Ventimiglia nel primo anno della Resistenza

WBC (46)
Ventimiglia (IM): la stazione ferroviaria

Il 25 Luglio del 1943 vengono tolte da un gruppo antifascista le insegne dalla sede del Fascio di Ventimiglia…
Dopo l’8 settembre 1943 le forze armate di stanza a Ventimiglia si sciolgono e le Caserme vengono abbandonate. Ne approfittano i nuclei della Resistenza per sabotare le armi pesanti ed asportare le armi leggere con relative munizioni portandole in montagna per armare distaccamenti partigiani in formazione, che si raccoglieran­no più tardi nella V^ Brigata [d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”].
Tutta la città è permeata dallo spirito di rivolta, che si diffonde anche fra i ragazzi delle Scuole dove, per iniziativa di uno scolaro, Rino Poli [Rino, che in seguito fece parte della V^ Brigata], la raccolta dei fondi «Pro Mitra» lanciata dalla Repubblica di Salò viene boicottata.
… e si formano i primi nuclei della Resistenza…
Redazione, Martirio e Resistenza della Città di Ventimiglia nel corso della 2^ Guerra Mondiale. Relazione per il conferimento di una Medaglia d’Oro al Valor Militare, Comune di Ventimiglia (IM), 1971

Nella stazione di Ventimiglia agisce un gruppo cospirativo di ferrovieri antifascisti. Il gruppo è scoperto nella primavera del 1944, molti patrioti vengono arrestati e alcuni sono deportati nei campi di concentramento od uccisi […]  Essi sono: Ferrari Edoardo, cantoniere, ucciso al Turchino nell’eccidio del 19 maggio ’44; Muratore Olimpio di Pasquale, alunno ferroviere, nato a Ventimiglia il 9-12-22 e deceduto a Mauthausen il 2-9-44; Palmero Giuseppe, manovale, deceduto a Fòssoli; Rubini Alessandro di Carlo, capostazione di I^ classe, nato a Novara nel 1891 e deceduto a Mauthausen il 17-12-44; Lerzo Ernesto di Giuseppe, conduttore, nato a Genova il 15-11-1913 e deceduto a Mauthausen il 15-3-45; Pietro Trucchi di Sebastiano, conduttore, nato a Camporosso (provincia di Imperia) il 14-10-1912 e deceduto a Mauthausen il 2-3-45; Viale Eraldo di Nicola, operaio, nato a Ventimiglia nel 1911 e deceduto a Mauthausen il 4-3-45. Da un promemoria riguardante Rubini Alessandro, fornito, come le notizie sopra trascritte, da Poli Rino tramite Biga, si estrae quanto segue:«Rubini Alessandro, nato a Novara il 4-11-1891, nel 1944 era capo­ stazione di l^ classe nella stazione FF.SS. di Ventimiglia. Fu arrestato il 23-5-44 per attività politica antifascista e quale appartenente al Comitato clandestino di Liberazione. Rimase nelle carceri di Imperia dal 23-5-44 al 28-5-44.Quindi fu detenuto a Genova (carceri di Marassi) dal 29-5-44 all’8-6-44.Successivamente fu a Fòssoli di Carpi, dall’S-6-44 al 21-6-44. Da ultimo fu a Mauthausen, fino alla data del suo decesso (17-12-44)». Dalla stessa relazione nella quale il Poli espone i fatti di Ventimiglia si deduce che nella primavera del 1944 in frazione Ville [di Ventimiglia (IM)] si era formato un gruppo di patrioti, fra i quali vi era il Poli Rino. Una giovane donna, sfollata e abitante in frazione Ville con la famiglia, portò ai patrioti due pistole mitragliatrici: trasportò i pezzi smontati e le munizioni in diverse volte, avvicinandosi come se cercasse erba per le bestie. I gruppi di giovani alla macchia, formatisi in quel tempo nella zona, erano parecchi. Su per giù nella medesima epoca (primavera-estate del ’44) giunse nella zona del Grammondo un distaccamento partigiano, al quale si aggregò subito il gruppo di cui faceva parte il Poli. Il distaccamento, al quale il Poli accenna, è quello di Ernesto Corradi (Nettu o Nettù), sorto dalla suddivisione di quello (3° distaccamento) di Ivan [Giacomo Sibilla, comandante di una delle prime bande partigiane dell’imperiese, già comandante del Distaccamento Inafferrabile, poi comandante della II^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Nino Berio” della VI^ Divisione “Silvio Bonfante”]…Il distaccamento di Nettu era partito da Case Agnesi o Prati Piani, località vicina a Costa di Carpasio e a Colle d’Oggia…Col gruppo di Poli Rino aveva collaborato fin dagli inizi la baronessa Maria Galleani. Del gruppo al Grammondo, che era comandato da Nettu, faceva parte anche Osvaldo Lorenzi, di Imperia. Il distaccamento del Grammondo verrà assalito più tardi dai tedeschi, in data 9 agosto 1944. Diciassette partigiani verranno catturati e cioé: il Lorenzi, altri dodici Italiani e quattro Francesi. Portati a Sospel, qui i partigiani verranno torturati ed uccisi, in data 12 agosto ’44. Osvaldo Lorenzi, fu Secondo e di Muratore Maria Caterina, nato il 13-9-1918 in Porto Maurizio, e appartenente all’Azione Cattolica imperiese, all’8 settembre ’43 era a Napoli, al comando di un gruppo di militari, come sergente di fanteria (aveva iniziato, ma non terminato, per motivi vari, il corso allievi ufficiali). Avvenuto lo sbandamento delle forze armate, il Lorenzi ritorna ad Imperia in data 22 settembre ’43. Si reca presso Ventimiglia, nel villaggio di Calvo, presso il suo padrino, essendo la sua famiglia oriunda di quella città. Da un gruppo di parti giani che sono in quella zona viene invitato ad andare con loro, e accetta, sebbene avesse preferenza per la zona di Imperia, dove risiedeva la sua famiglia. Ai partigiani si aggrega intorno all’inizio dell’estate. Il 9 agosto ’44 Osvaldo Lorenzi, con alcuni altri giovani, si trova negli alloggiamenti sul Monte Grammondo, intento alla preparazione del pranzo. All’arrivo improvviso dei tedeschi, le vedette non fanno in tempo ad avvertire; riescono a stento a mettersi in salvo. I partigiani, che sono nella baracca dell’accampamento, vengono sorpresi e catturati: poco prima della cattura, uno di essi chiede al Lorenzi di coprirlo col fieno, sebbene si pensi che la baracca verrà incendiata; il Lorenzi lo nasconde; la baracca, come si temeva, viene data alle fiamme; ciò nonostante il partigiano farà in tempo a mettersi in salvo. Gli altri, fra cui il Lorenzi, mentre cercano di fuggire, capitano fra i tedeschi, e sono catturati vicino agli alloggiamenti, nel bosco dell’Alborea, che è parte del bosco di Sospel, sul pendio del Grammondo rivolto verso la Francia. A Sospel i tedeschi suonano i tamburi, per coprire i gemiti e gli urli dei partigiani torturati. Dopo le torture, i partigiani, che ormai non riescono a reggersi, sono uccisi, mediante fucilazione. Vengono tutti seppelliti in una fossa comune, senza che la popolazione li possa avvicinare; il Sindaco riesce a stento a mettere una bottiglia, col nome, al collo di qualcheduno, a lui noto (Notizie da Jolanda Lorenzi, sorella di Osvaldo, da Lavagna Giorgio e da altre fonti varie).
Giovanni Strato, Storia della Resistenza imperiese (I^ zona Liguria) – Vol. I: La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Sabatelli Editore, Savona, 1976

… uno di questi, costituito da giovani ferrovieri nella Stazione Ferroviaria col compito di assicurare collegamenti, verrà più tardi scoperto ed i suoi membri arrestati e inviati in un campo di concentramento, dal quale non faranno più ritorno.
Eccone i nomi:  Edoardo Ferrari, cantoniere – Giuseppe Palmero, manovale – Alessandro Rubini, capo stazione di I^ classe – Ernesto Lerzo, conduttore – Pietro Trucchi, conduttore – Eraldo Viale, operaio…
Redazione, Martirio e Resistenza della Città di Ventimiglia nel corso della 2^ Guerra Mondiale. Relazione per il conferimento di una Medaglia d’Oro al Valor Militare, Comune di Ventimiglia (IM), 1971

Elio Riello: “… i punti fissi del costituendo Comitato di Liberazione di Ventimiglia erano il Cap. Silvio Tomasi, presidente, ed Elio Riello, segretario… Il costituendo C.L.N. di Ventimiglia, tramite il Baletti Emilio, aveva rapporti con il C.L.N. di Torino e precisamente con l’avv. Martorelli Renato. Nel frattempo il Cap. Tomasi aveva preso contatto con il Gruppo della Giovane Italia, operante attivamente soprattutto nella Stazione di Ventimiglia, i cui esponenti principali erano Muratore Olimpio e Rubini Alessandro. La Giovane Italia inoltre aveva fatto e continuava a fare azioni di proselitismo e cercava collegamenti con altri Gruppi che erano in azione, specie nella zona di Bordighera… Biancheri Antonio non era Capo del C.L.N. di Ventimiglia, ma uno degli esponenti maggiori della Resistenza a Bordighera… Tomasi Silvio era il capo del  C.L.N. di Ventimiglia...
don Nino Allaria Olivieri, Ventimiglia partigiana… in città, sui monti, nei lager 1943-1945, a cura del Comune di Ventimiglia, Tipolitografia Stalla, Albenga, 1999
5) il 26-7-1944 una squadra in perlustrazione al Passo del Porco attacca una pattuglia nemica uccidendo due tedeschi e cattu­rando quattro polacchi, due muli e diverse armi;
6) a seguito di queste ed altre minori azioni, la sede del distaccamento veniva individuata dal Comando Tedesco e il Comando Partigiano decideva allora di spostarla oltre confine, sul pendio ovest del Grammondo in località Alborea
[o Albarea] del Comune francese di Sospel, accogliendo anche nella formazione un gruppo di partigiani francesi. Il Comando Tedesco scopriva però ben presto anche la nuova sede e decideva di compiere una grande operazione di rastrellamento con circa 1.500 uomini di stanza in Italia e in Francia, armati di mortai e artiglieria da montagna. Il distaccamento venne così circondato e attaccato e dopo una lunga e strenua resistenza – durante la quale venivano uccisi e feriti diversi tedeschi e cadevano tre partigiani, Quadretti, Armando [Cobra] Ferraro e Sauro [Bob] Dardano  – riusciva in parte a sganciarsi e a mettersi in salvo attraverso un terreno impervio, mentre i restanti 15, asserragliati in una casa rustica ,opponevano una disperata resistenza fino all’esaurimento delle munizioni.
   Catturati dai tedeschi, vengono imprigionati a Sospel, selvaggiamente torturati, massacrati…

