La casa che avevamo preso in affitto ad Apricale è stata requisita dai tedeschi proprio stamattina!

Apricale (IM)

Situato su un modesto risalto collinare di una convalle della Val Nervia, alle falde occidentali del monte Bignone, Apricale rimane in posizione appartata e relativamente defilata rispetto alle principali direttrici viarie dell’estremo Ponente Ligure, il che spiega la scarsa attenzione riservata dall’occupante tedesco a questo borgo, perlomeno meno fino all’estate del ’44, quando l’avvicinarsi del fronte dopo lo sbarco alleato in Provenza e la locale insorgenza della “Libera Repubblica” partigiana di Pigna conferiscono ad esso un nuovo e crescente rilievo strategico, al punto da indurre i tedeschi a farne la sede di Comando delle truppe antiguerriglia operanti in zona.
Fino ad allora, il paese non aveva conosciuto eventi particolarmente drammatici, se si eccettua l’uccisione per mano tedesca, il 23 maggio 1944, del civile Vincenzo Lupi [nd.r.: gli autori hanno sbagliato l’anno in cui avvenne questo tragico fatto – vedere infra], sorpreso sulla strada comunale e ritenuto appartenente alle bande partigiane.
Naturalmente, la popolazione simpatizza in genere con i ribelli, taluni giovani riparano in montagna e alcuni capifamiglia aiutano segretamente la Resistenza, ma manca in paese un vero movimento organizzato.
I tedeschi pongono un presidio ad Apricale il 29 ottobre 1944.
Pochi giorni dopo è costituito il CLN composto da Giuseppe Buscaglia, don Pio Mauro, Giobatta Martini, Domenico Romagnone, Giobatta Romagnone e Luigi Ronternoli. Il loro principale compito è rifornire di viveri e denaro i partigiani della V Brigata “L. Nuvoloni”, dislocati sulle alture di Collabassa [nel comune di Perinaldo], di Baiardo e del Grammondo. Alcuni giovani raggiungono questa Brigata. Il CLN locale tiene importanti contatti con il CLN di Bordighera.
Sovente i tedeschi rastrellano dei civili per impiegarli in lavori di fortificazione.
Il paese subisce saccheggi e rapine da parte degli occupanti. Per molte settimane i viveri vengono a mancare completamente.
Si ha notizia di un solo giovane partigiano [n.d.r.: non si trattava di un giovane, ma di una persona anziana – vedere infra] di Apricale caduto, Vincenzo Cassini, catturato e fucilato nella zona di Triora.
All’occupazione tedesca subentra alla Liberazione quella francese.
La vita riprende normale solo dopo la sistemazione dei nuovi confini concordati col Trattato di pace, firmato a Parigi nel 1947.
Nove militari, cittadini di Apricale, risulteranno dispersi in Russia: Vincenzo Cassini, Gildo Giana, Gildo Nobbio, Alfredo Marchesano, Giacomo Martini, Gildo Martini, Alfredo Pizziol, Alfredo Romagnone e Gildo Romagnone.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016

Il 4 settembre 1944 a Baiardo una pattuglia partigiana del II distaccamento attaccava un gruppo di tedeschi che si avvicinava al paese; il giorno seguente, prevedendo una reazione nemica, il comando della V Brigata inviò verso Baiardo uomini del I, III, V e VII distaccamento. Alle prime luci del giorno, reparti tedeschi e del battaglione San Marco salirono da Ceriana e da Apricale: il combattimento si protrasse per più di quattro ore, prima che i partigiani si ritirassero su Ceppo per proteggere Pigna da un’eventuale azione.
Lo stesso giorno in località Margheria dei Boschi di Pigna fu prelevato ed ucciso il caporale maggiore della GNR Forestale della 4° legione Ambrogio Vincenzo Moro, nato ad Apricale il 9 febbraio 1900: di questa esecuzione non si conoscono i motivi, né per quali circostanze Moro si trovasse in una zona occupata dai partigiani.
Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016

Apricale, 27 ottobre 1944
Siamo arrivati a destinazione sani e salvi, grazie a Dio.
E’ stato un miracolo perché, poco tempo dopo che eravamo passati da Camporosso una nave ci ha fatto una scarica tremenda.
Ad Apricale, come pure a Camporosso, Dolceacqua, Isolabona, vi sono i soldati tedeschi. E noi che credevamo di andare al sicuro! A mezzogiorno abbiamo pranzato da mia zia Battistina. Ad Isolabona, passando, abbiamo incontrato Piombo e Ramoino, ed hanno detto che verranno a trovarci. La casa che avevamo preso in affitto ad Apricale è stata requisita dai tedeschi proprio stamattina! Così siamo andati ad abitare da nostro cugino Alfredo. E’ una casa bella e comoda, ma senza sole. Comunque, grazie alla sua gentilezza che ce l’ha messa a disposizione. Quassù vi è tanta gente sfollata da Ventimiglia, anche alcuni conoscenti.
21 novembre 1944
Ho avuto una ricaduta (non dovevo ancora uscire) e sabato e domenica ho avuto la febbre quasi a quaranta.
Il dottore temeva la difterite, ed occorreva una medicina particolare, urgentemente. Ha preparato la ricetta e ha detto alla mamma di andare al comando tedesco per vedere se potevano procurarla loro. Il capitano non si è fatto pregare due volte, ed ha mandato un suo uomo in motocicletta a prendermela a Sanremo, subito. Possiamo proprio ringraziarlo. Il dottore mi ha fatto un’iniezione così dolorosa che ho pianto tutto il giorno, e la notte credevo di morire. Viene due volte al giorno e mi fa anche la pennellazione. Deve farmi altre iniezioni, anche se sto un pochino meglio.
Nuccia Rodi, Diario di guerra. Ville, 22 giugno – 26 ottobre 1944… in Renzo Villa e Danilo Gnech (a cura di), Ventimiglia 1940-1945: ricordi di guerra (con la collaborazione di Danilo Mariani e Franco Miseria), Comune, Studio fotografico Mariani, Dopolavoro ferroviario, Ventimiglia, 1995

Il 18 marzo 1945 una ventina di ostaggi, prelevati dallo scantinato di casa Fognini, vennero condotti verso Taggia. Dodici venivano poi liberati e 6 fucilati o meglio mitragliati in una grotta sotto Carpenosa. Essi sono:
Lanteri Pierino di Verdeggia
Lombardo Calogero di Ravanusa (Sicilia)
Oliva Giovanni di Badalucco
Gamboni Pietro di Montello (Avellino)
Verrando Vincenzo di Agaggio
Cassini Vincenzo di Apricale.
Il Verrando era il terzo morto della famiglia per cause belliche.
don Ermando Micheletto, La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di “Domino nero” Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975

Il Cassini era un vecchio cadente di oltre 72 anni dalla lunga barba bianca, mostrava numerose e profonde cicatrici dovute a sevizie e a torture. Fu accusato di rifornire olio alle bande partigiane. Niente di vero.
don Nino Allaria Olivieri, I testimoni raccontano…, FIVL – AGI, Imperia, 1999

3 gennaio 1945 – Dal comando della V ^ Brigata Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni”, prot. n° 249, al comando della II^ Divisione “Felice Cascione” – Comunicava che i tedeschi del presidio di Molini di Triora ammontavano a 80 uomini e quelli di Pigna a 6; che la presenza del nemico ad Apricale si era notevolmente rafforzata con l’arrivo di nuove truppe e che i tedeschi a Taggia (IM) avevano tagliato alcune linee telefoniche.

4 gennaio 1945 – Dal comando [comandante “Danko” Giovanni Gatti] del I° Battaglione “Mario Bini” della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”, prot. n° 32, al comando della V^ Brigata – Relazione militare: a Isolabona 200 tedeschi; 200 tedeschi anche ad Apricale; 300 a Dolceacqua…

19 aprile 1945 – Dal I° Distaccamento “Riccardo ‘Cardù’ Vitali” [comandante “Sergio” Guido Lanteri] del I° Battaglione “Mario Bini” al comando della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” –
Informava che “una squadra al comando di Spartaco [Giuseppe Zuccaro, nato a Messina il 23/07/1917] nella notte tra il 17 e il 18 u.s. partiva per recarsi sulla strada Baiardo-Apricale. Alle ore 10 del 18 giungevano 4 tedeschi, a cavallo, da Apricale, che venivano attaccati dai garibaldini: 3 rimanevano uccisi ed il quarto, ferito, fuggiva dando l’allarme”.

24 aprile 1945 – Da “Mina” al comando della II^ Divisione “Felice Cascione” – Comunicava che … ad Apricale si trovavano ancora 25 alpini tedeschi con una quarantina di cavalli…

24 aprile 1945 – Dal comando [comandante “Fragola Doria” Armando Izzo] della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”, prot. n° 225, al comando [comandante “Vittò/Ivano” Giuseppe Vittorio Guglielmo] della II^ Divisione – Comunicava che … ad Apricale la Wermacht aveva ancora 18 uomini, tutti polacchi e russi, tranne il maresciallo, tedesco, che “ha di molto mutato il suo atteggiamento e da cerbero che era è divenuto dolcissimo“…

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), “La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999 

Il 9 settembre 1944 una nutrita pattuglia tedesca, in marcia da Apricale verso Perinaldo, si scontra fortuitamente con un gruppo di partigiani del 6° distaccamento, inferiori nel numero. Il conflitto a fuoco che ne segue costa la vita a Giovanni Carli, mentre un’altro partigiano viene ferito ma messo in salvo dai compagni.
[…] Non tornò più ad Apricale Enrico Pisano (n. 24/8/1923), marò presso il Comando Marina Egeo e disperso a Rodi l’11 settembre 1943.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, ed. in pr., 2020

A San Michele si può dire che ogni casa è inabitabile

Dintorni di Olivetta San Michele (IM)

Dopo l’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio, ad Olivetta San Michele era rimasto solo un gruppo di carabinieri, mentre i restanti militari del Regio Esercito avevano cercato in ogni modo di sfuggire alla cattura da parte dei soldati germanici. Data l’importanza del collegamento viario con il Piemonte, la Val Roia conosce sin da subito l’attenta vigilanza dell’occupante tedesco, che tuttavia per mesi non si traduce in un presidio militare stabile e consistente nei centri della bassa valle. La situazione si fa ben più critica quando, con lo sbarco alleato in Provenza nell’agosto 1944, i tedeschi in ritirata stabiliscono una linea di difesa sulla dorsale delle Alpi Marittime, facendo della Val Roia un’immediata retrovia del fronte. E’ allora che il nemico occupa in forze il comune per trasformarlo, al pari di Airole, in un caposaldo del fronte, per cui ivi rimarrà fino alla Liberazione, spargendovi il terrore con rastrellamenti e saccheggi. Per la gente della bassa Val Roia inizia così un tragico calvario. Come le popolazioni di Airole, Collabassa e Piena (quest’ultima a quel tempo frazione di Olivetta, ora invece francese), anche gli abitanti di Olivetta sono fatti sgomberare dai tedeschi ed avviati verso Tenda ed ancora più a nord, in gran numero fino a Torino, con treni o con atri mezzi, senza viveri, esposti alle intemperie; molte persone sono ammalate; i più sofferenti sono i bambini. La poca gente che riesce a rimanere in paese è sempre sotto la minaccia della frusta tedesca.
Come ad Airole, anche qui, data l’estrema drammaticità della situazione, non si costituì mai un CLN, ma taluni antifascisti – tra cui, per indicarne uno, Bruno Muratorio <679 – si mossero comunque, riuscendo col tempo a collegarsi con i partigiani della V Brigata “Luigi Nuvoloni”, che operava tra la Valle Argentina e la frontiera. Degli abitanti del Comune, sono stati riconosciuti partigiani combattenti i cittadini: Agostino Cotta (Michele), deceduto il 20 luglio 1945 a Verrino Olivetta; Pietro Gavini (Barin), fucilato il 12 agosto 1944 a Sospel; e Dante Limon (Spezia). Appartenevano alle Brigate IV e V della II Divisione d’assalto Garibaldi “F. Cascione”. <680
Durante l’occupazione di Olivetta San Michele i tedeschi fucilarono i civili Carlo Gastaldi, Oreste Gastaldi e Costantino Ricci. <681
Una nota d’ambiente del periodo di occupazione tedesca a Olivetta è delineata alle pagine 61-62 del volume “Ricordi di guerra”. <682
Pesantissimi i danni inflitti agli abitanti del piccolo comune, se solo si pensa che a causa di incursioni aeree alleate risultarono distrutti 180 fabbricati, mentre altri 38 finirono devastati a seguito di operazioni nazifasciste. <683 Un problema non di poco conto, tra i molti e assillanti di allora, per la nuova amministrazione democratica in carica negli anni 1945-1946, sindaco Giulio Iperti e assessori Armando Limon, Luigi Rey, Lorenzo Trucchi e Umberto Trucchi. <684
Per avere un quadro vivido della situazione creatasi a Olivetta per effetto dell’occupazione tedesca, ci rifacciamo a quanto scritto mesi dopo la Liberazione da Don Ermenegildo Moro: “Il paese è gravemente colpito dalla guerra: vi sono moltissime case di abitazione inservibili. A San Michele si può dire che ogni casa è inabitabile, perché tutte bruciate e distrutte eccezion fatta della stazione e della casa comunale. La popolazione è indigente di ogni cosa, perché tutto è stato asportato oppure incendiato e distrutto sul posto. Sarà un problema grave provvedere gli indumenti e la biancheria per fronteggiare l’inverno. Di questo nulla è rimasto e se un po’ è stato ritrovato è inservibile ed in pessimo stato. Un altro problema grave è quello del latte per i bambini. Nessuna mucca e pochissime capre, assolutamente insufficienti alla bisogna. Occorrerebbe ottenere una dotazione di latte condensato. Le condizioni sopra descritte sono ancora aggravate dal fatto che non è ancora possibile il transito, per la rottura dei ponti, e questo dopo più di tre mesi dalla cessazione delle ostilità. Nessuno provvede e questo inverno sarà terribile per vettovagliarci e per ripararci dalle intemperie…”. <685
[NOTE]
679 Bruno Muratorio riuscì a fuggire dal campo di concentramento tedesco di Monza il 2 febbraio 1945 e, dopo varie peripezie, si rifugiò a Torino fino alla Liberazione con tanti suoi conterranei (ISRECIM, Archivio, Sezione II, cartella L 75).
680 ISRECIM, Archivio, Sezione II, cartella R2.
681 ISRECIM, Archivio, Sezione II, cartella 111; lettera del sindaco di Olivetta datata 12 gennaio 1981.
682 Ricordi di Guerra (Ventimiglia 1940-1945), s.l. [s.t. Pinerolo], Comune di Ventimiglia e Dopolavoro Ferroviario, 1995.
683 ISRECIM, Archivio, Sezione II, cartella 111; lettera del sindaco di Olivetta datata 21 settembre 1945. Vedasi pure ISRECIM, Archivio, Sezione II, cartella L 37.
684 Ibidem, lettera datata 24 marzo 1998.
685 Don Nino Allaria Olivieri, “I testimoni raccontano”, cit., pag 59 e sgg. Il lavoro continua con il capitolo ‘Piena e Libri'”, dove si evidenzia la tristezza della popolazione locale costretta ad assumere la cittadinanza francese.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria)vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016, pp. 230-231

