Decidemmo di inviare Nino perché preparasse il terreno

Documento della No. 1 Special Force britannica relativo alla missione Bentley

Nell’estate del 1944 tra il CNL Liguria e il comando alleato, venne concordato di inviare un ufficiale di collegamento inglese presso i partigiani dell’estremo ponente ligure.
Con le disposizioni operative del comandante Holdsworth del 6 dicembre 1944, venne incaricato della missione il capitano Bentley con il radiotelegrafista caporale Millington, ai quali furono assegnate 500.000 lire di allora, per il compimento della missione e per aiutare i Partigiani.
Dapprima tentarono di passare le linee ed entrare in Liguria attraverso i passi alpini, ma il maltempo e l’accresciuta sorveglianza tedesca ne impedirono il risultato.
Visto l’esito positivo di alcuni passaggi effettuati via mare, fu deciso di tentare la medesima strada.
La missione fu rinominata “Chimpanzee”, composta oltre che dal cap. Bentley, dal radiotelegrafista caporale MacDougal e dal ten. Domenico Donesi; dopo un ulteriore rinvio per la preparazione e l’addestramento, sbarcò sulla spiaggia di Vallecrosia il 6 gennaio 1945.
Il ten. Donesi aveva fatto parte della missione Kahneman salpata sempre da Vallecrosia (IM) il 14 dicembre 1944, dopo tre giorni di attesa per un via libera dato dal comandante del distaccamento di bersaglieri di guardia sul litorale, sergente Bertelli, che avvisò per tempo che in quel giorno il suo reparto sarebbe stato impegnato a Ceriana (IM) con commilitoni tedeschi.
Dei risultati della missione, il comando del 20° distaccamento del N°1 Special Force teneva costantemente informato il comando del servizio informazioni americano (cap. Geoffrey “Jeff” M. T. Jones) anche esso operante a Nizza.
La missione del cap. Bentley è citata nel dettagliato rapporto del 26 maggio ‘45 redatto dal col. McMullen sui risultati delle missioni degli ufficiali di collegamento britannici inviati presso i Partigiani.
Giuseppe Mac Fiorucci, Bentley, Gruppo Sbarchi Vallecrosia < ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, Comune di Vallecrosia (IM), Provincia di Imperia, Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM) >, 2007

Uno stato recente della spiaggia di Camporosso Mare all’altezza della casa di Alberto Nino Guglielmi e della sua famiglia