I superstiti, diversi dei quali feriti [tra i quali] Lippolis [Pietro Morgan Lippolis], curato dai Fratelli Maristi), passano a far parte di altre unità partigiane…
Redazione, Martirio e Resistenza della Città di Ventimiglia nel corso della 2^ Guerra Mondiale. Relazione per il conferimento di una Medaglia d’Oro al Valor Militare, Comune di Ventimiglia (IM),  1971
Nettù [Ernesto Corradi] teneva accampata la sua banda quasi al confine, sul Grammondo. Ma quella volta, quando arrivarono i tedeschi a tradimento, lui non c’era coi suoi uomini, perché forse aveva sconfinato in Francia a rifornirsi di sale, o va a sapere. Chissà comunque com’è andata quella volta, ma tanto adesso fa lo stesso a saperlo, come no. Cosa te ne fai adesso di saperlo, se ormai non c’è rimasto più nessuno di quelli che c’erano quella volta, quando i tedeschi arrivarono subito sul posto saltandoci addosso come fanno i lupi sulla preda? Dicono che a portarli precisi sul posto a tradimento, sarà stato il berlinese che gli era scappato prima d’in banda: effettivamente sul posto ci arrivarono precisi, come ci può arrivare soltanto della gente pratica dei passi. Il fatto sta che quella volta gli uomini di Nettù, presi alla sprovvista, non fecero più in tempo a niente; così li presero a tradimento; quando sentirono gli spari, i tedeschi erano già tutti concentrati proprio lì di fronte, con le armi spianate. Dardano il caposquadra, uscì dal baraccamento dov’erano a dormire con lo straccio bianco in mano per la resa; ma ormai era troppo tardi e non ci riuscì; lo crivellarono all’istante nell’aria grigia e continuarono a venire avanti precisi, sparando sempre più forte. Osvaldo Lorenzi cercò ancora di coprire un ferito sotto il fieno con disperazione nel tentativo inutile, e così li presero tutti e due; bruciarono subito ogni cosa alla loro maniera tedesca, rastrellando ben bene tutto intorno, che non gli scappò proprio niente, né di uomini né di bestiame.                                                                                                                                                 Osvaldo Contestabile, Scarpe rotte libertà. Storia partigiana, Cappelli editore, 1982, p. 89
Ernesto Corradi (Nettù) [o U Nettu o Nettu] con la sua banda [VI° Distaccamento Grammondo] si era stanziato sul Monte Grammondo [tra Ventimiglia (IM) e la Francia], dal quale controllava le valli del Roia e del Bevera. Per tutto il mese di luglio 1944 Nettù aveva condotto azioni di guerriglia contro il nemico. Il suo gruppo aveva danneggiato gravemente la ferrovia Ventimiglia-Cuneo, facendo brillare molti ponti, e la linea telefonica. Data la vicinanza, i rapporti tra i garibaldini ed i partigiani francesi furono spesso di cooperazione: un esempio ne è l’azione contro l’Hotel du Golf di Sospel, alla quale per desiderio dei transalpini presero parte anche patrioti italiani. Il rastrellamento del 9 agosto 1944 colse i partigiani di sorpresa, anche per via dell’assenza di “Nettù” e di circa 15 uomini della banda …  Venne subito stroncato da una raffica di mitragliatrice Sauro [Bob] Dardano [nato a Ventimiglia il 6 aprile 1923], che era uscito alzando una bandiera bianca … 
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
Così, alla fine fecero il conto che in tutto di partigiani ne presero diciassette vivi, compresi quattro maquisards un po’ più sotto, rastrellando anche l’Albarea dal versante francese. Il traffico della spedizione quella volta durò poco tempo, perché erano venuti pratici dei posti senza sbagliare e con tutto l’occorrente necessario; conoscevano le strade i sentieri i passaggi difficili e perfino le abitudini degli uomini accampati lì, sul confine. Anch’essi perciò, si meravigliarono quella volta: non gli era mai successo di averlo fatto in quel modo, proprio così alla svelta, il repulisti totale della zona. Metti però, che se l’ordine te lo danno quelli del comando, c’è sul serio il perché, anche se è difficile convincersene; ma metti pure che ce l’hai l’ordine preciso, e che di lì non si scappa, perché è giusto. Il fatto è questo: che non si può fare diversamente, altrimenti lo sai eccome cosa succede. Succede che col pericolo a quel modo, non si può più vivere né di giorno né di notte; non si può più vivere col terrore sempre dentro, che ti arrivino addosso da un momento all’altro, sapendo i posti precisi; però, tu non lo sai come faranno. E va bene; ma non l’ammazzi lo stesso un prigioniero così, a sangue freddo, soltanto per la temanza della spia. Tu non l’ammazzi mondo schifo, soltanto perché tedesco berlinese e basta. E invece lui sì; proprio da carogna bastardo e traditore, ce li riporta subito puntuali, con tutta l’attrezzatura, sul posto che lui conosce; lo senti che andando grida heil Hitler javol; e gli insegna proprio bene le strade e perfino i passaggi nascosti per fare più presto, e tutte le usanze che aveva imparato. Prima, mangiando insieme il loro pane da buon compagno coi patrioti, aveva imparato brutto bastardo i posti i nomi le armi i nascondigli, e tutto quello che bisognava o non bisognava fare per fare il partigiano. Aveva imparato a poco a poco osservandoli ben bene; e aveva capito anche come si fa con le sentinelle, per arrivarci addosso a tradimento. Come si fa voglio dire quando, se ci arrivi a tradimento dietro le spalle, non servono più a niente lì, a fare la guardia, saltandoci addosso all’improvviso. Con le sentinelle ormai inutili colpite alla schiena a tradimento, si fa allo stesso modo come a caccia di cinghiali, coi battitori. Portati dai cani, i battitori vanno avanti per primi e li stanano di colpo, mentre alla posta comodi e bene in posa col fucile, ce ne vogliono tanti di cacciatori. Ciascuno alla posta ci si mette bene, da starci comodo, sempre lì fermo col fucile puntato. Gli animali li chiudono nella trappola con le zanne ormai inservibili, per ammazzarli prima quelli  che sbattono di più. Da quelle parti sul confine, oltre al berlinese, c’erano in banda due polacchi esperti alla mitraglia; sempre ubbidienti che era un piacere guardarli come stavano attenti, senza distrarsi. Erano sempre pronti a sparare in qualunque modo, quando glielo dicevano; anche nel pericolo in pronta presa, come se niente fosse la va come la va. Questi due polacchi, perciò, non fecero come il berlinese carogna; ma la mitraglia la puntarono subito per il verso giusto eccome, facendola funzionare alla disperata. Spararono poco però, perché dopo le prime raffiche precise, non ce la fecero più a resistere in nessun modo, quando i tedeschi gli arrivarono addosso da tutte le parti, prima a colpi di mortaio e poi coi maierling. Erano due polacchi e basta, va a sapere; nessuno anche dopo ne seppe di più, nonostante ne parlassero ancora nelle bande; ma basta, finirono così; erano soltanto due polacchi qualunque, disertori antinazisti che vollero ribellarsi; va bene? A tutti i costi vollero fare i partigiani, ma non fecero manco in tempo a farsi scrivere negli elenchi dei ribelli. Per farsi capire, quando salirono in montagna per farsi prendere in banda, intonarono forte un canto partigiano che avevano imparato da quelle parti. Poi, in banda, col da fare che c’era, li chiamarono soltanto i polacchi, e non ci pensarono a scrivergli nome e cognome. Al Grammondo, dopo quel rastrellamento del porco giuda tutto al coperto e sul pulito come capita capita dalla parte italiana e dalla parte francese, di loro non ci rimase più niente; nemmeno più uno straccio per sapere chi fossero poveri ragazzi, e come si chiamassero. Mano d’opera in costrizione come usavano loro con la prepotenza, i tedeschi vollero subito dopo dai civili francesi, senza minimamente discutere, una fossa lunga e profonda bastante per diciassette. La vollero di queste misure, per buttarceli tutti dentro alla rinfusa, nel Vallone di Sospel; poi decretarono coi megafoni immediatamente il coprifuoco. Stavolta, il coprifuoco lo vollero assoluto, perché la gente non vedesse e non sentisse proprio niente di quello che facevano nel paese; ma le urla di tortura, la gente le sentì lo stesso dentro il vallone nell’aria fredda, su su fin nei larici verso l’Albarea, da una parte e dall’altra. Le sentì più forte del rullo dei tamburi, che fecero i tedeschi per coprire quelle urla, quando si misero a picchiare più forte ancora più forte e sempre più forte con le mazze; per fare più rumore da rintronarne la vallata; finché la finirono coi tamburi quando al turno della conta, l’un dopo l’altro, i diciassette patrioti caddero inerti nella fossa. Alla fine, i civili francesi precettati in costrizione, seppellirono insieme i tredici partigiani italiani e i quattro maquisards francesi affiancati; ma prima cercarono di distinguerli con dei segni nella fossa comune, senza che i tedeschi se ne accorgessero. Difatti prima, quando glielo avevano chiesto come segno di pietà, avevano detto di no: che assolutamente non lo concedevano di segnarli per nome, guai a distinguerli; bastante farli sparire in sepoltura, essendo morti tutti allo stesso modo fuori legge; achtung banditen e fuori dai piedi.
Osvaldo Contestabile, Op. cit., pp. 89, 90, 91