[3 settembre 1944]
[…] “Nettu” [Ernesto Corradi], che fino a quel momento si era mantenuto nascosto, esce allo scoperto con il corpo proteso in avanti, guarda ancora per un istante il viadotto sospeso nel vuoto sul Roia, poi, deciso, parte correndo e, in pochi secondi, raggiunge l’altra sponda; per alcuni istanti rimaniamo indecisi, ma, mentre sulla strada persiste ancora il silenzio, anche noi partiamo saltando di corsa sulle traversine dei binari e riusciamo tutti a raggiungere il nostro capobanda.
Un tratto di galleria che copre quella strada percorsa dal nemico facilita il nostro passaggio, infatti proprio mentre ci troviamo sulla sua sommità, sotto di noi transita un’autoambulanza scortata da un camion tedesco.
Ci allontaniamo in fretta per raggiungere la cima di una collina, intanto sulla strada il traffico degli automezzi militari continua inarrestabile.
Superato il grande ostacolo del Roia, ci dirigiamo verso il paese di Collabassa [Frazione di Airole IM)]; sul sentiero, fra alberi di pino, incontriamo un giovane di Olivetta San Michele e lo convinciamo a seguirci; il suo nome di battaglia sarà “Pineta”, proprio a ricordo del luogo in cui l’abbiamo incontrato.
[…] “Pineta”, già combattente nei battaglioni d’assalto a Tobruch, aveva sofferto la guerra e il suo unico desiderio era di vederla finita.
I rimanenti sei, di cui io facevo parte, erano tutti ragazzi sotto i vent’anni, nati e cresciuti in epoca fascista; non avevano mai conosciuto la vera libertà.
[…] Riprendendo la descrizione delle nostre avventure, dopo aver varcato la frontiera cui accennavo prima, scendiamo lentamente con cautela verso Castellar, un piccolo paese sopra Mentone […]
Giorgio Lavagna (Tigre), Dall’Arroscia alla Provenza. Fazzoletti Garibaldini nella Resistenza, IsrecIm, ed. Cav. A. Dominici, Oneglia Imperia, 1982

Si è qui sopra riprodotto un minimo stralcio delle avventure occorse ad un gruppo di partigiani che, debitamente autorizzati dai comandi garibaldini imperiesi, cercavano di unirsi alle forze alleate, a quella data ormai giunte alla frontiera italo-francese.
Arrivati oltre confine Lavagna ed i suoi compagni, compresi quelli trovati cammin facendo, vennero arruolati nella FSSF, First Special Service Force (chiamata anche The Devil’s Brigade, The Black Devils, The Black Devils’ Brigade, Freddie’s Freighters), reparto d’elite statunitense-canadese di commando, impiegato anche nella Operazione Dragoon nel sud della Francia, tuttavia sciolto nel dicembre 1944; a questa data, per non farsi internare, questi garibaldini furono costretti ad immatricolarsi nel 21/XV Bataillon Volontaires Etrangérs francese.
Adriano Maini

La stazione ferroviaria di San Michele, Frazione di Olivetta San Michele (IM)

Estate-autunno 1944 – Sfollamento a San Michele. Altri ricordi ferroviari
Dopo il primo bombardamento notturno e dopo due o tre notti passate nella galleria-rifugio di via San Secondo, si pensa di sfollare, anche perché l’alloggio è stato un po’ danneggiato. La scelta di molti ventimigliesi cade su Airole e San Michele, per via della facile comunicazione ferroviaria con Ventimiglia, dove la vita e il lavoro continuano.
[…] Trovata sistemazione a San Michele, vi portiamo, sempre col treno, un po’ di masserizie (letti, materassi, vestiario, oggetti di cucina). Si spera sempre che gli alleati “facciano presto”, specialmente dopo lo sbarco in Provenza
dell’agosto. Ma proprio quest’ultima operazione sarà la generatrice delle più gravi vicende.
Il trenino per un po’ di tempo fa il suo bravo dovere tra Ventimiglia e Piena, poi sposta il suo capolinea ventimigliese in zona Peglia (non ricordo più se per interruzione del ponte sul Roia o per non esporlo a mitragliamenti in stazione).
Una sera (ancora chiaro), quasi in arrivo a Bevera, sentiamo e vediamo volteggiare sopra di noi un paio di “caccia”. Il treno si ferma, tutti giù di corsa verso il paese, a ripararci quanto possibile. Non succede nulla, quei piloti hanno avuto coscienza. Si riparte a notte fatta. Pochi giorni dopo il servizio ferroviario cessa di funzionare.
A Ventimiglia la situazione si aggrava. Bombardamenti, mitragliamenti, incursioni fulminee. Mancato il treno, si utilizza qualsiasi mezzo, biciclette, carri a trazione animale, perfino un carrello del Servizio Lavori (cioè uno di quei carrelli, non a motore, che circolano sui binari per la manutenzione), naturalmente usato una sola volta in discesa, ché spingerlo in salita sarebbe stato impossibile; infine si va anche a piedi.
Un mattino, transitando da Airole (meglio, sotto Airole, sulla statale), trovo un carro, trainato da un mulo, carico di giovani dell’esercito della R.S.I., che dalla loro caserma (il fabbricato mi pare ci sia ancora) si apprestano a scendere verso Ventimiglia. Tra essi alcuni amici che avevano fatto quella scelta. Mi invitano a salire ed io accetto di buon grado anche se, cammin facendo, “stringo” un po’ all’idea di trovarmi in mezzo a un agguato di partigiani.
Come si intuisce, è ormai impossibile percorrere tutti i giorni il tragitto San Michele-Ventimiglia. Però bisogna andare perché si rischia di essere considerati assenti ingiustificati dal lavoro. Allora ci si ferma qualche notte a Ventimiglia, poi si va su e si ridiscende e così via […]
Renato Pastorino, “Flashes” di guerra 1940-1945 in Renzo Villa e Danilo Gnech (a cura di), Ventimiglia 1940-1945: ricordi di guerra (con la collaborazione di Danilo Mariani e Franco Miseria), Comune, Studio fotografico Mariani, Dopolavoro ferroviario, Ventimiglia, 1995

Le campagne di Pigna, Buggio e Castelvittorio vennero rastrellate dai tedeschi

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Dal dicembre 1944 alla Liberazione Pigna diventava la sede di Comando della Divisione tedesca “Alpenjäger” e di un reparto della Gestapo (forte di circa 50 uomini). Tra i tedeschi più brutali si ricorda il tenente Peter Schunk che, oltre ad altri misfatti, fece svaligiare casa Telisa; gran parte di quanto predato apparteneva alla moglie del maggiore Zoroddu, Amalia Borfiga, che visse alla macchia con il marito e la loro bambina in una banda di partigiani, di cui lo stesso Zoroddu era l’animatore.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria)vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016 XXX

4 gennaio 1945 – Dal comando del I° Battaglione “Mario Bini” della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”, prot. n° 33, al comando della V^ Brigata – Relazione militare: presenti a Pigna 60 tedeschi equipaggiati con armi leggere; artiglierie nemiche nel frattempo spostate da Pigna a Passo Muratone, Gouta e Margheria dei Boschi [Località di Pigna (IM)]. 7 gennaio 1945 – Dal comando del I° Battaglione al comando della V^ Brigata – Relazione militare: a Pigna si trovavano 80 soldati nemici, mentre a Buggio [Frazione di Pigna (IM)], Castelvittorio (IM), Ormea (CN), Garessio (IM), Testa d’Alpe e Passo Muratone [Località di Pigna (IM)] erano stanziate alcune batterie nemiche… 17 febbraio 1945 – Dalla Sezione SIM  della V^ Brigata, prot. n° 289, al comando della I^ Zona Operativa Liguria – Comunicava che “… a Pigna il presidio è composto da 200 uomini, in prevalenza russi, polacchi e sloveni…” 
18 febbraio 1945 – Dal comando del II° Battaglione “Marco Dino Rossi”, prot. n° 3, al comando della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” – Relazionava che “il 17 u.s. le squadre dei comandanti Serpe [Isidoro Faraldi, comandante del IV° Distaccamento del II° battaglione “Marco Dino Rossi” della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] ed Olmo [Giobatta Moraldo, comandante del III° Distaccamento del I° Battaglione “Mario Bini” della V^ Brigata] attaccavano a Carmo Langan una pattuglia nemica composta da 8 fascisti e 3 tedeschi; dopo una sparatoria di 15 minuti i nostri catturavano l’intera pattuglia con tutte le armi. Il numero delle armi automatiche è il seguente: 1 Mayerling, 1 Breda ed 1 Sten”. A Briga è in transito una colonna nemica di cui si ignora la direzione. A Baiardo vi sono 28 bersaglieri a cui si aggiungono saltuariamente elementi delle Brigate Nere“. 18 febbraio 1945 – Dal comando della II^ Divisione al comando della I^ Zona Operativa – Riferiva la comunicazione dello stesso giorno del II° Battaglione “Marco Dino Rossi” sullo scontro con il nemico del 17 febbraio ed aggiungeva la notizia dell’immediata esecuzione dei soldati nemici catturati. 9 marzo 1945 – Dalla Sezione SIM del II° Battaglione “Marco Dino Rossi” della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni”, prot. n° 12, al comando della V^ Brigata – Segnalava che… a Cima Marta e sul Monte Gray si trovava una compagnia di tedeschi…da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), “La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Nelle prime ore dell’11 marzo 1945 le campagne di Pigna, Buggio [Frazione di Pigna] e Castelvittorio vennero rastrellate dai tedeschi. Coloro che incapparono nell’operazione furono trasferiti a Pigna in località la Giaira e divisi in tre gruppi. Da una parte le donne e i bambini, da un’altra coloro che avevano già compiuto i cinquant’anni di età. Le attenzioni maggiori furono rivolte verso gli uomini di età inferiore ai cinquant’anni.
[…] la ventina di uomini riconosciuti partigiani furono fucilati. Anche i quattro partigiani delatori subirono la stessa sorte. La partecipazione al movimento partigiano dei fucilati è da riferirsi soprattutto al periodo della Repubblica di Pigna, quando presero parte più o meno attiva all’esperienza di autogoverno del piccolo paese dell’Alta Val Nervia.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, ed. in pr., 2020

20 aprile 1945 – Dalla sezione SIM [responsabile Brunero, Francesco Bianchi]  della V^ Brigata al Comando della I^ Zona Operativa – Comunicava che Pigna era presidiata da 40 soldati di nazionalità russa e tedesca…  23 aprile 1945 – Dal comando del II° Battaglione “Marco Dino Rossi” al comando della V^ Brigata – Comunicava che nella nottata precedente una pattuglia del V° Distaccamento si era portata come da ordini ricevuti a Pigna dove aveva minato la strada di Langan: il tratto minato era 2 km. a nord del Palazzo del Maggiore [in effetti nel comune di Castelvittorio] da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit.

Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1945 reparti tedeschi valicarono il colle di Tenda e, contemporaneamente, per confondere i francesi sulle reali intenzioni del comando germanico, venne ordinato un attacco diversivo al punto di
osservazione del Grammondo. Intanto vennero fatte brillare le cariche che distrussero i ponti stradali e ferroviari della val Roia e diverse gallerie. Nella mattina del 24 Breil, Saorge e Fontan vennero completamente evacuate dalle forze tedesche.
La notte tra il 24 e il 25 aprile si udì a Pigna e nelle campagne circostanti il rumore continuo dei carriaggi che discendevano la strada carrozzabile di Gouta; erano i tedeschi, i quali, per proteggere la loro ritirata fecero saltare le rocce di Argeleo, in prossimità della seconda curva a gomito della strada per Gouta, il ponte dei Ponti e quello di Lago Pigo.
Giunti in prossimità del palazzo del maggiore, lungo la strada che porta a Langan, esplosero alcuni colpi di cannone verso Pigna e Castel Vittorio per intimorire gli eventuali partigiani o le truppe Alleate che avrebbero potuto seguirli. Durante il tragitto che li portò su Langan ebbero l’occasione di fucilare sul posto un anonimo partigiano che, sfortunatamente, si imbattè sulla loro strada.
Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016

I partigiani attaccano Villa Balzi per liberare un ferito di nome Autano

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Bordighera (IM)

Ai primi di novembre [1943] i fuggitivi [Michael Ross e George Bell] giungono in Bagnasco […] Erano giunti in terra ligure senza nemmeno saperlo. Puntarono la mattina più a valle, in vista di un casolare. Ma un incontro del tutto fortuito cambierà i loro progetti, studiati per giorni e giorni. L’uomo incontrato era Renato Brunati e il luogo il paese di Baiardo […] i Porcheddu [n.d.r.: dalla loro abitazione, Villa Llo di Mare, sita in Arziglia di Bordighera (IM)] liberamente andarono incontro per salvare la vita dei due sconosciuti inglesi. Il ringraziamento, Ross, lo estende a Vincenzo Manuel Gismondi, a Federico Assandria e ad Elio Moraglia. “Beppe aveva ordinato di portarci in una casetta nel paesino di Negi ove vivevano sua moglie e i figli dopo l’arresto di Lina e Brunati” [Ross]. Dopo l’impresa fallita [n.d.r.: tentativo di andare in barca a motore da Bordighera per la Corsica, causa affondamento per avaria del natante prescelto!] i due fuggiaschi inglesi riuscirono a trovare riposo e calore umano ma dovettero lasciare le terre di Arziglia […]
Don Nino Allaria Olivieri in Ventimiglia … sentieri della speranza <ANPI, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Nante Edizioni, Imperia>, 2006, ripubblicato in Quando fischiava il vento. Episodi di vita civile e partigiana nella Zona Intemelia, Alzani Editore <La Voce Intemelia – A.N.P.I. Sezione di Ventimiglia (IM)>, 2015

La zona davanti all’ex scalo merci ferroviario di Bordighera

I problemi erano tanti e tutti molto seri.. Abitavo a Bordighera tra lo scalo merci della stazione e una casa dove erano accasermati dei militi fascisti. Casa mia era vuota, perché i miei genitori erano sfollati, come era stato consigliato da Radio Londra, che suggeriva di abbandonare le case vicino ai nodi ferroviari perché soggetti a bombardamento. Dalle mie finestre controllavo agevolmente ogni movimento in stazione e nella casermetta dei fascisti.
Avevo notato che ogni notte i militi si recavano a scaricare le merci che arrivavano con il treno e lasciavano la caserma sguarnita.
Il gelataio Eccolo (Renzo Pirotelli) mi prestò il triciclo fatto a barchetta, con il quale durante l’estate vendeva i gelati sul lungomare di Bordighera e Vallecrosia. Mi procurai anche un attrezzo da scasso e un piccone, depositai tutto nel portone di casa mia e attesi la notte. Alle 2 regolarmente arrivò il convoglio e tutti i militi uscirono per andare a scaricare il treno. Mi precipitai a portare il triciclo con gli arnesi da scasso vicino all’ingresso della casermetta.
Piano piano, per fare meno rumore possibile, forzai la porta… Tre alla volta li caricai nel ventre della barchetta ed alla fine caricai le scatole di munizioni. Il triciclo era quasi colmo. Riportai il carretto nel portone di casa mia e camuffai il carico coprendolo con alcuni pezzi di legna da ardere e una coperta.
Prima che i militi tornassero, ero già sulla via Romana verso Vallecrosia… 
Angelo Athos Mariani in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia < Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)>, 2007

Bordighera (IM): Villa I Balzi

Il 3 di settembre 1944 poderosa azione in Bordighera: alcuni garibaldini del 6° distaccamento, compreso Martino Blancardi (Martinetto), attaccano di sorpresa il nemico a Selvadolce e catturano venti fascisti e ingenti quantitativi di armi comprendenti quattro mortai da 81 mm., centosessanta fucili, dieci mitra, dieci fucili mitragliatori con rispettive munizioni, quindi liberano parecchi prigionieri politici rinchiusi nelle carceri locali; il giorno dopo gli stessi attaccano Villa Balzi per liberare un ferito di nome Autano e disarmano un fascista alla Madonna della Ruota (testimonianza scritta di Martino Blancardi).
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, ed. Amministrazione Provinciale di Imperia, 1977 

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Una spiaggia di Vallecrosia (IM)

Alcuni partigiani di Bordighera furono attivi a partire dalla fine del 1944 nel Gruppo Sbarchi di Vallecrosia (IM), una struttura, al pari della Missione Corsaro di Ventimiglia (IM), di collegamento operativo con gli alleati, entrambe sotto il comando di Stefano Leo Carabalona, già eroico comandante dell’8° Distaccamento della IX^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione”, prima, di Distaccamento della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”, poi, distintosi in modo particolare rispettivamente nelle battaglie partigiane per Rocchetta Nervina (IM) e per Pigna (IM). E quando Carabalona venne l’8 febbraio 1945 gravemente ferito in un agguato in Vallecrosia (e curato in via provvisoria e fortunosamente dal prof. Gabetti nell’ospedale di Bordighera prima di essere messo in salvo a Nizza) a subentrargli nell’incarico fu proprio un patriota di Bordighera, Renzo Stienca Rossi. Adriano Maini
 
Per la costruzione colà di una trincea a difesa della postazione dotata di cannone anticarro vennero impiegati operai della Todt, tra i quali i fratelli Biancheri di Bordighera. Con i fratelli Biancheri il sergente Bertelli esternò cautamente i sentimenti di disapprovazione della condotta della guerra. I fratelli Biancheri favorirono l’incontro di Bertelli con il dottore Salvatore Marchesi, membro di rilievo della Resistenza… Da appunti non pubblicati di Giuseppe Mac Fiorucci, autore di Gruppo Sbarchi Vallecrosia op. cit.

 

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Negi, Frazione di Perinaldo

La mia storia nella Resistenza è legata a filo doppio con Renzo [“Stienca“] Rossi.
Nell’agosto del 1944 mi aggregai al gruppo partigiano di Girò
[o Gireu, Pietro Gerolamo Marcenaro di Vallecrosia (IM)], che operava nella zona di Negi [Frazione di Perinaldo]. Dove godevamo anche dell’appoggio di Umberto [Gigetto] Sequi a Vallebona e di Giuseppe Bisso a Seborga; tutti e due membri del C.L.N. di Bordighera. Negi era il punto di contatto tra le varie formazioni partigiane che operavano nella zona, tra queste, quelle sotto il comando di Cekoff [o Cecof, Mario Alborno di Bordighera] e di Gino [Luigi Napolitano]…  I tedeschi rastrellarono tutta la zona cercando “Leo”; “visitarono” anche la mia casa: sulla porta rimasero le impronte dei chiodi degli scarponi di quando sfondarono l’ingresso a calci. Ma non cercarono in cantina, si limitarono ad arraffare del cibo dalla cucina. Con Renzo Rossi nascondemmo tutti i documenti del S.I.M. e del C.N.L. [di Bordighera (IM)] nel mio giardino, preparandoci al trasferimento di “Leo” in Francia. Il Gruppo Sbarchi Vallecrosia aveva frattanto predisposto una barca. Renzo Rossi con Lotti avevano preavvisato i bersaglieri della necessità di effettuare l’imbarco quanto prima possibile. La collaborazione dei bersaglieri fu determinante per tutte le operazioni del Gruppo Sbarchi. Il sergente Bertelli comandava un gruppo di bersaglieri a Collasgarba – sopra Nervia di Ventimiglia – e aveva manifestato la volontà di aderire alla Resistenza. Fu avvicinato dai fratelli Biancheri, detti Lilò, per stabilire le modalità della diserzione, quando il plotone fu distaccato alla difesa costiera giusto sulla costa di Vallecrosia in prossimità del bunker alla foce del Verbone. I Lilò convinsero allora i bersaglieri a non disertare, ma ad operare dall’interno per consentire ed agevolare le nostre operazioni.  Renzo Gianni Biancheri, “Rensu u Longu” in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

6 novembre 1944
Oggi la nave ha sparato continuamente verso Bordighera e Ventimiglia dalle 6 di questa mattina fino alle 16,30.
[n.d.r.: dal diario di una ragazza rimasta ignota, figlia di albergatori di Sanremo]
Renato Tavanti, Sanremo. “Nido di vipere”. Piccola cronaca di guerra. Volume terzo, Atene Edizioni, 2006

Quando le campane di Bordighera [(IM)] suonarono le 23.00, il 6 gennaio del 1945 il gruppo di sbarco composto dal caporale Mac Dougall, Mimmo, Nino e me, era riunito su di un battello pneumatico.  Avendo ricevuto dalla spiaggia il segnale di via libera, aiutati da Giulio [Giulio Corsaro/Caronte Pedretti, responsabile del gruppo clandestino di partigiani di Ventimiglia operanti via mare con gli alleati nella Missione Corsaro] con il suo battello, ci dirigemmo verso la riva. Alle 23,45 scendemmo sulla spiaggia, non senza esserci bagnati un po’, poichè le onde si infrangevano sulla spiaggia. Dopo aver sgonfiato il battello per consentire a Giulio di riportarlo indietro, raggiungemmo la casamatta dove si supponeva di incontrare Tonino. Dopo aver aspettato 15 minuti senza aver avuto notizie di Tonino, decidemmo di muoverci verso la prima casa sicura, seguendo un sentiero sgomberato all’interno del campo minato (solo di rado abbastanza largo).  Arrivammo alla casa alle ore 00.15 e trovammo Tonino che ci aspettava. Il pesante bagaglio venne nascosto e, dopo aver attraversato campi e steccati, la via principale e una buona  parte di Bordighera arrivammo alla casa di Bussi, dove trovammo rifugio per la notte… 
Da un documento autografo del capitano Robert Bentley in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.
 
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A destra l’ala ancora esistente del vecchio ospedale di Bordighera

All’ospedale [di Bordighera] “Leo” venne curato da due medici che conoscevo bene, il dr. Giribaldi e il dr. Gabetti, e assistito dalla caposala, infermiera Eva Pasini. Il dr. Gabetti mi disse che difficilmente “Leo” sarebbe sopravvissuto e che quindi conveniva ricoverarlo come “ferito da colpo d’arma da fuoco” e non rischiare la vita quando la polizia fascista avesse preso conoscenza del referto. 
Renzo “Stienca” Rossi in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit. 
 
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Perinaldo (IM): il frantoio in Località Massabò

26 marzo 1945 – Dal CLN di Bordighera, Sezione SIM, al comando della I^ Zona Operativa Liguria – Segnalava che forse un certo “Viriga”, incaricato di compiere un’azione delicata a Vallecrosia, si fosse “lasciato scappare informazioni vitali” e, siccome risultava rifugiato nel frantoio di Massabò [Perinaldo (IM)], chiedeva al comando di svolgere indagini. Aggiungeva che “Renzo” [Renzo Stienca Rossi] si era nuovamente recato in Francia e se ne attendeva il ritorno.
da documento IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
[…] La storia dei partigiani che avevano aiutato Ross e Bell, rimasti in Italia, è molto triste poiché diversi furono catturati e giustiziati. Renato Brunati, il primo partigiano che avevano incontrato, che era anche un buon amico di Beppe, fu arrestato nel 1944, portato in un carcere di Genova e fucilato insieme ad altri ostaggi. Anche la compagna di Brunati, Lina Meifrett, fu arrestata ma per fortuna venne deportata in Germania, da dove successivamente riuscì a fuggire.
Vincenzo [Manuel Gismondi], Elio [Moraglia] e Federico [Assandria], che avevano tentato di remare fino alla Corsica con Ross e Bell, sopravvissero tutti alla guerra, ma su una collina che domina il porto di Bordighera c’è ora un monumento dedicato ai partigiani che furono giustiziati o uccisi in azione. In cima alla lista c’è Renato Brunati. Beppe e tutta la famiglia Porcheddu furono incredibilmente fortunati e sopravvissero alla guerra. Ross si unì di nuovo al suo reggimento e poco tempo dopo in Europa la guerra finì. Tornò a Bordighera nel 1946 per un gioioso ricongiungimento con la famiglia Porcheddu ed in particolare con Giovanna che avrebbe sposato l’11 ottobre 1946. Anche sua sorella gemella, Amalia, avrebbe sposato un ufficiale britannico, il capitano Philippe Garigue (1917-2008) in una doppia cerimonia a ‘Villa Llo di Mare’.
Nel suo libro “The British Partisan”, Ross riconosce il contributo molto significativo e coraggioso di Beppe a sostegno degli Alleati e della resistenza contro il fascismo. Purtroppo non ho mai conosciuto il mio straordinario nonno, Beppe Porcheddu. Nel dicembre 1947, mentre organizzava una mostra della sua arte a Roma, scomparve per non essere mai più rivisto. Bordighera divenne una seconda casa per i miei genitori dove trascorsero insieme tanti anni felici. Mio padre è morto nel 2012 e mia madre nel 2019. La loro è stata una straordinaria storia d’amore.
David Ross, Ross, Michael (IT), Monte San Martino Trust 

La collina di Montenero nella parte sovrastante Località Arziglia di Bordighera

2 aprile 1945 – Dal comando della V^ Brigata, Sez. SIM , prot. n° 370, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della II^ Divisione – Venivano comunicate notizie riferite da un non meglio specificato interprete di Bordighera. “… Truppe tedesche e fasciste in allarme di 2° grado. Circa 1000 tedeschi hanno lasciato il fronte di Ventimiglia, dove tuttavia permane una divisione. Tutti i comandi tedeschi sono in procinto di essere trasferiti a Vallebona e a Borghetto [San Nicolò, Frazione di Bordighera]… A Bordighera si trovano solo dei bersaglieri. A Sasso [Frazione di Bordighera] vi sono 30 tedeschi con 2 pezzi d’artiglieria da 105 mm. Dalla punta di Sant’Ampelio di Bordighera a Ventimiglia c’è un bunker ogni 800 metri, ognuno dei quali presidiato da 11 fascisti, di cui un sergente, ed un tedesco. A Montenero [altura situata ampiamente nel territorio di Bordighera] si trovano 50 soldati tedeschi distribuiti in diverse postazioni, di cui alcune risultano finte“. 10 aprile 1945 – Dalla V^ Brigata “Luigi Nuvoloni”, Sez. SIM (Servizio Informazioni Militari), prot. n° 381, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della II^ Divisione – Veniva comunicato quanto riferito dall’informatore tedesco La: che nella zona di Bordighera i tedeschi avevano ricevuto l’ordine di tenersi pronti per una prossima partenza per Verona e di comportarsi gentilmente verso la popolazione, e che venivano minate strade e colline… da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. Tomo II