Credo a settembre del 1944, “Nino” una notte portò a casa, a Vallecrosia Alta, una radio e la nascose nell’armadio a muro nell’ultima stanza. Qualche tempo dopo arrivò all’imbrunire, furtivamente come suo solito, si recò nella stanza della radio e mi chiese di andare dalla vicina di casa, Marinetta, chiudendomi dietro tutte le porte e di portare con me le chiavi. Obbedii. Presi mio fratellino piccolo Bruno e chiesi ospitalità al vicino dicendo che in casa eravamo soli; cosa che capitava sovente. Cenai con loro, al termine rientrai a casa nostra e trovai “Nino” che di fretta preparava alcuni indumenti in una sacca. Si apprestava a sparire un’altra volta. Mi accusò di non aver chiuso bene le porte. Non era vero, ero certa di aver chiuso bene tutte le 4 porte, ma “Nino” mi disse che XY, un nostro parente era entrato in casa e l’aveva sorpreso mentre usava la radio. Il giorno dopo papà nascose in un altro nascondiglio la radio. Venne la polizia rovistarono dappertutto ma fu facile dire che non sapevamo niente della radio e che non sapevamo dove “Nino” fosse fuggito forse con la radio stessa.
Aumentarono le nostre visite alla casa sulla costa. Accompagnavo mio padre con in braccio mio fratellino Bruno per rendere più facile il passaggio al posto di blocco all’altezza della caserma Bevilacqua. Sorpassavamo di lato la sbarra e i tedeschi e i fascisti di guardia ci salutavano dalla guardiola. A volte trascinavamo il carretto con sopra le ceste dei fiori. A Vallecrosia Alta coltivavamo un piccola piantagione di garofani. Spesse volte tra i garofani mio padre nascondeva casse che nottetempo erano sbarcate sulla costa.
Compresi che quando era in previsione uno sbarco pernottavamo al mare a dispetto dei cannoneggiamenti da Monte Agel, e al mattino ritornavamo ripetendo la manfrina delle ceste dei garofani invenduti al mercato. Da quei giorni nella cantina della casa al mare furono custodite anche strane casse.
Sono certa che sbarcarono o si imbarcarono anche altri soldati alleati. In particolare ricordo che prima di Natale del 1944 una notte riapparve “Nino” accompagnato da un uomo alto, biondo come uno svedese e due baffoni. Erano appena sbarcati dalla barca, perché i pantaloni erano bagnati, e avevano anche diverse casse che nascosero in cantina e che vennero recuperate nei giorni successivi dagli amici di “Nino”: Achille [Achille “Andrea” Lamberti], Lotti e altri. Ancora a notte partirono per Negi. La notte della Epifania riapparve mio fratello “Nino” con Mimmo [Domenico Dònesi] e un ufficiale inglese [il capitano Robert Bentley del SOE britannico, incaricato della missione alleata presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] bagnato fradicio. Era evidentemente appena sbarcato. Sistemarono delle casse in cantina poi si incamminarono di nuovo […].
Emilia Guglielmi, sorella di Alberto Nino Guglielmi, in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Ripassai in Francia e studiai un piano per entrare in Italia via mare… i vostri uomini di Bordighera e Vallecrosia, Leo [n.d.r.: Stefano Carabalona, già comandante dell’8° Distaccamento della IX^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Felice Cascione”, poi comandante di un Distaccamento della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni”, infine comandante della Missione Militare (dei Partigiani Garibaldini) presso il Comando Alleato], Renzo Rossi, Rosina [Luciano Mannini], Caronte [n.d.r.: detto anche Corsaro, Giulio Pedretti], Renzo Biancheri hanno seguito la stessa via numerose volte. Ad ogni modo presi contatto con Leo, che era appunto appena sbarcato in Francia in quel tempo, e poi con Kahnemann (Nuccia), il quale era pure passato [partendo con il suo gruppo da una spiaggia di Vallecrosia la notte del 14 dicembre 1944] a Nizza e mi posi immediatamente al lavoro. Tonino [Antonio Capacchioni], Mimmo [Domenico Dònesi] e Nino [Alberto Guglielmi] mi furono di grande ausilio durante la fase preparatoria. Le difficoltà di una traversata erano grandissime… decidemmo di inviare Nino perché preparasse il terreno.
capitano Robert Bentley in Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975 a cura dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia

Il 20 dicembre 1944 doveva sbarcare il capitano Bentley [per diventare l’ufficiale di collegamento degli Alleati con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria], ma fu tutto rinviato per il mare in tempesta.
Dapprima arrivarono due collaboratori del capitano e finalmente nella notte fra il 6 e il 7 gennaio 1945 a Vallecrosia (IM) sbarcò Robert Bentley con il radio-telegrafista Mac Dougall.
Il Gruppo Sbarchi al completo si incaricò di accompagnare l’ufficiale inglese e il suo telegrafista ai Negi e consegnarlo ai garibaldini di Curto [n.d.r.: Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] e di Gino [n.d.r.: Luigi Napolitano di Sanremo (IM). In quel frangente ancora commissario politico del I° Battaglione “Mario Bini” della V^ Brigata “Luigi Nuvoloni”, circa venti giorni dopo vice comandante della V^ Brigata della II^ Divisione “Felice Cascione”].
Il tragitto fino ai Negi [n.d.r.: Frazione di Perinaldo (IM), vicina a Seborga (IM): alle spalle di Bordighera] non fu agevole; la radiotrasmittente era nascosta in un carretto con ceste di fiori condotto da Eraldo Fullone, Aldo Lotti e Achille (“Andrea” Lamberti), che precedeva Ampelio Elio Bregliano, il quale accompagnava i due inglesi. Vennero fermati da un tedesco. Achille passò senza problemi, e Aldo Lotti usò tutta la sua loquacità per distogliere le guardie e consentire a Bentley e Mac Dougall di passare. Superato l’ostacolo del tedesco, il capitano con il più smagliante dei sorrisi fece notare a Elio che, se fossero stati catturati, loro, sotto il pastrano borghese fornitogli dai partigiani, indossavano la regolare divisa inglese e quindi avrebbero potuto invocare il rispetto della Convenzione di Ginevra e essere considerati prigionieri di guerra, mentre lui sarebbe stato fucilato sul posto. Fuori paese, lungo il sentiero della collina che portava a Negi, uno dei due inglesi accese una sigaretta, inglese naturalmente. Elio sconsolato si fermò apostrofando gli inglesi in modo brusco ricordando che al momento dello sbarco per poco annegavano, che non contenti giravano con la divisa inglese, e da ultimo tanto per complicarsi ancor più la vita, fumavano tabacco Virginia, il cui profumo si sentiva da Perinaldo a Seborga. Se qualche tedesco fosse stato nei paraggi non avrebbe faticato ad individuarli. L’inglese spense la sigaretta e chiese scusa. Tutto andò nel migliore dei modi.
Con lo sbarco del capitano Bentley si strinsero ancor più i rapporti tra il Gruppo Sbarchi di Vallecrosia e il gruppo di “Leo” [Stefano] Carabalona, del quale faceva parte Giulio “Caronte” [anche “Corsaro”] Pedretti, che per primi avevano preso contatto con le forze alleate.
Gli sbarchi si susseguirono con invio di armi e anche di agenti radiotelegrafisti per azioni di spionaggio.
Renato Plancia Dorgia, in Giuseppe Mac Fiorucci, Op. cit.