In questo primo periodo Lina si muove tra Sanremo e Bordighera

Bordighera (IM): uno scorcio di Località Arziglia

Questa è la storia di Emanuela Lina Meiffret, partigiana e letterata sanremese, è il racconto della vita di una donna coraggiosa, dal forte impegno civile, dagli ideali profondi e radicati, rimasta troppo a lungo nell’ombra. Dopo essere stata una presenza politica attiva nella lotta di liberazione dal nazifascismo a Sanremo nei mesi antecedenti e successivi all’8 settembre del 1943, viene arrestata nel febbraio del ’44 e poi deportata in Germania, vivendo la tragedia dei campi di concentramento. Attraverso gli articoli sui giornali della Resistenza sanremese, i preziosi documenti dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, i libri sulla Resistenza, le memorie di antiche amicizie, gli Archivi privati, abbiamo cercato di raccontare – con coinvolgimento e continua sorpresa – la complessità della figura umana di Lina. Che è personalità poliedrica, con studi in Svizzera e alla Sorbona, poliglotta, poeta e traduttrice, amica di personalità di spicco del Ponente ligure (e non solo!), tra Sanremo e Bordighera, come Italo Calvino, Guido Hess Seborga, Renato Brunati, Beppe Porcheddu e tanti altri. Ora sappiamo che dietro la riservatezza della partigiana Lina Meiffret si celano, accanto alle vicende drammatiche del Novecento, uno spessore culturale, una miniera di relazioni ed intrecci culturali che fanno di questa storia un’esperienza unica che abbiamo sentito la necessità di condividere e rendere nota. In questo libro, oltre ad essere riportate le testimonianze storiche e giornalistiche insieme alle immagini di documenti originali, vengono pubblicate le opere per la gran parte inedite (poesie, lettere, racconti, traduzioni) di Lina Meiffret. Attraverso questo prezioso lavoro di ricerca e svelamento, vogliamo rendere omaggio soprattutto ad una donna che ha saputo essere protagonista e partecipe delle cose del mondo e della Storia e che riemerge oggi più attuale che mai, sottile interprete dell’umanità e della personalità di quegli uomini e quelle donne con cui ha condiviso valori ed ideali.
[…] Le vicende che riguardano da vicino la Meiffret hanno inizio ben prima dell’8 settembre 1943. Verosimilmente Lina, che studia a Parigi alla Sorbonne, nei mesi immediatamente precedenti all’invasione tedesca della Francia, è costretta a lasciare la Francia e a tornare a Sanremo dove entra in contatto con vari gruppi facenti parte del movimento antifascista locale, il quale operava nella zona sia attraverso la sezione del P.C.I., sia nella più assoluta
clandestinità in diversi gruppi e sottogruppi più o meno organizzati, legati dal vincolo di un ideale politico comune, dal desiderio di riconquistare la libertà e opporsi agli oppressori, già dalla fine degli anni Trenta <13. In questo primo periodo Lina si muove tra Sanremo e Bordighera <14, dove del resto già era presente un gruppo di letterati e artisti antifascisti, sorto autonomamente intorno al 1939 (e poi confluito dopo la guerra nel partito socialista), che faceva capo a Guido Hess Seborga, il quale raccolse inizialmente intorno a sé, oltre a Lina, i suoi giovani amici Renato Brunati e Beppe Porcheddu, che qui si trasferì proprio nel 1939. Si legge nel Documento Porcheddu: «[…] La propaganda antifascista e antitedesca fu praticata nella zona di Bordighera da Renato Brunati e da me in un contempo indipendentemente, senza che nemmeno ci conoscessimo: ma nel 1940 ci incontrammo e d’impulso associammo i nostri ideali e le nostre azioni, legati come ci trovammo subito anche da interessi intellettuali e artistici. […]». Questo gruppo era in contatto con degli amici di Torino che condividevano gli stessi ideali, tra cui spiccano i nomi, che ricorrono più volte nella corrispondenza intercorsa tra Lina e Guido, di Giorgio Diena, Umberto Mastroianni, Vincenzo Ciaffi, Carlo Muffo, Oscar Navarro e altri, coadiuvati da Alba Galleano, anch’ella di Bordighera che poi sposerà Hess nel ’39. Gli esponenti di questo gruppo torinese, che svolse durante il Fascismo soprattutto attività di propaganda e di collegamento tra le due regioni, diffondendo i libri «proibiti», confluirono poi, dopo l’8 settembre, nelle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà e Matteotti <15.
Sono documentati in questi anni precedenti l’Armistizio anche alcuni soggiorni di Lina nelle amate Val Gardena e Val Badia. Un caffè di Rapallo, sulla costa ligure di Levante, in quegli anni era il punto di incontro di molti intellettuali, fra cui Hess, Lina stessa, Pound (il poeta e scrittore statunitense che si trasferì proprio in questa località dove risiedette quasi stabilmente dal 1925 al 1945 e di cui Lina tradusse i suoi Cantos) e il futuro comandante partigiano Giorgio Buridan, che farà poi parte del gruppo degli intellettuali di Torino, con cui Lina ebbe un grande rapporto di amicizia, testimoniato principalmente dalle poesie a lei dedicate, oltre che da una fitta corrispondenza e da numerose traduzioni a lei affidate <16.
Lina, da marxista convinta, è iscritta alla sezione del P.C.I. di Sanremo dove primeggia la Sezione Giovanile, ricca di elementi coraggiosi e dinamici, tra cui vengono reclutati coloro che partiranno per la guerra di Spagna, per il
cosiddetto «Soccorso Rosso», come Renato Brunati. Inoltre, partecipa attivamente alla lotta antifascista, attività consistente principalmente, nel periodo che va dalla caduta del regime all’Armistizio, nel convogliare la gioventù del circondario entro quelle formazioni partigiane che cominciano a costituirsi sulle colline e sui monti alle spalle di Sanremo. Qui, a Baiardo Lina ha una proprietà che mette a disposizione della banda e che rappresenterà il quartier generale in altura; sulla costa, invece, il luogo di ritrovo e smistamento è rappresentato dalla villa Llo di Mare che Porcheddu aveva affittato ad Arziglia (Bordighera), lungo la via Aurelia; Renato ha invece una casa alla Madonna
della Ruota, sempre a Bordighera.
Si ipotizza in un documento pubblicato chiamato per comodità “Pratica Meiffret” (una sorta di relazione sull’attività della Meiffret redatta in data 11/3/1946, la cui attendibilità di alcuni contenuti è comunque discutibile), che Lina avesse dei contatti con ufficiali del servizio francese e che per questo si recasse spesso in Francia, mentre probabilmente stava svolgendo un’attività di organizzazione del fronte della Resistenza spagnola, come viene in effetti
confermato in una lettera del 9 maggio del 1946 di Giorgio Buridan, in cui compaiono del resto altri nomi presenti sul documento. Vi si legge: «[…] Cara amica, dammi tue notizie, su di morale…non vagheggiare a idealistici spagnolismi e lavora invece […]»
Certamente Lina si recò più volte in Francia per motivi culturali: lo stesso Hess le procurò un documento, datato 8 febbraio 1946, dell’Unione culturale di Torino; sicuramente conosceva ed era in contatto con Vualch (nel documento
del ’46) o Walch (nella lettera di Buridan) di Nizza, probabilmente un editore, che aveva ricevuto da Buridan il suo diario partigiano di cui non aveva, ancora nel maggio del 1946, dato un riscontro all’autore. È certa, invece, la sua amicizia con Philippe Garigue <17, altro nome presente nel documento, come risulta evidente da un racconto che lui le avrebbe affidato di tradurre, conservato tra le sue carte, dal titolo “Antonio”; è altresì certo il rapporto di
collaborazione per scopi di lavoro tra Lina e Garigue, come dimostrerebbe il documento dal titolo evocativo “Appunti per Lina”, una sorta di memorandum-progetto, scritto da Guido Hess, in cui si prospetta la possibilità di «chiedere al cap. Garigue se conosce bene l’alleato da cui dipende il permesso per nuovi giornali. In caso positivo, chiedere a Garigue di farmi un biglietto di presentazione. Se Garigue deve tornare a Torino, dagli il mio indirizzo, o scrivermi per dirmi dove posso andare per rintracciarlo». (Senza data, ma con firma «Guido Hess»).
Anche Bruna De Marchi, citata nel documento, con cui Lina si sarebbe presentata al CLN di Bordighera, è una sua amica: si tratta della signora presso la quale la Meiffret risiedeva a Villa Monteverde, prova ne sia una busta di lettera, inviata da Roma dal futuro marito di Lina, Mario Scudieri, nel 1947.
Renato Brunati
Renato Brunati <18, figlio di Giuseppe Brunati, un ufficiale fascista, e di Margherita Burki, nasce a Venezia l’8 febbraio del 1903, ma, dopo essersi spostato in varie città italiane e estere, sceglie come residenza la cittadina di
Bordighera nel Ponente ligure, in cui, come già detto, si raccolgono alla fine degli anni Trenta alcuni intellettuali antifascisti. Ross così lo descrive: «[…] He was a generous, warm-hearted man. An intellectual with a love of literature and poetry. In his present political role he jokingly likened himself to Byron. […]» Letterato, filosofo e poeta, Lina affermava che Renato era stato uno scrittore molto fecondo. Di lui è riuscita a conservare alcune poesie inedite che, rappresentando probabilmente gli unici documenti letterari che ci rimangono di questo eroe della Resistenza, acquistano un valore ancora maggiore tra le testimonianze scritte della lotta partigiana nel Ponente ligure.
«E pure morì sotto il martirio nazista l’animatore di una delle prime bande a Baiardo: Brunati, il partigiano poeta». Così lo ricorda infatti Italo Calvino nel suo “Ricordo dei partigiani vivi e morti”. Appartenente alla II Divisione Felice Cascione, V Brigata Nuvoloni di Imperia, propagandista e organizzatore delle bande armate bordigotte collegate a Sanremo e, dopo l’8 settembre, elemento di spicco della banda che opera a Baiardo con Lina Meiffret. Renato viene arrestato due volte e sempre con Lina <19: la prima poco dopo l’8 settembre 1943, per propaganda antifascista, ma viene quasi subito rilasciato <20; il secondo arresto, definitivo, ha luogo a Sanremo, allorché Brunati viene fermato e trovato in possesso di volantini e documenti compromettenti <21. Di questi fatti ci parla M. Ross, nel suo libro: il primo arresto avviene per possesso e diffusione di materiale sovversivo verosimilmente nel dicembre 1943, con rilascio subito dopo le festività natalizie per mancanza di prove. Il secondo arresto, definitivo, avviene dopo qualche giorno, il 6 gennaio 1944, come risulta del resto dal documento ANPI, a Sanremo, allorché Brunati viene fermato e trovato in possesso di volantini e documenti compromettenti <22, ma Ross è il solo a parlare del doppio arresto dei due compagni in questa data. Per quanto affermato da altri studiosi, si veda Gandolfo, Sanremo in guerra cit., p. 138.20: la prima poco dopo l’8 settembre 1943, per propaganda antifascista, ma viene quasi subito rilasciato.
Durante la guerra Brunati era stato ufficiale nella GAF (Guardia alla frontiera) a Mentone. Come già accennato, aveva quindi fatto parte, come volontario, del Soccorso Rosso, esperienza che lo aveva condotto a militare nella Brigata Internazionale in Spagna. A Bordighera, dove ha una casa alla Madonna della Ruota, Renato fa parte di una ristretta cerchia di intellettuali, tra i quali, oltre a Lina e al pittore e illustratore Beppe Porcheddu, va ricordato il suo grande amico Guido Hess Seborga. Guido avrà un lungo rapporto di amicizia con questo giovane eroe che si interromperà con la sua tragica fucilazione al Turchino. Hess gli resterà fedele nell’affetto: una eco di quanto la morte di Renato abbia profondamente segnato gli animi di tutti coloro che lo avevano conosciuto in quegli anni resistenziali si può concretamente leggere negli scritti che molti di loro gli rivolgeranno. A Brunati Hess dedica il suo primo romanzo “L’uomo di Camporosso”, uscito nel 1948, e lo ricorda nel suo secondo romanzo sulla Resistenza del Ponente ligure pubblicato nel 1949 e intitolato “Il figlio di Caino”, in cui il protagonista, capo ammirato e indiscusso di un gruppo di partigiani riunitisi in una banda che si nasconde sul Monte Nero, tra Sanremo e Bordighera, porta il nome decisamente evocativo di Renato Bruni.
[NOTE]
13 Cfr. Gandolfo, Sanremo in guerra cit., pp. 129 ss.
14 Nel 1941 è sicuramente a Bordighera, come dimostra un suo appunto su di un foglio di quaderno (Archivio Giacometti Loiacono); nel luglio del 1943 è sempre a Bordighera, come si deduce dalla lettera indirizzata ad Hess con firma congiunta di Renato (Brunati) e Lina (Archivio Laura Hess); nella «pratica Meiffret», con data 11/3/1946, si legge «residente a Bordighera».
15 R. Zangrandi, op. cit.
16 Su Giorgio Buridan è uscito un volume curato da Maria Silvia Caffari, Fatti e persone nella mia vita, Nerosubianco ed. 2021, in cui il rapporto con Lina viene limitato solo alla sua attività di «traduttrice… una francese che frequentai per un certo periodo e insieme discutemmo sulla difficilissima traduzione dei Cantos», pp. 75-76.
17 Il capitano Philippe Garigue fu scelto nel 1945 dagli Alleati per condurre le trattative di pace con i francesi di De Gaulle che entrarono a Ventimiglia rivendicando piena libertà di azione nei confronti dell’Italia con la quale si consideravano ancora in stato di guerra (la Francia non aveva firmato l’Armistizio dell’8 settembre). Grazie alla mediazione di Garigue i francesi evacuarono Ventimiglia l’11 luglio del 1945. Al capitano Garigue per queste sue azioni fu conferita la cittadinanza onoraria di Ventimiglia. Si veda R. Villa, La difficile missione del cap. Garigue, nella Ventimiglia del 1945, occupata dai francesi, da La Voce Intemelia, anno XLIV, n. 10. Ottobre 1989.
18 Per la bibliografia su Brunati si veda: http://www.bordighera.net (articolo di V. Moschetti del 24 febbraio 2014 con riferimento al saggio di P. Revelli, La seconda guerra mondiale nell’estremo Ponente ligure); Strato, La Resistenza in provincia di Imperia cit., pp. 241, 247 e nota 16, 302 e nota 45; L’epopea dell’esercito scalzo cit., pp. 43-44, 47-48; http://www.straginazifasciste.it (Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia), s.v. Passo del Turchino; Mela, Aspettando aprile cit., pp. 35-36, in cui lo si definisce «studioso di problemi filosofici, specialmente riguardanti l’educazione del fanciullo»); Gandolfo, Sanremo in guerra cit., pp. 137 ss.. Su Renato si legga inoltre il ricordo commosso ed appassionato che di questi scrive G.B. Calvini in L’epopea dell’esercito scalzo cit., pp. 47-48; in Biga-Iebole, Storia della Resistenza imperiese cit. pp. 192 ss. Renato viene definito a ragione come «la figura più ardimentosa e romantica della lotta partigiana nella zona di Sanremo». Per una sua descrizione fisica e caratteriale, cfr. Ross, From Liguria with Love cit., pp. 157 ss., il quale definisce Lina e Renato «both idealists and dreamers»; F. Mocci (con il contributo di D. Canavese di Ventimiglia), Il capitano Gino Punzi, alpino e partigiano, Alzani ed., Pinerolo (TO), 2019, (Documento Porcheddu).
19 Si veda in Ross, From Liguria with Love cit., pp. 163-64 e ss., il racconto del doppio arresto di Lina e Renato: il primo, come si può desumere dal testo, avviene per possesso e diffusione di materiale sovversivo verosimilmente nel dicembre 1943, con rilascio subito dopo le festività natalizie (altrove si legge il 22 dicembre); il secondo dopo qualche giorno, se si deve credere alla data del 6 gennaio 1944 riportata nel documento dell’ANPI. Ross è comunque il solo a parlare del doppio arresto dei due compagni. Per quanto affermato da altri studiosi, si veda Gandolfo, Sanremo in guerra cit., p. 138.
20 Cfr. Strato, La Resistenza in provincia di Imperia cit., p. 247 fa riferimento ad un arresto subito dopo l’8 settembre 1943: con tutta probabilità si tratta del fermo di cui parla Ross, avvenuto tra fine novembre e dicembre, quando Renato si trovava nella sua casa di Bordighera con Lina (mentre nascondeva i due inglesi) di cui parla Ross, cfr. nota precedente.
21 Cfr. Mela, Aspettando aprile cit. p. 36. In Gandolfo, Sanremo in guerra cit., p. 138 si riferisce invece che Renato era in missione a Sanremo; similare il racconto di Ross, From Liguria with Love cit., p. 168 che, però, parla di questioni urgenti che sia Lina sia Renato avevano da sbrigare a Sanremo.
22 Cfr. Mela, Aspettando aprile cit. p. 36. In Gandolfo, Sanremo in guerra cit., p. 138 si riferisce invece che Renato era in missione a Sanremo; similare il racconto di Ross, From Liguria with Love cit., p. 168 che, però, parla di questioni urgenti che sia Lina sia Renato avevano da sbrigare a Sanremo.
Daniela Cassini Sarah Clarke, Lina. Partigiana e letterata, amica del giovane Calvino. Lettere, poesie e scritti inediti di Lina Meiffret, Isrecim, Fusta editore, 2022

La casa che avevamo preso in affitto ad Apricale è stata requisita dai tedeschi proprio stamattina!

Apricale (IM)

Situato su un modesto risalto collinare di una convalle della Val Nervia, alle falde occidentali del monte Bignone, Apricale rimane in posizione appartata e relativamente defilata rispetto alle principali direttrici viarie dell’estremo Ponente Ligure, il che spiega la scarsa attenzione riservata dall’occupante tedesco a questo borgo, perlomeno meno fino all’estate del ’44, quando l’avvicinarsi del fronte dopo lo sbarco alleato in Provenza e la locale insorgenza della “Libera Repubblica” partigiana di Pigna conferiscono ad esso un nuovo e crescente rilievo strategico, al punto da indurre i tedeschi a farne la sede di Comando delle truppe antiguerriglia operanti in zona.
Fino ad allora, il paese non aveva conosciuto eventi particolarmente drammatici, se si eccettua l’uccisione per mano tedesca, il 23 maggio 1944, del civile Vincenzo Lupi [nd.r.: gli autori hanno sbagliato l’anno in cui avvenne questo tragico fatto – vedere infra], sorpreso sulla strada comunale e ritenuto appartenente alle bande partigiane.
Naturalmente, la popolazione simpatizza in genere con i ribelli, taluni giovani riparano in montagna e alcuni capifamiglia aiutano segretamente la Resistenza, ma manca in paese un vero movimento organizzato.
I tedeschi pongono un presidio ad Apricale il 29 ottobre 1944.
Pochi giorni dopo è costituito il CLN composto da Giuseppe Buscaglia, don Pio Mauro, Giobatta Martini, Domenico Romagnone, Giobatta Romagnone e Luigi Ronternoli. Il loro principale compito è rifornire di viveri e denaro i partigiani della V Brigata “L. Nuvoloni”, dislocati sulle alture di Collabassa [nel comune di Perinaldo], di Baiardo e del Grammondo. Alcuni giovani raggiungono questa Brigata. Il CLN locale tiene importanti contatti con il CLN di Bordighera.
Sovente i tedeschi rastrellano dei civili per impiegarli in lavori di fortificazione.
Il paese subisce saccheggi e rapine da parte degli occupanti. Per molte settimane i viveri vengono a mancare completamente.
Si ha notizia di un solo giovane partigiano [n.d.r.: non si trattava di un giovane, ma di una persona anziana – vedere infra] di Apricale caduto, Vincenzo Cassini, catturato e fucilato nella zona di Triora.
All’occupazione tedesca subentra alla Liberazione quella francese.
La vita riprende normale solo dopo la sistemazione dei nuovi confini concordati col Trattato di pace, firmato a Parigi nel 1947.
Nove militari, cittadini di Apricale, risulteranno dispersi in Russia: Vincenzo Cassini, Gildo Giana, Gildo Nobbio, Alfredo Marchesano, Giacomo Martini, Gildo Martini, Alfredo Pizziol, Alfredo Romagnone e Gildo Romagnone.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016

Il 4 settembre 1944 a Baiardo una pattuglia partigiana del II distaccamento attaccava un gruppo di tedeschi che si avvicinava al paese; il giorno seguente, prevedendo una reazione nemica, il comando della V Brigata inviò verso Baiardo uomini del I, III, V e VII distaccamento. Alle prime luci del giorno, reparti tedeschi e del battaglione San Marco salirono da Ceriana e da Apricale: il combattimento si protrasse per più di quattro ore, prima che i partigiani si ritirassero su Ceppo per proteggere Pigna da un’eventuale azione.
Lo stesso giorno in località Margheria dei Boschi di Pigna fu prelevato ed ucciso il caporale maggiore della GNR Forestale della 4° legione Ambrogio Vincenzo Moro, nato ad Apricale il 9 febbraio 1900: di questa esecuzione non si conoscono i motivi, né per quali circostanze Moro si trovasse in una zona occupata dai partigiani.
Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016