I partigiani responsabili degli sbarchi dovevano segnalare alle ore 23.15

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Vallecrosia (IM): Monumento ai Partigiani del Mare

A settembre 1944 insieme a Renzo Rossi partecipai all’incontro con Vitò [Giuseppe Vittorio Guglielmo]. Ci accompagnò Confino, maresciallo dei Carabinieri che aveva aderito alla Resistenza. Vitò investì formalmente Renzo Rossi del compito di organizzare, per la nostra zona, il S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] e la S.A.P.: io fui nominato suo agente e collaboratore….
Renzo “Gianni” Biancheri, “Rensu u Longu“, in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia < Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM) >, 2007

Rosina (Luciano Mannini) racconta: “Il servizio di informazioni militari, esplicato dalla missione «Leo» in Italia con i comandi alleati, ebbe inizio alla fine del settembre 1944, con l’arrivo nella zona della V^ Brigata [d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] di ufficiali americani ed inglesi giunti attraverso i passi montani dal Piemonte, ove erano stati paracadutati. Il capitano Leo [Stefano Carabalona], attestato allora a Pigna, comandante del distaccamento che li ospitava e che provvide in seguito a farli condurre – parte attraverso i valichi alpini e parte via mare – in Francia, stabilì col capo della missione alleata [Missione Flap] i primi accordi che dovevano condurre alla formazione di un gruppo specializzato che collegasse, per mezzo di una rete segreta, la nostra zona a quella occupata dagli alleati e fungesse da centro di raccoglimento e di smistamento di notizie militari e politiche interessanti la lotta”.
Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, Ed. A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

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Vallecrosia (IM): uno scorcio della zona (tra il Torrione, la ferrovia, la spiaggia e il confine con Bordighera) che verso la fine della guerra era stata minata dai tedeschi

A dicembre 1944 alla S.A.P. di Vallecrosia si aggregarono alcuni partigiani scesi dalla montagna…
Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) – Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

La missione Leo [n.d.r.: dal nome di battaglia del responsabile, il comandante Stefano Carabalona] alla quale appartenevano Rosina [Luciano Mannini], Lolli [Giuseppe Longo], Giulio [Corsaro/Caronte] Pedretti, ed alcuni altri giovani che si erano temprati nelle lotte di montagna, si portò a Nizza nel [nella notte tra il 10 e l’11] dicembre 1944, dopo due mesi di utile lavoro preparatorio, per mezzo della leggendaria imbarcazione guidata dall’infaticabile «Caronte» Giulio Pedretti e da Pascalin [Pasquale Pirata Corradi, di Ventimiglia (IM), come Pedretti]. A Nizza, Leo si incontra con i responsabili dei servizi speciali alleati e prepara il piano definitivo di lavoro, che comportava, fra l’altro, l’uso di apparecchi radio trasmittenti, per i quali la missione aveva già predisposto gli operatori. Nel gennaio 1945 la missione rientra in Italia, dove il terreno era già stato preparato in anticipo. Si organizza e comincia a funzionare in pieno…
Mario Mascia, Op. cit.

Con lo sbarco [n.d.r.: notte tra il 6 ed il 7 gennaio 1945] del capitano Bentley si strinsero ancor più i rapporti tra il Gruppo Sbarchi di Vallecrosia e il gruppo di “Leo” Carabalona, del quale faceva parte Giulio Corsaro Pedretti, che per primi avevano preso contatto con le forze alleate. Gli sbarchi si susseguirono con invio di armi e anche di agenti radiotelegrafisti per azioni di spionaggio. […]
Gli sbarchi si susseguirono con invio di armi e anche di agenti radiotelegrafisti per azioni di spionaggio. Tra queste operazioni vi fu la tragica “Operazione Leo”, a seguito della “Operazione Gino”, di cui non conosco i particolari, ma che mise a repentaglio tutta la nostra organizzazione.
RenatoPlanciaDorgia in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

In parallelo agli aviolanci alleati, ma con maggiore assiduità, avevano luogo sbarchi di materiale bellico nella zona di Vallecrosia-Bordighera. I volontari che si occuparono di tali trasporti appartenevano al gruppo di “Leo”, Stefano Carabalona, che fungeva da tramite tra i garibaldini e la missione alleata in Francia. Giulio Pedretti, “Corsaro”, fu il partigiano che più di ogni altro si impegnò in tali operazioni, al punto che alla fine della guerra aveva effettuato 27 traversate per recapitare armi e uomini attraverso il tratto di mare prospicente la zona di confine italo-francese.     Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945), Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 – 1999

14 febbraio 1945 – Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della Divisione “Silvio Bonfante” – Comunicava che erano imminenti alcuni sbarchi di materiali da parte degli alleati sulle coste controllate dalla II^ Divisione “Felice Cascione” e precisava i criteri di distribuzione dei medesimi. da documento IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

26 febbraio 1945 – Dal comando generale delle Brigate Garibaldi, aderente al CLNAI, prot. n° 541, a tutti i comandi regionali – Segnalava la linea da seguire nei riguardi delle missioni alleate allegando altresì un documento del CLN del Piemonte (prot. n° 215): “… è necessario essere ospitali e collaborare con essi [gli alleati]; tuttavia, si deve mantenere la dignità nazionale, poiché si è verificato che qualche Comando partigiano, pur di aggraziarsi la simpatia degli alleati, abbia messo questi al corrente di beghine interne o abbia accettato, in cambio di avio-lanci, la sudditanza sul piano organizzativo-operativo, contravvenendo, in tal modo, agli ordini del Comando Generale ed elevando a comandanti coloro che sono alleati. Tutto ciò non contribuisce a dare agli alleati l’idea di un movimento partigiano solido ed unitario”.
da documento IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

… Rossi [Renzo Stienca Rossi] si accreditò [8 o 9 marzo 1945] presso l’OSS a Nizza. In seguito fece 4 viaggi [recando armi, documenti, uomini di collegamento, materiale vario] via mare dalla Francia [alla costa di Vallecrosia]. Tornò definitivamente in Italia la notte del 27 aprile 1945, sbarcando a Sanremo… Brooks Richards, Secret Flotillas, Vol. II, Paperback, 2013

4 aprile 1945 – Dal Quartiere Generale rappresentante dell’Alto Comando Alleato [capitano Robert Bentley] al commissario Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] – Veniva conferito incarico al commissario in indirizzo di avvisare i responsabili della ricezione degli sbarchi di iniziare le segnalazioni alle ore 23.15 del giorno 4 stesso per i 5 giorni successivi, mentre dal giorno 10 al giorno 12  dovevano iniziare alle ore 24.  L’intervallo tra una segnalazione e l’altra doveva essere di 5 minuti.  Si richiedevano chiarimenti sulla lettera del 29 marzo con la quale era stato comunicato che i tedeschi erano a conoscenza del punto di sbarco.

11 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione  – Veniva comunicato l’imminente sbarco di Bartali [Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della Divisione “Silvio Bonfante” presso gli Alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione] e veniva ordinato di tenere a disposizione dello scrivente comando eventuale materiale arrivato nel frattempo via mare.

13 aprile 1945 – Dal  C.L.N. di Sanremo, prot. n° 581, al S.I.M. della V^ Brigata – Informava anche sul fatto che le armi, arrivate via mare, erano ancora a Bordighera da dove poi si sarebbe provveduto alla distribuzione.

13 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria a Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] – Si sollecitava maggiore attenzione nell’individuare per tempo e nell’avvertire di movimenti del nemico rispetto alla tematica sbarchi, in quanto il motoscafo di Renzo [Renzo Stienca Rossi], ricevuta una segnalazione sospetta dalla costa, era appena tornato indietro.

18 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione – Veniva criticato il fatto che non era ancora pervenuto l’elenco del materiale arrivato con gli sbarchi.

da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

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Vallecrosia (IM): una vista verso Bordighera dalla spiaggia di Rattaconigli

Il ritorno lo effettuammo con la scorta di una vedetta francese, che accompagnò il motoscafo di Pedretti. Vi furono momenti di apprensione perché da bordo della vedetta si udì distintamente il rombo del motore di un motoscafo tedesco; i nemici non si accorsero della nostra presenza e passarono oltre. Trasbordammo sul motoscafo e sul canotto gli uomini e il materiale delle missioni “Bartali” [Giovanni Bortoluzzi] e “Serpente”, composte da agenti addestrati al sabotaggio. Nelle operazioni di trasbordo alcuni caddero in mare e recuperarli nel buio non fu cosa facile, dovendosi osservare il silenzio assoluto. Attendemmo i segnali convenuti da riva. Anche quella volta nessun segnale. Gli ordini erano di annullare tutto, ma Girò accompagnò ugualmente a terra tutta la comitiva, mentre io tornai a bordo della vedetta, perché nel buio pesto riuscì ad individuare il tratto di spiaggia dinanzi a casa sua. Le difese di quel tratto di costa erano così composte: un bunker alla foce del torrente Borghetto [n.d.r.: che sfocia in Bordighera, Piani di Borghetto], uno nei pressi della foce del Verbone [Vallecrosia], un altro quasi alla foce del Nervia [tra Ventimiglia e Camporosso].
Tra il bunker del Borghetto e quello del Verbone , era tutto un campo di mine, eccetto, giusto alla metà tra i due bunker, un passaggio largo meno di un metro, dalla battigia fino al rio Rattaconigli. Sbarcarono a Rattaconigli e superarono il campo minato attraverso quel sentiero. Quella sera dal bunker di Vallecrosia fino alla foce del Nervia era tutto un pullulare di tedeschi e fascisti. Ci aspettavano. La fortuna fu dalla nostra.
Renzo Biancheri in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

… aveva riallacciato i collegamenti con la Francia

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Vallecrosia (IM): una spiaggia vicina al luogo di sbarco del capitano Bentley ed all’abitazione (zona Casette di Camporosso Mare) della famiglia di Alberto Nino Guglielmi

Inoltre l’inverno giunse in anticipo sulle montagne e i collegamenti con gli alleati, che avvenivano attraverso i sentieri alpini, erano resi impossibili. Si ipotizzò anche di tentare con i sommergibili, ma non ci fu nessun serio risultato. Si poteva tentare soltanto via mare. Il 20 dicembre 1944 doveva sbarcare il capitano Robert Bentley, ma fu tutto rinviato per il mare in tempesta. Dapprima arrivarono due collaboratori del capitano […]
Renato Dorgia in Giuseppe Mac FiorucciGruppo Sbarchi VallecrosiaIstituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2007

Io sono partito per la Francia il 10 dicembre 1944; giunto colà presi contatto con il Comando Americano di Nizza con il quale già ero in relazione da circa due mesi.
Stefano “Leo” Carabalona in una lettera a Enzo Siccardi (Curto), comandante della I^ Zona Operativa Liguria, acclusa al dispaccio prot. n° 2 del CLN di Bordighera del 26 febbraio 1945, documento IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo II -, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Fui inquadrato in un distaccamento partigiano che si avvicinò alla provincia di Imperia. Qui fui assegnato alla IV^ Brigata “Elsio Guarrini” della II^ Divisione Garibaldi “Felice Cascione” […] Da questa situazione nacque l’idea, nel comando della “Felice Cascione”, di una nostra missione, che dovesse portarsi in Francia presso i Comandi Alleati per sollecitare l’invio di divise, viveri, armi e munizioni. E per combinare azioni militari congiunte contro le forze nazifasciste nella nostra zona. Così nacque la Missione Kahnemann, con la supervisione del comandante “U Curtu” [Nino Curto Siccardi]. Fra i componenti [la missione Kahnemann] furono assunti fra gli altri (non li ricordo tutti) Alberto Guglielmi “Nino” e Luciano Mannini “Rosina”. Io, perché ufficiale dell’esercito, a conoscenza delle lingue francese e inglese, studiate a scuola e poi coltivate privatamente. Nino e Luciano perché conoscevano la zona a menadito, soprattutto i camminamenti tra le mine sulla spiaggia. Fu incluso nella missione anche certo Jean Gérard, francese… Non l’avessimo mai fatto, come dirò dopo!!! […] La gendarmeria di Monaco, informata dello scopo della nostra missione, si mise subito in contatto con quella di Nizza […] nelle prime ore del mattino successivo stavamo già nella sede della gendarmeria di Nizza […] Quasi subito fu prelevato Kanhemann, capo della nostra missione e portatore di tutti i documenti referenziali attestanti la nostra identità politica.  
Domenico Mimmo Donesi in Giuseppe Mac Fiorucci,  Gruppo Sbarchi VallecrosiaIstituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2007

Raggiunti gli alleati, Mimmo (Domenico Dònesi) e Nino (Alberto Guglielmi) furono ingaggiati dai servizi inglesi, sottoposti ad un breve addestramento e preparati alla missione di invio dell’ufficiale di collegamento presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria, il capitano Robert Bentley, del SOE   britannico. Dopo Natale Nino fu inviato a preparare lo sbarco di Bentley.
appunti inediti di Giuseppe Mac Fiorucci, per Op. cit.