Il partigiano Nino e la missione Bentley

Vallecrosia Alta
Vallecrosia Alta

[…] A tal fine, la  N. 1 Special Force, la sezione italiana del SOE, organizzò l’invio di una missione, comandata dal capitano Robert C. Bentley, denominata “Saki”, che dal confine francese si sarebbe portata nella provincia di Imperia. Bentley avrebbe studiato la possibilità di approvvigionamenti alle forze partigiane via mare, e avrebbe cercato di collegarsi con la missione “Flap che era già operativa nel Piemonte meridionale e al confine con la  provincia di Savona. Dopo una ulteriore missione, denominata “Clarion”, comandata dal maggiore Duncan Lorne Campbell, sarebbe stata paracadutata per svolgere compiti di collegamento nella zona montagnosa a sud delle Langhe, egli avrebbe preso il comando del personale britannico nelle province di Imperia e Savona. […] Inizialmente la missione doveva essere paracadutata nella zona di Cuneo dove sarebbe stata contattata dal maggiore Temple della missione “Flap”, e successivamente avrebbe preso contatto con la 2° Divisione Ligure a nord di Imperia. La missione Flap era in contatto con le formazioni autonome del Maggiore Enrico Martini “Mauri” dell’Esercito di Liberazione  Nazionale. […] Il vice comandante sarebbe stato il capitano Bentley, ma la missione Clarion  non iniziò come previsto. Nelle istruzioni operative  della missione “Saki” del capitano Bentley, redatte un mese dopo, il 30 ottobre 1944, troviamo che la sua missione sarebbe arrivata via mare, avrebbe raggiunto le formazioni garibaldine della Div. “Cascione” sulle montagne imperiesi e solo dopo il suo insediamento sarebbe stata paracadutata la missione Clarion del maggiore Campbell. Al suo arrivo Bentley avrebbe lasciato il comando della missione a Campbell. Ma anche la missione Saki  non ebbe luogo secondo quanto pianificato  per le cattive condizioni climatiche. La missione Clarion venne paracadutata l’8 dicembre 1944: era composta dal maggiore Campbell, dal capitano Irving-Bell, dal tenente Clark e da due operatori radio.          Antonio Martino, La missione alleata “Indelible” nella II^ Zona Operativa savonese, pubblicato su Storia e Memoria, rivista dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Genova, 2011-1

n.d.r.: la testimonianza che qui segue concerne lo sbarco clandestino di Robert Bentley, capitano del SOE britannico, incaricato della missione alleata di collegamento con i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria, sbarco avvenuto la sera del 6 gennaio 1945 su una spiaggia dell’estremo ponente ligure. Un’azione perfezionata da parte del comando partigiano e degli alleati anche con la Missione Kahneman, salpata da Vallecrosia (IM) il 14 dicembre 1944. Della Missione Kahneman facevano parte anche Alberto Nino Guglielmi e Domenico Mimmo Dònesi. Raggiunti gli alleati, Mimmo e Nino furono ingaggiati dai servizi inglesi, sottoposti ad un breve addestramento e preparati alla missione di invio di Bentley. Dopo Natale 1944 Nino, preceduto per l’assolvimento di altre incombenze logistiche da Antonio Tonino Capacchioni, fu inviato a preparare lo sbarco di Bentley   ]