Apricale, 27 ottobre 1944
Siamo arrivati a destinazione sani e salvi, grazie a Dio.
E’ stato un miracolo perché, poco tempo dopo che eravamo passati da Camporosso una nave ci ha fatto una scarica tremenda.
Ad Apricale, come pure a Camporosso, Dolceacqua, Isolabona, vi sono i soldati tedeschi. E noi che credevamo di andare al sicuro! A mezzogiorno abbiamo pranzato da mia zia Battistina. Ad Isolabona, passando, abbiamo incontrato Piombo e Ramoino, ed hanno detto che verranno a trovarci. La casa che avevamo preso in affitto ad Apricale è stata requisita dai tedeschi proprio stamattina! Così siamo andati ad abitare da nostro cugino Alfredo. E’ una casa bella e comoda, ma senza sole. Comunque, grazie alla sua gentilezza che ce l’ha messa a disposizione. Quassù vi è tanta gente sfollata da Ventimiglia, anche alcuni conoscenti.
21 novembre 1944
Ho avuto una ricaduta (non dovevo ancora uscire) e sabato e domenica ho avuto la febbre quasi a quaranta.
Il dottore temeva la difterite, ed occorreva una medicina particolare, urgentemente. Ha preparato la ricetta e ha detto alla mamma di andare al comando tedesco per vedere se potevano procurarla loro. Il capitano non si è fatto pregare due volte, ed ha mandato un suo uomo in motocicletta a prendermela a Sanremo, subito. Possiamo proprio ringraziarlo. Il dottore mi ha fatto un’iniezione così dolorosa che ho pianto tutto il giorno, e la notte credevo di morire. Viene due volte al giorno e mi fa anche la pennellazione. Deve farmi altre iniezioni, anche se sto un pochino meglio.
Nuccia Rodi, Diario di guerra. Ville, 22 giugno – 26 ottobre 1944… in Renzo Villa e Danilo Gnech (a cura di), Ventimiglia 1940-1945: ricordi di guerra (con la collaborazione di Danilo Mariani e Franco Miseria), Comune, Studio fotografico Mariani, Dopolavoro ferroviario, Ventimiglia, 1995

Il 18 marzo 1945 una ventina di ostaggi, prelevati dallo scantinato di casa Fognini, vennero condotti verso Taggia. Dodici venivano poi liberati e 6 fucilati o meglio mitragliati in una grotta sotto Carpenosa. Essi sono:
Lanteri Pierino di Verdeggia
Lombardo Calogero di Ravanusa (Sicilia)
Oliva Giovanni di Badalucco
Gamboni Pietro di Montello (Avellino)
Verrando Vincenzo di Agaggio
Cassini Vincenzo di Apricale.
Il Verrando era il terzo morto della famiglia per cause belliche.
don Ermando Micheletto, La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di “Domino nero” Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975

Il Cassini era un vecchio cadente di oltre 72 anni dalla lunga barba bianca, mostrava numerose e profonde cicatrici dovute a sevizie e a torture. Fu accusato di rifornire olio alle bande partigiane. Niente di vero.
don Nino Allaria Olivieri, I testimoni raccontano…, FIVL – AGI, Imperia, 1999

3 gennaio 1945 – Dal comando della V ^ Brigata Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni”, prot. n° 249, al comando della II^ Divisione “Felice Cascione” – Comunicava che i tedeschi del presidio di Molini di Triora ammontavano a 80 uomini e quelli di Pigna a 6; che la presenza del nemico ad Apricale si era notevolmente rafforzata con l’arrivo di nuove truppe e che i tedeschi a Taggia (IM) avevano tagliato alcune linee telefoniche.

4 gennaio 1945 – Dal comando [comandante “Danko” Giovanni Gatti] del I° Battaglione “Mario Bini” della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”, prot. n° 32, al comando della V^ Brigata – Relazione militare: a Isolabona 200 tedeschi; 200 tedeschi anche ad Apricale; 300 a Dolceacqua…

19 aprile 1945 – Dal I° Distaccamento “Riccardo ‘Cardù’ Vitali” [comandante “Sergio” Guido Lanteri] del I° Battaglione “Mario Bini” al comando della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” –
Informava che “una squadra al comando di Spartaco [Giuseppe Zuccaro, nato a Messina il 23/07/1917] nella notte tra il 17 e il 18 u.s. partiva per recarsi sulla strada Baiardo-Apricale. Alle ore 10 del 18 giungevano 4 tedeschi, a cavallo, da Apricale, che venivano attaccati dai garibaldini: 3 rimanevano uccisi ed il quarto, ferito, fuggiva dando l’allarme”.

24 aprile 1945 – Da “Mina” al comando della II^ Divisione “Felice Cascione” – Comunicava che … ad Apricale si trovavano ancora 25 alpini tedeschi con una quarantina di cavalli…

24 aprile 1945 – Dal comando [comandante “Fragola Doria” Armando Izzo] della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”, prot. n° 225, al comando [comandante “Vittò/Ivano” Giuseppe Vittorio Guglielmo] della II^ Divisione – Comunicava che … ad Apricale la Wermacht aveva ancora 18 uomini, tutti polacchi e russi, tranne il maresciallo, tedesco, che “ha di molto mutato il suo atteggiamento e da cerbero che era è divenuto dolcissimo“…

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), “La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999 

Il 9 settembre 1944 una nutrita pattuglia tedesca, in marcia da Apricale verso Perinaldo, si scontra fortuitamente con un gruppo di partigiani del 6° distaccamento, inferiori nel numero. Il conflitto a fuoco che ne segue costa la vita a Giovanni Carli, mentre un’altro partigiano viene ferito ma messo in salvo dai compagni.
[…] Non tornò più ad Apricale Enrico Pisano (n. 24/8/1923), marò presso il Comando Marina Egeo e disperso a Rodi l’11 settembre 1943.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, ed. in pr., 2020

I tedeschi vogliono dimostrare che hanno batterie ovunque

Trinità, Frazione di Camporosso (IM)

Ai Brunetti [Frazione di Camporosso (IM)] mio zio Virginio si era costruito una radio con la quale ascoltavamo i comunicati e che ci forniva le ultime notizie. Fu così che il 10 giugno 1940 sentimmo il discorso del Duce e la dichiarazione di guerra alla Francia.
Io vivevo a Trinità [Frazione di Camporosso (IM)] e alcuni abitanti, che erano passati per Ventimiglia, comunicarono che era venuto l’ordine di sfollare. Così, abbandonato il villaggio, ci radunammo tutti sotto il Mercato dei Fiori a Ventimiglia, da dove incolonnati ci imbarcarono su un treno. Per fortuna l’esercito francese non sparò su Ventimiglia: lo avesse fatto in quei giorni sarebbe stato un massacro.
Una ventina di giorni dopo, firmato l’armistizio con la Francia, ritornammo tutti a casa. In paese la vita riprese più o meno normalmente anche dalla fine del ’43 quando ebbero luogo i primi bombardamenti, per noi cambiò poco, al massimo si sentivano fischiare i proiettili che dalle postazioni oltre il Grammondo passavano sulle nostre teste per colpire la vallata del Nervia o la costa [n.d.r.: ma questo avveniva dopo la stabilizzazione – ai primi di settembre 1944 – più o meno sulla vecchia frontiera delle truppe alleate, che avevano appena liberato anche il sud-est della Francia].
L’inverno è particolarmente freddo tanto che è scesa la neve, cosa abbastanza insolita dalle nostre parti. All’alba il villaggio viene svegliato: militari della SS del comando di Varase bussano a tutte le porte e radunano gli abitanti, quasi tutti anziani e donne sulla piazzetta del paese. Con ferocia e forse per creare tensione e paura uccidono tutti i gatti ed i cani che incontrano.
Usano come interprete una giovane donna di Varase: e da lei sappiamo che ci considerano collaboratori dei “banditi”, e che dobbiamo evacuare il villaggio. A tutti gli uomini chiedono la professione, poi fanno una scelta e divisi dagli altri che verranno sfollati in Piemonte, finiamo io, un certo Luciano di professione barbiere, Biancavilla, sarto, ed altre 12 persone destinate alla raccolta delle olive particolarmente abbondanti in quell’anno. A me danno l’incarico di realizzare delle scarpe utilizzando le pelli provenienti dalla caserma Gallardi e ritrovate ad Airole, dopo lo sfollamento del paese, murate nelle cantine di alcune case.
Non avendo le forme per realizzare quanto richiesto, chiedo di recarmi a Dolceacqua dove sapevo avere magazzino un vecchio calzolaio che sicuramente poteva fornirmi le forme. Per raggiungere Dolceacqua dovevo passare da Tramontina: la via del mare era troppo pericolosa con le navi che incrociavano al largo e che ogni tanto colpivano la costa con qualche bordata.
Purtroppo faccio il viaggio a vuoto: il vecchio calzolaio rifiuta di prestarmi le forme e sono costretto a dirlo all’ufficiale tedesco l’indomani. Mi convocano dal Comandante che mi ordina di ritornare a Dolceacqua perché sicuramente il calzolaio aveva cambiato idea… E fu proprio così, era bastata una telefonata.
Facevo quasi esclusivamente scarpe da donna che venivano poi spedite in Germania alle mogli degli ufficiali. La mia paga consisteva in 5 o 6 sigarette al giorno ed un po’ di pane di segala. Per mia fortuna acquistarsi scarpe nuove era impensabile a quei tempi, tutti cercavano di tenersi quelle che avevano e così, nel tempo libero, eseguivo parecchie riparazioni.
Il mio servizio durò circa 7 mesi e qualche volta mi utilizzarono anche per altri lavori, come quando mi mandarono con altri nel fiume Roia di fronte alla Centrale di Porra dove ci fecero tagliare alcuni pali del telegrafo e, riutilizzando le ruote di alcuni carri, costruimmo dei finti cannoni che coprimmo parzialmente con rami e fronde. Nel pomeriggio apparve sulle nostre teste la cicogna, il solito aereo spia che immediatamente comunicò la nostra posizione alle batterie di Mont Agel, che aprirono il fuoco e ci costrinsero alla fuga.
Più o meno nello stesso periodo una famiglia di Porra, il cui capofamiglia era soprannominato “Checheo”, chiede a mia madre se può utilizzare una nostra vecchia casetta di campagna che si trovava sulla collina proprio sopra Porra in zona Mauné. Pensavano che trasfendosi lassù, lontano dalle strade di traffico con qualche animale avrebbero potuto vivere indisturbati fino alla fine (e si sperava fosse presto) della guerra. Sulle prime sembrava una buona idea, ma pochi giorni dopo un amico mi avverte che nella zona Mauné erano esplose alcune salve di cannone che avevano colpito la mia casa. Mi reco sul posto: la casa era stata colpita in pieno, tutto intorno, liberi, conigli e galline vagavano senza meta, dei “Checheo” nessuna traccia: li trovo dopo un po’ in un buco tutti impauriti. Il fumo che usciva dalla casa era stato visto ed aveva insospettito gli alleati che, prese le misure, avevano cannoneggiato la casa. Era andata bene che in quel momento erano tutti fuori per i campi a raccogliere un po’ di verdura.
Battista Leggerini, Un calzolaio di guerra. Disavventure e spaventi in Val Roia, in Renzo Villa e Danilo Gnech (a cura di), Ventimiglia 1940-1945: ricordi di guerra (con la collaborazione di Danilo Mariani e Franco Miseria), Comune, Studio fotografico Mariani, Dopolavoro ferroviario, Ventimiglia, 1995, pp. 61,62

L’autorità militare Germanica, per le necessità contingenti, ha ordinato lo sgombero delle popolazioni dalla vallata di Ventimiglia, che sono state avviate nei centri di sfollamento a cura delle Federazioni dei Fasci Repubblicani.
Nei giorni scorsi, mezzi navali cannoneggiavano Imperia, Ventimiglia, Bordighera, Vallecrosia, causando danni di una certa entità a case di abitazione private, facendo qualche vittima.
Giovanni Sergiacomi, Questore di Imperia, Al capo della Polizia, Relazione mensile sulla situazione economica e politica della Provincia di Imperia (mese di settembre 1944), Imperia, 1 ottobre 1944, Documento in Archivio Centrale di Stato

19 novembre 1944
Anche oggi, calma. Stanotte i tedeschi giravano con un cannone piazzato sopra un camion sparando da tutti i lati della città [di Ventimiglia]. Vogliono dimostrare che hanno batterie ovunque.
20 novembre 1944
[…] Per la città, stasera, prendevano uomini, donne e ragazze; i tedeschi ubriachi impaurivano tutti. Cerrcano pure le bestie e chissà se, anche questa volta, riusciremo a salvare la nostra muletta. Corre pure voce che incendino le case, si dice che a Grimaldi, Mortola e Canun l’abbiano già fatto […]
21 novembre 1944
[…] I tedeschi hanno fatto sfollare San Pancrazio, Serro, Torri e Calvo. Corre voce che ci faranno andar via pure da Ventimiglia […]
22 novembre 1944
Ieri sera Pippo e “Turetu” sono stati presi dai tedeschi, ma sono riusciti a svignarsela. Già ieri l’altro Pippo era stato acciuffato, ma per sua fortuna il tedesco che l’aveva preso era ubriaco.
Caterina Gaggero Viale, Diario di Guerra della Zona Intemelia 1943-45, Edizioni Alzani, Pinerolo, 1988

A San Michele si può dire che ogni casa è inabitabile

Dintorni di Olivetta San Michele (IM)