Ripassai in Francia e studiai un piano per entrare in Italia via mare… i vostri uomini di Bordighera e Vallecrosia, Leo [Stefano Carabalona], Renzo Rossi, Rosina [Luciano Mannini], Caronte [detto anche Corsaro, Giulio Pedretti], Renzo Biancheri hanno seguito la stessa via numerose volte. Ad ogni modo presi contatto con Leo, che era appunto appena sbarcato in Francia in quel tempo, e poi con Kahnemann (Nuccia), il quale era pure passato [n.d.r.: partendo con il suo gruppo da una spiaggia di Vallecrosia la notte del 14 dicembre 1944] a Nizza e mi posi immediatamente al lavoro. Tonino [Antonio Capacchioni], Mimmo [Domenico Dònesi] e Nino [Alberto Guglielmi] mi furono di grande ausilio durante la fase preparatoria. Le difficoltà di una traversata erano grandissime… decidemmo di inviare Nino perché preparasse il terreno…
capitano Robert Bentley in Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

La notte della Epifania [del 1945] riapparve mio fratello Nino con Mimmo (Domenico Dònesi) e un ufficiale inglese [n.d.r.: il capitano Robert Bentley] bagnato fradicio. Era evidentemente appena sbarcato. Sistemarono delle casse in cantina poi si incamminarono di nuovo […] Emilia Guglielmi, sorella di Alberto “Nino” Guglielmi, in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi VallecrosiaIstituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2007

La stazione trasmittente sotto il controllo del capitano Robert Bentley aveva riallacciato i collegamenti con la Francia. Venne pertanto stabilito dal comando operativo di zona un primo attacco combinato fra le nostre forze e l’aviazione nemica contro un caposaldo avversario, quale esperimento. Venne fissata la segnalazione da Radio Londra per la coordinazione dell’attacco: “la neve cade sui monti”, stabilito il luogo, Baiardo, il giorno 17 marzo [1945], e l’ora, le 7 del mattino.  […] I nostri partirono dalla base di Ciabaudo: circa 120 uomini al comando di Gino Napolitano (Gino), Lorenzo Musso (Sumi)  [commissario politico del Comando Operativo della I^ Zona Liguria] ed il capitano Robert Bentley (Roberta) che avrebbero presenziato all’azione. Alle 4 del mattino la marcia veloce e silenziosa ebbe inizio. I nostri erano discretamente armati, grazie specialmente ai rifornimenti giunti nelle ultime settimane in montagna via mare.  Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

Altra modalità di invio da parte degli Alleati fu via mare grazie soprattutto, come già detto, all’organizzazione della SAP di Vallecrosia i cui uomini si esercitarono all’uopo in terra francese sotto la supervisione degli stessi comandi alleati. Anche in questo caso i tedeschi avevano provveduto a organizzare un meticoloso pattugliamento della zona costiera che venne pure disseminata di mine <146. Ciononostante, furono organizzate diverse missioni in direzione della Francia: anche in questo caso, il prezioso carico era costituito da armi e generi di conforto che venivano sbarcati e quindi distribuiti tra le varie divisioni partigiane <147.
[NOTE]
146 Francesco Biga, (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. IV: Dal Primo Gennaio 1945 alla Liberazione, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2005, p. 257
147 Ibid., pp. 257,258
Paolo Revelli, La seconda guerra mondiale nell’estremo ponente ligure, Atene Edizioni, Arma di Taggia (IM), 2012

4 gennaio 1945 – Dal comando [comandante “Danko”, Giovanni Gatti] del I° Battaglione “Mario Bini” della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”, prot. n° 32, al comando della V^ Brigata – Relazione militare:”… da Sanremo (IM) erano partiti 2 Mas, con a bordo uomini della X^ Flottiglia disertori dalle file repubblichine, che sembravano diretti alla costa francese…

11 febbraio 1945 – Dal CLN di Sanremo prot. n° 276 S.I.M. alla Sezione S.I.M. della V^ Brigata [“Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] Z.O. [Zona Operativa]; p.c. all’Ispettorato Militare I^ Zona Operativa Liguria e alla Delegazione di zona militare Imperia – Oggetto: informazioni sui risultati dei bombardamenti alleati. Vi preghiamo di comunicare al cap. Roberto [capitano Robert Bentley del SOE britannico, incaricato della missione alleata presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] i risultati degli ultimi bombardamenti aereo-navali alleati nella zona di nostra competenza: … BORDIGHERA: martedì 6 febbraio = bombardamento aereo: le bombe sono cadute nei pressi del municipio uccidendo tre persone. Nessun obiettivo militare colpito. mercoledì 7 febbraio = bombardamento aereo = le bombe sono cadute a circa 8 metri dall’ospedale = 1 persona uccisa = obiettivo militare più vicino: radio goniometro a circa 400 metri di distanza. Con riserva di ulteriori comunicazioni. Fraterni saluti. C.L.N. = SANREMO il responsabile del SIM (Mimosa) [Emilio Mascia]

9 marzo 1945 – Dalla Sezione SIM del II° Battaglione “Marco Dino Rossi” della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”, prot. n° 12, al comando della V^ Brigata – Segnalava che … Dolceacqua (IM) era presidiata da circa 500 tedeschi dotati di 400 cavalli; che a Cima Marta e sul Monte Gray si trovava una compagnia di tedeschi; che … ogni giorno da Briga Marittima salivano pattuglie fino a Sanson, Breil [Breil-sur-Roya] e Saorge; che a San Dalmazzo di Tenda continuava il “martellamento” da parte degli aerei alleati, che in un’occasione avevano centrato la stazione ferroviaria.

13 aprile 1945 – Da “Giglio” [G.B. Vento] alla Sezione SIM della VI^ Divisione “Silvio Bonfante” – Comunicava che il tratto di fronte tra Ventimiglia e Limone Piemonte era stato “oggetto di una vivace attività di artiglieria“…

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo II –, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 – 1999

Il 20 maggio 1944 un agricoltore di Camporosso notava la discesa di un paracadute

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Camporosso (IM): uno scorcio delle zone a monte del paese

Verso le ore 18 del 20 andante, in regione collinosa nei pressi di Camporosso, un agricoltore del luogo, notava la discesa di un piccolo pallone di gomma colore marrone, attaccato ad un paracadute di tela bianca.
Individuato il posto della caduta, rinveniva, impigliato su di una pianta di olivo, il pallone predetto, constatando che a questo era attaccato un piccolo apparecchio costituente parte di radio trasmittente, contenuto in una scatola di celluloide trasparente di circa 17 centimetri di lunghezza, dieci di larghezza e cinque di spessore. La scatola porta impresso su una targhetta di alluminio il numero 37955 e la sigla R.S.7.H.
I militi del Distaccamento di Ventimiglia provvedevano per le indagini del caso e per il ritiro del materiale.
Ermanno Durante, Questore di Imperia, Relazione settimanale sulla situazione economica e politica della Provincia di Imperia, Al Capo della Polizia – Maderno, 22 maggio 1944. Documento <MI DGPS DAGR RSI 1943-45 busta n° 4> dell’Archivio Centrale dello Stato di Roma

Ermanno Durante, ex-Questore d’Imperia, torturatore di partigiani nel Campo di Fossoli
Daniel Degli Esposti, Episodio del Poligono del Cibeno, Fossoli, Carpi, 12.07.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia

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Camporosso in una fotografia d’epoca. Fonte: moreschiphoto.it

I libri più noti sulla Resistenza Imperiese non menzionano il sopra citato episodio del paracadute.  Si possono in proposito solo azzardare delle ipotesi. Quella più rischiosa contempla la presenza nella zona del ponente ligure al confine con la Francia di una missione segreta alleata non ricordata nei testi e nelle fonti locali. Oppure che, quale errore degli addetti all’operazione o a causa dei venti (in tal caso, facile la combinazione dei due aspetti), materiale, destinato ai maquisard delle Alpi Marittime, dirottato più a levante. Infine, una fattispecie di incuria (ben grave, data la distanza della destinazione) tecnica o umana a bordo di un aereo in volo per effettuare un lancio ai partigiani autonomi del Basso Piemonte, gli unici in quel periodo ad essere direttamente aiutati dagli angloamericani.
Adriano Maini

… La presenza reale dei partigiani alla Goletta [località di Triora (IM)] era una voce che era giunta anche a me, che ero a Camporosso (IM). Io ero stato a Triora come viceparroco negli anni 1936-37, dove ero anche Rettore di Cetta e di Creppo. Conoscevo bene la gente e conoscevo i parenti di Vitò… Mi presentai a Langan [nel comune di Castelvittorio (IM)] a Vitò [Giuseppe Vittorio Guglielmo] il 13 giugno [1944], festa di Sant’Antonio, e gli presentai la mia cartolina precetto. Mi guardò meravigliato. Nella sua mente un fatto del genere non lo aveva previsto… don Ermando Micheletto *La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di Domino nero  Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975

* … Don Micheletto per tutta la guerra si adoperò per i partigiani, generalmente in contatto con i gruppi di Vitò, che accompagnò spesso nei loro spostamenti. Esplicherà la sua attività specialmente nell’assistenza e per captare messaggi radio. Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) – Vol. I: La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976

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La zona (detta Braie) a valle del centro urbano di Camporosso

A Camporosso (IM) era nato il partigiano Alberto “Nino Guglielmi” e a Camporosso, Camporosso Mare per la precisione, si sviluppa tra la fine del 1944 e gennaio 1945 la parte più significativa delle sue missioni di contatto e di collaborazione con gli alleati. Come raccontato in Missione Bentley… in Gruppo Sbarchi Vallecrosia, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Comune di Vallecrosia (IM), Provincia di Imperia, Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM), 2007, di Giuseppe Mac Fiorucci.  Adriano Maini

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Uno scorcio della zona (la Tribù cit. infra) a mare di Camporosso

La mia famiglia abitava ai piani di Camporosso, a poca distanza dal mare, nel piccolo gruppo di case che noi chiamavamo “Tribù”. Mio padre era pescatore e, come tutti i pescatori abitanti in riva al mare, era anche contrabbandiere.  Prima dello scoppio della guerra eravamo arrivati alla casa dei nonni alla “Tribù” da Beausoleil, dove i miei vivevano da emigrati negli anni ’30. Del  1935 mio padre si arruolò volontario per la guerra di Etiopia. Nella sua attività di contrabbandiere credo che diverse volte trasportò oltre frontiera anche degli ebrei allora perseguitati e in fuga verso altri paesi. Una volta lo sentii parlare con la mamma di “brava gente che scappava”. Forse nacque così il suo antifascismo. […] Mio fratello Nino accompagnava già nostro padre nei viaggi in Francia per contrabbando, quando venne arruolato, ironia della sorte, nella Guardia Confinaria e inviato proprio a Beausoleil.  Spesse volte, anche senza permesso, ritornava a casa in bicicletta per brevi visite.
L’8 settembre 1943 lo colse a Beausoleil.  […]  mio fratello dovette fuggire di nuovo. […]  Credo a settembre del 1944, Nino una notte portò a casa, a Vallecrosia Alta, una radio e la nascose nell’armadio a muro nell’ultima stanza.  […]
Aumentarono le nostre visite alla casa sulla costa. Accompagnavo mio padre con in braccio mio fratellino Bruno per rendere più facile il passaggio al posto di blocco all’altezza della caserma Bevilacqua [di Vallecrosia]. Sorpassavamo di lato la sbarra e i tedeschi e i fascisti di guardia ci salutavano dalla guardiola. A volte trascinavamo il carretto con sopra le ceste dei fiori. A Vallecrosia Alta coltivavamo un piccola piantagione di garofani. Spesse volte tra i garofani mio padre nascondeva casse che nottetempo erano sbarcate sulla costa. […] Sono certa che sbarcarono o si imbarcarono anche altri soldati alleati. In particolare ricordo che prima di Natale del 1944 una notte riapparve Nino accompagnato da un uomo alto, biondo come uno svedese e con due baffoni. Erano appena sbarcati dalla barca, perché i pantaloni erano bagnati, e avevano anche diverse casse che nascosero in cantina e che vennero recuperate nei giorni successivi dagli amici di Nino: Achille [Achille “Andrea” Lamberti], Lotti e altri. Ancora a notte partirono per Negi. La notte della Epifania riapparve mio fratello Nino con “Mimmo(Domenico Dònesi) e un ufficiale inglese [n.d.r.: il capitano Robert Bentley, ufficiale britannico di collegamento degli alleati con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] bagnato fradicio. Era evidentemente appena sbarcato. Sistemarono delle casse in cantina poi si incamminarono di nuovo. Emilia Guglielmi, sorella di “Nino”,  in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

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Una vista su Camporosso da Via Olandesi (cit. infra) nel punto più vicino a Seborrino