… Il giorno dopo papà nascose in un altro nascondiglio la radio. Venne la polizia, che rovistò dappertutto, ma fu facile dire che non sapevamo niente della radio e che non sapevamo dove Nino [il fratello Alberto Guglielmi] fosse fuggito (forse con la radio stessa).
Aumentarono le nostre visite alla casa sulla costa [nella zona a mare di Camporosso (IM)]. Accompagnavo mio padre con in braccio mio fratellino Bruno per rendere più facile il passaggio al posto di blocco all’altezza della caserma Bevilacqua di Vallecrosia (IM). Sorpassavamo di lato la sbarra e i tedeschi e i fascisti di guardia ci salutavano dalla guardiola. A volte trascinavamo il carretto con sopra le ceste dei fiori. A Vallecrosia Alta coltivavamo un piccola piantagione di garofani. Spesse volte tra i garofani mio padre nascondeva casse che nottetempo erano sbarcate sulla costa.
Compresi che quando era in previsione uno sbarco pernottavamo al mare a dispetto dei cannoneggiamenti da Monte Agel, e al mattino ritornavamo ripetendo la manfrina delle ceste dei garofani invenduti al mercato. Da quei giorni nella cantina della casa al mare furono custodite anche strane casse.
Sono certa che sbarcarono o si imbarcarono anche altri soldati alleati. In particolare ricordo che prima di Natale del 1944 una notte riapparve Nino accompagnato da un uomo alto, biondo come uno svedese e due baffoni. Erano appena sbarcati dalla barca, perché i pantaloni erano bagnati, e avevano anche diverse casse che nascosero in cantina e che vennero recuperate nei giorni successivi dagli amici di Nino: Achille [“Andrea” Lamberti,  comandante del distaccamento S.A.P. di Vallecrosia (IM)], Lotti [Aldo Levis Lotti, commissario del distaccamento S.A.P.] e altri. Ancora a notte partirono per Negi.

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La zona vicino al mare in cui abitava la famiglia Guglielmi

[La missione via mare di Bentley riuscì ad infiltrarsi nella notte del 6-7 gennaio 1945, dopo otto tentativi di sbarco, sulla spiaggia nei pressi di Bordighera …
Antonio Martino, La missione alleata “Indelible” nella II^ Zona Operativa savonese, pubblicato su Storia e Memoria, rivista dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Genova, 2011-1 ]