Dopo l’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio, ad Olivetta San Michele era rimasto solo un gruppo di carabinieri, mentre i restanti militari del Regio Esercito avevano cercato in ogni modo di sfuggire alla cattura da parte dei soldati germanici. Data l’importanza del collegamento viario con il Piemonte, la Val Roia conosce sin da subito l’attenta vigilanza dell’occupante tedesco, che tuttavia per mesi non si traduce in un presidio militare stabile e consistente nei centri della bassa valle. La situazione si fa ben più critica quando, con lo sbarco alleato in Provenza nell’agosto 1944, i tedeschi in ritirata stabiliscono una linea di difesa sulla dorsale delle Alpi Marittime, facendo della Val Roia un’immediata retrovia del fronte. E’ allora che il nemico occupa in forze il comune per trasformarlo, al pari di Airole, in un caposaldo del fronte, per cui ivi rimarrà fino alla Liberazione, spargendovi il terrore con rastrellamenti e saccheggi. Per la gente della bassa Val Roia inizia così un tragico calvario. Come le popolazioni di Airole, Collabassa e Piena (quest’ultima a quel tempo frazione di Olivetta, ora invece francese), anche gli abitanti di Olivetta sono fatti sgomberare dai tedeschi ed avviati verso Tenda ed ancora più a nord, in gran numero fino a Torino, con treni o con atri mezzi, senza viveri, esposti alle intemperie; molte persone sono ammalate; i più sofferenti sono i bambini. La poca gente che riesce a rimanere in paese è sempre sotto la minaccia della frusta tedesca.
Come ad Airole, anche qui, data l’estrema drammaticità della situazione, non si costituì mai un CLN, ma taluni antifascisti – tra cui, per indicarne uno, Bruno Muratorio <679 – si mossero comunque, riuscendo col tempo a collegarsi con i partigiani della V Brigata “Luigi Nuvoloni”, che operava tra la Valle Argentina e la frontiera. Degli abitanti del Comune, sono stati riconosciuti partigiani combattenti i cittadini: Agostino Cotta (Michele), deceduto il 20 luglio 1945 a Verrino Olivetta; Pietro Gavini (Barin), fucilato il 12 agosto 1944 a Sospel; e Dante Limon (Spezia). Appartenevano alle Brigate IV e V della II Divisione d’assalto Garibaldi “F. Cascione”. <680
Durante l’occupazione di Olivetta San Michele i tedeschi fucilarono i civili Carlo Gastaldi, Oreste Gastaldi e Costantino Ricci. <681
Una nota d’ambiente del periodo di occupazione tedesca a Olivetta è delineata alle pagine 61-62 del volume “Ricordi di guerra”. <682
Pesantissimi i danni inflitti agli abitanti del piccolo comune, se solo si pensa che a causa di incursioni aeree alleate risultarono distrutti 180 fabbricati, mentre altri 38 finirono devastati a seguito di operazioni nazifasciste. <683 Un problema non di poco conto, tra i molti e assillanti di allora, per la nuova amministrazione democratica in carica negli anni 1945-1946, sindaco Giulio Iperti e assessori Armando Limon, Luigi Rey, Lorenzo Trucchi e Umberto Trucchi. <684
Per avere un quadro vivido della situazione creatasi a Olivetta per effetto dell’occupazione tedesca, ci rifacciamo a quanto scritto mesi dopo la Liberazione da Don Ermenegildo Moro: “Il paese è gravemente colpito dalla guerra: vi sono moltissime case di abitazione inservibili. A San Michele si può dire che ogni casa è inabitabile, perché tutte bruciate e distrutte eccezion fatta della stazione e della casa comunale. La popolazione è indigente di ogni cosa, perché tutto è stato asportato oppure incendiato e distrutto sul posto. Sarà un problema grave provvedere gli indumenti e la biancheria per fronteggiare l’inverno. Di questo nulla è rimasto e se un po’ è stato ritrovato è inservibile ed in pessimo stato. Un altro problema grave è quello del latte per i bambini. Nessuna mucca e pochissime capre, assolutamente insufficienti alla bisogna. Occorrerebbe ottenere una dotazione di latte condensato. Le condizioni sopra descritte sono ancora aggravate dal fatto che non è ancora possibile il transito, per la rottura dei ponti, e questo dopo più di tre mesi dalla cessazione delle ostilità. Nessuno provvede e questo inverno sarà terribile per vettovagliarci e per ripararci dalle intemperie…”. <685
[NOTE]
679 Bruno Muratorio riuscì a fuggire dal campo di concentramento tedesco di Monza il 2 febbraio 1945 e, dopo varie peripezie, si rifugiò a Torino fino alla Liberazione con tanti suoi conterranei (ISRECIM, Archivio, Sezione II, cartella L 75).
680 ISRECIM, Archivio, Sezione II, cartella R2.
681 ISRECIM, Archivio, Sezione II, cartella 111; lettera del sindaco di Olivetta datata 12 gennaio 1981.
682 Ricordi di Guerra (Ventimiglia 1940-1945), s.l. [s.t. Pinerolo], Comune di Ventimiglia e Dopolavoro Ferroviario, 1995.
683 ISRECIM, Archivio, Sezione II, cartella 111; lettera del sindaco di Olivetta datata 21 settembre 1945. Vedasi pure ISRECIM, Archivio, Sezione II, cartella L 37.
684 Ibidem, lettera datata 24 marzo 1998.
685 Don Nino Allaria Olivieri, “I testimoni raccontano”, cit., pag 59 e sgg. Il lavoro continua con il capitolo ‘Piena e Libri'”, dove si evidenzia la tristezza della popolazione locale costretta ad assumere la cittadinanza francese.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria)vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016, pp. 230-231

[3 settembre 1944]
[…] “Nettu” [Ernesto Corradi], che fino a quel momento si era mantenuto nascosto, esce allo scoperto con il corpo proteso in avanti, guarda ancora per un istante il viadotto sospeso nel vuoto sul Roia, poi, deciso, parte correndo e, in pochi secondi, raggiunge l’altra sponda; per alcuni istanti rimaniamo indecisi, ma, mentre sulla strada persiste ancora il silenzio, anche noi partiamo saltando di corsa sulle traversine dei binari e riusciamo tutti a raggiungere il nostro capobanda.
Un tratto di galleria che copre quella strada percorsa dal nemico facilita il nostro passaggio, infatti proprio mentre ci troviamo sulla sua sommità, sotto di noi transita un’autoambulanza scortata da un camion tedesco.
Ci allontaniamo in fretta per raggiungere la cima di una collina, intanto sulla strada il traffico degli automezzi militari continua inarrestabile.
Superato il grande ostacolo del Roia, ci dirigiamo verso il paese di Collabassa [Frazione di Airole IM)]; sul sentiero, fra alberi di pino, incontriamo un giovane di Olivetta San Michele e lo convinciamo a seguirci; il suo nome di battaglia sarà “Pineta”, proprio a ricordo del luogo in cui l’abbiamo incontrato.
[…] “Pineta”, già combattente nei battaglioni d’assalto a Tobruch, aveva sofferto la guerra e il suo unico desiderio era di vederla finita.
I rimanenti sei, di cui io facevo parte, erano tutti ragazzi sotto i vent’anni, nati e cresciuti in epoca fascista; non avevano mai conosciuto la vera libertà.
[…] Riprendendo la descrizione delle nostre avventure, dopo aver varcato la frontiera cui accennavo prima, scendiamo lentamente con cautela verso Castellar, un piccolo paese sopra Mentone […]
Giorgio Lavagna (Tigre), Dall’Arroscia alla Provenza. Fazzoletti Garibaldini nella Resistenza, IsrecIm, ed. Cav. A. Dominici, Oneglia Imperia, 1982

Si è qui sopra riprodotto un minimo stralcio delle avventure occorse ad un gruppo di partigiani che, debitamente autorizzati dai comandi garibaldini imperiesi, cercavano di unirsi alle forze alleate, a quella data ormai giunte alla frontiera italo-francese.
Arrivati oltre confine Lavagna ed i suoi compagni, compresi quelli trovati cammin facendo, vennero arruolati nella FSSF, First Special Service Force (chiamata anche The Devil’s Brigade, The Black Devils, The Black Devils’ Brigade, Freddie’s Freighters), reparto d’elite statunitense-canadese di commando, impiegato anche nella Operazione Dragoon nel sud della Francia, tuttavia sciolto nel dicembre 1944; a questa data, per non farsi internare, questi garibaldini furono costretti ad immatricolarsi nel 21/XV Bataillon Volontaires Etrangérs francese.
Adriano Maini

La stazione ferroviaria di San Michele, Frazione di Olivetta San Michele (IM)

Estate-autunno 1944 – Sfollamento a San Michele. Altri ricordi ferroviari
Dopo il primo bombardamento notturno e dopo due o tre notti passate nella galleria-rifugio di via San Secondo, si pensa di sfollare, anche perché l’alloggio è stato un po’ danneggiato. La scelta di molti ventimigliesi cade su Airole e San Michele, per via della facile comunicazione ferroviaria con Ventimiglia, dove la vita e il lavoro continuano.
[…] Trovata sistemazione a San Michele, vi portiamo, sempre col treno, un po’ di masserizie (letti, materassi, vestiario, oggetti di cucina). Si spera sempre che gli alleati “facciano presto”, specialmente dopo lo sbarco in Provenza
dell’agosto. Ma proprio quest’ultima operazione sarà la generatrice delle più gravi vicende.
Il trenino per un po’ di tempo fa il suo bravo dovere tra Ventimiglia e Piena, poi sposta il suo capolinea ventimigliese in zona Peglia (non ricordo più se per interruzione del ponte sul Roia o per non esporlo a mitragliamenti in stazione).
Una sera (ancora chiaro), quasi in arrivo a Bevera, sentiamo e vediamo volteggiare sopra di noi un paio di “caccia”. Il treno si ferma, tutti giù di corsa verso il paese, a ripararci quanto possibile. Non succede nulla, quei piloti hanno avuto coscienza. Si riparte a notte fatta. Pochi giorni dopo il servizio ferroviario cessa di funzionare.
A Ventimiglia la situazione si aggrava. Bombardamenti, mitragliamenti, incursioni fulminee. Mancato il treno, si utilizza qualsiasi mezzo, biciclette, carri a trazione animale, perfino un carrello del Servizio Lavori (cioè uno di quei carrelli, non a motore, che circolano sui binari per la manutenzione), naturalmente usato una sola volta in discesa, ché spingerlo in salita sarebbe stato impossibile; infine si va anche a piedi.
Un mattino, transitando da Airole (meglio, sotto Airole, sulla statale), trovo un carro, trainato da un mulo, carico di giovani dell’esercito della R.S.I., che dalla loro caserma (il fabbricato mi pare ci sia ancora) si apprestano a scendere verso Ventimiglia. Tra essi alcuni amici che avevano fatto quella scelta. Mi invitano a salire ed io accetto di buon grado anche se, cammin facendo, “stringo” un po’ all’idea di trovarmi in mezzo a un agguato di partigiani.
Come si intuisce, è ormai impossibile percorrere tutti i giorni il tragitto San Michele-Ventimiglia. Però bisogna andare perché si rischia di essere considerati assenti ingiustificati dal lavoro. Allora ci si ferma qualche notte a Ventimiglia, poi si va su e si ridiscende e così via […]
Renato Pastorino, “Flashes” di guerra 1940-1945 in Renzo Villa e Danilo Gnech (a cura di), Ventimiglia 1940-1945: ricordi di guerra (con la collaborazione di Danilo Mariani e Franco Miseria), Comune, Studio fotografico Mariani, Dopolavoro ferroviario, Ventimiglia, 1995

Le campagne di Pigna, Buggio e Castelvittorio vennero rastrellate dai tedeschi

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Dal dicembre 1944 alla Liberazione Pigna diventava la sede di Comando della Divisione tedesca “Alpenjäger” e di un reparto della Gestapo (forte di circa 50 uomini). Tra i tedeschi più brutali si ricorda il tenente Peter Schunk che, oltre ad altri misfatti, fece svaligiare casa Telisa; gran parte di quanto predato apparteneva alla moglie del maggiore Zoroddu, Amalia Borfiga, che visse alla macchia con il marito e la loro bambina in una banda di partigiani, di cui lo stesso Zoroddu era l’animatore.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria)vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016 XXX

4 gennaio 1945 – Dal comando del I° Battaglione “Mario Bini” della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”, prot. n° 33, al comando della V^ Brigata – Relazione militare: presenti a Pigna 60 tedeschi equipaggiati con armi leggere; artiglierie nemiche nel frattempo spostate da Pigna a Passo Muratone, Gouta e Margheria dei Boschi [Località di Pigna (IM)]. 7 gennaio 1945 – Dal comando del I° Battaglione al comando della V^ Brigata – Relazione militare: a Pigna si trovavano 80 soldati nemici, mentre a Buggio [Frazione di Pigna (IM)], Castelvittorio (IM), Ormea (CN), Garessio (IM), Testa d’Alpe e Passo Muratone [Località di Pigna (IM)] erano stanziate alcune batterie nemiche… 17 febbraio 1945 – Dalla Sezione SIM  della V^ Brigata, prot. n° 289, al comando della I^ Zona Operativa Liguria – Comunicava che “… a Pigna il presidio è composto da 200 uomini, in prevalenza russi, polacchi e sloveni…” 
18 febbraio 1945 – Dal comando del II° Battaglione “Marco Dino Rossi”, prot. n° 3, al comando della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” – Relazionava che “il 17 u.s. le squadre dei comandanti Serpe [Isidoro Faraldi, comandante del IV° Distaccamento del II° battaglione “Marco Dino Rossi” della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] ed Olmo [Giobatta Moraldo, comandante del III° Distaccamento del I° Battaglione “Mario Bini” della V^ Brigata] attaccavano a Carmo Langan una pattuglia nemica composta da 8 fascisti e 3 tedeschi; dopo una sparatoria di 15 minuti i nostri catturavano l’intera pattuglia con tutte le armi. Il numero delle armi automatiche è il seguente: 1 Mayerling, 1 Breda ed 1 Sten”. A Briga è in transito una colonna nemica di cui si ignora la direzione. A Baiardo vi sono 28 bersaglieri a cui si aggiungono saltuariamente elementi delle Brigate Nere“. 18 febbraio 1945 – Dal comando della II^ Divisione al comando della I^ Zona Operativa – Riferiva la comunicazione dello stesso giorno del II° Battaglione “Marco Dino Rossi” sullo scontro con il nemico del 17 febbraio ed aggiungeva la notizia dell’immediata esecuzione dei soldati nemici catturati. 9 marzo 1945 – Dalla Sezione SIM del II° Battaglione “Marco Dino Rossi” della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni”, prot. n° 12, al comando della V^ Brigata – Segnalava che… a Cima Marta e sul Monte Gray si trovava una compagnia di tedeschi…da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), “La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

Nelle prime ore dell’11 marzo 1945 le campagne di Pigna, Buggio [Frazione di Pigna] e Castelvittorio vennero rastrellate dai tedeschi. Coloro che incapparono nell’operazione furono trasferiti a Pigna in località la Giaira e divisi in tre gruppi. Da una parte le donne e i bambini, da un’altra coloro che avevano già compiuto i cinquant’anni di età. Le attenzioni maggiori furono rivolte verso gli uomini di età inferiore ai cinquant’anni.
[…] la ventina di uomini riconosciuti partigiani furono fucilati. Anche i quattro partigiani delatori subirono la stessa sorte. La partecipazione al movimento partigiano dei fucilati è da riferirsi soprattutto al periodo della Repubblica di Pigna, quando presero parte più o meno attiva all’esperienza di autogoverno del piccolo paese dell’Alta Val Nervia.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I Caduti della Lotta di Liberazione nella I^ Zona Operativa Liguria, ed. in pr., 2020

20 aprile 1945 – Dalla sezione SIM [responsabile Brunero, Francesco Bianchi]  della V^ Brigata al Comando della I^ Zona Operativa – Comunicava che Pigna era presidiata da 40 soldati di nazionalità russa e tedesca…  23 aprile 1945 – Dal comando del II° Battaglione “Marco Dino Rossi” al comando della V^ Brigata – Comunicava che nella nottata precedente una pattuglia del V° Distaccamento si era portata come da ordini ricevuti a Pigna dove aveva minato la strada di Langan: il tratto minato era 2 km. a nord del Palazzo del Maggiore [in effetti nel comune di Castelvittorio] da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit.

Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1945 reparti tedeschi valicarono il colle di Tenda e, contemporaneamente, per confondere i francesi sulle reali intenzioni del comando germanico, venne ordinato un attacco diversivo al punto di
osservazione del Grammondo. Intanto vennero fatte brillare le cariche che distrussero i ponti stradali e ferroviari della val Roia e diverse gallerie. Nella mattina del 24 Breil, Saorge e Fontan vennero completamente evacuate dalle forze tedesche.
La notte tra il 24 e il 25 aprile si udì a Pigna e nelle campagne circostanti il rumore continuo dei carriaggi che discendevano la strada carrozzabile di Gouta; erano i tedeschi, i quali, per proteggere la loro ritirata fecero saltare le rocce di Argeleo, in prossimità della seconda curva a gomito della strada per Gouta, il ponte dei Ponti e quello di Lago Pigo.
Giunti in prossimità del palazzo del maggiore, lungo la strada che porta a Langan, esplosero alcuni colpi di cannone verso Pigna e Castel Vittorio per intimorire gli eventuali partigiani o le truppe Alleate che avrebbero potuto seguirli. Durante il tragitto che li portò su Langan ebbero l’occasione di fucilare sul posto un anonimo partigiano che, sfortunatamente, si imbattè sulla loro strada.
Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016

Molte bombe sono cadute nel Roia

Ventimiglia (IM): la zona dei ponti sul fiume Roia

1° agosto 1944
Stamattina sono andata a Ventimiglia per riscuotere il sussidio e ho passato l’intera mattinata nella galleria del Cavo. È stata una giornata di allarmi consecutivi, e dire che non abbiamo ancora visto il bello!
2 agosto 1944
Giornata come ieri, la sirena ha fischiato continuamente.
È stato ucciso il figlio del Barun di Siestro. Il dott. Cassano è stato arrestato e portato via dalle SS. Attendiamo delle giornate nere e, pur di salvare la vita, siamo pronti a qualsiasi sacrificio.
3 agosto 1944
Dopo una notte di rumore continuo, prodotto dalle zattere e dagli apparecchi, la mattinata è stata abbastanza brutta. Verso le 10, formazioni di apparecchi hanno combattuto con i caccia. Un’infinità di piccole bombe sono state gettate a San Bernardo, Seglia, Peidaigo e Ville. Le più vicine a noi sono cadute da Rocco: 5 di numero. Alle Ville, abbiamo da lamentare una morta, la Magnuna che lavorava da Enrico a raccogliere ceci. Hanno sganciato pure su Bevera con diversi morti anche là. La giornata è proseguita con un ininterrotto rombo di apparecchi che sorvolavano continuamente le nostre teste.
4 agosto 1944
Sebbene molto a malincuore, sono partita lo stesso, data la mia solita abitudine di andare al mercato. Erano le 6,30 e gli apparecchi già ronzavano sulle nostre teste. È stato un attimo e la gente è scomparsa tutta. Sono rimasta sola con la mia Cita che frustavo più che potevo per farla correre e potermi mettere in salvo. Quando sono giunta sul ponte Roia, gli apparecchi bombardavano Bevera, ma mi sembrava che fossero sulla mia testa. Ero terrorizzata, ho raggiunto la galleria del Borgo e mi ci sono infilata, finalmente al sicuro, ma angosciata per la mula che avevo lasciata esposta al pericolo. Certo, appena tornata un po’ di calma, sono ripartita, ma le frustate che prendeva la povera bestia erano continue.
Un giovane che era anche lui rifugiato in galleria, e che veniva verso Latte, mi faceva compagnia e coraggio e gridava anche lui alla mula per farla galoppare di più.
Sono arrivata a casa senza che gli aeroplani mi rombassero più sulla testa. Non andrò più a Ventimiglia con la bestia. È stata una giornata terribile per tutti, la gente non è più uscita dai rifugi, tutti zeppi di persone. Anche le gallerie del treno sono state occupate, famiglie intere vi hanno preso alloggio. Verso le 10,30, hanno gettato di nuovo le loro bombe per colpire il ponte, ma non vi sono riusciti neanche questa volta. Molte bombe sono cadute nel Roia e qualcuna alle Gianchette, che ormai sono addirittura rase al suolo.
Anche il ponte di Nervia è stato preso di mira, ma è rimasto intatto. In serata sembra che l’uragano di ferro e di fuoco si sia calmato un po’, ma non abbiamo quasi il coraggio di andare a letto.
Caterina Gaggero Viale, Diario di Guerra della Zona Intemelia 1943-45, Edizioni Alzani, Pinerolo, 1988

3 agosto 1944 – Ventimiglia-Imperia: ore 11 – sgancio di bombe nelle zone di Ventimiglia e Camporosso danneggiando complessivamente 86 abitazioni e causando 6 morti e 31 feriti.
4 agosto 1944 […] In zona Ponte Roia di Ventimiglia e frazione Bevera, sgancio di altre bombe, senza conseguenze.
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del giorno 22 agosto 1944, p. 43,  Fondazione Luigi Micheletti

25 agosto 1944
Bombardamento aereo di Latte e Mortola [Frazioni di Ventimiglia (IM)]. Prima notte al rifugio (27 persone).
29 agosto 1944
Bombardamento aereo al Forte. Riccardo Bargioni ferito lievemente.
30 agosto 1944
Mitragliamento al Ponte del Butassu [a Latte]. Macchina tedesca incendiata.
Giuseppe Biancheri, Diario [giovanile] di guerra, pubblicato su “La Voce Intemelia”, anno XXXIX, n. 10 ottobre 1984, qui ripreso da Cumpagnia d’i Ventemigliusi

8 settembre 1944
[…] Solo questa mattina abbiamo appreso che sparavano sul tratto di strada tra Bordighera e Ventimiglia dove c’era un agglomerato di truppe e materiale avanzanti verso la frontiera.
9 settembre
[…] I marinai che dovevano partire entro due giorni sono tutt’ora qui e in casa ne abbiamo nuovamente una trentina. Da una finestra uno di questi mi fa un cenno e mi spiega che da lassù si scorgono 10 navi inglesi: in un baleno sono anch’io là con mamma e a occhio nudo non posso vedere che tanti punti neri muoversi verso noi. Ridiscendo, ma non sono affatto tranquilla: dopo un mezz’ora ecco un bel cannoneggiamento coi fiocchi. Ora apprendo che avevano sparato nuovamente sulla strada tra Bordighera e Ventimiglia. Che Iddio ci tenga lontani da simili bombardamenti!
[n.d.r.: dal diario di una ragazza rimasta ignota, figlia di albergatori di Sanremo]
Renato Tavanti, Sanremo. “Nido di vipere”. Piccola cronaca di guerra. Volume terzo, Atene Edizioni, 2006

Settembre
VENERDÌ 1° – Fuga della Milizia e sacco della Casa Rossa (Paraixu Russu) [località di Ventimiglia (IM)]. Si avvista, per la prima volta, il caccia. Gli americani a Olivetta [Olivetta San Michele (IM), in Val Roia]?
MARTEDÌ 5 – Assistiamo, dalla galleria della Mortola, al cannoneggiamento di Mont Agel da parte dell’I.L. Emile Bertin e di 2 C.C.T.T. [I.L. e C.T. abbreviano rispettivamente Incrociatore Leggero e Cacciatorpediniere]
MERCOLEDÌ 6 – Lungo mitragliamento da parte dell’aereo catapultabile su Punta Mortola e Punta Beniamin [località di Ventimiglia (IM)]. Giungono i tedeschi nel nostro giardino per impiantare uno scivolo.
GIOVEDÌ 7 – Arrivano gli autocarri tedeschi. Il muro al mare, vicino al terrazzo, alcuni pilastri e il cancello rosa fatti saltare; incomincia la costruzione dello scivolo. Partenza di una parte dei Bargioni.
VENERDÌ 8 – La costruzione dello scivolo rallentata dal mare grosso. Un trattore, per errore, schianta il cancello sulla strada. Posizioni, in Francia, cannoneggiate dall’I.L. Dugay Trouin. Partenza dei rimanenti Bargioni.
SABATO 9 – Primo giorno che andiamo alla casa giù. Un C.T. bombarda Bellenda [altura sovrastante la Frazione, di ponente, Latte di Ventimiglia (IM)]. Conversazione con un tedesco sulle nuove armi. Undici corvette, protette da 2 C.T. e un I.L. cannoneggiano posizioni sopra Ventimiglia e Bordighera.
DOMENICA 10 – Le stesse navi della sera precedente tirano su Forte San Paolo [a ponente del centro storico di Ventimiglia]. I tedeschi non tornano nella mattinata e gli ultimi rimasti partono definitivamente. Marinai tedeschi cercano MAS a Punta Beniamino con feriti. La sera un C.T. bombarda Nervia e Capo Ampelio.
LUNEDI 11 – Posizioni tedesche sui monti bombardate dalla corazzata Lorraine. Bagno sotto i tiri. Un C.T. bombarda per un’ora Punta Mortola e Punta Arma [località di Ventimiglia (IM)].
MERCOLEDÌ 13 – Proiettili, non si sa da dove, cadono da Gaetano [in Frazione Latte] e davanti a casa nostra.
GIOVEDÌ 14 – Vendemmia, la mattina, con aeroplani. Verso le 13 un C.T. lancia proiettili sulla Mortola, vicino alla Vedetta e da Carlo. Verso sera compare un I.L. americano tipo Savannah.
VENERDÌ 15 – La mattina continua la vendemmia. Bagno con aeroplani. Si fa sgomberare la popolazione di Sealza [Frazione di Ventimiglia (IM)]. Un soldato tedesco avvisa che verrà un ordine di sfollamento.
SABATO 16 – Ordine, per Latte, di sfollare entro le 20. Fiasco della commissione che cerca di evitare lo sgombero. Partenza degli Orengo e dei Queirolo-Ammirati. Verso le 21 salta la galleria di Acquarone.
DOMENICA 17 – Il Federale ottiene il rinvio dello sgombero fino a martedì sera. La sera, ordine di sgombero a Ciotti e Grimaldi [località di Ventimiglia (IM)].
[…] GIOVEDÌ 21 – Giornata trascorsa a Ventimiglia. Verso le 19.30 partenza per Bordighera. Arrivo a Villa Elisa.
Giuseppe Biancheri, Op. cit.

25 settembre – Ventimiglia-Imperia
Ore 8,15 – Violento bombardamento navale e terrestre sul centro abitato, protrattosi fino alle ore 20. Colpiti e gravemente danneggiati il Credito Italiano, la Banca Commerciale, la caserma del presidio della G.N.R. e diverse case d’abitazione. Sei morti ed alcuni feriti fra la popolazione.
Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del giorno 13 ottobre 1944, p. 42,  Fondazione Luigi Micheletti

Settembre
MARTEDÌ 26 – Diciotto bimotori attaccano obiettivi nella Val Roia.
GIOVEDÌ 28 – Proiettili vicino al Continentale diretti al cannone di Villa Ortensia [in Bordighera (IM)]. (C.T. inglese tipo Greyound).
VENERDÌ 29 – Fra le 13 e le 16 bombardamento navi zona centrale di Bordighera.
SABATO 30 – Ci trasferiamo alla Pensione Bellavista [in Bordighera (IM)]. Un C.T. bombarda Latte.
Giuseppe Biancheri, Op. cit.