Persone nate a Camporosso, trucidate nella strage nazifascista del Turchino del 19 maggio 1944: Gio Battista Ferrero (Camporosso, 3/9/1924), appartenenza: non accertata; Pietro Gibelli (Camporosso, 4/5/1924), appartenenza: non accertata; Rinaldo Sozo (Camporosso, 15/10/1922), appartenenza: non accertata. Il medico Giacomo Gibelli fu addetto di sanità  della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”. Partigiani nati a Camporosso: Alborno, Libero, nato il 15/07/1906; Fullone, Eraldo, nato il 24/11/1924; Garini, Francesco, nato il 01/04/1922; Ghirri, Benvenuto, nato il 18/12/1917; Giansoldati, Alfonso, nato il 14/01/1926; Gibelli, Giacomo, nato il 17/07/1908; Giordano, Nello, nato il 23/12/1922; Guglielmi, Alberto, nato il 06/12/1922; Licasale, Giulio, nato il 09/05/1925; Marenco, Domenico, nato il 10/06/1907; Pelli, Giuseppe, nato il 18/10/1921; Raimondo, Pietro, nato il 08/01/1902; Richieri, Pio, nato il 24/05/1924; Rolando, Bertino Celeste, nato il 12/06/1922; Rondelli, Brigida, nata il 16/01/1905; Rondelli, Clelia, nata il 27/08/1907; Rondelli, Romano, nato il 24/10/1897; Salamito, Francesco, nato il 03/10/1926. Sergio Marcenaro, giovane staffetta (classe 1931) del Gruppo Sbarchi Vallecrosia, racconta che Romano Rondelli era uno dei suoi contatti operativi: lo incontrava in una casa di compagna di Rondelli, sita lungo la strada militare (oggi Via degli Olandesi) che porta in Località San Giacomo e che prosegue verso la Frazione Ciaixe. Marcenaro aveva rapporti clandestini anche con Angelo Calcagno, sempre di Camporosso: lo raggiungeva nella sua abitazione poco lontana dalla Via Aurelia, in sponda sinistra del torrente Nervia. Secondo Giovanni Strato, Op. cit., anche Pietro Trucchi, di Sebastiano, era nato a Camporosso, precisamente il 14 ottobre 1912 . Trucchi era un conduttore, del nucleo dei ferrovieri antifascisti della stazione di Ventimiglia aderente al gruppo Giovine Italia, in contatto con il capitano Silvio Tomasi, martire della furia nazista, ed in collegamento con altri patrioti della zona. Trucchi fu arrestato al pari di un’altra ventina di antifascisti tra il 22 ed il 23 maggio 1944 e morì a Mauthausen il 2 marzo 1945.  Adriano Maini

2 aprile 1945 – Dalla V^ Brigata, Sezione SIM (Servizio Informazioni Militari), prot. n° 370, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della II^ Divisione “Felice Cascione” – Venivano trasmesse notizie riferite da un non meglio specificato interprete di Bordighera. Truppe tedesche e fasciste in allarme di 2° grado. Circa 1000 tedeschi avevano lasciato il fronte di Ventimiglia, dove tuttavia permaneva una divisione. Tutti i comandi tedeschi erano in procinto di essere trasferiti a Vallebona e a Borghetto [Borghetto San Nicolò, Frazione di Bordighera]. Il nemico aveva minato le strade di San Biagio della Cima, di Soldano, di Camporosso, di Dolceacqua… 12 marzo 1945 – Dal CLN di Sanremo, prot. n° 424, a “R.C.B.” [l’ufficiale di collegamento degli alleati con i partigiani della I^ Zona, il britannico capitano Robert Bentley] – Comunicava che… sul Monte Fortuna, sopra Camporosso, risultavano collocati 9 pezzi di artiglieria; che nella zona tra Ventimiglia e Bordighera i tedeschi continuavano nell’opera di mobilitazione della popolazione civile per la costruzione di trinceramenti. da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

I figli di Loi sono ora al Comando Militare Americano di Mentone

Mentone

9 gennaio 1945 – XIII
Efisio Loi: Via Ferruccio, 8 S.Remo è un ex-maresciallo capo di Finanza, il quale dopo l’8 settembre non ha fatto giuramento al DUCE. Ha due figli: Pietro (1924) e Paolo (1926) che sono ora al Comando Militare Americano di Mentone.
Efisio Loi, maresciallo, ha detto giorni or sono a Otto Antellini: “Salutami mio cugino che è Commissario alla Dogana Internazionale in Isvizzera, a Chiasso. Digli che i miei due figli sono a Mentone, al Comando Americano. Per il momento sono disoccupato, ma attendo gli avvenimenti (intendendo dire… ‘gli inglesi’)”.
Informazione Otto Ant.
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan – Documento in Archivio di Stato di Genova, copia di Paolo Bianchi di Sanremo

Mio fratello Piero [nome di battaglia Pierino] da oltre due mesi era in territorio francese. Con Gianni (Katiuscia) [n.d.r.: Giovanni Leuzzi, commissario di un Distaccamento garibaldino], mio compagno a Pigna e a Testa d’Alpe, decidemmo di attraversare il fronte con una barca; trovai subito Bric e Brac [Amilcare Allegretti], pescatore; la barca c’era, non era sua, ma la vendette come fosse stata di sua proprietà; pagai con quanto mi rimaneva. A sera nel magazzino, con la barca, trovammo dieci giovani nascosti che volevano fuggire e chiesero di portarli con noi: ricordo fra questi il caro amico Giacomo Amalberti (Giacurè); non dicemmo di no. Andammo in casa della famiglia di Pascalin [Pasquale Corradi, Pirata]. Incontrai il cap. Gino [Punzi], tipo di poche parole, forse un napoletano; portava con sé una borsa nera rigonfia che mai abbandonava. Anche i miei genitori giunsero con le loro poche cose. Improvvisamente giunse Scipio da Mentone e appresi che viveva alla Villa Citroniers con mio fratello e Pascalin […]
Paolo Pollastro Loi, testimonianza raccolta da Don Nino Allaria Olivieri in Ventimiglia partigiana… in città, sui monti, nei lager 1943-1945, a cura del Comune di Ventimiglia, Tipolitografia Stalla, Albenga, 1999, ripubblicata in Quando fischiava il vento. Episodi di vita civile e partigiana nella Zona Intemelia, Alzani Editore – La Voce Intemelia – A.N.P.I. Sezione di Ventimiglia (IM), 2015

Al Petit Rocher predisponemmo tutto sulla banchina per stivare il carico sul motoscafo che ci avrebbe riportato a Vallecrosia. Dovemmo anche imbarcare due agenti di Ventimiglia (Paolo Loi ed un altro che non ricordo), che avevano seguito un corso per sabotatori imparando a maneggiare l’esplosivo al plastico. Per fare posto ai due sabotatori, lasciammo a terra i viveri e il vestiario, imbarcando solo le armi e i medicinali, contro la volontà degli ufficiali inglesi. […] Arrivati al largo di Vallecrosia nessun segnale ma Girò [n.d.r.: Gireu/Giraud, Pietro Gerolamo Marcenaro] mise ugualmente in acqua i due canotti e disse che per maggior sicurezza saremmo approdati nel tratto di spiaggia davanti alla sua abitazione [nd.r.: la zona della foce del piccolo rio Rattaconigli al confine con Bordighera]. Era meno sorvegliato dai fascisti perché… minato. Come maggior sicurezza non era male! Ma Girò conosceva il posizionamento delle mine.
Renato “Plancia” Dorgia in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Comune di Vallecrosia (IM), Provincia di Imperia, Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM), 2007

Alle 6 di sera partimmo per ROCCHETTA [Rocchetta Nervina (IM)] dove giungemmo dopo quattro ore di marcia. Ripartimmo di nuovo a mezzanotte con la guida PIERINO LOI che ci diresse attraverso la parte principale delle postazioni armate tedesche raggiungendo la periferia di VENTIMIGLIA dopo sei ore di marcia. Qui rimanemmo in un piccolo riparo dietro alla casa dei genitori della guida… Noi avevamo viaggiato da PIGNA in vestiti civili e siccome stava piovendo dalle 6 di sera quando dovemmo attraversare la città, potemmo indossare dei sacchi sulla testa nel modo in cui lo facevano i contadini, il che si aggiunse al nostro travestimento. Camminammo 2-3 chilometri lungo la strada principale che costeggia il fiume ROIA ed attraversammo il ponte nella città vecchia passando oltre le sentinelle tedesche senza sollevare il minimo sospetto ed andando alla casa del pescatore sulla spiaggia. Qui rimanemmo dalle 7 di sera fino a mezzanotte… A mezzanotte portammo la barca (lunga approssimativamente 14 piedi con quattro remi) per una strada e giù attraverso la spiaggia di ciottoli – l’unica area non minata – fino al mare. I pescatori ci portarono vogando, senza ulteriori incidenti, in 3 ore e mezza a Monte Carlo (MONACO) dove sbarcammo [n.d.r.: alle prime ore del mattino del 9 ottobre 1944, nella versione lasciata da Brooks Richards, Secret Flotillas, Vol. II: Clandestine Sea Operations in the Western Mediterranean, North Africa and the Adriatic, 1940-1944, Paperback, 2013] e ci arrendemmo alla guarnigione F.F.I. La mattina seguente guidammo fino a Nizza e facemmo rapporto al Maggiore H. GUNN delle Forze Speciali … A Nizza informammo il Colonnello BLYTHE del quartier generale della task force della settima armata americana circa la squadra dei quattro prigionieri di guerra che ci avevano lasciato per TENDA. Fino a quel momento non era arrivata nessuna loro notizia attraverso le pattuglie americane in quell’area… I pescatori erano in grado di fornire informazioni preziose alla Sezione di Interpretazione Fotografica del quartier generale americano sulla Forza Tedesca, posizioni delle armi, campi minati, ecc. a VENTIMIGLIA. (Mr. Paul Morton ha i nomi e i documenti di questi due uomini che darà senza dubbio alla Rappresentativa delle Forze Speciali n. 1 con P.W.B. a Roma). Questi uomini furono poi consegnati dal Maggiore GUNN al Capitano Jones, Esercito Americano a Nizza… PIERINO LOI, la guida procurata da LEO, mise su un’operazione straordinaria e non perse nemmeno una volta la pista durante le sei difficili ore di marcia da ROCCHETTA a VENTIMIGLIA… I pescatori sono sicuri che questo percorso (Ventimiglia – Monaco o Mentone) potrebbe essere usato con successo in entrambi i sensi. Essi affermano che si potrebbero evacuare da VENTIMIGLIA fino a venti persone alla volta se fosse disponibile un’imbarcazione più grande. Ciò vedemmo ed annotammo, e si può attestare che i pescatori condussero a termine il loro piano di evacuazione senza alcuna deviazione…
capitano G. K. Long (membro della Missione Flap), Relazione generale sul Piemonte e la Liguria, 1944 (senza indicazione di giorno e mese), documento britannico desegretato, copia di Giuseppe Mac Fiorucci

Loi [Pierino Loi] resta in territorio francese, opererà tra Carnoles e Mentone in qualità di addetto a radio libera; ritornerà [a Ventimiglia] saltuariamente via Grammondo, Grimaldi e la Mortola; la sua missione è di trasmettere notizie militari, di portare in salvo altri perseguitati e, poiché i suoi genitori erano in pericolo, attendeva di portarli oltre confine. … sarà ancora il Loi che potrà, tramite conoscenze in Nizza iscrivere in forza al comando americano dell’OSS il gruppo [Pedretti, Corradi ed altri] operante alla Marina di San Giuseppe [di Ventimiglia]… fece il suo inizio la Missione Corsaro…
don Nino Allaria Olivieri, Ventimiglia partigiana… op. cit.

Nell’ambito dell’O.S.S. veniva così costituita la Missione Corsaro, che assumeva il compito del collegamento tra il Comando alleato e i Comandi partigiani operanti nella zona Ventimiglia… Accettando l’incarico di capo dell’Ufficio Operazioni della Missione in zona nemica, tramite Corsaro [Giulio Pedretti], Leo [Stefano Carabalona] poteva inviare da Pigna al comando alleato le informazioni necessarie…
Francesco Biga (con la collaborazione di Osvaldo Contestabile), Storia della Resistenza Imperiese (I Zona Liguria), Vol. IV. Da Gennaio 1945 alla Liberazione, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Grafiche Amadeo, 2005

[…] avevano luogo sbarchi di materiale bellico nella zona di Vallecrosia-Bordighera. I volontari che si occuparono di tali trasporti appartenevano al gruppo di Leo (Stefano Carabalona), che fungeva da tramite tra i garibaldini e la missione alleata in Francia. Giulio Pedretti fu il partigiano che più di ogni altro si impegnò in tali operazioni, al punto che alla fine della guerra aveva effettuato 27 traversate per recapitare armi e uomini attraverso il tratto di mare prospicente la zona di confine italo-francese.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945), Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998/1999

Due fanti prigionieri fuggirono dal loro vagone

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Tra gli uomini che dovettero subire i drammi della storia dopo l’8 settembre 1943 molti furono coloro che provenivano dall’estremo ponente ligure. E tra questi alcune storie personali degne di essere ricordate.

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Airole (IM): uno scorcio di Val Roia

BIANCHERI GIOVANNI (20/1/1918) di Airole. G. a. F. 1^ Settore di Copertura. Catturato il 13 settembre 1943 a Fusine (UD) venne internato in Germania. Rientrato in Italia nel luglio 1945 fu ricoverato in Ospedale a Verona. Morì a Airole il 3 settembre 1945 per una malattia contratta in prigionia.
Il suo compaesano VIALE ANDREA (4/11/1919), aviere della Regia Aeronautica, catturato a Rodi (GRE) il 9 settembre 1943, non ebbe la possibilità di tornare a case e morì il 12 agosto 1944 in prigionia in Germania.

