella valorosa, ancorché vana difesa della Repubblica Partigiana di Pigna (IM); fu inoltre ideatore del ritorno da Ventimiglia (IM) via mare, con l’intervento finale di Giulio Corsaro/Caronte Pedretti e di Pasquale Pirata/Pascalin Corradi, di una parte della sopra ricordata missione alleata FLAP, mentre l’altra componente venne fatta esfiltrare attraverso i monti. Adriano Maini
** … Nella Val Nervia alcuni ufficiali cercarono rifugio e sicurezza a Rocchetta Nervina (IM), dove il tenente Stefano Carabalona [“Leo“], residente in loco, cercava di organizzare gli sbandati e di procurare il maggior numero di armi possibili. Purtroppo i soldati buttavano i loro fucili nei luoghi i più disparati e fu un lavoro faticoso cercare di recuperarli… don Ermando Micheletto (1), La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di Domino nero Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975 (1)… Don Micheletto per tutta la guerra si adoperò per i partigiani, generalmente in contatto con i gruppi di Vitò, che accompagnò spesso nei loro spostamenti. Esplicherà la sua attività specialmente nell’assistenza e per captare messaggi radio. Giovanni Strato, Op. cit.
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