Giovanni PREDAZZI
Vig. Vol. funz. C.S. 39° Corpo Vigili del Fuoco Imperia
Caduto il 29 novembre 1944 a Ventimiglia
Nasce a Cassine (AL) il 23 ottobre 1894 da Biagio e da Maria GROSA
Eroe del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco
“Caduto nell’adempimento del dovere”.
“Comandato di recarsi presso l’Ufficio annonario del Municipio di Ventimiglia, per motivi di servizio, viene colpito a morte dal bombardamento navale alleato sulla città di Ventimiglia”.
Redazione, 1835-2015. Guardie del Fuoco, Pompieri, Vigili del Fuoco Caduti nell’adempimento del dovere, Ministero dell’Interno. Dipartimento dei Vigili del Fuoco Soccorso Pubblico e Difesa Civile. Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, 2015

Agostino GUGLIELMI
Vigile del 39° Corpo Vigili del Fuoco Imperia
Caduto il 9 febbraio 1945 a Ventimiglia
Nasce a Ventimiglia il 16 settembre 1905 da Giò Batta e da Caterina BRUZZONE.
Eroe del Corpo Nazionale dei Vigile del Fuoco
“Caduto nell’adempimento del dovere”.
“In servizio di istituto colpito da scheggia di proiettile di artiglieria nemica”.
Lascia la moglie e tre figli minorenni
Redazione, 1835-2015. Guardie del Fuoco, Pompieri, Vigili del Fuoco Caduti nell’adempimento del dovere, Ministero dell’Interno. Dipartimento dei Vigili del Fuoco Soccorso Pubblico e Difesa Civile. Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, 2015

I partigiani attaccano Villa Balzi per liberare un ferito di nome Autano

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Bordighera (IM)

Ai primi di novembre [1943] i fuggitivi [Michael Ross e George Bell] giungono in Bagnasco […] Erano giunti in terra ligure senza nemmeno saperlo. Puntarono la mattina più a valle, in vista di un casolare. Ma un incontro del tutto fortuito cambierà i loro progetti, studiati per giorni e giorni. L’uomo incontrato era Renato Brunati e il luogo il paese di Baiardo […] i Porcheddu [n.d.r.: dalla loro abitazione, Villa Llo di Mare, sita in Arziglia di Bordighera (IM)] liberamente andarono incontro per salvare la vita dei due sconosciuti inglesi. Il ringraziamento, Ross, lo estende a Vincenzo Manuel Gismondi, a Federico Assandria e ad Elio Moraglia. “Beppe aveva ordinato di portarci in una casetta nel paesino di Negi ove vivevano sua moglie e i figli dopo l’arresto di Lina e Brunati” [Ross]. Dopo l’impresa fallita [n.d.r.: tentativo di andare in barca a motore da Bordighera per la Corsica, causa affondamento per avaria del natante prescelto!] i due fuggiaschi inglesi riuscirono a trovare riposo e calore umano ma dovettero lasciare le terre di Arziglia […]
Don Nino Allaria Olivieri in Ventimiglia … sentieri della speranza <ANPI, Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Nante Edizioni, Imperia>, 2006, ripubblicato in Quando fischiava il vento. Episodi di vita civile e partigiana nella Zona Intemelia, Alzani Editore <La Voce Intemelia – A.N.P.I. Sezione di Ventimiglia (IM)>, 2015

La zona davanti all’ex scalo merci ferroviario di Bordighera

I problemi erano tanti e tutti molto seri.. Abitavo a Bordighera tra lo scalo merci della stazione e una casa dove erano accasermati dei militi fascisti. Casa mia era vuota, perché i miei genitori erano sfollati, come era stato consigliato da Radio Londra, che suggeriva di abbandonare le case vicino ai nodi ferroviari perché soggetti a bombardamento. Dalle mie finestre controllavo agevolmente ogni movimento in stazione e nella casermetta dei fascisti.
Avevo notato che ogni notte i militi si recavano a scaricare le merci che arrivavano con il treno e lasciavano la caserma sguarnita.
Il gelataio Eccolo (Renzo Pirotelli) mi prestò il triciclo fatto a barchetta, con il quale durante l’estate vendeva i gelati sul lungomare di Bordighera e Vallecrosia. Mi procurai anche un attrezzo da scasso e un piccone, depositai tutto nel portone di casa mia e attesi la notte. Alle 2 regolarmente arrivò il convoglio e tutti i militi uscirono per andare a scaricare il treno. Mi precipitai a portare il triciclo con gli arnesi da scasso vicino all’ingresso della casermetta.
Piano piano, per fare meno rumore possibile, forzai la porta… Tre alla volta li caricai nel ventre della barchetta ed alla fine caricai le scatole di munizioni. Il triciclo era quasi colmo. Riportai il carretto nel portone di casa mia e camuffai il carico coprendolo con alcuni pezzi di legna da ardere e una coperta.
Prima che i militi tornassero, ero già sulla via Romana verso Vallecrosia… 
Angelo Athos Mariani in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia < Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM)>, 2007

Bordighera (IM): Villa I Balzi

Il 3 di settembre 1944 poderosa azione in Bordighera: alcuni garibaldini del 6° distaccamento, compreso Martino Blancardi (Martinetto), attaccano di sorpresa il nemico a Selvadolce e catturano venti fascisti e ingenti quantitativi di armi comprendenti quattro mortai da 81 mm., centosessanta fucili, dieci mitra, dieci fucili mitragliatori con rispettive munizioni, quindi liberano parecchi prigionieri politici rinchiusi nelle carceri locali; il giorno dopo gli stessi attaccano Villa Balzi per liberare un ferito di nome Autano e disarmano un fascista alla Madonna della Ruota (testimonianza scritta di Martino Blancardi).
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, ed. Amministrazione Provinciale di Imperia, 1977 

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Una spiaggia di Vallecrosia (IM)

Alcuni partigiani di Bordighera furono attivi a partire dalla fine del 1944 nel Gruppo Sbarchi di Vallecrosia (IM), una struttura, al pari della Missione Corsaro di Ventimiglia (IM), di collegamento operativo con gli alleati, entrambe sotto il comando di Stefano Leo Carabalona, già eroico comandante dell’8° Distaccamento della IX^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione”, prima, di Distaccamento della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”, poi, distintosi in modo particolare rispettivamente nelle battaglie partigiane per Rocchetta Nervina (IM) e per Pigna (IM). E quando Carabalona venne l’8 febbraio 1945 gravemente ferito in un agguato in Vallecrosia (e curato in via provvisoria e fortunosamente dal prof. Gabetti nell’ospedale di Bordighera prima di essere messo in salvo a Nizza) a subentrargli nell’incarico fu proprio un patriota di Bordighera, Renzo Stienca Rossi. Adriano Maini
 
Per la costruzione colà di una trincea a difesa della postazione dotata di cannone anticarro vennero impiegati operai della Todt, tra i quali i fratelli Biancheri di Bordighera. Con i fratelli Biancheri il sergente Bertelli esternò cautamente i sentimenti di disapprovazione della condotta della guerra. I fratelli Biancheri favorirono l’incontro di Bertelli con il dottore Salvatore Marchesi, membro di rilievo della Resistenza… Da appunti non pubblicati di Giuseppe Mac Fiorucci, autore di Gruppo Sbarchi Vallecrosia op. cit.

 

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Negi, Frazione di Perinaldo

La mia storia nella Resistenza è legata a filo doppio con Renzo [“Stienca“] Rossi.
Nell’agosto del 1944 mi aggregai al gruppo partigiano di Girò
[o Gireu, Pietro Gerolamo Marcenaro di Vallecrosia (IM)], che operava nella zona di Negi [Frazione di Perinaldo]. Dove godevamo anche dell’appoggio di Umberto [Gigetto] Sequi a Vallebona e di Giuseppe Bisso a Seborga; tutti e due membri del C.L.N. di Bordighera. Negi era il punto di contatto tra le varie formazioni partigiane che operavano nella zona, tra queste, quelle sotto il comando di Cekoff [o Cecof, Mario Alborno di Bordighera] e di Gino [Luigi Napolitano]…  I tedeschi rastrellarono tutta la zona cercando “Leo”; “visitarono” anche la mia casa: sulla porta rimasero le impronte dei chiodi degli scarponi di quando sfondarono l’ingresso a calci. Ma non cercarono in cantina, si limitarono ad arraffare del cibo dalla cucina. Con Renzo Rossi nascondemmo tutti i documenti del S.I.M. e del C.N.L. [di Bordighera (IM)] nel mio giardino, preparandoci al trasferimento di “Leo” in Francia. Il Gruppo Sbarchi Vallecrosia aveva frattanto predisposto una barca. Renzo Rossi con Lotti avevano preavvisato i bersaglieri della necessità di effettuare l’imbarco quanto prima possibile. La collaborazione dei bersaglieri fu determinante per tutte le operazioni del Gruppo Sbarchi. Il sergente Bertelli comandava un gruppo di bersaglieri a Collasgarba – sopra Nervia di Ventimiglia – e aveva manifestato la volontà di aderire alla Resistenza. Fu avvicinato dai fratelli Biancheri, detti Lilò, per stabilire le modalità della diserzione, quando il plotone fu distaccato alla difesa costiera giusto sulla costa di Vallecrosia in prossimità del bunker alla foce del Verbone. I Lilò convinsero allora i bersaglieri a non disertare, ma ad operare dall’interno per consentire ed agevolare le nostre operazioni.  Renzo Gianni Biancheri, “Rensu u Longu” in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

6 novembre 1944
Oggi la nave ha sparato continuamente verso Bordighera e Ventimiglia dalle 6 di questa mattina fino alle 16,30.
[n.d.r.: dal diario di una ragazza rimasta ignota, figlia di albergatori di Sanremo]
Renato Tavanti, Sanremo. “Nido di vipere”. Piccola cronaca di guerra. Volume terzo, Atene Edizioni, 2006

Quando le campane di Bordighera [(IM)] suonarono le 23.00, il 6 gennaio del 1945 il gruppo di sbarco composto dal caporale Mac Dougall, Mimmo, Nino e me, era riunito su di un battello pneumatico.  Avendo ricevuto dalla spiaggia il segnale di via libera, aiutati da Giulio [Giulio Corsaro/Caronte Pedretti, responsabile del gruppo clandestino di partigiani di Ventimiglia operanti via mare con gli alleati nella Missione Corsaro] con il suo battello, ci dirigemmo verso la riva. Alle 23,45 scendemmo sulla spiaggia, non senza esserci bagnati un po’, poichè le onde si infrangevano sulla spiaggia. Dopo aver sgonfiato il battello per consentire a Giulio di riportarlo indietro, raggiungemmo la casamatta dove si supponeva di incontrare Tonino. Dopo aver aspettato 15 minuti senza aver avuto notizie di Tonino, decidemmo di muoverci verso la prima casa sicura, seguendo un sentiero sgomberato all’interno del campo minato (solo di rado abbastanza largo).  Arrivammo alla casa alle ore 00.15 e trovammo Tonino che ci aspettava. Il pesante bagaglio venne nascosto e, dopo aver attraversato campi e steccati, la via principale e una buona  parte di Bordighera arrivammo alla casa di Bussi, dove trovammo rifugio per la notte… 
Da un documento autografo del capitano Robert Bentley in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.
 
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A destra l’ala ancora esistente del vecchio ospedale di Bordighera

All’ospedale [di Bordighera] “Leo” venne curato da due medici che conoscevo bene, il dr. Giribaldi e il dr. Gabetti, e assistito dalla caposala, infermiera Eva Pasini. Il dr. Gabetti mi disse che difficilmente “Leo” sarebbe sopravvissuto e che quindi conveniva ricoverarlo come “ferito da colpo d’arma da fuoco” e non rischiare la vita quando la polizia fascista avesse preso conoscenza del referto. 
Renzo “Stienca” Rossi in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit. 
 
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Perinaldo (IM): il frantoio in Località Massabò

26 marzo 1945 – Dal CLN di Bordighera, Sezione SIM, al comando della I^ Zona Operativa Liguria – Segnalava che forse un certo “Viriga”, incaricato di compiere un’azione delicata a Vallecrosia, si fosse “lasciato scappare informazioni vitali” e, siccome risultava rifugiato nel frantoio di Massabò [Perinaldo (IM)], chiedeva al comando di svolgere indagini. Aggiungeva che “Renzo” [Renzo Stienca Rossi] si era nuovamente recato in Francia e se ne attendeva il ritorno.
da documento IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945) – Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
[…] La storia dei partigiani che avevano aiutato Ross e Bell, rimasti in Italia, è molto triste poiché diversi furono catturati e giustiziati. Renato Brunati, il primo partigiano che avevano incontrato, che era anche un buon amico di Beppe, fu arrestato nel 1944, portato in un carcere di Genova e fucilato insieme ad altri ostaggi. Anche la compagna di Brunati, Lina Meifrett, fu arrestata ma per fortuna venne deportata in Germania, da dove successivamente riuscì a fuggire.
Vincenzo [Manuel Gismondi], Elio [Moraglia] e Federico [Assandria], che avevano tentato di remare fino alla Corsica con Ross e Bell, sopravvissero tutti alla guerra, ma su una collina che domina il porto di Bordighera c’è ora un monumento dedicato ai partigiani che furono giustiziati o uccisi in azione. In cima alla lista c’è Renato Brunati. Beppe e tutta la famiglia Porcheddu furono incredibilmente fortunati e sopravvissero alla guerra. Ross si unì di nuovo al suo reggimento e poco tempo dopo in Europa la guerra finì. Tornò a Bordighera nel 1946 per un gioioso ricongiungimento con la famiglia Porcheddu ed in particolare con Giovanna che avrebbe sposato l’11 ottobre 1946. Anche sua sorella gemella, Amalia, avrebbe sposato un ufficiale britannico, il capitano Philippe Garigue (1917-2008) in una doppia cerimonia a ‘Villa Llo di Mare’.
Nel suo libro “The British Partisan”, Ross riconosce il contributo molto significativo e coraggioso di Beppe a sostegno degli Alleati e della resistenza contro il fascismo. Purtroppo non ho mai conosciuto il mio straordinario nonno, Beppe Porcheddu. Nel dicembre 1947, mentre organizzava una mostra della sua arte a Roma, scomparve per non essere mai più rivisto. Bordighera divenne una seconda casa per i miei genitori dove trascorsero insieme tanti anni felici. Mio padre è morto nel 2012 e mia madre nel 2019. La loro è stata una straordinaria storia d’amore.
David Ross, Ross, Michael (IT), Monte San Martino Trust 

La collina di Montenero nella parte sovrastante Località Arziglia di Bordighera

2 aprile 1945 – Dal comando della V^ Brigata, Sez. SIM , prot. n° 370, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della II^ Divisione – Venivano comunicate notizie riferite da un non meglio specificato interprete di Bordighera. “… Truppe tedesche e fasciste in allarme di 2° grado. Circa 1000 tedeschi hanno lasciato il fronte di Ventimiglia, dove tuttavia permane una divisione. Tutti i comandi tedeschi sono in procinto di essere trasferiti a Vallebona e a Borghetto [San Nicolò, Frazione di Bordighera]… A Bordighera si trovano solo dei bersaglieri. A Sasso [Frazione di Bordighera] vi sono 30 tedeschi con 2 pezzi d’artiglieria da 105 mm. Dalla punta di Sant’Ampelio di Bordighera a Ventimiglia c’è un bunker ogni 800 metri, ognuno dei quali presidiato da 11 fascisti, di cui un sergente, ed un tedesco. A Montenero [altura situata ampiamente nel territorio di Bordighera] si trovano 50 soldati tedeschi distribuiti in diverse postazioni, di cui alcune risultano finte“. 10 aprile 1945 – Dalla V^ Brigata “Luigi Nuvoloni”, Sez. SIM (Servizio Informazioni Militari), prot. n° 381, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria ed al comando della II^ Divisione – Veniva comunicato quanto riferito dall’informatore tedesco La: che nella zona di Bordighera i tedeschi avevano ricevuto l’ordine di tenersi pronti per una prossima partenza per Verona e di comportarsi gentilmente verso la popolazione, e che venivano minate strade e colline… da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit. Tomo II