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Apricale (IM): la strada provinciale

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Apricale (IM): la strada provinciale

Non tornò più ad Apricale PISANO ENRICO (24/8/1923) marò presso il Comando Marina Egeo disperso a Rodi 11 settembre 1943. Di Bordighera erano BERSIA TERESIO (29/11/21), CALDO VITTORIO LUIGI (23/6/1922), il sottotenente SOLERI GIOVANNI 8/9/12 che morirono nei lager tedeschi, mentre ELLENA MATTEO, (Bordighera 25/1/1915) legionario della XXXIII Btg. Camicie Nere (alcuni legionari dei battaglioni camicie nere subirono la stessa sorte degli altri militari perché rifiutarono anch’essi di combattere a fianco dei tedeschi) disperso a Cattaro (Montenegro) il 30 settembre 1943, LORENZI VITTORIO (Bordighera 15/2/1920) marinaio della Regia Marina disperso a Sebenico (Jug) il 9 settembre 1943.
PASTORE GIOVANNI (12/2/12) di Camporosso disperso il 23 settembre, l’alpino di Castel Vittorio ALBERTI LUIGI (9/1/1920), catturato il 9 settembre a Chiusa all’Isarco (BZ), deceduto il 19 marzo 1944 in Germania come ALLAVENA GIUSEPPE, Castel Vittorio 11/10/1916, aviere scelto Spec. Montatore. Zithain Stalag IV B (Germania), catturato ad Atene il 10 settembre 1943 e deceduto per malattia in Germania il 21 ottobre 1944.
E poi:
TORNATORE ALFREDO, nato a Dolceacqua 14 marzo 1917. del 341^ Rgt. fanteria. deceduto in prigionia il 1 settembre 1944, catturato a Creta nel settembre 1943.
FERRARI FEDERICO LINO (Isolabona 28 aprile 1923), catturato dopo il 9 settembre 1943 in Alto Adige deceduto per malattia a Mauthausen (Sottocampo di Ebensee) il 16 aprile 1944. Una tragica coincidenza dettata dal destino. Federico Ferrari morì a Ebensee il 16 aprile 1944, lo stesso giorno del decesso di Federico Ferrari, ad alcune migliaia di chilometri di distanza, nel suo paese natio, veniva arrestato e deportato, anche lui a Ebensee, il suo compaesano GAVINO ALFREDO (Isolabona 5 maggio 1920) che si spense meno di un anno dopo, A Mauthausen fu internato anche CANE LINDO morto a a Isolabona 1947 per una malattia contratta in prigionia.
PIANETA GILDO (Isolabona 28 novembre 1913) deceduto a Villafranca il 13 settembre 1943, caduto mentre tentava la fuga dal treno durante il trasporto verso la prigionia in Germania. Il fatto venne ricordato dal quotidiano L’Arena del 13 settembre 2013. «Alla stazione di Villafranca, su un binario morto, era fermo un treno bestiame carico di militari italiani che, oltrepassato il Brennero, erano destinati ai campi di prigionia in Germania. Approfittando del treno fermo ed eludendo la sorveglianza, due fanti prigionieri fuggirono dal loro vagone, percorrendo pochi metri lungo la linea e nascondendosi in un cespuglio sotto la massicciata della ferrovia. Uno era Gildo Pianeta, fante di Isolabona, era sposato e a casa l’attendeva il piccolo Adriano. L’altro era Alberto Pomponi, di Bracciano. Ce l’avevano quasi fatta. Sarebbe bastato che tutto calasse nella quiete e al momento opportuno sarebbero schizzati fuori dal cespuglio, perdendosi nelle campagne dei dintorni. Ma non andò così. Da un altro vagone uscì un militare, anch’egli tentò la fuga e riuscì a eclissarsi in un campo di mais. I tedeschi lo avevano però visto. Si lanciarono al suo inseguimento invano. Fu così che, tornando al treno, notarono nascosti nel cespuglio Pomponi e Pianeta, che non ebbero scampo, uccisi da una raffica.».
LIMON CELESTINO di Olivetta San Michele (29/4/1909) del 43^ Rgt. fanteria, catturato da forze tedesche nel settembre 1943 in Albania, detenuto nel Lager di Bor, al sopraggiungere dell’Armata rossa, nell’inverno ’44, venne trasferito nel campo sovietico di Reni dove morì l’1 febbraio 1945, Il Campo di Reni n° 38 si trovava in Ucraina sul mar Nero ai confini con la Romania. Qui furono rinchiusi i militari italiani trovati dai sovietici nel campo di prigionia tedesco di Bor in Serbia. In questo campo sono accertati almeno 673 decessi di detenuti italiani.

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Olivetta San Michele (IM): colline

COTTA ATTILIO, nato a  Olivetta San Michele 24 settembre 1909. Carabiniere Reale 25^ Btg. Catturato a Cettigne (Montenegro) il 2 ottobre 1943. Internato Stalag IX B. Rientrato il 7 luglio 1945.
CASSINI GIUSEPPE, nato a Perinaldo 16 settembre 1916. Serg.te 23^ Sezione Sanità. Stalag tedesco 2 giugno 1944, catturato dopo l’8 settembre 1943.

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Pigna (IM): Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo

SICARDI Giovanni, nato a Pigna 2 giugno 1917. Fante 341^ Rgt. fanteria. Baia di Suda, 8 febbraio 1944, disperso in mare nall’affondamento del piroscafo Petrella “adibito per il trasporto di prigionieri italiani dall’Egeo verso la Germania, fu affondato nelle acque di Creta, colpito da siluri del sommergibile HMS Sportsman. Dei 3.173 soldati italiani imbarcati, fatti prigionieri nelle isole dell’Egeo dopo l’8 settembre 1943, solamente 424 si salvarono”.
BOERO RODOLFO, nato a Rocchetta Nervina 21 maggio 1909. Rep. sconosciuto. Jugoslavia 21 settembre 1943
CROESI ENNIO, nato a San Biagio della Cima 14 ottobre 1922. Geniere. Stalag di Altengrabow (Germania) 29 aprile 1944, deceduto in prigionia, catturato dopo l’8 settembre 1943 in località sconosciuta.
MOLINARI ANTONIO, nato a San Biagio della Cima 14 gennaio 1923. + 8 settembre 1943 disperso in località sconosciuta.
MACCARIO ELIO, nato a Soldano 14 maggio 1923. Brigadiere Carabinieri. Germania 31 gennaio 1945, deceduto in prigionia, catturato dopo l’8 settembre 1943 in località sconosciuta.
ANFOSSO GIUSEPPE (Ninò), nato a Soldano 25 settembre 1923. Reparto sconosciuto. Grecia 17 gennaio 1944.
ANFOSSO SILVANO di Giuseppe e Anfosso Silvia, nato a  Ventimiglia 26 maggio 1918. Tenente Rgt. Genio artieri. Grecia 18 ottobre 1943.
GIRALDI ALBERTO, nato a Ventimiglia 3 marzo 1923 divisione Acqui, disperso in mare in prossimità di Patrasso il 13 ottobre 1943, per il naufragio della motonave Marguerite impegnata nell’evacuazione di prigionieri italiani da Cefalonia.

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Seborga (IM): uno scorcio sulle colline di ponente di Vallebona

GUGLIELMI LORENZO ALDO di Giovanni Battista e Guglielmi Lorenzina, nato a Vallebona 26 marzo 1918. Aviere. Catturato a Pola il 9 settembre 1943, internato in Germania. Rimpatriato dalla prigionia il 5 aprile 1945. Deceduto a Vallebona il 16 aprile 1945 per malatia contrata in prigionia.
LEONE FRANCESCO, nato a Vallecrosia 4 ottobre 1919. Artiglieria. Grecia 20 settembre 1943
ALBERTINI BRUNO, nato a Ventimiglia 20 settembre 1924. G. a F. 27^ Settore. Catturato a Fiume il 19 settembre 1943. Ospedale da Campo di Magdeburgo (Germania) 8 gennaio 1944, deceduto per malattia. Precedentemente internato nei Stalag X B e XI B.
BORRI FEDERICO, nato a Ventimiglia 8 luglio 1922. Cannoniere Marina Mil.. Rodi 11 settembre 1943, disperso.
COLTELLI GIOVANNI di Giulio e Lanteri Petronilla, nato a Ventimiglia 3 aprile 1923. 8^ Rgt. Bersaglieri. Germania 15 maggio 1944, deceduto in prigionia.
LORENZI GIOBATTA, nato a Ventimiglia 1 ottobre 1923. Cannoniere Marina Mil.. Rodi 11 settembre 1943, disperso.
Questa è una lista, che, come tutte le liste, può risulta asettica e non permette di valutare appieno la tragedia di tutti questi ragazzi che morirono resistendo consapevolmente o meno alla violenza imposta da una ideologia deteriore, moltissimi altri, i cosidetti IMI, riuscirono a tornare alle proprie case dopo mesi e mesi di fame, sofferenze, fatiche dalla schiavitù imposta loro dal nazismo.
Tra i tanti volti sconosciuti vorrei ricordare in modo particolare quattro figure, quattro ufficiali che attraverso il loro sacrificio, in modo diverso e con conclusioni diverse, diedero lustro al territorio che li vide nascere.
Il primo è il capitano di Vallecrosia ANTONIO VALGOI (19 agosto 1907) del 3° raggruppamento artiglieria di C.A. (Corpo d’Armata) caduto a Cefalonia il 22 settembre 1943, fucilato come quasi tutti gli ufficiali e sottuficiali della Divisione Acqui e MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE alla memoria. Questa è la motivazione della decorazione: «Comandante di reparto munizioni e viveri di un gruppo d’artiglieria, nei giorni immediatamente successivi all’armistizio partecipava attivamente e valorosamente ad aspra lotta. Al profilarsi dell’insuccesso delle nostre armi, informato dai suoi artiglieri che gli Ufficiali venivano passati per le armi e sollecitato a rifugiarsi all’ospedale militare, dove avrebbe potuto facilmente confondersi col personale sanitario perché laureato in medicina e chirurgia, rifiutava con orgogliosa fierezza il suggerimento per rimanere, fino all’ultimo, accanto ai soldati che la Patria gli aveva affidato. Subito dopo la cattura accortosi che il Comandante dell’unità avversaria faceva schierare armi automatiche intorno al Reparto, con l’intento di sterminare indiscriminatamente i suoi dipendenti, si portava decisamente avanti a tutti e dichiarava: “Sono io il Comandante di questi uomini. Sparate su di me”. Aveva appena finito di pronunciare queste parole che una raffica lo abbatteva esanime al suolo unitamente ai suoi valorosi artiglieri – Argostoli-Cefalonia (Grecia) 22 settembre 1943 MOVM.»
CASELLA ALDO, nato a Ventimiglia 12 marzo 1915, tenente dell’84° Rgt fanteria, che dopo l’8 settembre continuò a combattere ma contro i tedeschi nella Divisione Garibaldi sorta raccogliendo i superstiti delle divisioni del R.E.I. Veneza, Taurinense ed Emilia di stanza in Montenegro e Serbia. Combattè a fianco delle brigate partigiane jugoslave, contro i tedeschi. Tra l’8 settembre ’43 e la conclusione del conflitto si contano più di 20.000 caduti tra le file italiane. Al suo comando il generale CARLO RAVNIC che si spense a Bordighera il 2 marzo 1996. Casella cadde in combattimento il 18 ottobre 1944 a Brodarevo in Montenegro. Gli venne conferita una Medaglia di Bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione: «Comandante di compagnia, già distintosi in precedenti azioni di guerra, si prodigava costantemente per il sempre maggiore rendimento bellico del reparto. Durante un furioso attacco di preponderanti forze nemiche guidava più volte all’assalto i propri uomini, sempre primo ove era maggiore il pericolo, più necessaria la presenza del comandante. Nella conseguente azione di sganciamento metteva in luce tutta la sua perizia. Il suo alto amor patrio, il suo sentito attaccamento al dovere. – Brodarevo, 16 novembre 1943. MBVM.»
il maggiore dei Carabinieri LIVIO DUCE, nato a Ventimiglia il 5 dicembre 1897. Studente al terzo anno di ingegneria all’Università di Genova, si arruolò volontario per partecipare alla Grande Guerra.
Al momento della mobilitazione nel 1940 fu trasferito all’XI Btg. mobilitato dell’Arma, al cui comando venne inviato in Dalmazia. Nel 1942 promosso maggiore, assumeva il comando del III C. A. dei Carabinieri impiegato per il controllo dell’Attica. Catturato nel settembre 1943 dai tedeschi, venne fucilato il 24 settembre 1943. «Comandante di battaglione carabinieri in territorio di occupazione, caduto in una imboscata con una piccola colonna e circondato da sovverchianti forza nemiche opponeva, benché ferito, accanita ed eroica resistenza imponendosi all’ammirazione degli stessi avversari, finché ferito un aseconda volta, sopraffatti e caduti quasi tutti i componenti della colonna, veniva catturato. Sottoposto ad indicibili sevizie materiali e morali, rifiutava sdegnosamente l’offerta di aver salva la vita a patto di sottoscrivere falsa dichiarazione atta a trarre in inganno altri reparti italiani. Appreso che un compagno di prigionia era stato fucilato dichiarava che, se gli fosse toccata la stessa sorte, avrebbe saputo morire da «italiano e da Carabiniere». Condotto al luogo del suplizio manteneva col suo contegno fede alla promessa, finché cadeva fulminato dal piombo del nemico che ne aveva soppresso il corpo ma non piegato lo spirito. Ammirevole esempio di virile coraggio e di elette virtù militari. – Montagne dell’Attica (Grecia), agosto 1943 – gennaio 1944. MOVM alla memoria.»
ADOLFO RIVOIR, nato a Vallecrosia nel 1895, figlio di genitori di fede valdese. Combattente nella prima guerra mondiale come sottufficiale di complemento, venne ferito gravemente, prima sul Monte Fior, poi sull’Ortigara. All’entrata in guerra dell’Italia nel 1940 Adolfo Rivoir è già un uomo maturo, sposato e con due figli piccoli. Combatte sul fronte greco-albanese; il 15 dicembre 1940 viene ferito gravemente sul Var i Lamit e nel luglio 1941 riceve la medaglia d’oro. Quando riprende in pieno le forze viene assegnato al Comando del 5° Reggimento alpini, quale comandante della caserma di Fortezza, presso Merano. L’8 settembre viene catturato dai tedeschi e inizia per lui l’internamento. Prima a Tschenstochau in Polonia, sede dello Oflag 367, poi a Norimberga, Oflag D, fino al 19 febbraio quando arriva a Altengrabow, Oflag A. Il 4 maggio del ’45 viene liberato dei sovietici e l’8 maggio comincia l’odissea che si conclude con il ritorno a Torre Pellice il 5 settembre 1945. Per tutta la durata della prigionia Adolfo Rivoir celò su di se la bandiera del V Alpini, che al momento dell’arresto riuscì a portare con sé, conservandola e nascondendola, sfuggendo sempre ai controlli dei tedeschi, fino a portarla in salvo in Italia. La sua odissea di prigioniero nei campi tedeschi è raccontata nel libro di Ivetta Fuhrmann, L’ufficiale che salvò la bandiera – Diario di prigionia in Polonia e in Germania, Claudiana, 2013.
Per ultima, un’esperienza diversa. Un ventimigliese che dopo l’8 settembre non fu costretto a salire sui monti, oppure entrare in clandestinità. Non conobbe neanche le sofferenze della prigionia ma partecipò alla Resistenza contro il nazifascismo combattendo nel CORPO ITALIANO DI LIBERAZIONE.
CROVESI IVO, nato a Saorge nel 1920 e residente a Ventimiglia. Frequenta il corso AUC e al termine viene nominato sottotenente e destinato al 5º alpini, battaglione Morbegno; dovrebbe partire per la Russia ma una domanda, presentata tempo addietro, per un corso paracadutisti, lo fa partire per Tarquinia dove, alla fine del periodo di addestramento, viene destinato alla divisione Nembo di rincalzo alla Folgore, impegnata nei deserti della Libia. Il suo reparto, in attesa d’impiego, è accantonato in Sardegna. Arriva l’8 settembre e una mattina la sua caserma è circondata dai Tedeschi che, con una sydecar e pochi camion di soldati, chiedono al comandante di arrendersi. Questi risponde che se loro sono accerchiati, i suoi soldati hanno cinquemila paracadutisti attorno, pronti ad aprire il fuoco. Si arriva ad un gentleman agreement e il reparto germanico viene scortato fino alle Bocche di Bonifacio e lasciato andare in Corsica. La divisione Nembo, nel frattempo rinforzata dei resti delle battaglie in Libia, viene trasferita a Napoli. Gli Americani li vogliono al loro fianco, gli Inglesi li considerano prigionieri di guerra e così per due volte salgono e scendono dalle navi, senza sapere se destinati al fronte o a un campo di concentramento. A Ortona, la sua divisione partecipa per la prima volta ad operazioni di guerra e, benché male armati e con soli due cannoni, escono spesso in avanguardia in micidiali campi minati e sostengono aspri combattimenti sull’Appennino a Filtrano, Castellone di Suada e Grinzano, nel Bolognese. Negli ultimi giorni di guerra, a Casalecchio dei Conti, nel Bolognese, nel corso di cruenti combattimenti con le truppe tedesche, viene decorato con una medaglia di Bronzo. Nel dopoguerra si trasferisce in Venezuela dove, per anni, presiede la locale Associazione Nazionale Alpini. Ritornava spesso a Ventimiglia e mantenne sempre vivi i contatti con gli amici ventimigliesi.
«Motivazione Medaglia d’Argento al Valor Militare
Crovesi Ivo, Sottotenente Rgt. Paracad. “Nembo”, II Btg.
– Comandante di un plotone fucilieri di provato valore, durante una giornata di aspri combattimenti, organizzava il fuuoco delle sue armi in modo da infligere al nemico notevoli perdite e dare valido appoggio ad altri plotoni della sua compagnia. Assicurava il rifornimento munizioni del reparto fortemente impegnato, trascinando con l’esempio i suoi uomini, attraverso un terreno aspro, intensamente battuto dal fuoco nemico. Nobile esempio di attaccamento al dovere.  – Casalecchio dei Conti, 19 aprile 1945. MBVM».
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: altri lavori di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L’immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell’Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944 – 8 ottobre 1944), (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea… memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016 ]