La notte della Epifania [del 1945] riapparve mio fratello Nino con “Mimmo” [Domenico Dònesi] e un ufficiale inglese [il capitano Robert Bentley, inglese, che doveva assumere per l’appunto l’incarico del collegamento degli Alleati con la I^ Zona Partigiana Liguria], bagnato fradicio, che era evidentemente appena sbarcato. Sistemarono delle casse in cantina, poi si incamminarono di nuovo… L’indomani di buona ora con mio padre e mio fratellino Bruno ci incamminammo per Vallecrosia Alta. Era una strana carovana che procedeva dalla costa verso la collina di Santa Croce fino all’attuale via Orazio Raimondo. Io, mio padre con mio fratellino sulle spalle e un carretto con delle ceste di fiori all’interno delle quali forse era nascosta una radio ricetrasmittente o altre casse, procedemmo  lungo la via provinciale per passare il posto di blocco. Ampeglio “Elio” Bregliano, Mimmo, Nino, il capitano Bentley e Mac, il marconista, lungo il versante della collina, nascosti tra i pini e sotto i pergolati delle coltivazioni di verde ornamentale proprio dietro la caserma Bevilacqua lungo il sentiero del Nespolo. Davanti e dietro altri partigiani. All’altezza del cimitero di Vallecrosia incontrammo Achille Lamberti [nome di battaglia Andrea, comandante del distaccamento S.A.P. di Vallecrosia], e Lotti [Aldo Levis Lotti, comandante del distaccamento S.A.P. di Vallecrosia], che avevano fatto da staffetta e portato un po’ di pane. Arrivò anche Eraldo [nome di battaglia Mura] Fullone con un carro e una mula per caricare le ceste di fiori. Con mio padre e Bruno mi fermai a casa a Vallecrosia Alta. Nino, Mimmo, Elio e gli inglesi procedettero fino a Soldano (IM) con Lotti, Achille e Eraldo che li precedevano di vedetta contro eventuali incontri di tedeschi […] Il 10 gennaio 1945 nella chiesa parrocchiale venne officiata la Santa Messa dell’anniversario della morte di mia madre. A cerimonia appena iniziata apparve Nino, il quale si sedette qualche banco davanti a me. Dal mio posto ad un tratto vidi una donna, che era dietro di lui e che non riconobbi, toccare lievemente Nino sulla schiena. Come fosse un segnale convenuto, senza voltarsi, mio fratello si alzò e si allontanò confondendosi tra la gente: fu l’ultima volta che vidi mio fratello. La mattina del 25 gennaio 1945 mio padre arrivò trafelato a casa, ordinandomi di vestire di corsa Bruno e di prendere un po’ di vestiario. Ci imbacuccammo con ogni possibile indumento e di fretta uscimmo dal paese verso la collina. Camminammo fino ai Negi, dove sostammo a casa di una conoscente. Ci aspettavano Elio e Mimmo.  A sera ci incamminammo per raggiungere la spiaggia di Vallecrosia. Traversammo una piantagione di limoni: mio padre, Elio e Mimmo si riempirono le tasche di limoni. Faceva freddo, molto freddo. Al mare ci aspettava una barca. Il mare era mosso e ci vollero tutta l’esperienza e l’abilità di mio padre per governare la barca. Il vento ogni tanto ci spruzzava sul volto la spuma delle onde. Mentre stringevo Bruno dicendogli di non aver paura, Mimmo e Elio divorarono tutti i limoni nel vano tentativo di sottrarsi al mal di mare. Giungemmo a Monaco e gli alleati ci soccorsero. Dapprima fummo ospitati a Nizza da parenti, poi preferimmo stabilirci a Beausoleil.
Mimmo venne sovente a trovarci portandoci qualche genere di conforto.
Il 26 aprile 1945 mio padre decise di ritornare a Vallecrosia.
Giunti a Ponte San Luigi, non ci lasciarono rientrare in Italia. Non avevamo documenti!
Come facevamo ad avere documenti se eravamo fuggiti clandestini?
La guerra era appena finita e la burocrazia ottusa già manifestava tutta la sua forza.
Ritornammo a Beausoleil e mio padre affermò “Ritorniamo in Italia come ne siamo scappati”.
Un suo amico pescatore di Monaco, forse anche lui contrabbandiere, gli mise a disposizione una barca e la notte del 27 ci imbarcammo per ritornare in Italia.
Sbarcammo clandestini come clandestini eravamo partiti. Sebbene la guerra fosse finita non avevo notizie di Nino. Fu allora che alle mie pressanti richieste mio padre mi mise al corrente che Nino era morto il 20 gennaio. Fu ammazzato a Baiardo (IM), sulla strada per Vignai. [La documentazione ufficiale indica che Alberto Nino Guglielmi venne fucilato dai tedeschi a Sella Carpe di Baiardo (IM) il 18 gennaio 1945]. Riuscii ad andare a Baiardo accompagnata dalla mia amica Manon per cercare dove fosse sepolto Nino… Emilia Guglielmi in Giuseppe Mac Fiorucci, Gruppo Sbarchi Vallecrosia <ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia – Comune di Vallecrosia (IM) – Provincia di Imperia – Associazione Culturale “Il Ponte” di Vallecrosia (IM) >, 2007

La mattina del 18 gennaio 1945 mentre eseguivano una missione di trasporto lungo la strada che da Vignai porta a Passo Ghimbegna, all’altezza del bivio per Monte Ceppo, Nino e Mimmo vennero intercettati da militi della RSI. Nino venne ferito, fatto prigioniero e quindi trucidato.  Mimmo riuscì a fuggire e avvisò la famiglia di Nino che abitava, sfollata, a Vallecrosia Alta. Nell’attesa che i partigiani di Vallecrosia, il Gruppo Sbarchi, preparasse un’imbarcazione, Mimmo, l’anziano padre di Nino, la sorella diciottenne Emilia e il fratellino Bruno di 4 anni si nascosero a Negi, Frazione di Perinaldo, sfuggendo ai fascisti che li ricercavano. La notte del 25 gennaio del 1945 la famiglia di Nino fu portata in salvo con una barca a remi da Mimmo ed Ampelio Elio Bregliano. Raggiunsero la costa di Beausoleil e Mimmo ritornò al comando alleato a Nizza; per alcune volte incontrò ancora Emilia, poi un giorno dei primi di aprile del ’45 gli alleati decisero che aveva dato abbastanza e lo rimpatriarono nella Napoli liberata.
appunti inediti di Giuseppe Mac Fiorucci, autore Op. cit.

 

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