I partigiani responsabili degli sbarchi dovevano segnalare alle ore 23.15

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Vallecrosia (IM): Monumento ai Partigiani del Mare

A settembre 1944 insieme a Renzo Rossi partecipai all’incontro con Vitò [Giuseppe Vittorio Guglielmo]. Ci accompagnò Confino, maresciallo dei Carabinieri che aveva aderito alla Resistenza. Vitò investì formalmente Renzo Rossi del compito di organizzare, per la nostra zona, il S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] e la S.A.P.: io fui nominato suo agente e collaboratore….
Renzo “Gianni” Biancheri, “Rensu u Longu“, in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia < Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM) >, 2007

Rosina (Luciano Mannini) racconta: “Il servizio di informazioni militari, esplicato dalla missione «Leo» in Italia con i comandi alleati, ebbe inizio alla fine del settembre 1944, con l’arrivo nella zona della V^ Brigata [d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] di ufficiali americani ed inglesi giunti attraverso i passi montani dal Piemonte, ove erano stati paracadutati. Il capitano Leo [Stefano Carabalona], attestato allora a Pigna, comandante del distaccamento che li ospitava e che provvide in seguito a farli condurre – parte attraverso i valichi alpini e parte via mare – in Francia, stabilì col capo della missione alleata [Missione Flap] i primi accordi che dovevano condurre alla formazione di un gruppo specializzato che collegasse, per mezzo di una rete segreta, la nostra zona a quella occupata dagli alleati e fungesse da centro di raccoglimento e di smistamento di notizie militari e politiche interessanti la lotta”.
Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, Ed. A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

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Vallecrosia (IM): uno scorcio della zona (tra il Torrione, la ferrovia, la spiaggia e il confine con Bordighera) che verso la fine della guerra era stata minata dai tedeschi

A dicembre 1944 alla S.A.P. di Vallecrosia si aggregarono alcuni partigiani scesi dalla montagna…
Giovanni Strato, Storia della Resistenza Imperiese (I^ zona Liguria) – Vol. I. La Resistenza nella provincia di Imperia dalle origini a metà giugno 1944, Editrice Liguria, Savona, 1976, ristampa del 2005 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

La missione Leo [n.d.r.: dal nome di battaglia del responsabile, il comandante Stefano Carabalona] alla quale appartenevano Rosina [Luciano Mannini], Lolli [Giuseppe Longo], Giulio [Corsaro/Caronte] Pedretti, ed alcuni altri giovani che si erano temprati nelle lotte di montagna, si portò a Nizza nel [nella notte tra il 10 e l’11] dicembre 1944, dopo due mesi di utile lavoro preparatorio, per mezzo della leggendaria imbarcazione guidata dall’infaticabile «Caronte» Giulio Pedretti e da Pascalin [Pasquale Pirata Corradi, di Ventimiglia (IM), come Pedretti]. A Nizza, Leo si incontra con i responsabili dei servizi speciali alleati e prepara il piano definitivo di lavoro, che comportava, fra l’altro, l’uso di apparecchi radio trasmittenti, per i quali la missione aveva già predisposto gli operatori. Nel gennaio 1945 la missione rientra in Italia, dove il terreno era già stato preparato in anticipo. Si organizza e comincia a funzionare in pieno…
Mario Mascia, Op. cit.

Con lo sbarco [n.d.r.: notte tra il 6 ed il 7 gennaio 1945] del capitano Bentley si strinsero ancor più i rapporti tra il Gruppo Sbarchi di Vallecrosia e il gruppo di “Leo” Carabalona, del quale faceva parte Giulio Corsaro Pedretti, che per primi avevano preso contatto con le forze alleate. Gli sbarchi si susseguirono con invio di armi e anche di agenti radiotelegrafisti per azioni di spionaggio. […]
Gli sbarchi si susseguirono con invio di armi e anche di agenti radiotelegrafisti per azioni di spionaggio. Tra queste operazioni vi fu la tragica “Operazione Leo”, a seguito della “Operazione Gino”, di cui non conosco i particolari, ma che mise a repentaglio tutta la nostra organizzazione.
RenatoPlanciaDorgia in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

In parallelo agli aviolanci alleati, ma con maggiore assiduità, avevano luogo sbarchi di materiale bellico nella zona di Vallecrosia-Bordighera. I volontari che si occuparono di tali trasporti appartenevano al gruppo di “Leo”, Stefano Carabalona, che fungeva da tramite tra i garibaldini e la missione alleata in Francia. Giulio Pedretti, “Corsaro”, fu il partigiano che più di ogni altro si impegnò in tali operazioni, al punto che alla fine della guerra aveva effettuato 27 traversate per recapitare armi e uomini attraverso il tratto di mare prospicente la zona di confine italo-francese.     Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio – 30 Aprile 1945), Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 – 1999

14 febbraio 1945 – Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della Divisione “Silvio Bonfante” – Comunicava che erano imminenti alcuni sbarchi di materiali da parte degli alleati sulle coste controllate dalla II^ Divisione “Felice Cascione” e precisava i criteri di distribuzione dei medesimi. da documento IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

26 febbraio 1945 – Dal comando generale delle Brigate Garibaldi, aderente al CLNAI, prot. n° 541, a tutti i comandi regionali – Segnalava la linea da seguire nei riguardi delle missioni alleate allegando altresì un documento del CLN del Piemonte (prot. n° 215): “… è necessario essere ospitali e collaborare con essi [gli alleati]; tuttavia, si deve mantenere la dignità nazionale, poiché si è verificato che qualche Comando partigiano, pur di aggraziarsi la simpatia degli alleati, abbia messo questi al corrente di beghine interne o abbia accettato, in cambio di avio-lanci, la sudditanza sul piano organizzativo-operativo, contravvenendo, in tal modo, agli ordini del Comando Generale ed elevando a comandanti coloro che sono alleati. Tutto ciò non contribuisce a dare agli alleati l’idea di un movimento partigiano solido ed unitario”.
da documento IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

… Rossi [Renzo Stienca Rossi] si accreditò [8 o 9 marzo 1945] presso l’OSS a Nizza. In seguito fece 4 viaggi [recando armi, documenti, uomini di collegamento, materiale vario] via mare dalla Francia [alla costa di Vallecrosia]. Tornò definitivamente in Italia la notte del 27 aprile 1945, sbarcando a Sanremo… Brooks Richards, Secret Flotillas, Vol. II, Paperback, 2013

4 aprile 1945 – Dal Quartiere Generale rappresentante dell’Alto Comando Alleato [capitano Robert Bentley] al commissario Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] – Veniva conferito incarico al commissario in indirizzo di avvisare i responsabili della ricezione degli sbarchi di iniziare le segnalazioni alle ore 23.15 del giorno 4 stesso per i 5 giorni successivi, mentre dal giorno 10 al giorno 12  dovevano iniziare alle ore 24.  L’intervallo tra una segnalazione e l’altra doveva essere di 5 minuti.  Si richiedevano chiarimenti sulla lettera del 29 marzo con la quale era stato comunicato che i tedeschi erano a conoscenza del punto di sbarco.

11 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione  – Veniva comunicato l’imminente sbarco di Bartali [Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della Divisione “Silvio Bonfante” presso gli Alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione] e veniva ordinato di tenere a disposizione dello scrivente comando eventuale materiale arrivato nel frattempo via mare.

13 aprile 1945 – Dal  C.L.N. di Sanremo, prot. n° 581, al S.I.M. della V^ Brigata – Informava anche sul fatto che le armi, arrivate via mare, erano ancora a Bordighera da dove poi si sarebbe provveduto alla distribuzione.

13 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria a Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione “Felice Cascione”] – Si sollecitava maggiore attenzione nell’individuare per tempo e nell’avvertire di movimenti del nemico rispetto alla tematica sbarchi, in quanto il motoscafo di Renzo [Renzo Stienca Rossi], ricevuta una segnalazione sospetta dalla costa, era appena tornato indietro.

18 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della II^ Divisione – Veniva criticato il fatto che non era ancora pervenuto l’elenco del materiale arrivato con gli sbarchi.

da documenti IsrecIm in Rocco Fava, Op. cit., Tomo II

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Vallecrosia (IM): una vista verso Bordighera dalla spiaggia di Rattaconigli

Il ritorno lo effettuammo con la scorta di una vedetta francese, che accompagnò il motoscafo di Pedretti. Vi furono momenti di apprensione perché da bordo della vedetta si udì distintamente il rombo del motore di un motoscafo tedesco; i nemici non si accorsero della nostra presenza e passarono oltre. Trasbordammo sul motoscafo e sul canotto gli uomini e il materiale delle missioni “Bartali” [Giovanni Bortoluzzi] e “Serpente”, composte da agenti addestrati al sabotaggio. Nelle operazioni di trasbordo alcuni caddero in mare e recuperarli nel buio non fu cosa facile, dovendosi osservare il silenzio assoluto. Attendemmo i segnali convenuti da riva. Anche quella volta nessun segnale. Gli ordini erano di annullare tutto, ma Girò accompagnò ugualmente a terra tutta la comitiva, mentre io tornai a bordo della vedetta, perché nel buio pesto riuscì ad individuare il tratto di spiaggia dinanzi a casa sua. Le difese di quel tratto di costa erano così composte: un bunker alla foce del torrente Borghetto [n.d.r.: che sfocia in Bordighera, Piani di Borghetto], uno nei pressi della foce del Verbone [Vallecrosia], un altro quasi alla foce del Nervia [tra Ventimiglia e Camporosso].
Tra il bunker del Borghetto e quello del Verbone , era tutto un campo di mine, eccetto, giusto alla metà tra i due bunker, un passaggio largo meno di un metro, dalla battigia fino al rio Rattaconigli. Sbarcarono a Rattaconigli e superarono il campo minato attraverso quel sentiero. Quella sera dal bunker di Vallecrosia fino alla foce del Nervia era tutto un pullulare di tedeschi e fascisti. Ci aspettavano. La fortuna fu dalla nostra.
Renzo Biancheri in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

I partigiani rubano nelle case!

Massabò, Località di Perinaldo (IM)

[…] Era il 9 luglio 1944. Malgrado avessimo fatto saltare i ponti della strada che porta a Perinaldo, dal campanile della chiesa che usavamo come posto di osservazione, percepimmo la pressione dei nazifascisti. Scorgemmo bruciare Langan [località di Castelvittorio (IM)] e i tedeschi avventurarsi ogni giorno di più sulla strada di Massabò [località di Perinaldo (IM)].

Ci ritirammo dal paese e qui devo ricordare un episodio che mi provocò non pochi dubbi. Ho già detto che eravamo arrivati a più di 40 partigiani, ma quando decidemmo di ritornare nei boschi e abbandonare il “lusso” dell’albergo” … ritornammo a essere 6 o 7. Ci ritirammo dapprima ai Negi [località di Perinaldo (IM)] e poi, spostandoci in continuazione, ritornammo a Vallecrosia (IM) dando vita alla resistenza cittadina.

Un giorno, comuni cittadini ci accusarono di compiere rapine e saccheggi in casa della gente di Vallecrosia Alta e San Biagio della Cima (IM). “I partigiani rubano nelle case!”.

Ci informammo e venimmo a sapere che in realtà un gruppo di uomini di Vallecrosia Alta comandati da un sanremese, certo Tullio, saccheggiava e rapinava, specialmente cibarie. Per evitare di essere mal considerati dalla popolazione per fatti ai quali eravamo completamente estranei, prendemmo contatto con questo Tullio che ci propose una “azione congiunta”. La vittima era il grossista di salumi di Vallecrosia che aveva qualche magazzino lungo la via provinciale. In casa di Tullio, sfollato a Vallecrosia Alta, consumammo una lauta cena, per quei tempi assolutamente inusuale, in compagnia del suo vice, un tale del paese che portava sempre una picozza nella cinta dei pantaloni. Tullio chiese a Francesco Garini di poter comandare l’operazione. acconsentì. Al termine ci recammo a Soldano e trattammo con mulattieri locali una ventina di muli predisposti con i “garosci” [bigonce]. Evitando la strada provinciale, raggiungemmo il pianoro sulla riva sinistra del torrente Verbone, di fronte al cimitero di Vallecrosia. Parcheggiata la carovana dei muli, con una mossa improvvisa Garini disarmò Tullio della rivoltella con un laconico “Se permetti adesso comando di nuovo io!”, mentre io sfilai la picozza dalla cinta dell’altro. Intimammo il “mani in alto!” a tutta la squadra. I nostri disarmarono la banda, che venne rispedita a casa con la minaccia che, se avessero ripetuto simili “azioni”, li avremmo passati per le armi; trattenemmo Tullio e il suo vice e ne disponemmo il trasferimento al comando di Langan per essere giudicati. Senza dubbio sarebbero stati passati per le anni, però i nazifascisti attaccarono la postazione e i garibaldini preferirono liberarsi a calci nel sedere di questi due manigoldi, per non essere intralciati nella difesa delle posizioni.

Renato Dorgia, “Plancia”, in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia < Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM) >, 2007

Racconta Sergio Marcenaro, all’epoca giovane (classe 1931) staffetta partigiana della SAP di Vallecrosia e fratello di Pietro Girò Gerolamo, che in zona imperversava nel periodo indicato da Dorgia anche un bandito, forse subito non riconosciuto come tale dai comandi partigiani; e che in un’occasione suo fratello si liberò delle pessime intenzioni di quel figuro, nel quale si era imbattuto quando era solo e disarmato, con l’abile stratagemma di simulare con una mano la presenza di una pistola in una tasca dei pantaloni. Adriano Maini