Calvino ricordava che alla battaglia di Baiardo era incaricato di fare il portamunizioni

Baiardo (IM)

Italo Calvino ha atteso tanto tempo prima di descrivere l’unica battaglia alla quale ha partecipato di persona. Cosa rimane di un battaglia 30 anni dopo? I ricordi di quei lontani avvenimenti sono confusi. Sto cercando di riportare alla superficie una giornata, una mattina, un’ora tra il buio e la luce all’aprirsi di quella giornata. Da anni “non ho più smosso questi ricordi, rintanati come” anguille nelle pozze della memoria. Adesso che, passati trent’anni, ho finalmente deciso di tirare a riva le reti dei ricordi e “vedere cosa c’è dentro […]” <62 Di quel giorno in cui, assieme ai suoi compagni, il giovane Calvino si avvia verso il paese di Baiardo <63, che deve essere strappato ai fascisti, rimangono pochi ricordi. Non si può dimenticare né il dolore ai piedi chiusi nei pesanti scarponi né il sollievo provato quando, per non farsi sentire dai nemici, viene dato l’ordine di procedere scalzi. Non si può dimenticare il sollievo provato quella notte senza luna e senza stelle, quando, dal buio sono spuntati i partigiani degli altri distaccamenti per partecipare alla liberazione di quella cittadina che, magari, nel contesto della guerra mondiale non aveva una gran importanza, ma che rimaneva così importante per loro.
[NOTE]
62 Italo Calvino, La strada di San Giovanni, p. 49.
63 Un comune italiano appartenente alla provincia di Imperia in Liguria.
Marie Šimková, La rappresentazione della guerra nelle opere di Italo Calvino, Tesi di laurea, Università della Boemia meridionale di České Budějovice, 2015

Calvino aveva partecipato personalmente alla lotta armata durante la guerra civile e pur avendo scritto molto sulla guerra partigiana non si era mai raffigurato apertamente nei panni del combattente come accade invece in questo racconto. Il fatto che Calvino scegliesse di pubblicare questo testo autobiografico, in un forma incompiuta di cui non era pienamente soddisfatto, sul più diffuso quotidiano italiano, in occasione della celebrazione della festa civile che ha fondato la Repubblica italiana, sta ad indicare che egli gli attribuiva un grande valore civile ed etico. Il “Ricordo di una battaglia” evoca la battaglia di Baiardo (un paese a nord di San Remo) che si svolse il 17 marzo 1945 [n.d.r.: la maggior parte delle fonti indicano, invece, nel 10 marzo 1945 la data di questa battaglia partigiana di Baiardo]. Calvino militava allora col nome di battaglia di “Santiago” in una divisione garibaldina. In questo racconto Calvino si rende conto di non poter più possedere la pienezza del passato: esso appare come un granello depositato nella “sabbia mentale” e seppellito da miliardi di altri granelli. L’immagine puntiforme e pulviscolare, impalpabile e leggera della sabbia costituisce per Calvino l’emblema del mondo visto nella scrittura, una rete fittissima dei segni alfabetici che si susseguono sulla pagina come granelli di sabbia. Calvino vuole ricordare quella battaglia, da tanto tempo la sua memoria non si spingeva a quegli eventi, ma in tutto questo tempo egli pensava che quei ricordi in qualsiasi momento sarebbero stati a sua disposizione. Ora che è giunto il momento di fare emergere il passato nel momento presente Calvino si rende conto di non poter più possedere la pienezza del passato: esso appare come un granello depositato nella «sabbia mentale» e seppellito da miliardi di altri granelli.
[…] Nel “Ricordo di una battaglia” ritorna, dunque, la riflessione etica sulla scrittura, cioè sulla rete fittissima deì segni alfabetici che si susseguono sulla pagina come granelli di sabbia. La memoria si indirizza ad un mattino particolare e al risveglio di un distaccamento partigiano che si mette in marcia per un bosco al comando di Olmo, per andare a combattere. Il ruolo di Calvino è quello del «portamunizioni». La colonna di partigiani è diretta verso un paese delle Prealpi marittime tenuto dai bersaglieri repubblichini. Calvino non vuole raccontare la «storia» di quella giornata secondo la logica ricostruttiva del dopo. Ecco allora che questo racconto si presenta come un vero e proprio esercizio di memoria in cui l’accento cade sul presente della scrittura, considerata come il luogo effettivo di formazione della soggettività che, come accade anche negli altri scritti autobiografici di Calvino, rimane una presenza precaria, esposta alla crisi nel momento stesso in cui intende cogliere nel vivo l’esperienza del suo farsi: “Molte cose dovrei ancora aggiungere per spiegare com’era questa guerra in quel luogo e in quei mesi, ma anziché risvegliare i ricordi tornerei a ricoprirli con la crosta sedimentata dei discorsi di dopo, che mettono in ordine e spiegano tutto secondo la logica della storia passata, mentre adesso ciò che voglio riportare alla luce è il momento in cui abbiamo piegato per un sentiero…” […]
Massimo Lollini, Italo Calvino e l’esperienza della guerra civile in (a cura di) Herman van der Heiden e Tina Montone, Sessant’anni dopo. L’ombra della seconda guerra mondiale sulla letteratura del dopoguerra, Atti della Giornata di Studi tenuta il 5-4-2005 alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Bologna, CLUEB

Molte cose dovrei ancora aggiungere per spiegare com’era quella guerra in quel luogo e in quei mesi, ma anziché risvegliare i ricordi tornerei a ricoprirli con la crosta sedimentata dei discorsi di dopo, che mettono in ordine e spiegano tutto secondo la logica della storia passata, mentre adesso ciò che voglio riportare alla luce è il momento in cui abbiamo piegato per un sentiero che gira giù in basso intorno al paese, in fila indiana per un bosco rado e rossiccio, ed è venuto l’ordine: “Toglietevi le scarpe dai piedi e legatevele al collo, guai se sentono il rumore dei passi, guai se in paese cominciano i cani a abbaiare; passata la voce e avanti in silenzio”. […]
Quello che vorrei sapere è perché la rete bucata della memoria trattiene certe cose e non altre: questi ordini che non sono mai stati eseguiti li ricordo punto per punto, ma ora vorrei ricordarmi le facce e i nomi dei miei compagni di squadra, le voci, le frasi in dialetto, e come abbiamo fatto coi fili, a tagliarli senza tenaglie. […]
Continuo a scrutare nel fondovalle della memoria. E la mia paura di adesso è che appena si profila un ricordo subito prenda una luce sbagliata, di maniera, sentimentale come sempre la guerra e la giovinezza, diventi un pezzo di racconto con lo stile di allora, che non può dirci come erano davvero le cose ma solo come credevamo di vederle e di dirle. Non so se sto distruggendo il passato o salvandolo, il passato nascosto in quel paese assediato. […]
Ecco che se provo a descrivere la battaglia come io non l’ho vista, la memoria che si è attardata finora dietro le ombre incerte prende la rincorsa e si slancia: vedo la colonna di quelli che s’aprono la strada verso la piazza, mentre dai vicoli a scale salgono quelli che hanno aggirato il paese. […]
Tutto quello che ho scritto fin qui mi serve a capire che di quella mattina non ricordo più quasi niente, e ancora più pagine mi resterebbero da scrivere per dire la sera, la notte. […]».
Italo Calvino, Ricordo di una battaglia, Corriere della Sera, 25 aprile 1974

Con la prima luce del giorno i partigiani, nel confrontarsi con i loro compagni, si rendono conto di costituire tutti quanti un’armata di straccioni, malvestiti, male armati, affamati e sporchi, eppure l’esser stati capaci di sopravvivere per tutto l’inverno sotto quelle condizioni così estreme per loro è già una vittoria importante. Se si è stati in grado di arrivare fin lì ancora con la voglia di battersi, si potrà anche essere in grado di cacciare da Baiardo i bersaglieri di Graziani, ben vestiti, bene armati, ben nutriti.
La battaglia per Baiardo serve a risolvere la questione tra i due gruppi di giovani: quelli che hanno scelto la strada della montagna, per non continuare la guerra al fianco di chi l’ha scatenata, portando morte e distruzione in tutta Europa, ma anche per non finire nei campi di lavoro tedeschi o ammazzati, e quelli che hanno fatto la scelta opposta, per rispettare il giuramento di fedeltà al Duce e sfuggire alla fame e ai disagi, visto che l’esercito garantiva una vita molto più comoda.
La battaglia comincia, ma lo scrittore, che ha avuto l’ordine di appostarsi con la sua squadra fuori dal paese per tagliare i fili del telefono e per sbarrare una possibile via di fuga al nemico, non vedrà niente per colpa degli alberi. Quando la vista non serve a nulla è l’udito che fornisce una chiave di lettura degli avvenimenti: il silenzio profondo che precede l’attacco viene rotto all’improvviso da spari, esplosioni, raffiche di mitra, che cessano piano piano per essere poi sostituiti da un canto di gioia: i vincitori cantano. I partigiani si avvicinano a Baiardo certi che i loro compagni abbiano liberato il paese, ma si sta cantando Giovinezza: hanno vinto i fascisti e non si può fare altro che scappare precipitosamente.
“In quella giornata, che avrebbe potuto essere gioiosa, tutto è andato storto ai partigiani. Nessuno di loro ha visto abbastanza per racconatare cosa è successo”. In mancanza di testimoni tocca allo scrittore ricostruire gli avvenimenti, non solo attraverso la fantasia ma anche basandosi sulla conoscenza di quegli amici accanto ai quali ha vissuto per mesi e dei quali ha imparato ad apprezzare il coraggio, “la decisione e la capacità di mettersi in gioco anche quando il gioco può costare la vita. Hanno provato a battersi i suoi amici: Gino è entrato in paese sparando, Tritolo ha gettato le sue bombe contro i bersaglieri e Cardù [n.d.r.: Riccardo Vitali], di fronte all’assoluta disparità di forze in campo, ha protetto con il suo corpo la ritirata dei suoi amici, restando colpito a morte. Cardù col segreto della sua forza nel sorriso spavaldo e tranquillo.” Cardù è morto. Bisognava far passare, o almeno elaborare, il lutto per l’amico ucciso, e ci voleva tempo. Tanto tempo, e forse i trent’anni sono bastati appena a recuperare la memoria di quella giornata particolare e mettersi a scrivere.
Marie Šimková, op. cit.